Risultati della ricerca per “"content marketing"”
Oltre al convegno sul content marketing di giovedì 12, segnalo l’incontro Dal CRM al Digital Marketing organizzato da SOIEL che si terrà sempre a Milano venerdì 13 alle 9.20 e mi sembra presenti un ottimo programma.
Io introdurrò la sessione “Dall’analisi all’azione: campaign management, engagement e loyalty” con l’intervento “Interactive Marketing Multicanale” dedicato alla digital marketing automation.
Vi segnalo un bell’evento dedicato al content marketing, che si terrà a Milano il 12 novembre, nel quale terrò uno speech alle 14 dedicato alla progettazione della strategia di content marketing.
Ecco i dettagli:
Asseprim, in collaborazione con l’Associazione Luoghi di Relazione, organizza l’evento “Engagement Content Marketing”: un’intera giornata dedicata ad interventi di professionisti del settore che analizzeranno lo scenario e approfondiranno il #contentmarketing e la gestione dei meccanismi di creazione di engagement.
Le iscrizioni sono aperte!
L’evento è completamente gratuito a numero limitato di posti www.contentmktg.it
Giovedì 12 novembre alle 9.30, presso Unione Confcommercio, Corso Venezia 47, Milano
Ho raccolto volentieri l’invito a partecipare a Smarter Engagement, un evento internazionale con un format moderno e con un bel programma.
Io tornerò sul tema del content marketing ma non sullo scenario; presenterò invece un framework applicativo che parte dal customer journey.
L’appuntamento è per il 9 Aprile a Milano. A chi è interessato posso far avere un discount code del 50% sulla quota di partecipazione (mail a mauro.lupi @ digitalbreak.it).
Un paio di giorni fa ho incrociato l’articolo Marketing Can No Longer Rely on the Funnel sul blog dell’Harvard Business Review.
Correttamente, gli autori mettono in discussione alcuni concetti centrali del marketing degli ultimi anni, ossia il Funnel ma anche il Customer Decision Journey proposto da McKinsey omai nel 2009. Riporto un paio di passaggi molto interessanti dell’articolo:
One of the most critical weaknesses of the Customer Decision Journey is the connection between purchase and advocacy. Almost every marketer we spoke to described how social media has disconnected advocacy from purchase. (…)
In today’s marketing landscape, people can experience a brand in many ways other than purchase and usage of a product. These include live events, content marketing, social media, and word-of-mouth. (…) In today’s digital age, advocates aren’t necessarily customers. Marketers who think that advocacy comes after purchase are missing the new world of social influence.
L’articolo suggerisce nuovi modelli, tra i quali il Customer Engagement Journey utilizzato da Visa. Ricordo che anche Brian Solis aveva elaborato un intelligente Dynamic Customer Journey già due anni fa.
Eppure vedo molti marketers elaborare le loro strategie facendo ancora riferimento a modelli piatti, lineari, in cui non vedono altro che un percorso cronologico che va dalla fase di consideration a quelle della loyalty e dell’advocacy. Evidentemente non è più così: il customer journey è dinamico, fluido, anche molto differente in funzione dei diversi tipi di consumatori.
Una cosa è certa: ogni strategia di marketing e comunicazione non può che partire dalla mappatura del customer journey e, per ogni touchpoint del journey, andranno realizzati contenuti verticali e iniziative coerenti con la fase in questione.
Segnalazione veloce di una chiacchierata digitale fatta con Stefano Vitta di Amplr sui temi del content marketing.
Buona lettura
Così come ogni individuo è potenzialmente un media per via dei moderni canali digitali, ogni dipendente o collaboratore dell’azienda è di fatto un possibile touchpoint verso l’esterno. Questo pone una serie di interrogativi che necessitano un pensiero strategico e degli interventi strutturali. In che modo diffondere le competenze necessarie all’interno delle organizzazioni per interfacciarsi con i “connected customers”? Quali sistemi di governance vanno implementati per coordinare i canali di relazione con l’esterno da parte di più dipartimenti? Che tipo di piattaforme tecnologiche sono necessarie per gestire efficacemente queste relazioni digitali così distribuite? Quali metriche applicare per monitorare e misurare le attività dei singoli dipartimenti?
Considerando che la presenza digitale dell’azienda consta generalmente di molteplici canali web e social, occorre identificare obiettivi e sistemi di gestione dei differenti reparti aziendali coinvolti e, per ciascuno di questi, impostare le relative aree digitali. Il concetto di fondo è che i touchpoint digitali di ogni organizzazione non possono più essere curati esclusivamente dai reparti marketing o comunicazione come normalmente avviene, ma vanno raccordati in un piano complessivo sviluppato con tutti i team coinvolti.
D’altronde la forte spinta ad una maggiore permeabilità delle aziende arriva proprio dal mercato perché i consumatori, difronte a diversi punti di contatto con le organizzazioni, scelgono quelli più consoni alle loro esigenze, indipendentemente dall’obiettivo (palese o meno) che si erano poste originariamente le aziende. Una delle situazioni più frequenti, è quella delle pagine aziendali Facebook nei casi in cui vengono costruite come mero strumento promozionale, i cui contenuti sono tutti focalizzati a rafforzare (o a tentare di farlo) i valori di marca e le sollecitazioni d’acquisto, mentre per i consumatori sono un comodo strumento per porre quesiti sulle caratteristiche dei prodotti, oppure per chiedere supporto post-vendita. Inutile sperare che il consumatore si comporti come uno scolaretto che deve eseguire dei compiti prefissati e mettersi a cercare il canale che l’azienda ha deputato alle specifiche attività. Al contrario, appena si imbatte in un ambiente di relazione digitale sul quale può indirizzare un messaggio, lo utilizza sicuramente senza porsi particolari domande. Il problema è che la gestione dei canali online, specie nei casi delle pagine Facebook autoreferenziali citate prima ad esempio, genericamente è affidata a team che non hanno competenza o autorità per rispondere adeguatamente alle sollecitazioni ricevute; qualche volta sono addirittura delegate del tutto ad agenzie esterne. E allora succede che le istanze degli utenti vengono reindirizzate altrove, talvolta verso canali analogici o tradizionali (“per queste cose può chiamare il call center oppure scriverci a…”) risultando evidentemente in imbarazzante contrasto con il carattere bidirezionale dei social media. Capita anche di vedere pagine aziendali Facebook che alternano comunicazioni prettamente promozionali, seguiti da domande o commenti degli utenti relativi ad argomenti pratici o di supporto, a cui nessuno risponde…
Evidentemente non c’è un modo unico per gestire questa situazione. L’unica certezza è quella di dover preparare l’azienda ad interfacciarsi in modo moderno col mercato, rinunciando a creare barriere o percorsi forzati nelle relazioni col mondo esterno, ma semplificando e armonizzando i momenti di contatto, cercando l’equilibrio tra un modello organizzativo efficace e la capacità di rispondere in modo adeguato ed efficiente a tutti gli stakeholder. In definitiva, questo è uno degli ambiti del Social CRM, che possiamo considerare non solo un’evoluzione dei sistemi di gestione delle informazioni sulla customer base arricchiti dai profili social degli individui, ma un modello di relazione evoluto e decisamente diverso dal passato; relazione che ora diventa dinamica, bidirezionale, multicanale.
Moltiplicare i punti di contatto tra le persone dell’azienda e l’esterno, crea di fatto la necessità di un percorso di change management e necessita di un disegno strategico composto da una serie di componenti dei quali l’education è quello fondante, come mostrato nel seguente schema il quale riporta un esempio di mappatura dei touchpoint, poggiata su alcuni elementi strategici da cui non si può prescindere).
Per Education intendiamo quelle pratiche per diffondere conoscenza e best practice riguardo la digital transformation. Oltre un primo stadio informativo di scenario e uno più specifico riguardante i diversi canali digitali, serve una comprensione profonda dei cambiamenti che tali strumenti hanno introdotto nella relazione tra aziende e stakeholder. Occorre quindi abilitare una “digital literacy” diffusa, alimentata in modo continuativo e orientata a creare la consapevolezza su rischi e opportunità inerenti il digital per ciascun dipartimento aziendale. Le modalità per sviluppare dei programmi di education interna sui temi “digital”, sono differenti in funzione del tipo di organizzazione, dalle sue dimensioni e dal mercato in cui opera. Possiamo tuttavia considerare come necessari sia degli interventi pensati per trasmettere knowledge, erogati tipicamente attraverso seminari e workshop, oppure mediante webinar o programmi di e-learning, sia supporti informativi e di riferimento efficacemente fruibili tramite repository digitali. Va aggiunto che un buon piano di education esalta e consolida i suoi risultati, se abbinato ad un percorso di collaborazione interna, tipicamente poggiato su una piattaforma tecnologica apposita; in questo modo si abilita un modello bottom-up che stimola la partecipazione e la condivisione di competenze ed esperienze, a beneficio dell’intera organizzazione.
Naturalmente non basta portare la conoscenza in ambito digital lungo tutta la compagine aziendale. Va anche impostata un’apposita struttura di Governance che identifichi puntualmente chi e quando può intervenire nel dialogo con l’esterno, con che autorità in termini di prese di posizioni e contenuti, in che forma, su quali canali, e così via. E se parlando di education abbiamo evidenziato come un progetto allargato e condiviso produca i migliori risultati, al momento di impostare la governance occorre una forte sponsorship del management, a patto che non abbia un imprinting dirigista e regolatorio, ma viceversa auspichi la partecipazione e partecipi direttamente, ove possibile, alle interazioni. Ovviamente il governo dei canali digitali risulterà più chiaro e facile da impostare se è stata precedentemente definita una altrettanto chiara digital e social strategy che enunci, tra l’altro, gli obiettivi puntuali e le relative metriche su cui verranno analizzati i risultati.
È poi opportuno predisporre una Piattaforma tecnologia per rendere più efficiente la gestione di queste relazioni multicanale. Gli strumenti più moderni contengono funzioni di alerting e di analisi delle discussioni online, nonché di project management e di analytics. Per strutture più complesse, arrivano ad interfacciarsi direttamente con le piattaforme CRM aziendali e quelle web, abilitando sofisticate opportunità di comunicazione personalizzate. Questo è un altro ambito alla base del Social CRM, in cui l’acquisizione e la gestione di nuovi dati riguardo le persone, innesta un’ampia serie di inedite opportunità. Più avanti tratteremo ad esempio il tema della “profilazione progressiva”, la quale mette sul tavolo dei marketer un’impostazione piuttosto differente riguardo la relazione “cliente-dato”, sia nel modo di alimentare i database informativi, sia nelle azioni che tali informazioni scatenano più o meno automaticamente.
Ma oltre alle relazioni dialogiche con gli stakeholder, i diversi dipartimenti aziendali possono essere coinvolti anche nella produzione di Contenuti, un presidio tipico dell’area Comunicazione che oggi va considerato da un punto di vista più allargato. Parliamo infatti di Employees generated content, intendendo sia i contributi che i collaboratori dell’azienda realizzano nell’ambito della loro specifica funzione, sia quelli presenti nei loro profili social potenzialmente riconducibili all’organizzazione di appartenenza. Serve quindi un rinnovato concetto di piano editoriale, in modo da combattere adeguatamente la “guerra dell’attenzione” capitalizzando tutto il knowledge presente in azienda. Piano editoriale che tipicamente si innesta con pratiche di storytelling e strategie di content marketing, che non ha più senso confinare in un dipartimenti specifico, ma che ha invece bisogno di una collaborazione diffusa in azienda. È chiaramente cruciale impostare un’organizzazione efficiente che capitalizzi il patrimonio di contenuti presente tipicamente in ogni struttura, ma troppo spesso non valorizzato nei modi opportuni. L’errore più comune che si fa a proposito dei contenuti aziendali, è quello di immaginare modalità di creazione e formati tipici dei media tradizionali. Ovviamente la maggioranza delle organizzazioni non produce contenuti come mestiere principale, per cui il punto è capire come scovare, stimolare e acquisire il valore editoriale presente, per poi “distillarlo” e renderlo idoneo per essere pubblicato online. In pratica: non si può pretendere che improvvisamente tutti i manager si mettano a conversare sui canali social o ad alimentare blog e forum; si può invece analizzare tutte le occasioni in cui producono contenuti (e sono molte, talvolta sottovalutate) e poi impostare un lavoro editoriale che adegui questo materiale in funzioni degli ambiti digitali a cui può essere destinato.
Ma come si armonizzano gli strumenti online aggiungendo il layer composto dai differenti dipartimenti aziendali? Appare piuttosto evidente che l’impiego dei Canali digitali dell’azienda, non può essere più inteso secondo un mero approccio di presidio (“abbiamo il sito web, la pagina Facebook, il canale Twitter, ecc.”), ma va pensato in funzione degli ambiti di contatto con tutti gli stakeholder, individuando per ogni ambito gestito attraverso il digital, la corrispondente area online. In pratica, occorre individuare puntualmente i diversi obiettivi (promozione e informazione di prodotto, customer care, recruiting, vendita, conversazione, branding, ecc.) ed associare a ciascuno di essi uno o più canali digitali pensati e impostati di conseguenza. Non serve necessariamente individuare aree digitali univoche per ciascun ambito di relazione, ma indubbiamente chiarire (anche trasparentemente verso il mercato) con quali strumenti si intende curarli e gestirli. Se ad esempio si pianifica di curare il customer support attraverso la Rete e la quantità di interazioni è significativa, è opportuno designare allo scopo uno strumento specifico (una pagina Facebook ad hoc, oppure un apposito canale Twitter o un forum all’interno del sito corporate); in questo modo, anche le istanze di customer support pubblicate dagli utenti su altre aree online, potranno facilmente e coerentemente essere indirizzate al luogo deputato. Altrimenti, come sottolineavamo in precedenza, si autorizzano implicitamente gli utenti ad utilizzare per le interazioni con l’azienda qualsiasi canale che trovino online.
In definitiva torniamo al noto mantra “mettere il cliente al centro dell’attenzione”, concetto facile da proporre ma non sempre perseguito dalle organizzazioni in modo compiuto. Pensare “con le scarpe del consumatore” significa in primis ascoltarlo e la Rete è ormai diventata il più grande focus group live mai esistito, tanto che le cosiddette attività di Listening sono ormai abbinate naturalmente a tutte le iniziative di social marketing. In questo articolo non entreremo nei dettagli del funzionamento e delle technicalities relative all’analisi delle conversazioni online; ci preme invece evidenziare il carattere interdipartimentale di tali ricerche, perché troppo spesso sono invece considerate e interpretate solo riguardo ai valori di reputazione e di share of voice. Nella Figura successiva abbiamo sintetizzato una serie di contesti di analisi in funzione dei vari dipartimenti aziendali. Non solo va verificata l’opportunità per ciascun dipartimento di ottenere informazioni preziose per la propria area, ma banalmente va colta l’occasione di fare economie di scala nell’approntare la ricerca, condividendone i costi con altri reparti.
Mauro Lupi
Novembre 2013
Pubblicato su Tagliaerbe.com
Alla fine sembra abbia funzionato tutto perfettamente al SuperSummit, compresa una buona partecipazione e tanti tweet. Complimenti a Marco & Co. E’ arrivata anche una proposta di fare con questo format una specie di G8 del marketing online… chissà.
Intanto ecco le chart che ho mostrato. Come sempre, i commenti sono benvenuti! Enjoy
Magari a Babbo Natale chiederò qualche ora in più per scrivere sul blog con regolarità, ma intanto non è che sto senza far niente riguardo le attività social e networking.
In ordine cronologico:
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Oggi è uscito un mio (lungo) post sul blog Tagliaerbe di Davide Pozzi: Il Customer Engagement coinvolge tutta l’azienda.
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Come già anticipato, Mercoledì 13 Novembre alle ore 11 parteciperò all’evento online SuperSummit con l’intervento “L’azienda è il nuovo media” dedicato al content marketing.
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Sta per uscire il libro Business Networking – Costruire relazioni in rete di Gianluigi Cogo e Simone Favaro di cui ho scritto la prefazione. Un estratto del libro (compresa la mia prefazione ) è già scaricabili sulla pagina Facebook.
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Infine un reminder anche riguardo al Convegno GT dedicato al search marketing: io ci sarò il 13 Dicembre alle 18.
Naturalmente commenti e opinioni sono sempre benvenuti!
Un mese esatto da oggi: il 13 novembre alle 11 partecipo al SuperSummit, l’ultima invenzione di Marco Montemagno.
Format totalmente digitale: una presentazione online con qualche chart di supporto, una conversazione stimolata dalle domande di Marco e poi chat con i partecipanti. Sono molto curioso di vedere quanto sarà apprezzata.
Il mio intervento sarà dedicato al tema delle aziende come nuovo media e di come il content marketing sia diventato centrale nelle strategie digitali (e non solo).
E’ un argomento molto caldo dopo tanti anni che gente come il sottoscritto ne tratta . Ci sono segnali dappertutto: ho un collega che sta scrivendo libro sul content marketing insieme ad un manager di una grande azienda (è anche imminente quello di Brito che promette bene); un amico ha messo su una newco dedicata ad una piattaforma collaborativa; negli USA 2 eventi su 3 relativi al digital trattano di contenuti.
Nel mio intervento al SuperSummit vorrei condividere qualche framework strategico e dei modelli applicativi (e applicati). E mi farebbe piacere se partecipassi anche te, magari suggerendo qualche tema che potrei approfondire nell’occasione.
Ci vediamo online tra un mese!
Ecco il video della chiacchierata con Emilio de Risi all’ultimo Web in Tourism. Il tema è il Content marketing, assai caro da queste parti. Enjoy!
Sembra proprio che una delle buzzword più in voga di questi tempi sia “content marketing”. Beh, meglio tardi che mai! (ne scrivevo e trattavo già 5 anni fa ). Ora pare che due terzi di un panel di 800 marketers internazionali (principalmente UK), metta il content marketing al primo posto tra le iniziative su cui incrementeranno il budget.
Dalle interessanti chart di Mary Meeker – State of the Net, ne prendo una solo per una considerazione semplice semplice: ma se gli editori già faticano oggi a valorizzare la pubblicità sul web rispetto a quella su carta o su altri canali analogici, come faranno a gestire il mobile che a sua volta è 5 volte meno remunerativo del web?
La parola che sento sempre ripetere tra i publisher è innovazione. E ci sta. Ho solo l’impressione che alcuni pensano che innovare significhi trovare un modo nuovo e creativo per mantenere le attuali organizzazioni, l’attuale offerta, l’attuale autorevolezza.
Per come la vedo io, i fronti dovrebbero essere:
- Passare ad una logica di servizio con metriche riviste rispetto a quella che oggi viene considerata qualità dei contenuti
- Smontare l’offerta pubblicitaria da vendita di “ad units” per passare a realizzare progetti di comunicazione e content marketing
Ci sono luoghi dove fare innovazione è più semplice, anche in ambiti complessi e tradizionalmente lenti ad evolversi. Penso ad Huffington Post e al settore del giornalismo e dei media analogici.
Proprio stamattina Stefano Quintarelli ad un convegno di FIMI, sottolineava come alcuni processi richiedono inesorabilmente tempo. Giusto. L’importante è guardare chi innova (e magari fa anche casini o sfrutta le pieghe delle debolezze altrui), senza l’atteggiamento istintivo e snob del not invented here.
Dicevo di Huffington Post. Già da qualche anno i titoli degli articoli vengono scelti dalla piattaforma dopo che ne ha testati più d’uno misurando quello che buca di più. Ancora oggi penso a cosa significhi dire ad alcuni giornalisti di lasciare che sia “la macchina” a scegliere i titoli degli articoli.
Sul fronte più legato alla relazione di business, segnalo invece questa iniziativa in cui l’Huffington Post si pone a supporto dei brand nella produzione di contenuti editoriali. Non è un’idea nuova ma conferma la convergenza tra il content marketing e le nuove relazioni tra advertiser e publisher, tirandosi dietro modelli economici originali.
Evidentemente ciò bypassa alcuni intermediari (i centri media le stesse concessionarie di pubblicità) a meno che non riescano ad erogare valore strategico e servizi al di là delle ad units.
Sul fronte della comunicazione digitale, una delle industry che sta innovando di più è senz’altro quella della ricettività. La competizione serrata, anche per via del peso assunto dai commenti online degli utenti, costringe gli alberghi a utilizzare la Rete come leva cruciale di differenziazione. Ieri a Webintourism ho colto una grande maturità delle aziende e la voglia (direi anche la necessità) di innovare, di cogliere le opportunità dei social media con la consapevolezza che c’è da mettere a budget anche la gestione ed il mantenimento di tali iniziative.
Splendida l’impostazione della sala: piccolo palco al centro e tutti i partecipanti attorno. Quattro grandi schermi orientati su diversi lati e due telecamere attive, in modo che chiunque potesse vedere sia le chart sia gli speaker anche quando erano di spalle. Io avevo preparato un intervento non incentrato sull’interattività col pubblico, ma ascoltando alcuni feedback dei partecipanti l’allestimento della sala ha generato maggiore attenzione e coinvolgimento.
A breve dovrebbero essere pubblicate un po’ di immagini (UPDATE 28/5: le immagini su Flickr) e tutte le presentazioni; intanto ho messo le mie chart su Slideshare le mie. Enjoy.
“E' nato Green Liquida, il magazine "verde" scritto da alcuni dei blogger italiani più competenti di ecologia, natura e futuro dell'ambiente. Progetto sostenuto da IBM”
Anche questo secondo me, rientra nel concetto content marketing. Guadagnare visibilità anziché acquistarla; o quantomeno acquistarla in modo diverso (mi riferisco a IBM naturalmente).
Salgo solo per un momento da un punto d’osservazione più in alto: e se una parte del web vivesse come oggi vivono molti musei e gallerie d’arte, ossia con il sostegno delle imprese? Si tratterebbe sempre di comunicazione pubblicitaria ma con la possibilità di declinare meglio i possibili coinvolgimenti sui contenuti. Ora che ci penso, inizio a vedere queste forme di “sponsorizzazioni 2.0”.
Come la vedete?
Partendo dai “contenuti decentralizzati” a cui faceva riferimento Steve Rubel un anno fa, passando per il content marketing a cui recentemente mi riferisco spesso, si arriva ai contenuti intelligenti formalizzati dall’agenzia The Rockley Group (via Casaleggio Associati).
Roberto Cobianchi sintetizza le caratteristiche del “contenuto intelligente”:
- ha una struttura
- ha un significato semantico
- è trovabile
- è riusabile
Interessante è anche un apposito convegno organizzato sull’argomento a gennaio, tra cui la descrizione dell’intervento di Salim Ismail di Confabb sugli “Intelligent Content”:
There are several trends that are converging today with content on the internet:
- increased structure (XML)
- increased syndication
- atomization
- meta-data associations (e.g. tagging)
- socialization
All of these combined provide an increasing amount of context for any piece of content. When you have enough context for a piece of information, essentially that content is now ‘intelligent’. In general, the more context you have, the more intelligence you have.
Tags: steve rubel – content marketing – contenuti intelligenti – the rockley group – casaleggio associati – roberto cobianchi – salim ismail – confabb – intelligent content
Come annunciato su Facebook, sono disponibili le slide complete sul content marketing con una dozzina di chart in più rispetto a quelle presentate durante il workshop a IAB Forum.
A proposito di presentazioni, ho anche messo online le slide del mio intervento a Expocomm di mercoledì scorso dal titolo “Il web 2.0 esalta contenuti e persone”.
Tags: content marketing – expocomm – mauro lupi
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