Archivio: “mauro lupi”

Mercoledì alla Confindustria di Bergamo ho aperto il convegno con una domanda cruda ma, purtroppo reale: “Internet non serve?”. Pare che il 54% delle aziende con un numero di addetti tra 10 e 49 e che attualmente non usa internet, la pensi proprio così.

Motivazioni del non utilizzo di internet

Poi, insieme a Federico Pedrocchi di Radio24, Matteo Hoepli, Massimo Fubini, Alessio Semoli e Alberto Mucignat, abbiamo cercato di dimostrare non solo quanto serva internet (a pare ancora incredibile dover ripeterlo ancora), ma in che modo le aziende possono utilizzarlo. Alla fine tutti d’accordo che momenti come questi non cambieranno le cose dal giorno alla notte, ma servono e sicuramente li andremo a replicare sul territorio.


Avvertenza: nel post ci sarà un attimo di esaltazione egocentrica del sottoscritto.

Maximizing Super Bowl Advertising ROI in a Paid Vs. Earned Media Environment

Novembre 2009 – Intelligente raffronto di un analista Nielsen tra Paid Media e Earned Media riguardo la misurazione dell’impatto delle campagne di comunicazione in occasione del Super Bowl. Valutare quindi l’efficacia che deriva non solo dagli spazi acquistati, ma anche da quelli guadagnati.

Company generated content

Agosto 2007 - In un articolo su Nòva/IlSole24Ore scrissi di “Company Generated Content”che poi approfondii sempre su Nòva introducendo il concetto della “visibilità guadagnata” nel triangolone che continuo a ritenere valido. Lasciatemi godere un secondo di soddisfazione nel vedere più o meno confermati dei pensieri di qualche anno fa. Questo significa che le idee che ho in testa oggi, potrebbero confermarsi nei prossimi anni? Chissà…


Avvertenza: nel post ci sarà un attimo di esaltazione egocentrica del sottoscritto.

Maximizing Super Bowl Advertising ROI in a Paid Vs. Earned Media Environment

Novembre 2009 – Intelligente raffronto di un analista Nielsen tra Paid Media e Earned Media riguardo la misurazione dell’impatto delle campagne di comunicazione in occasione del Super Bowl. Valutare quindi l’efficacia che deriva non solo dagli spazi acquistati, ma anche da quelli guadagnati.

Company generated content

Agosto 2007 - In un articolo su Nòva/IlSole24Ore scrissi di “Company Generated Content”che poi approfondii sempre su Nòva introducendo il concetto della “visibilità guadagnata” nel triangolone che continuo a ritenere valido. Lasciatemi godere un secondo di soddisfazione nel vedere più o meno confermati dei pensieri di qualche anno fa. Questo significa che le idee che ho in testa oggi, potrebbero confermarsi nei prossimi anni? Chissà…


Riemergo dai giorni post-IAB Forum, i quali, come di consueto, sono piuttosto intensi. Mi è sembrata un’edizione molto buona per i contenuti dei convegni istituzionali, mentre non sono riuscito a seguire neanche un workshop pomeridiano per cui aspetterò i feedback online e quelli che raccoglierà IAB.

Mauro Lupi - IAB Forum 2009 Intanto segnalo che già ci sono tutti gli atti online sul sito di IAB Forum, compresi i dieci minuti di apertura del sottoscritto in apertura del secondo giorno, in cui o fatto un breve riassunto dei temi della mattinata precedente.

Sono tanti gli spunti emersi. I dati presentati dallo speech di Layla Pavone e poi le testimonianze dei manager IAB internazionali (Randall Rothenberg di IAB US, Guy Phillipson di IAB UK e Alain Heureux di IAB Europe) non hanno potuto che confermare la rilevanza assoluta di internet nello scenario della comunicazione. Così come le varie tavole rotonde non hanno potuto che confermare la situazione stagnante che su questo fronte viviamo attualmente in Italia.

Per deformazione professionale (e anche un per un po’ di allergia alle logiche politiche), volevo bypassare il tema degli investimenti in ICT da parte delle istituzioni, e pescare invece un paio di chart dalla solita fucina di idee che arrivano da David Weinberger. Nel suo intervento, David ha semplicemente fotografato con lucida sintesi tanti dei discorsi che ci ritroviamo a fare su come le aziende debbano adattare struttura e marketing nell’era del Web 2.0. Ebbene, nelle due tavole qui sotto, riprendendo il classico “Market are Conversations” da Cluetrain Manifesto di cui fu coautore insieme a Doc Searls (nella foto), evidenzia non solo che “Not [all] Concersations are Markets” ma soprattutto che “Markets are also networks”. Evidenziando ciò, ha poi sottolineato come le aziende (rappresentate nel secondo grafico con il building in alto a sinistra), sono disallineate con i mercati sia per quanto riguarda la loro struttura (che tipicamente è piramidale e gerarchica), sia per ciò che concerne i propri interessi (che invece dovrebbero combaciare col network per potervi partecipare adeguatamente).

David Weinberger - IAB Forum 2009


Alla fine di una giornata come questa, tra le sessioni del convegno di apertura di IAB Forum ed il pomeriggio di meeting e incontri concluso verso le 20, si realizza che purtroppo non c’è nessuno che legge, risponde e smista le tue email…

Prima di andare a ninna, cercherò di riordinare i concetti emersi nella mattinata perché domani farò un piccolo recup all’inizio dei lavori del secondo giorno di IAB Forum.

Intanto una news che merita di essere segnalata: da oggi il sito di IAB Italia è online in una completo restyling. Naturalmente mi fa piacere che in home ci sia finito anche il sottoscritto (l’immagine è del Forum dell’anno scorso) ma, ancor di più, mi fa piacere l’esito di questo rifacimento, sia nell’estetica che nella struttura dei contenuti.

IAB.it


Come anticipazione del prossimo IAB Forum (martedì e mercoledì prossimi a Milano), ho pubblicato il mio articolo sul pamphlet annuale dell’associazione. Mentre l’anno scorso avevo trattato di come la Rete sia lo strumento migliore per gestire il cambiamento nel rapporto azienda-consumatore, quest’anno sono tornato sul tema “Reparti aziendali e utilizzo di internet” su cui ragionavo qualche mese fa.

In questa occasione ho aggiornato uno schema che cerca di semplificare i principali utilizzi della Rete nelle aziende, soprattutto per quanto riguarda le relazioni con l’esterno. Naturalmente la sovrapposizione con i reparti aziendali è decisamente indicativo e ogni organizzazione deve necessariamente individuarne una propria. Ma è proprio questo l’esercizio che si cerca di auspicare, per non relegare internet a mero strumento tattico di pubblicità.

Qui di seguito riporto questo schema e in una pagina specifica l’intero articolo.
Ci si vede a IAB Forum!

IT: Internet Trasversale


Abituate a suddividere gerarchie e competenze in compartimenti distinti, molte aziende trovano delle oggettive difficoltà ad inquadrare internet e, di conseguenza, a coglierne tutte le innumerevoli opportunità. Il problema è proprio la pervasività di internet all’interno di ogni organizzazione, molte delle quali lo hanno razionalmente inquadrato nel silos della comunicazione e del marketing, alla stregua degli altri media. Il punto è che la Rete non è solo comunicazione e pubblicità, le quali naturalmente rimangono sue connotazioni peculiari, ma estende la sua importanza in altri ambiti aziendali. Nella figura qui accanto abbiamo schematizzato i principali ambiti aziendali nei quali interviene internet, suddividendo in chiave cronologica tra Ascolto, Contenuti, Pubblicità e Conversazione. Naturalmente, si tratta di una esemplificazione che manca, ad esempio, delle importanti applicazioni della Rete in ambito di comunicazione interna e HR; così come la sovrapposizione tra i reparti aziendali e gli elementi di impiego di internet, va declinata in funzione delle diverse organizzazioni.


IT: Internet Trasversale


Una schematizzazione delle applicazioni di internet è comunque indispensabile, in modo che vengano conseguentemente interessati i team aziendali più opportuni a gestirne tutte le implementazioni. Altrimenti il rischio è di disperdere opportunità e risorse o, peggio, di utilizzarne impropriamente determinati elementi. Un caso esemplare riguarda la comunicazione su e attraverso blog e social network, che rimane spesso “in charge” unicamente al team che pianifica la pubblicità online, e che invece necessiterebbe di una strategia che parta da logiche diametralmente opposte, orientate principalmente all’ascolto, alla condivisione, al dialogo. Ma questi sono ambiti professionali tipicamente coordinati da altri comparti, supportati peraltro da partner esterni l’azienda differenti rispetto a quelli utilizzati per le pianificazioni pubblicitarie.


Per fortuna, sono sempre più numerose le organizzazioni che hanno iniziato a rendere l’impiego della Rete effettivamente diffuso e distribuito all’interno delle strategie complessive (e non solo quelle legate al marketing e alla comunicazione) e, nei casi più virtuosi, è il management stesso ad essere coinvolto. Così troviamo dei team di Ricerca e Sviluppo che utilizzano internet per co-creare i prodotti con i consumatori, numerosi reparti PR che seguono la reputazione dell’azienda attraverso l’analisi delle discussioni online, alcune divisioni Customer Support che gestiscono dei “call center 2.0” su forum e community pubbliche. E così via.


Una evoluzione quindi della strategia multicanale, la quale va a percorrere in modo trasversale le funzioni aziendali. Uno degli elementi che poi le amalgama sono gli Analytics, ossia tutte le attività di monitoraggio e analisi dei risultati delle attività svolte, che di fatto caratterizzano internet rendendolo estremamente misurabile, tanto da suggerire la progettazione e l’esecuzione di qualsiasi iniziativa online all’interno di una specie di loop, nel quale viene effettuato un continuo perfezionamento e adeguamento delle stesse, in funzione dei risultati che stanno generando.


Mauro Lupi
Pubblicato sul pamphlet annuale “La pubblicità interattiva in Italia” di IAB Italia, Ottobre 2009


In Bocconi è stata scelta “Enterprise Generated Content” per definire i contenuti generati dalle aziende; a questi è dedicato uno specifico convegno che si terrà giovedì 24 Settembre a Milano.

Un paio di anni fa io li definii Company Generated Content, per poi passare a identificare il complesso strategico come Content Marketing. In giro ho visto altre definizioni: branded content, corporate generate content, ma il succo è lo stesso: le aziende stanno entrando nella schiera dei produttori di contenuti affiancando, in questo, sia i media tradizionali (talvolta bypassandoli del tutto), sia gli individui.

Al convegno in Bocconi (l’ingresso è gratuito previa registrazione online), verranno presentate alcune ricerche realizzate dall’Università insieme alle testimonianze di Barilla, Purina, Telethon, Intesa San Paolo, Replay Reply. Dal lato degli editori interverranno esponenti di Mondadori, Yahoo!, Time Warner e Corriere.it.

Io sarò nel panel “Dalla filiera alla rete: le nuove regole d’ingaggio nella comunicazione digitale” moderato da Giampaolo Colletti, insieme ai colleghi di Adobe, Università di Pavia, Lush e con Mirko di Ninjamarketing.


Un’estate 2009 calda per il mondo delle tecnologie digitali, fatta di accordi, fusioni e acquisizioni che lasceranno il segno. Tra i più rilevanti, senz’altro l’intesa tra Microsoft e Yahoo! per le ricerche online, l’acquisizione di FriendFeed da parte di Facebook e la più recente intesa tra Microsoft e Nokia sugli applicativi mobili. Come giustamente scrive oggi Luca Tremolada su IlSole24Ore, “si stringe l’assedio attorno a Google”.

Nell’area dei social network stanno avvenendo alcuni dei movimenti più significativi: da una parte il cosiddetto real-time, dall’altra la centralità che iniziano ad assumere le funzioni di ricerca sulle piattaforme emergenti, Twitter e Facebook su tutte. Come scrive Steve Rubel, questo potrebbe significare un cambiamento radicale nel modo in cui usiamo le informazioni, facendoci diventare “source agnostic”.

Sul tema del social search, si conclude anche l’articolo di Federico Ferrazza su L’Espresso in edicola oggi (per qualche giorno si può leggere qui), che approfondisce la varietà dei social network in relazione ad argomenti diversi, professionali e non. L’articolo, che raccoglie anche un paio di mie battute riguardo a Linkedin e al social search, segnala anche una ventina di social network verticali.


Questo è il mio contributo al libro “Web Analytics” di Alessio Semoli, edito da Hoepli.

Qual è il concetto più difficile da far comprendere ad un cliente?

Mauro: Ciò che ritengo cruciale riguardo ad internet è capire che i risultati dell’analisi sono parte integrante del processo di comunicazione e non solo un task a valle delle campagne.

Provo a spiegarlo con un esempio relativo alla pianificazione della pubblicità sui motori di ricerca. In questo caso, l’obiettivo, di solito, è incrementare visite qualificate al sito, e il cliente deve maturare la consapevolezza che tutte le fasi della campagna sono misurabili fin nei minimi particolari: la quantità di ricerche effettuate sulle keyword oggetto della campagna, la numerosità ed il relativo costo di ogni singola visita, il comportamento dei visitatori sul sito in funzione di ogni singola chiave di ricerca utilizzata per accedere, ecc.

Ebbene, partendo da tali presupposti di misurabilità, l’approccio alla campagna dovrebbe essere di tipo “learn by doing”, ossia sviluppato in funzione dei dati costanti che derivano dalla misurazione.

Pretendere di predefinire l’entità di tutti i parametri in gioco (numero di ricerche, costo per click, numero e attività dei competitor, capacità di conversione delle pagine di arrivo, …) è semplicemente un rischio inutile.

È la Rete che può darci tutte le risposte: reali, dettagliate e in tempo reale.

Basta volerle e usarle, in itinere e non solo a consuntivo di un’operazione! L’impostazione di una campagna dovrebbe nascere da una pianificazione “in progress”, nella quale è già strategicamente impostato un lavoro di perfezionamento continuo (e qui penso ad una frequenza di tuning anche quotidiana, se coerente con la campagna) in base alle generose indicazione che arrivano dai tool della web Analytics.

Guardare semplicemente i dati alla fine della campagna, significa solo constatare il livello di inefficienza con la quale è stata gestita.

Mi rendo evidentemente conto che questo atteggiamento tocca l’impostazione del business che, nel nostro Paese, non ha un così alto valore pragmatico. L’approccio che talvolta viene chiamato “beta perenne”, una strategia votata al costante cambiamento e perfezionamento, è lontana da una visione manageriale che invece considera ancora l’errore come un grave difetto e non come spunto per imparare e acquisire informazioni utili e concrete. Gli errori sono ancora dei tabù da nascondere, da sminuire; e questo non fa che tarpare le ali alla sperimentazione, alla ricerca, ai ragionamenti “out of the box”.

Qual è secondo te il valore aggiunto più grande della Web Analytics?

Mauro: Anni fa paragonai gli strumenti di analisi alle telecamere presenti nei supermercati le quali, oltre a identificare i ladruncoli di passaggio, forniscono delle indicazioni strepitose sui comportamenti dei consumatori davanti agli scaffali: cosa li attira e cosa ignorano, cosa scelgono, il percorso nel negozio, ecc. …

Ebbene, ogni sito web ha potenzialmente una potentissima telecamera che registra tutti i movimenti dei visitatori; solo che molto spesso non viene accesa affatto oppure la si guarda molto superficialmente. O, peggio, vengono ignorate le evidenze che dimostrano l’inconsistenza di alcune aree del sito e che implicitamente auspicano delle revisioni.

La buona notizia è che sbagliare su internet costa poco, anzi, io credo che la strategia migliore su internet sia osare, misurare e correggere il tiro. Meglio un processo graduale che cresce corroborato da una misurazione e ne traccia costantemente plus e minus, piuttosto che un progetto in cui si cerca di prevedere tutto ma che non prevede la capacità (o la voglia) di cambiare in corsa.

Come cambia la Web Analytics con la diffusione sempre più massiccia dei social media?

Mauro: Penso che si tratti davvero di un momento speciale per chi si occupa di marketing e per chi si interessa di ricerca sociale. La rete con le sue connessioni e la sua grande diffusione e partecipazione sta creando il più grande focus group mai esistito. Centinaia di milioni di persone nel mondo “parlano” dei loro interessi, dei loro bisogni. Lo fanno in modo diretto, sincero, spontaneo. Nei blog, nei forum, nei social network, su YouTube o Flickr, gli utenti inseriscono contenuti che trattano anche delle aziende, dei loro prodotti o di quelle dei loro competitor. La grande differenza è talmente evidente che a volte resta celata perché sembra banale citarla: un focus group o un’indagine tradizionale rilevano opinioni di singoli (seppur rappresentative di un campione più ampio) mentre ascoltare le discussioni online significa invece identificare delle “voci connesse”, dei contenuti che sono visibili a milioni di utenti e che hanno grandi capacità di impatto e influenza. L’obiettivo da raggiungere è di riuscire a “pesare”le voci e non più solo contarle. Per cominciare è utile anche solo cambiare la terminologia e spostare il focus sulle persone: le persone sono partecipanti molto più complessi e interessanti dei semplici “utenti” o “consumatori”.

Evidentemente siamo su un terreno ancora nuovo ma la tecnologia sta producendo strumenti sempre più precisi per permettere alle aziende di compiere il passo successivo: interagire con i singoli individui, sempre più coscienti delle loro capacità di giudizio, di scelta e di influenza.


Quest’anno il MediaKey Award mi è sembrato piuttosto piacevole. Il problema è che non è banale mantenere alta l’attenzione con una carrellata lunghissima di nomination, “the winner is”, foto ai premiati, ecc. Però questa volta è andata meglio di altre edizioni, probabilmente anche merito di Giorgia Surina che ha condotto in modo divertito e divertente.

Io sono arrivato un po’ in ritardo (ero a sentire Tapscott, di cui scriverò in un altro post), giusto in tempo per premiare un paio i vincitori come rappresentante di IAB.

Paolo Migone e Mauro Lupi al MediaKey Award Tra i premiati, mi piace segnalare Ufficio Reclam con Paolo Migone come protagonista. L’avevo già evidenziato qualche mese fa e l’altra sera sono andato a fargli i complimenti. Mi ha raccontato del suo nuovo spettacolo sulle energie rinnovabili e del modo col quale ha coinvolto alcune aziende: interessante. Gli ho anche detto che la mia ammirazione per lui è ulteriormente aumentata dopo averlo intravisto mentre entrava ad un concerto milanese di Springsteen. Grazie a Nazzareno per la foto.