Archivio: “Formazione”

Oltre al convegno sul content marketing di giovedì 12, segnalo l’incontro Dal CRM al Digital Marketing organizzato da SOIEL che si terrà sempre a Milano venerdì 13 alle 9.20 e mi sembra presenti un ottimo programma.

Io introdurrò la sessione “Dall’analisi all’azione: campaign management, engagement e loyalty” con l’intervento “Interactive Marketing Multicanale” dedicato alla digital marketing automation.

Dal CRM al DIGITAL MARKETING


Ho incrociato questo articolo su Forbes ieri sera tardi e ho deciso che meritasse un post per segnalarlo e non il semplice retweet.

Il tema è quello del ruolo cruciale della comunicazione tra gli skill che una persona deve avere oggi, specie in ambito business. L’articolo è scritto da Greg Satell e qui ne riporto alcuni passaggi:

(…) if we were to remember one thing about Churchill it should be that what made him so effective was his power to communicate.  I remember being puzzled.  Growing up I had always heard about the importance of hard work, honesty and other things, but never communication.

Yet now, thirty years later, I’ve begun to understand what he meant.  As Walter Isaacson argues in his book The Innovators, even in technology—maybe especially in technology—the ability to collaborate effectively is decisive.  In order to innovate, it’s not enough to just come up with big ideas, you also need to work hard to communicate them clearly.

We tend to treat knowledge and communication as two separate spheres.  We act as expertise was a private matter, attained through quiet study of the lexicon in a particular field.  Communication, on the other hand, is often relegated to the realm of the social, a tool we use to interact with others of our species.

Yet, as Wittgenstein argued decades ago, that position is logically untenable because it assumes that we are able to communicate to ourselves in a private language.  In truth, we can’t really know anything that we can’t communicate.  To assert that we can possess knowledge, but are unable to designate what it is, is nonsensical.

It has become fashionable to say that our present epoch is an information age, but that’s not quite right.  In truth, we live in a communication age and it’s time we start taking it seriously.


Riprendo dal sito: “Raccontare chi siamo, la nostra storia, e i risultati raggiunti dal Master in Social Media Marketing & Web Communication della Scuola di Comunicazione IULM di Milano: questi gli obiettivi dell’infografica che illustra le caratteristiche distintive del Master”

Master in Social Media Makerting & Web Communication dello IULM

Orgoglioso di essere parte del comitato scientifico di questo master (oltre che docente) sin dalla sua prima edizione, insieme ad un vero e proprio dream team di colleghi.

In genere non mi sbilancio a suggerire attività nelle quali sono coinvolto, ma lo faccio in questo caso perché, a distanza di anni, i ragazzi che ho indirizzato verso questo master sono rimasti tutti soddisfatti.


Avete notato il graduale spostamento delle discussioni e dell’attenzione dal “Social Business” verso la “Digital Transformation”?

Qualcuno addirittura annuncia di abbandonare il Social Business perché è più il tempo che si dedica nel fare education sui temi del cambiamento, rispetto a quello che serve per mettere effettivamente in atto i processi di trasformazione.

La stessa Altimeter ha dedicato alla digital transformation il suo ultimo report (Understanding the Digital Customer Experience Drives Investment in Digital Transformation) dopo anni dedicati a studiare il “business col social dentro”.

Due i temi che mi sembrano preminenti in questo passaggio:

  1. Si è capito che il vero driver del cambiamento è la relazione col mondo esterno.
  2. Appare necessario all’interno delle organizzazioni un riequilibrio delle competenze e delle responsabilità.

Mettere il consumatore al centro è il punto di partenza della digital transformation. Perché altrimenti il rischio è di concentrarsi sul rinnovamento dei modelli collaborativi interni mentre “là fuori” la relazione con le persone si va sfaldando. Non è una gara tra ambiti in competizione (interno o esterno), ma di focus. Io penso che se non si mettono davvero gli stakeholder esterni al centro dell’attenzione, non ci si potrà staccare dalle logiche autoreferenziali che governano la maggior parte delle aziende.

Scrivevo qualche anno fa che le organizzazioni dovrebbero togliere gli specchi e sostituirli con porte e finestre, riflessione che condivisi in un incontro in UPA e che diventò, con mio piacere, il cuore della relazione del presidente Lorenzo Sassoli de Bianchi l’anno scorso (qui il PDF completo della relazione).

Tornando ad Altimeter, riporto alcuni dei key findings del loro ultimo report, nel quale mi sembra che customer experience e customer behavior siano le keyword dominanti:

Mapping and understanding the customer experience is becoming critical in guiding transformation efforts.

Digital transformation is driven partly by technology and also by the evolution of customer behavior.

Three key elements form the compound upon which digital transformation efforts are built:
- It is most effective with pointed vision and supportive leadership.
- Optimizing the digital customer experience becomes the initial objective.
- Change materializes through the formation of a digital transformation team.

Sono elementi peraltro non molto distanti da un bel report sulla digital transformation realizzato da Capgemini (PDF) già nel 2011. Anche in questo caso, le Digital Capabilities sono la base su cui poggia la Customer Experience come primo dei building block.

[PDF] Digital Transformation: a roadmap for billion-dollar organizations


Il tono con cui Forrester si rivolge ai business leaders è perentorio: “Your company is likely to face an extinction event in the next 10 years. And while you may see it coming, you may not have enough time to save your company”.

L’occasione è il nuovo report “The Future Of Business Is Digital” appena pubblicato da Forrester, in cui si analizza come il mondo degli affari nel sui complesso è trasformato dal digital.

Vorrei sottolineare innanzitutto l’evidente contraddizione tra due affermazioni degli executive intervistati:

  • 74% of business executives say their company has a digital strategy (il dato è riportato nel post che annuncia l’analisi)
  • 21% say “We have the right people to define our digital strategy” (vedi figura in basso)

Ora mi chiedo: ma allora la digital strategy chi l’ha fatta nel rimanente 79% dei casi?

Presumo (lo spero per le aziende) che si siano avvalsi di consulenti o partner esterni. E qui il primo tema è: quali sono i soggetti giusti per aiutare le aziende (specie le medie e grandi) ad impostare una digital strategy? Che non significa (solo) scegliere i canali web e social da utilizzare, come ci ricorda anche Forrester. Nè riguarda solo come pianificare l’advertisinig online…

Forrester data on digital readiness

Inoltre, solo il 15% dei manager ritiene che in azienda ci siano persone con gli skill necessari per eseguire la digital strategy. Un gap che ritengo sempre meno conveniente risolvere con l’outsourcing, specie per quanto riguarda i contenuti e le relazioni con l’esterno.

Forrester titola uno dei paragrafi del report con un concetto chiave: “Digital Business is a Journey, Not a Destination”. Aggiungo che il journey è un viaggio che non finisce, anzi, che è appena iniziato. E allora non basta un biglietto, serve una mappa, un programma del viaggio e, possibilmente, una buona guida.

Chiudo solo segnalando che anche nel sample della ricerca è possibile trovare degli molti spunti su cui impostare una vera digital strategy, nella quale è centrale il tema della customer experience su cui ho scritto di recente (qui e qui).

Forrester - The Future Of Business Is Digital


 Master Universitario Online in Digital L’ho anticipato riprendendo un tweet di Davide ma la news penso meriti un post: gli amici di BizUp insieme ad Unicusano (una delle maggiori università telematiche in Italia) hanno elaborato il primo Master Universitario Online in Digital Marketing.

Il master rientra nell’offerta didattica della Web Marketing Ecademy (WME).

Sono molto contento di dare anche il contributo al programma didattico che mi sembra completo e ben articolato. Così come mi merita sottolineare la presenza di un bel corpo docenti.

Da segnalare anche che il Master WME si configura come un vero e proprio master universitario con rilascio di crediti formativi e attribuzione di un titolo di studio post-laurea con valore legale a livello comunitario.

Tutte le info sul master sono sul sito WME.


iulmSegnalo volentieri che nell’ambito del Corso di Laurea Magistrale in Marketing, consumi e comunicazione organizzato dallo IULM c’è un bel modulo di indirizzo in Digital Marketing Management che mi vede tra i docenti.

Tra qualche giorno sarà pubblicato l’elenco completo dei docenti ma intanto posso anticipare qualche nome: Gianluca Diegoli, Alex Giordano, Nazzareno Gorni, Marco Massara, Mirko Pallera e naturalmente il Prof. Guido Di Fraia.


Sabato scorso ho avuto l’onore e di piacere di intervenire alla cerimonia di premiazione del Premio di Studio Giulia Maramotti organizzato dall’omonima fondazione e dal Soroptimist International.  Si tratta di un premio per i ragazzi di due istituti superiori di Reggio Emilia che quest’anno ha avuto come tema lo studio di due immagini vetrina per la nuova stagione Autunno Inverno 2010.

Premio-MaramottiUn’iniziativa che unisce elementi importanti: dalla stimolazione della creatività dei giovani ed il relativo riconoscimento, alla relazione (ormai straconsolidata) di una delle più belle aziende italiane, Max Mara, con il suo territorio.

Nell’articolo Giovani stilisti crescono si sottolinea giustamente sia l’allestimento dell’aula magna dell’Università, trasformata per una mattina in un atelier, sia l’intervento di Luigi Maramotti che ha esortato gli studenti a concentrarsi su impegno e creatività.

La prima testimonianza è stata quella di Laura Milani che ha raccontato la sua esperienza professionale, dallo studio legale in cui ha iniziato a lavorare fino all’attuale incarico in Facebook.

Anch’io ho riportato qualche esperienza professionale, partendo però da un fatto personale che ho raccontato per la prima volta in pubblico (con un po’ di imbarazzo, lo ammetto), ossia del mio casuale esordio come dj in radio che ha trasformato un sedicenne decisamente timido e riservato, in una persona più sicura e consapevole di poter coltivare le proprie passioni.

Parecchie le domande dagli studenti per me e per Laura, per poi arrivare al momento esaltante delle premiazioni dei ragazzi e delle insegnanti. Ho visto anche che il prossimo concorso riguarderà la relazione dei blog nel mondo fashion: insomma, lo sguardo è ben concentrato sul connubio tra capacità, creatività e attualità.

Notazione finale: è la prima volta che faccio un intervento con la presenza in sala di una traduttrice per non udenti. Una di quelle piccole cose che sono grandissime per i soggetti interessati.


Seminario su Guerrilla, Viral e Social Media MarketingPenso che Fabio abbia messo su un bel gruppo per questo seminario che si terrà a Roma il 15 e 16 Aprile.

Può essere una buona occasione per sia per i neofiti, sia per chi ha a che fare con i social media nell’abito del proprio lavoro.

Sul post su bloguerrilla tutte le informazioni ed il programma dettagliato.


Social Media Marketing & Web Communication - Executive Master SDC IULMIl Master in Social Media Marketing & Web Communication della Scuola di Comunicazione IULM sta conducendo una ricerca approfondita sull’utilizzo dei social media da parte delle aziende italiane.

Se avete 5 minuti per compilare uno specifico questionario, avrete la possibilità di ricevere il rapporto conclusivo dell’indagine in anticipo rispetto alla sua presentazione pubblica.

Maggiori informazioni sul sito del master.


Stimolato da un’arguta riflessione di Andrea sulla formazione in azienda, volevo fare due ragionamenti su quali competenze professionali possono essere migliorate per affrontare in modo adeguato i tempi che corrono.

Anni fa si iniziò a distinguere tra l’insegnare il “sapere” e il “saper fare”, ove quest’ultimo risultava sempre più utile e richiesto. Tutt’oggi la formazione ha sempre più sbocchi operativi, perché determinate competenze si acquisiscono facilmente e velocemente sul campo piuttosto che su un manuale.

Tuttavia il “saper fare” non basta più. O meglio, forse non si riesce più a trasmettere tutto quello che ci sarebbe da fare. Scrive Andrea:

Mi sono chiesto cosa dovrebbe lasciarci di valido e duraturo un corso ben fatto. Probabilmente non una quantità più o meno consistente di informazioni ma un metodo per capire e analizzare lo scenario nel quale ci troviamo,il desiderio e l’interesse che ci spingeranno a restare sempre aggiornati e curiosi, la voglia e la caparbietà di trovare soluzioni non convenzionali che possano fare la differenza.

Secondo me la formazione oggi dovrebbe insegnare (anche) a “saper cambiare”, considerando aspetti che sono trasversali rispetto alle varie discipline ed aree di business. Qui ne lancio alcuni, ma la lista è senz’altro più ampia.

  • Velocità. Si tratta di imparare non solo a gestire il tempo in modo più efficiente e pragmatico (compreso il tempo fuori dal lavoro), ma di rivedere la definizione delle priorità e la capacità di adattarsi a mutamenti anche repentini.
  • Beta perenne. Molti dei cambiamenti che governiamo o nei quali siamo coinvolti, avvengono (ed è giusto così) senza un rigoroso piano strategico e operativo. Si prova, si misurano e analizzano i risultati, si perfeziona e poi si ri-misura e ri-analizza, e così via, in un loop che genera poche certezze nel lungo periodo, ma che va vissuto quasi alla giornata.
  • Technology servant. In quasi ogni ambito professionale, la tecnologia è diventata un elemento cruciale, abilitante, differenziale. Tuttavia, occorre inquadrarla in quanto strumento, “attrezzo del mestiere” e non come fine, considerando anche il fatto che l’unica certezza offerta dai tool e dagli strumenti tecnologici è che saranno superati da lì a pochi mesi.
  • Momentum. Saper cambiare, ok, ma quando è il momento giusto? Le tentazioni innovative ci arrivano da ogni parte, ma quali sono quelle che producono valore e quando è il momento giusto per applicarle o adottarle?

Naturalmente, è relativamente semplice capire quali sono i temi su cui potrebbe vertere un piano formativo moderno, più complicato è individuare chi è capace ad erogarlo.

L’occasione mi sembra buona per segnalare il recente IBM Global CEO Study proprio focalizzato sulla complessità del business moderno e su come valorizzarla, il cui Summary Report si apre evidenziando che:

La complessità è destinata ad aumentare e oltre la metà dei CEO dubita di essere in grado di gestirla.

per poi riassumere le linee d’azione che emergono dai 1541 CEO intervistati in questo modo:

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