Archivio: “ibm”
Stimolato da un’arguta riflessione di Andrea sulla formazione in azienda, volevo fare due ragionamenti su quali competenze professionali possono essere migliorate per affrontare in modo adeguato i tempi che corrono.
Anni fa si iniziò a distinguere tra l’insegnare il “sapere” e il “saper fare”, ove quest’ultimo risultava sempre più utile e richiesto. Tutt’oggi la formazione ha sempre più sbocchi operativi, perché determinate competenze si acquisiscono facilmente e velocemente sul campo piuttosto che su un manuale.
Tuttavia il “saper fare” non basta più. O meglio, forse non si riesce più a trasmettere tutto quello che ci sarebbe da fare. Scrive Andrea:
Mi sono chiesto cosa dovrebbe lasciarci di valido e duraturo un corso ben fatto. Probabilmente non una quantità più o meno consistente di informazioni ma un metodo per capire e analizzare lo scenario nel quale ci troviamo,il desiderio e l’interesse che ci spingeranno a restare sempre aggiornati e curiosi, la voglia e la caparbietà di trovare soluzioni non convenzionali che possano fare la differenza.
Secondo me la formazione oggi dovrebbe insegnare (anche) a “saper cambiare”, considerando aspetti che sono trasversali rispetto alle varie discipline ed aree di business. Qui ne lancio alcuni, ma la lista è senz’altro più ampia.
- Velocità. Si tratta di imparare non solo a gestire il tempo in modo più efficiente e pragmatico (compreso il tempo fuori dal lavoro), ma di rivedere la definizione delle priorità e la capacità di adattarsi a mutamenti anche repentini.
- Beta perenne. Molti dei cambiamenti che governiamo o nei quali siamo coinvolti, avvengono (ed è giusto così) senza un rigoroso piano strategico e operativo. Si prova, si misurano e analizzano i risultati, si perfeziona e poi si ri-misura e ri-analizza, e così via, in un loop che genera poche certezze nel lungo periodo, ma che va vissuto quasi alla giornata.
- Technology servant. In quasi ogni ambito professionale, la tecnologia è diventata un elemento cruciale, abilitante, differenziale. Tuttavia, occorre inquadrarla in quanto strumento, “attrezzo del mestiere” e non come fine, considerando anche il fatto che l’unica certezza offerta dai tool e dagli strumenti tecnologici è che saranno superati da lì a pochi mesi.
- Momentum. Saper cambiare, ok, ma quando è il momento giusto? Le tentazioni innovative ci arrivano da ogni parte, ma quali sono quelle che producono valore e quando è il momento giusto per applicarle o adottarle?
Naturalmente, è relativamente semplice capire quali sono i temi su cui potrebbe vertere un piano formativo moderno, più complicato è individuare chi è capace ad erogarlo.
L’occasione mi sembra buona per segnalare il recente IBM Global CEO Study proprio focalizzato sulla complessità del business moderno e su come valorizzarla, il cui Summary Report si apre evidenziando che:
La complessità è destinata ad aumentare e oltre la metà dei CEO dubita di essere in grado di gestirla.
per poi riassumere le linee d’azione che emergono dai 1541 CEO intervistati in questo modo:
“E' nato Green Liquida, il magazine "verde" scritto da alcuni dei blogger italiani più competenti di ecologia, natura e futuro dell'ambiente. Progetto sostenuto da IBM”
Anche questo secondo me, rientra nel concetto content marketing. Guadagnare visibilità anziché acquistarla; o quantomeno acquistarla in modo diverso (mi riferisco a IBM naturalmente).
Salgo solo per un momento da un punto d’osservazione più in alto: e se una parte del web vivesse come oggi vivono molti musei e gallerie d’arte, ossia con il sostegno delle imprese? Si tratterebbe sempre di comunicazione pubblicitaria ma con la possibilità di declinare meglio i possibili coinvolgimenti sui contenuti. Ora che ci penso, inizio a vedere queste forme di “sponsorizzazioni 2.0”.
Come la vedete?
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