Archivio: “Libri”
Ho avuto il privilegio ed il piacere di partecipare al progetto “Giochi da prendere sul serio”, il libro scritto da Alberto Maestri, Pietrro Polsinelli e Joseph Sassoon dedicato a Gamification, storytelling e game design per progetti innovativi; editore Franco Angeli.
Su Amazon puoi anche scaricare un estratto del libro che contiene la premessa e la mia introduzione. Buona lettura!
Magari a Babbo Natale chiederò qualche ora in più per scrivere sul blog con regolarità, ma intanto non è che sto senza far niente riguardo le attività social e networking.
In ordine cronologico:
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Oggi è uscito un mio (lungo) post sul blog Tagliaerbe di Davide Pozzi: Il Customer Engagement coinvolge tutta l’azienda.
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Come già anticipato, Mercoledì 13 Novembre alle ore 11 parteciperò all’evento online SuperSummit con l’intervento “L’azienda è il nuovo media” dedicato al content marketing.
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Sta per uscire il libro Business Networking – Costruire relazioni in rete di Gianluigi Cogo e Simone Favaro di cui ho scritto la prefazione. Un estratto del libro (compresa la mia prefazione
) è già scaricabili sulla pagina Facebook.
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Infine un reminder anche riguardo al Convegno GT dedicato al search marketing: io ci sarò il 13 Dicembre alle 18.
Naturalmente commenti e opinioni sono sempre benvenuti!
Un mese esatto da oggi: il 13 novembre alle 11 partecipo al SuperSummit, l’ultima invenzione di Marco Montemagno.
Format totalmente digitale: una presentazione online con qualche chart di supporto, una conversazione stimolata dalle domande di Marco e poi chat con i partecipanti. Sono molto curioso di vedere quanto sarà apprezzata.
Il mio intervento sarà dedicato al tema delle aziende come nuovo media e di come il content marketing sia diventato centrale nelle strategie digitali (e non solo).
E’ un argomento molto caldo dopo tanti anni che gente come il sottoscritto ne tratta . Ci sono segnali dappertutto: ho un collega che sta scrivendo libro sul content marketing insieme ad un manager di una grande azienda (è anche imminente quello di Brito che promette bene); un amico ha messo su una newco dedicata ad una piattaforma collaborativa; negli USA 2 eventi su 3 relativi al digital trattano di contenuti.
Nel mio intervento al SuperSummit vorrei condividere qualche framework strategico e dei modelli applicativi (e applicati). E mi farebbe piacere se partecipassi anche te, magari suggerendo qualche tema che potrei approfondire nell’occasione.
Ci vediamo online tra un mese!
Cosa c’è meglio di un buon libro sull’e-commerce per prepararsi al rientro dopo la classica pausa estiva?
Ecco allora “Il manuale dell’e-commerce” di Roberto Ghislandi (Apogeo), un testo ben fatto, completo, ricco di esempi esplicativi. Pensato per i non addetti ai lavori, penso possa risultare utile anche ai più esperti perché copre uno spettro abbastanza allargato di argomenti attorno all’e-commerce.
Naturalmente si tratta di un ambito estremamente ampio e correttamente l’autore inquadra l’e-commerce tenendo in considerazione la relazione con gli altri canali di vendita e la relativa competizione.
Adesso che anche in Italia le vendite online pare abbiano iniziato a decollare, serviva sicuramente un testo come questo di Ghislandi. Difatti, sono in molti a ritenere che una delle motivazioni per cui l’e-commerce stenta nel nostro Paese, riguarda essenzialmente una limitata offerta piuttosto che una carenza di domanda. Probabilmente i consumatori sono già pronti a incrementare la spesa online, ma non sempre trovano un’offerta di servizi e prodotti adeguata e conveniente, oppure risulta carente il supporto e l’assistenza pre/post vendita, elemento questo da considerare determinate per un successo di qualsiasi progetto di commercio elettronico.
Il libro è anche una testimonianza evidente di come due terzi dei contenuti riguardo l’e-commerce afferiscono al marketing e alla strategia commerciale e organizzativa piuttosto che alla tecnologia su cui impostare il sito. Molti, invece, partono dalla piattaforma, dal catalogo dei prodotti, dalle foto a 360 gradi. Ecco, “Il manuale dell’e-commerce” ci aiuta (anche) a capire che l’estetica e la tecnologia sono elementi importanti ma sicuramente secondari, semplificati peraltro dalla crescente disponibilità di piattaforme complete, accessibili economicamente e ampiamente configurabili.
Cosa c’è meglio di un buon libro sull’e-commerce per prepararsi al rientro dopo la classica pausa estiva?
Ecco allora “Il manuale dell’e-commerce” di Roberto Ghislandi (Apogeo), un testo ben fatto, completo, ricco di esempi esplicativi. Pensato per i non addetti ai lavori, penso possa risultare utile anche ai più esperti perché copre uno spettro abbastanza allargato di argomenti attorno all’e-commerce.
Naturalmente si tratta di un ambito estremamente ampio e correttamente l’autore inquadra l’e-commerce tenendo in considerazione la relazione con gli altri canali di vendita e la relativa competizione.
Adesso che anche in Italia le vendite online pare abbiano iniziato a decollare, serviva sicuramente un testo come questo di Ghislandi. Difatti, sono in molti a ritenere che una delle motivazioni per cui l’e-commerce stenta nel nostro Paese, riguarda essenzialmente una limitata offerta piuttosto che una carenza di domanda. Probabilmente i consumatori sono già pronti a incrementare la spesa online, ma non sempre trovano un’offerta di servizi e prodotti adeguata e conveniente, oppure risulta carente il supporto e l’assistenza pre/post vendita, elemento questo da considerare determinate per un successo di qualsiasi progetto di commercio elettronico.
Il libro è anche una testimonianza evidente di come due terzi dei contenuti riguardo l’e-commerce afferiscono al marketing e alla strategia commerciale e organizzativa piuttosto che alla tecnologia su cui impostare il sito. Molti, invece, partono dalla piattaforma, dal catalogo dei prodotti, dalle foto a 360 gradi. Ecco, “Il manuale dell’e-commerce” ci aiuta (anche) a capire che l’estetica e la tecnologia sono elementi importanti ma sicuramente secondari, semplificati peraltro dalla crescente disponibilità di piattaforme complete, accessibili economicamente e ampiamente configurabili.
Il solito riassunto degli ultimi libri letti, questa volta si arricchisce di un paio di titoli che NON riguardano internet, wow. Ora che li vedo tutti impilati, mi accorgo che sono per lo più di taglio pessimista o melanconico, ma indubbiamente realisti per contenuti e forma.
Parto da I nemici della rete di Arturo Di Corinto e Alessandro Gilioli, una purtroppo vera ricostruzione dei principali ostacoli frapposti alla diffusione di internet nel nostro paese. Il libro è sviluppato come un approfondito servizio giornalistico con tutti i protagonisti messi in chiaro e mi pare copra gran parte dei problemi che pongono l’Italia ai margini della diffusione della Rete. Non propone soluzioni ma dichiara chiaramente di identificare “le palle al piede” di questa nazione e lo fa con chiarezza e disincanto. Leggerlo mette sconforto, specie se si pensa a che paesello lasceremo ai nostri figli.
Non migliora la fotografia di Banda Stretta, scritto da Francesco Caio e Massimo Sideri, che descrive la rivoluzione digitale in atto e come è vissuta in Italia, lamentando ovviamente una mancanza complessiva di consapevolezza da parte di molti soggetti, istituzionali in primis. Mi fa piacere constatare il frequente richiamo all’education digitale tra le priorità:
Perché dalla partecipazione in corso – in primis dalla loro comprensione – dipenderanno, in un futuro che è già presente, la capacità di essere rappresentati a livello collettivo e politico e la possibilità per la leadership di fare scelte in vista del bene pubblico. L’alfabetizzazione digitale sembra porsi come nuova asticella al pieno esercizio di diritti come quello di voto, di informazione e di espressione.
e ancora:
Lo studio della grammatica digitale di base […] diventa uno snodo necessario non solo per la competitività del Paese ma anche per la convivenza sociale.
A proposito di un’Italia che cambia e non proprio benissimo, ho divorato in due serate lo splendido Storie della mia gente di Edoardo Nesi, vincitore del Premio Strega. Lo descrivo riprendendo il tweet che ho scritto d’istinto appena finito:
è un libro che ti sbatte in faccia duro e lascia i segni dei pensieri che scatena
Così come Nesi racconta della sua azienda di Prato, anche Just Kids di Patti Smith parla del passato, in particolare quello vissuto appena arrivata a New York insieme a Robert Mapplethorpe, diventato poi uno dei più noti artisti e fotografi dell’underground americano. Per uno come me che collezionava qualsiasi cosa sul finire degli anni 70 riguardo Patti Smith, leggere Just Kids è stato come scoprire un passaggio segreto verso la riscoperta di tesori piccoli e grandi di cui avevi solo sentito parlare. Il libro è sincero e ispirato, a tratti dolcissimo, forse solo un po’ triste. Ma Patti è sempre stata così.
Il solito riassunto degli ultimi libri letti, questa volta si arricchisce di un paio di titoli che NON riguardano internet, wow. Ora che li vedo tutti impilati, mi accorgo che sono per lo più di taglio pessimista o melanconico, ma indubbiamente realisti per contenuti e forma.
Parto da I nemici della rete di Arturo Di Corinto e Alessandro Gilioli, una purtroppo vera ricostruzione dei principali ostacoli frapposti alla diffusione di internet nel nostro paese. Il libro è sviluppato come un approfondito servizio giornalistico con tutti i protagonisti messi in chiaro e mi pare copra gran parte dei problemi che pongono l’Italia ai margini della diffusione della Rete. Non propone soluzioni ma dichiara chiaramente di identificare “le palle al piede” di questa nazione e lo fa con chiarezza e disincanto. Leggerlo mette sconforto, specie se si pensa a che paesello lasceremo ai nostri figli.
Non migliora la fotografia di Banda Stretta, scritto da Francesco Caio e Massimo Sideri, che descrive la rivoluzione digitale in atto e come è vissuta in Italia, lamentando ovviamente una mancanza complessiva di consapevolezza da parte di molti soggetti, istituzionali in primis. Mi fa piacere constatare il frequente richiamo all’education digitale tra le priorità:
Perché dalla partecipazione in corso – in primis dalla loro comprensione – dipenderanno, in un futuro che è già presente, la capacità di essere rappresentati a livello collettivo e politico e la possibilità per la leadership di fare scelte in vista del bene pubblico. L’alfabetizzazione digitale sembra porsi come nuova asticella al pieno esercizio di diritti come quello di voto, di informazione e di espressione.
e ancora:
Lo studio della grammatica digitale di base […] diventa uno snodo necessario non solo per la competitività del Paese ma anche per la convivenza sociale.
A proposito di un’Italia che cambia e non proprio benissimo, ho divorato in due serate lo splendido Storie della mia gente di Edoardo Nesi, vincitore del Premio Strega. Lo descrivo riprendendo il tweet che ho scritto d’istinto appena finito:
è un libro che ti sbatte in faccia duro e lascia i segni dei pensieri che scatena
Così come Nesi racconta della sua azienda di Prato, anche Just Kids di Patti Smith parla del passato, in particolare quello vissuto appena arrivata a New York insieme a Robert Mapplethorpe, diventato poi uno dei più noti artisti e fotografi dell’underground americano. Per uno come me che collezionava qualsiasi cosa sul finire degli anni 70 riguardo Patti Smith, leggere Just Kids è stato come scoprire un passaggio segreto verso la riscoperta di tesori piccoli e grandi di cui avevi solo sentito parlare. Il libro è sincero e ispirato, a tratti dolcissimo, forse solo un po’ triste. Ma Patti è sempre stata così.
Sono terribilmente indietro con le recensioni dei libri che ho letto recentemente, ma di “Artigiani del digitale” di Andrea Granelli voglio scrivere due righe.
Il libro prende il mondo dell’ICT italiano e lo osserva in modo lucido e disincantato, partendo proprio dal “lato oscuro”della tecnologia fatto di numerose contraddizioni e illusioni che raramente vengono evidenziate e spiegate. Anche per questo, le innumerevoli opportunità della tecnologia digitale (e del sistema economico-sociale da essa generato) necessitano di figure meno tecniche rispetto al passato. Servono artigiani capaci di adattarle ai bisogni reali delle persone, di spiegarle e raccontarle in modo facile e comprensibile (nel 2005 sempre Granelli scrisse “Comunicare l’innovazione”), di inserirle nel tessuto sociale e non solo in quello economico.
Dichiarata ed evidente è l’ispirazione agli insegnamenti di Adriano Olivetti (a cui è dedicato il capitolo finale oltre i rimandi della prefazione di Patrizia Greco, Amministratore Delegato di Olivetti), che pur apparendo utopista in alcuni passi, è estremamente attuale e, a mio parere, profondamente condivisibile.
Artigiani del digitale racchiude anche alcune proposte. Da una parte l’auspicio agli operatori di confezionare i loro prodotti e servizi adattandole meglio ai bisogni reali dei clienti (specie a riguardo delle PMI nostrane), migliorando nel contempo l’attenzione strategica al cliente, cercando di capirlo di più e di offrirgli supporto concreto, facilitandone l’approccio alla tecnologia anziché sofisticarlo continuamente aggiungendo nuovi astrusi acronimi. Dall’altra lo stimolo alle istituzioni, che potrebbero fare la differenza se non si limitassero a slogan di effetto o a iniziative di massa, ma che dovrebbero puntare invece a sviluppare programmi formativi, comunità di pratica e, soprattutto, utilizzare maggiormente la domanda pubblica di ICT come motore dell’innovazione.
Insomma, una rilettura del mercato italiano dell’ICT a cui peraltro è dedicato un omonimo capitolo che segnala sinteticamente parecchi casi di eccellenza italiana, sia dal punto di vista innovativo che creativo. Sicuramente un buon libro, pieno di stimoli e speranze, che prende dal passato insegnamenti importanti e che auspica un futuro in cui la tecnologia digitale sia più vicina agli utilizzatori e più funzionale allo sviluppo sano della società.
Sono terribilmente indietro con le recensioni dei libri che ho letto recentemente, ma di “Artigiani del digitale” di Andrea Granelli voglio scrivere due righe.
Il libro prende il mondo dell’ICT italiano e lo osserva in modo lucido e disincantato, partendo proprio dal “lato oscuro”della tecnologia fatto di numerose contraddizioni e illusioni che raramente vengono evidenziate e spiegate. Anche per questo, le innumerevoli opportunità della tecnologia digitale (e del sistema economico-sociale da essa generato) necessitano di figure meno tecniche rispetto al passato. Servono artigiani capaci di adattarle ai bisogni reali delle persone, di spiegarle e raccontarle in modo facile e comprensibile (nel 2005 sempre Granelli scrisse “Comunicare l’innovazione”), di inserirle nel tessuto sociale e non solo in quello economico.
Dichiarata ed evidente è l’ispirazione agli insegnamenti di Adriano Olivetti (a cui è dedicato il capitolo finale oltre i rimandi della prefazione di Patrizia Greco, Amministratore Delegato di Olivetti), che pur apparendo utopista in alcuni passi, è estremamente attuale e, a mio parere, profondamente condivisibile.
Artigiani del digitale racchiude anche alcune proposte. Da una parte l’auspicio agli operatori di confezionare i loro prodotti e servizi adattandole meglio ai bisogni reali dei clienti (specie a riguardo delle PMI nostrane), migliorando nel contempo l’attenzione strategica al cliente, cercando di capirlo di più e di offrirgli supporto concreto, facilitandone l’approccio alla tecnologia anziché sofisticarlo continuamente aggiungendo nuovi astrusi acronimi. Dall’altra lo stimolo alle istituzioni, che potrebbero fare la differenza se non si limitassero a slogan di effetto o a iniziative di massa, ma che dovrebbero puntare invece a sviluppare programmi formativi, comunità di pratica e, soprattutto, utilizzare maggiormente la domanda pubblica di ICT come motore dell’innovazione.
Insomma, una rilettura del mercato italiano dell’ICT a cui peraltro è dedicato un omonimo capitolo che segnala sinteticamente parecchi casi di eccellenza italiana, sia dal punto di vista innovativo che creativo. Sicuramente un buon libro, pieno di stimoli e speranze, che prende dal passato insegnamenti importanti e che auspica un futuro in cui la tecnologia digitale sia più vicina agli utilizzatori e più funzionale allo sviluppo sano della società.
Giovedì a Roma e lunedì prossimo a Milano viene presentato il libro “Le Cose Nuove” edito da Lupetti. Se passate da quelle parti ci vediamo là.
Un libro che consiglio a scatola chiusa. Non solo perché Emiliano è uno stimato professionista del search engine marketing da diversi anni. Non solo perché il settore del search è di quelli che muove una quota rilevante di tutta la comunicazione su internet e quindi va seguito con costante attenzione. Ma anche perché è possibile acquistare il libro con il 25% di sconto ancora per alcuni giorni.
Certo, nel libro c’è anche la mia prefazione, ma il resto sarà sicuramente interessante! E ve lo dice uno che un libro sui motori di ricerca l’ha scritto esattamente dieci anni fa (urca!).
Il libro Open Marketing segue il precedente Marketing Reloaded ampliando il punto di osservazione: dall’analisi degli strumenti multicanale del marketing, si sale fino a “rivedere profondamente l’assetto complessivo di un’impresa”. Cambia quindi anche il target del testo che sembra orientato prevalentemente al management (o comunque a chi guida le aziende) riservando loro reiterati inviti al cambiamento.
“È richiesto al top management di: (i) intraprendere un vero e proprio turnaround strategico e organizzativo e (ii) riconfigurare il sistema di relazioni con gli attori che offrono servizi a supporto del processo di comunicazione.”
Sul tema dei partner (agenzie di comunicazione, centri media, ecc.) torno più avanti. Sull’argomento del turnaround, Open Marketing propone uno scenario dove “tutto diventa touchpoint”:
“Non ha più senso parlare di media ricorrendo alle distinzioni classiche. (…) Tutti i media confluiscono in un ambiente in cui l’utente è sempre più protagonista: infatti, da una parte si assiste alla ricerca di spazi sempre meno convenzionali ove inserire messaggi pubblicitari (…); dall’altra, è sempre più ricorrente che il cliente interagisca con l’impresa attraverso molteplici punti di contatto – spesso non controllati dal sistema dell’offerta – in cui abbandona il ruolo di soggetto passivo e diventa sempre più attivo e partecipativo.”
Le ricerche svolte dalla School of Management del Politecnico di Milano (nella quale gli autori insegnano), hanno evidenziato cinque principali barriere nell’adozione dei nuovi approcci di marketing:
- mancanza di conoscenza approfondita sulle evoluzioni del contesto e delle potenzialità (…) della multicanalità
- sequenzialità del processo di marketing
- culto della marca e monodirezionalità della comunicazione
- sistemi di misurazione delle performance
- incomunicabilità e disallineamento tra i diversi silos organizzativi
Per superare queste barriere occorre, tra l’altro, che la figura del CMO (Chief Marketing Officer) “assuma un ruolo strategico all’interno dei meccanismi decisionali aziendali” e che “faccia parte a tutti gli effetti del board decisionale dell’impresa, e che gli venga conferito potere tanto formale quanto sostanziale”. Solo in questo modo si può progettare e definire “il tipo di esperienza complessiva che l’azienda intende offrire al mercato”.
Concetti questi che rafforzano anche i miei ragionamenti sulla pervasività di internet all’interno delle organizzazioni e sulla interdisciplinarietà necessaria per coordinare e applicare il tutto in maniera efficace. Difatti anche su Open Marketing si sottolinea a più riprese dei mutamenti anche nella filiera di marketing, in cui l’azienda “chiederà relazioni sempre più coordinate e integrate con alcuni partner selezionati, che a tendere potranno non essere il centro media e l’agenzia ma il network di attori che avranno una corretta visione strategica e una capacità di gestire progetti secondo regole di marketing chiare e condivise con l’azienda”.
Il libro Open Marketing segue il precedente Marketing Reloaded ampliando il punto di osservazione: dall’analisi degli strumenti multicanale del marketing, si sale fino a “rivedere profondamente l’assetto complessivo di un’impresa”. Cambia quindi anche il target del testo che sembra orientato prevalentemente al management (o comunque a chi guida le aziende) riservando loro reiterati inviti al cambiamento.
“È richiesto al top management di: (i) intraprendere un vero e proprio turnaround strategico e organizzativo e (ii) riconfigurare il sistema di relazioni con gli attori che offrono servizi a supporto del processo di comunicazione.”
Sul tema dei partner (agenzie di comunicazione, centri media, ecc.) torno più avanti. Sull’argomento del turnaround, Open Marketing propone uno scenario dove “tutto diventa touchpoint”:
“Non ha più senso parlare di media ricorrendo alle distinzioni classiche. (…) Tutti i media confluiscono in un ambiente in cui l’utente è sempre più protagonista: infatti, da una parte si assiste alla ricerca di spazi sempre meno convenzionali ove inserire messaggi pubblicitari (…); dall’altra, è sempre più ricorrente che il cliente interagisca con l’impresa attraverso molteplici punti di contatto – spesso non controllati dal sistema dell’offerta – in cui abbandona il ruolo di soggetto passivo e diventa sempre più attivo e partecipativo.”
Le ricerche svolte dalla School of Management del Politecnico di Milano (nella quale gli autori insegnano), hanno evidenziato cinque principali barriere nell’adozione dei nuovi approcci di marketing:
- mancanza di conoscenza approfondita sulle evoluzioni del contesto e delle potenzialità (…) della multicanalità
- sequenzialità del processo di marketing
- culto della marca e monodirezionalità della comunicazione
- sistemi di misurazione delle performance
- incomunicabilità e disallineamento tra i diversi silos organizzativi
Per superare queste barriere occorre, tra l’altro, che la figura del CMO (Chief Marketing Officer) “assuma un ruolo strategico all’interno dei meccanismi decisionali aziendali” e che “faccia parte a tutti gli effetti del board decisionale dell’impresa, e che gli venga conferito potere tanto formale quanto sostanziale”. Solo in questo modo si può progettare e definire “il tipo di esperienza complessiva che l’azienda intende offrire al mercato”.
Concetti questi che rafforzano anche i miei ragionamenti sulla pervasività di internet all’interno delle organizzazioni e sulla interdisciplinarietà necessaria per coordinare e applicare il tutto in maniera efficace. Difatti anche su Open Marketing si sottolinea a più riprese dei mutamenti anche nella filiera di marketing, in cui l’azienda “chiederà relazioni sempre più coordinate e integrate con alcuni partner selezionati, che a tendere potranno non essere il centro media e l’agenzia ma il network di attori che avranno una corretta visione strategica e una capacità di gestire progetti secondo regole di marketing chiare e condivise con l’azienda”.
Re-brand di Mirko Nesurini è dedicato ai brand che dormono, ossia quelle marche che sono uscite dal mercato ma ancora godono di notorietà per cui può valer la pena rilanciarle. Il libro ha una strana trattazione: a volte sembra un collage di post-it e appunti sulle numerose aziende citate. Lunga è infatti la carrellata di brand più o meno noti e di successo, dei quali si raccontano dati storiografici e di mercato senza però approfondire o commentare le strategie o i risultati. Interessante per i curiosi dei brand del passato.
Farsi capire di Annamaria Testa l’avevo acquistato leggendo un post di Luisa Carrada la quale, come al solito, ci prende sempre. Si tratta di un lavoro che approfondisce tutti i lati del comunicare tra le persone, con un approccio abbastanza rigoroso (nacque come base per un corso universitario) che sfocia continuamente in divertenti e sorprendenti battute di un humor piacevolissimo. Esposizione elegante che si avvale di buffi personaggi per condire gli esempi pratici, i quali arrivano al momento giusto per sdrammatizzare i momenti di trattazione maggiormente elaborati.
Internet e movimenti sociali è il testo della tesi di laurea di Franco Pignatti ed è un buon excursus riguardo l’utilizzo della Rete per le svariate forme di attivismo e di comunicazione di protesta. Il lavoro naturalmente fa ampio ricorso a citazioni e riprese di testi di riferimento (i lavori di Castells su tutti) ma poi entra nei dettagli con una trattazione equilibrata e analitica di alcuni dei fenomeni più rilevanti sull’argomento degli ultimi anni.
Oggi ho ricevuto un po’ di libri: alcuni ordinati online, altri come gentile omaggio. Come si può vedere dalla sezione “Libri in lettura” nella colonna in basso a destra, ho materiale sufficiente per l’intero periodo estivo.
Tra gli altri, vorrei segnalare la fatica di Alessio Semoli, Web Analytics, che contiene anche una mia breve testimonianza denominata “Cosa cambia con la Web Analytics?” che mi son permesso di ripubblicare, nella quale, tra l’altro, propongo una cosa: e se anche i software di analytics che anziché parlare di utenti, li chiamassero persone?
Oggi ho ricevuto un po’ di libri: alcuni ordinati online, altri come gentile omaggio. Come si può vedere dalla sezione “Libri in lettura” nella colonna in basso a destra, ho materiale sufficiente per l’intero periodo estivo.
Tra gli altri, vorrei segnalare la fatica di Alessio Semoli, Web Analytics, che contiene anche una mia breve testimonianza denominata “Cosa cambia con la Web Analytics?” che mi son permesso di ripubblicare, nella quale, tra l’altro, propongo una cosa: e se anche i software di analytics che anziché parlare di utenti, li chiamassero persone?
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