Archivio: “Social networking”

In occasione di Interact 2008, il congresso europeo di IAB sulla pubblicità online, riparte anche il relativo blog con una breve ma significativa intervista che ho fatto a Esther Dyson, una delle relatrici di spicco della passata edizione ed un personaggio che seguo dalla fine degli anni 80.

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Trovo una certa correlazione con l’idea dei mille fan per vivere felici che ha ripreso Marco da un post originario di Kevin Kelly, con il concetto del “personal CPM” che arriva invece da Forrester Research.

image Mi intriga parecchio il ragionamento su come e quanto le persone (intese come singoli individui) andranno ad occupare degli spazi (in termini di attenzione e quindi tempo, e quindi anche di denaro) che attualmente sono appaggaggio dei produttori tradizionali dicontenuti.

Charlene Li di Forrester nelle sua presentazione The Future Of Social Networks (via ReadWriteWeb) pensa che ogni persona avrà un proprio CPM personale (per i meno dentro queste cose, per CPM si intende il costo per mille visualizzazioni pubblicitarie sul sito).

Interessante.

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Trovo una certa correlazione con l’idea dei mille fan per vivere felici che ha ripreso Marco da un post originario di Kevin Kelly, con il concetto del “personal CPM” che arriva invece da Forrester Research.

image Mi intriga parecchio il ragionamento su come e quanto le persone (intese come singoli individui) andranno ad occupare degli spazi (in termini di attenzione e quindi tempo, e quindi anche di denaro) che attualmente sono appaggaggio dei produttori tradizionali dicontenuti.

Charlene Li di Forrester nelle sua presentazione The Future Of Social Networks (via ReadWriteWeb) pensa che ogni persona avrà un proprio CPM personale (per i meno dentro queste cose, per CPM si intende il costo per mille visualizzazioni pubblicitarie sul sito).

Interessante.

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Ad un convegno di giovedì scorso, ho stuzzicato con una domanda Pierluigi Bernasconi, Amministratore Delegato di Mediamarket (Mediaworld, Saturn), a proposito del rapporto tra spender pubblicitari e web agency e sul fatto che spesso i clienti si rivolgono direttamente ai publisher e ai motori di ricerca. Bernasconi ha detto di preferire spesso la “via diretta”, essenzialmente per due motivi:

  1. Le agenzie non sempre sono preprarate e aggiornate; ha fatto l’esempio di proposte legate al “web 2.0″ che altro non sono che pianificazioni su network di blog.
  2. Le web agency non hanno la capacità di interfacciarsi col management dei publisher, fatto che ritiene fondamentale per ottenere i risultati migliori.

Non sono molto d’accordo sul punto 2), o meglio, può anche esser vero che non tutte le agenzie hanno relazione con i piani alti, ma se diamo per buono che questa è una condizione necessaria per ottenere risultati, stiamo dicendo che il mercato è ancora immaturo, ed è fatto di relazioni e favoritismi e non di professioni. A me non pare che sia (più) così.

Pienamente in sintonia col punto 1) anche se non è tutta colpa delle agenzie. Le specializzazioni e le competenze d’avanguardia ci sono, basta saperle cercare. Se invece si cerca il nuovo utilizzando partner e procedure consolidate, probabilmente non lo si troverà (almeno per alcuni anni ancora). È di questi giorni una ricerca di TNS Media Agencies che rileva l’impreparazione delle tradizionali agenzie in USA, UK e Francia rispetto ai social media. Cito due commenti relativi a questo studio:

“I think traditional ad agencies have very little contribution to make,” Bryan Simkins, a marketing specialist at FedEx, told TNS. “They are mostly driven by their compensation models which are made for closed media. Those models don’t apply in open media.”

“They put up a good presentation about what social media is, but when you get to implementing campaigns, the day-to-day management skills are not meeting the marketers’ expectations.”

Dice la sua anche Forrester nel report The Connected Agency che Adweek sintetizza scrivendo: Agencies Need to Reboot. Ma cosa significa agenzie connesse? Ecco una sintesi:

What it is calling “the connected agency” would not only know certain communities but also be active members of these groups. Pushing messages would give way to encouraging voluntary engagement, and ongoing conversations would replace time-based campaigns.

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Allocazione budget marketing online Q3 2007 negli USA Guardare oggi gli Stati Uniti a proposito di marketing, significa capire cosa succederà dalle nostre parti tra un anno o due al massimo. Ebbene, i responsabili marketing americani spenderanno quasi l’8% del budget pubblicitario online in campagne di social marketing nell’ultimo trimestre di quest’anno.

eMarketer riporta questi dati sottolineando che si parla tanto di Web 2.0, ma i budget sono ancora destinati in gran parte alla pubblicità online tradizionale (display, search, email). Io vedo invece il bicchiere mezzo pieno e mi sorprende favorevolmente il fatto che i social network raccolgano già l’8% dei budget relativi alla Rete, praticamente dopo pochi mesi dal loro affermarsi.

Pensiamo al mercato italiano che fa circa 400 milioni complessivamente. Non sarebbero male 32 milioni dedicati a campagne di social marketing, no? Ce la facciamo ad aspettare un annetto?

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Raggruppo un po’ di segnalazioni per una bella navigata domenicale:

  • Alberto mi segnala Kindo, un social network dedicato alla famiglia appena uscito dalla beta, sviluppato da italiani che lavorano a Londra. In bocca al lupo!
  • Gianandrea Giacoma è un ricercatore in PKM360 nel Dip. di Psicologia dell’Univ. Cattolica di Milano che insieme a Davide Casali sta portando avanti “una raccolta delle principali teorie, competenze e conoscenze necessarie a sviluppare e/o analizzare un Social Network”, il tutto coordinato attraverso un wiki.
  • Per gli appassionati di musica, Ivana mi segnala Downlovers. In pratica, musica da scaricare gratuitamente (e legalmente) in cambio di qualche secondo di pubblicità.
  • Marco mi segnala invece di aver tradotto una raccolta di link per il monitoraggio del buzz marketing, a suo tempo postata da Andy Beal.
  • Merita un’occhiata ilcomunicatore, il blog di Luca Taddei che ho conosciuto tramite il progetto Bloglab e che si occupa di “pensare comunicazione per fare comunicazione”.
  • Infine: ricordo che è ancora aperta la votazione… sulla mia faccia :)

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Ebbene si: anche mia figlia si diverte con Stardoll ed ha imparato velocemente trucchi e trucchetti per aumentare i sui crediti con i quali acquista accessori per il guardaroba del suo avatar. Per ora non ha speso soldi veri, anche se ogni tanto vorrebbe farlo.

Adesso sono disponibili pure i buoni regalo, per cui si può far dono di una gift card prepagata. Non oso pensare al momento in cui decidesse di chiederla (e quindi di spiegarla) ai nonni…

Giustamente Matthew Nelson su ClickZ si chiede: se te compri una carta che non vale denaro vero, la regali a tua figlia così che possa comprare vesisti virtuali ma con dollari reali, gli stai realmente insegnando il giusto atteggiamento nei confronti del denaro? O stai solo cercado di essere cool?

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Nòva di giovedì scorso è incentrato sulla relazione tra le aziende ed i social network. In prima pagina l’ottima contestualizzazione del fenomeno da parte del Prof. Carnevale Maffè della Bocconi. Nel paginone centrale tanti esempi concreti e un articolo di David Browen di cui riporto un passo:

Ciò che le aziende ancora faticano a capire, tuttavia, è la natura non atomica, ma organica dei social network: essi non sono un mero aggregato di clienti, e tanto meno un mercato sul quale vendere i propri beni o servizi. I social network sono assimilabili ad un ecosistema, caratterizzato da logiche evolutive basate su meccanismi di feedback e risposta, dove si intrecciano processi economici di diverso tipo (…)
La contemporanea presenza di motivazioni individualistiche ed altruistiche, di leadership attiva e di identificazione e fruizione passiva, spiazza coloro che pensano di poter applicare le tecniche del marketing convenzionale.

C’è anche spazio per un mio articolo, in cui torno sul tema della qualità dei contenuti degli user generated content, dedicandomi a tre elementi in particolare:

  • Spazio ai non professionisti
  • La qualità è soggettiva
  • User filtered content


Tre segnalazioni che oltre alle tre “S” hanno in comune solo il fatto che hanno incrociato il mio surfin’ domenicale:

  • Bocciata da Stefano la studentessa che non sa cosa è il Web 2.0 (e va a lavorare in un centro media)
  • Luca sottolinea quanto Spaces sia sottovalutato, almeno considerando i dati di Nielsen che praticamente lo vedono svettare su quasi tutte le piattaforme di blogging e social network in Italia. Il motivo credo sia nel fatto che Microsoft ha sempre strategicamente pensato di fornire la sua versione dei vari strumenti software e online; ad utilizzarli, a volte, ci si sente quasicome omologati. C’è chi non ci bada e a chi piace (ed i numeri confermano che sono molti), gli altri sono contro.
  • Per gli amanti di Bruce Springsteen: concerto alle 8.30 di mattina nella piazza di Rockfeller Center a New York per lanciare il suo nuovo album Magic. Steve e Clarence sono evidentemente anzianotti; lui, il Boss, è il rocker di sempre.


Google presenta i Gadget Ads, ossia dei contenuti interattivi racchiusi in un rettangolone su cui è possibile integrare di tutto (video, feed, mappe, ecc.), per poi utilizzarli non solo sul network di Google ma anche su altre piattaforme.

I Gadget Ads sembrano raccogliere perfettamente i suggerimenti dell’ottimo post sul “web decentralizzato” di Steve Rubel. Nicola Mattina ne ha tradotto bene i concetti che qui sintetizzo:

  • Pensate a fare dei web service invece che dei siti
  • Connettete le persone
  • Rendete tutto portabile

I gadget sul web (o widget, se preferite) sono proprio uno degli strumenti per distribuire contenuti e servizi. Rispondendo a Dario che mi chiede se “questi tipi di Widget creeranno confusione o diventeranno uno standard”, penso che la confusione aumenterà senz’altro nella testa di chi non è preparato a questo processo di decentralizzazione. Insomma, il passaggio è dal portale aziendale alla presenza in mille luoghi diversi; dal creare una community sul proprio sito, al partecipare alle community esistenti. In questo processo (che in parte avevo trattato nell’articolo L’approccio Multi-x), i gadget sono una delle ciliegine sulla torta.

Con l’occasione: se c’è un programmatore che sa smanettare sui gadget, mi mi faccia un fischio: abbiamo un paio di progetti da realizzare e ci serve un supporto tecnico.

A proposito di Google, volevo segnalare altre due cose:

  • Franco che si è trovato dei documenti di qualcun’altro dentro il suo Google Docs: urca, un bel security bug!
  • Shared stuff, un servizio ancora in fase di sviluppo che dovrebbe essere la risposta a Delicious; ne scrive più in dettaglio Tiziano su Motoricerca.

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Oggi ho dato una risposta ad un cliente che, mi rendo conto, può apparire piuttosto disarmante. La richiesta riguardava di illustrare alcuni casi di successo nel settore del viral marketing.

Mi è venuto da dire che i casi di successo servono solo per capire quali iniziative sicuramente NON funzioneranno (nel senso che i cloni di un’idea originale quasi sempre falliscono) e, nel contempo, non ci sono procedure standard che permettano di prevedere il successo nei social network.

Insomma: se si guardano solamente le iniziative sulla bocca di tutti, sembra tutto così facile da realizzare. Uno spot dell’epoca Carosello recitava: “semmmbra facile…”


Il 4 luglio scorso è partito il progetto Decidere.net, la nuova iniziativa dell’On. Daniele Capezzone. Sintetizzandolo, si tratta di un programma politico basato su 13 punti su cui si chiede di aderire e collaborare per portarlo avanti.

Glisso in toto sugli aspetti policiti e sul merito del programma (non mi occupo di politica tanto da poterlo valutare con la dovuta competenza), se non per esprimere la condivisione di molti dei suoi punti, soprattutto in merito a fisco, privatizzazioni, semplificazione della burocrazia.

Vorrei invece segnalare, evidentemente con soddisfazione, che Ad Maiora si è occupata della realizzazione e dello sviluppo del sito-blog Decidere.net, il quale è poi uno degli elementi che caratterizzano l’impostazione dell’iniziativa stessa. Decidere.net infatti, permette (anzi, auspica), il dialogo con chiunque si senta di poter dire la sua. Per cui abbiamo implementato uan serie di funzioni interattive digitali (email, commenti ai post, forum, instant message, file, webcam, ecc.), a cui si aggiungono la possibilità di inviare SMS, MMS e registrare messaggi via telefono fisso o mobile. 

Tra i tool implementati, anche un monitor in tempo reale dei link alle discussioni su altri blog e alle citazioni sui siti di news. Ok, nessuna rivoluzione copernicana, ma probabilmente uno dei progetti più “aperti” tra quelli recenti degli esponenti di rilievo della politica italiana.

Sul comunicato ufficiale sono inoltre riportati alcuni dei primi (ottimi) risultati in termini di visite, adesioni, feedback ricevuti, ecc.

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The Blogging Revolution: Government in the Age of Web 2.0. È questo il titolo di un lungo report (PDF) rilasciato dall’IBM Center for the Business of Government (scoperto qui).

Tanti consigli e indicazioni sul fenomeno dei blog, in particolare sull’utilizzo in politica. Utile un’ampia serie di link a blogger polici o di amministrazioni pubbliche americane. Un po’ formale lo stile, ma è coerente con il target al quale penso sia destinato.