Archivio: “E-commerce”
Basta il primo dato dell’infografica di Unioncamere sul valore dell’internet economy in Italia, per spiegare tutti i ritardi del digital nel nostro paese: 4 imprenditori su 10 ritengono che internet NON serva alla propria impresa.
Per fortuna (o meglio, per la logica con cui si muove il mondo), le aziende che usano internet assumono di più e sono più efficienti. E sul fronte della domanda internet è un riferimento sempre più importante per gli acquisti, online e non.
È quanto emerge dal capitolo “Digital economy e innovazione: la trasformazione dell’economia e dei consumi” del Rapporto Unioncamere 2015 (qui il PDF).
Altra interessante infografica del rapporto è quella su occupazione e competenze digitali.
Cosa c’è meglio di un buon libro sull’e-commerce per prepararsi al rientro dopo la classica pausa estiva?
Ecco allora “Il manuale dell’e-commerce” di Roberto Ghislandi (Apogeo), un testo ben fatto, completo, ricco di esempi esplicativi. Pensato per i non addetti ai lavori, penso possa risultare utile anche ai più esperti perché copre uno spettro abbastanza allargato di argomenti attorno all’e-commerce.
Naturalmente si tratta di un ambito estremamente ampio e correttamente l’autore inquadra l’e-commerce tenendo in considerazione la relazione con gli altri canali di vendita e la relativa competizione.
Adesso che anche in Italia le vendite online pare abbiano iniziato a decollare, serviva sicuramente un testo come questo di Ghislandi. Difatti, sono in molti a ritenere che una delle motivazioni per cui l’e-commerce stenta nel nostro Paese, riguarda essenzialmente una limitata offerta piuttosto che una carenza di domanda. Probabilmente i consumatori sono già pronti a incrementare la spesa online, ma non sempre trovano un’offerta di servizi e prodotti adeguata e conveniente, oppure risulta carente il supporto e l’assistenza pre/post vendita, elemento questo da considerare determinate per un successo di qualsiasi progetto di commercio elettronico.
Il libro è anche una testimonianza evidente di come due terzi dei contenuti riguardo l’e-commerce afferiscono al marketing e alla strategia commerciale e organizzativa piuttosto che alla tecnologia su cui impostare il sito. Molti, invece, partono dalla piattaforma, dal catalogo dei prodotti, dalle foto a 360 gradi. Ecco, “Il manuale dell’e-commerce” ci aiuta (anche) a capire che l’estetica e la tecnologia sono elementi importanti ma sicuramente secondari, semplificati peraltro dalla crescente disponibilità di piattaforme complete, accessibili economicamente e ampiamente configurabili.
Cosa c’è meglio di un buon libro sull’e-commerce per prepararsi al rientro dopo la classica pausa estiva?
Ecco allora “Il manuale dell’e-commerce” di Roberto Ghislandi (Apogeo), un testo ben fatto, completo, ricco di esempi esplicativi. Pensato per i non addetti ai lavori, penso possa risultare utile anche ai più esperti perché copre uno spettro abbastanza allargato di argomenti attorno all’e-commerce.
Naturalmente si tratta di un ambito estremamente ampio e correttamente l’autore inquadra l’e-commerce tenendo in considerazione la relazione con gli altri canali di vendita e la relativa competizione.
Adesso che anche in Italia le vendite online pare abbiano iniziato a decollare, serviva sicuramente un testo come questo di Ghislandi. Difatti, sono in molti a ritenere che una delle motivazioni per cui l’e-commerce stenta nel nostro Paese, riguarda essenzialmente una limitata offerta piuttosto che una carenza di domanda. Probabilmente i consumatori sono già pronti a incrementare la spesa online, ma non sempre trovano un’offerta di servizi e prodotti adeguata e conveniente, oppure risulta carente il supporto e l’assistenza pre/post vendita, elemento questo da considerare determinate per un successo di qualsiasi progetto di commercio elettronico.
Il libro è anche una testimonianza evidente di come due terzi dei contenuti riguardo l’e-commerce afferiscono al marketing e alla strategia commerciale e organizzativa piuttosto che alla tecnologia su cui impostare il sito. Molti, invece, partono dalla piattaforma, dal catalogo dei prodotti, dalle foto a 360 gradi. Ecco, “Il manuale dell’e-commerce” ci aiuta (anche) a capire che l’estetica e la tecnologia sono elementi importanti ma sicuramente secondari, semplificati peraltro dalla crescente disponibilità di piattaforme complete, accessibili economicamente e ampiamente configurabili.
Una ricerca tutta da leggere realizzata da Doralab che testimonia quanto sia fondamentale l’analisi dettagliata dei diversi momenti di interazione con un sito e-commerce.
Per come la vedo io, fare test continui e misurare con precisione, sono le attività che sul medio periodo impattano di più sul ROI di un sito (e non solo di e-commerce). Ma non ci sono ricette preconfezionate perché ogni sito ha sue caratteristiche e obiettivi ed in base a questi, va approntato e misurato.
Con l’occasione, segnalo anche che sono disponibili gli atti dell’E-commerce Forum.
Una ricerca tutta da leggere realizzata da Doralab che testimonia quanto sia fondamentale l’analisi dettagliata dei diversi momenti di interazione con un sito e-commerce.
Per come la vedo io, fare test continui e misurare con precisione, sono le attività che sul medio periodo impattano di più sul ROI di un sito (e non solo di e-commerce). Ma non ci sono ricette preconfezionate perché ogni sito ha sue caratteristiche e obiettivi ed in base a questi, va approntato e misurato.
Con l’occasione, segnalo anche che sono disponibili gli atti dell’E-commerce Forum.
Torno sulla ricerca “Fattore Internet”, commissionata da Google e realizzata da The Boston Consulting, confermando la prima impressione: si tratta di una ricerca fondamentale per capire il vero impatto della Rete in termini economici e, se non erro, la prima del genere in Italia. Ho anche qualche riserva, ma ne parlo più avanti.
Lo studio rileva che internet vale attualmente 31,6 miliardi di Euro, ossia il 2% sul PIL italiano, valore destinato a rappresentare tra il 3,3% e il 4,3% del PIL nel 2015. Questo per quanto riguarda l’impatto diretto di internet sull’economia, rappresentato da tre elementi principali:
- Consumo, ossia l’acquisto di prodotti, servizi e contenuti online
- Gli investimenti del settore privato, rappresentate principalmente dalla costruzione delle infrastrutture e dall’accesso alla Rete
- La spesa istituzionale, composta dalle spese ICT legate ad internet sostenute dalla Pubblica Amministrazione
Ma oltre all’impatto diretto sul PIL, lo studio giustamente evidenzia anche l’entità di altre aree direttamente collegate ad internet, tra le quali l’e-Procurement (ossia i beni acquistati online dalla PA), l’infocommerce e la pubblicità online, che aggiungono complessivamente altri 25 miliardi di Euro di valore. Non mancano, correttamente, i riferimenti agli effetti positivi sulla produttività e sugli impatti sociali, la cui stima economica è oggettivamente complessa da definire.
Lo studio di carattere complessivo è affiancato da una ricerca verticale sulle PMI italiane, i cui risultati confermano l’impatto positivo della Rete sul loro business. Difatti, le aziende che che sono attive con iniziative online (ossia fanno e-commerce o marketing online) hanno mediamente aumentato i ricavi (le altre registrano trend negativi), assumono con maggior frequenza ed esportano di più.
Un aspetto che avrei messo più in evidenza è la numerosità degli addetti della filiera internet. Nel report si parla di “internet stack” che riporta un dato complessivo di ben 150 mila persone (pur non splittato numericamente per categoria). Penso che sia un parametro importante specie in chiave politico-istituzionale laddove, in luogo di valori economici assoluti, si guarda con favore il numero di “teste” coinvolte. Secondo me, cavalcare il numero degli addetti del settore internet, considerando la rilevanza di tale numero, stimola di più i tavoli governativi piuttosto che qualche miliardo di Euro di peso economico.
Ed è questo un mio pallino che ho cercato di portare avanti già all’interno di IAB relativamente ad una ricerca condotta da Accenture con cui si ambiva a mappare tutti i player del settore, ma che poi sembra aver presto direzioni differenti. I numeri dovrebbero stimolare IAB ad ambire a rappresentare qualcosa di più del miliardo di pubblicità online (che è solo lo 0,02% dell’impatto economico di internet), vista anche la difficoltà di altre organizzazioni a fungere da ombrello alla miriade di operatori e aziende coinvolte in questa industry.
Tornando a Fattore Internet, pur considerando che si tratta della prima edizione (e c’è da auspicare che assuma una periodicità costante), ritengo sia migliorabile in alcune parti. Innanzitutto sconta un’impostazione a tratti un po’ commerciale, facendo trasparire l’intento di “vendere” internet al di là dei dati oggettivi che espone. Lo so, ci scappa a tutti noi operatori del settore: siamo pieni di passione, siamo consapevoli del valore che la rete porta al business; soffriamo però della scarsa considerazione che se ne ha nel Paese e allora assumiamo costantemente le vesti degli evangelizzatori. Ma una ricerca di questa portata dovrebbe essere più asettica e realista, mostrando anche le principali criticità come, ad esempio, i numeri piccoli dell’ecommerce ancora sbilanciati sul fronte dei servizi.
La ricerca include anche delle case history di aziende di piccole-medie dimensioni. Indubbiamente le testimonianze aziendali sono utilissime: trattano casi concreti e aumentano la confidenza da parte dei meno informati. Non le avrei usate però a suffragio dei dati della ricerca (a tratti sembrano inserite per giustificare i valori esposti), ma isolate in un capitolo del tutto distinto.
Ho qualche perplessità infine sulle conclusioni della ricerca, quando riporta le priorità per lo sviluppo dell’Internet economy:
- Le piccole e medie imprese devono spostarsi online
- Il mobile offre delle opportunità alle imprese
- L’educazione dei consumatori è un fondamento della crescita
Magari può non essere il focus dello studio, ma avrei apprezzato che l’enunciazione dei precedenti punti fosse accompagnata da qualche ipotesi di fattibilità e di intervento. Nel merito, il tema dell’educazione (inteso come divulgazione, informazione, ecc.) lo vedo prioritario a livello trasversale, non solo ai consumatori ma ancor prima alle aziende (compresi gli operatori del settore) e alle istituzioni.
Vediamo se sarà recepito da altre iniziative come Agenda Digitale che sta cercando (con fatica) di stimolare delle proposte dalle istituzioni, oppure dal neonato Lamiaimpresaonline.it che ha l’obiettivo di facilitare l’utilizzo del web da parte delle PMI.
(via IlSole24Ore) Report molto interessante realizzato da The Boston Consulting Group e commissionato da Google, che prova a stimare il valore complessivo di internet in Italia considerando le sue innumerevoli applicazioni. Il risultato è pari a 32 miliardi di Euro, pari al 2% circa del PIL.
Per ora mi limito a segnalarlo; seguirà sicuramente un commento dopo che avrò letto nel dettaglio le 48 pagine del documento.
Il titolo completo del report è Fattore Internet – Come Internet sta trasformando l’economia italiana ed è disponibile in PDF
(via IlSole24Ore) Report molto interessante realizzato da The Boston Consulting Group e commissionato da Google, che prova a stimare il valore complessivo di internet in Italia considerando le sue innumerevoli applicazioni. Il risultato è pari a 32 miliardi di Euro, pari al 2% circa del PIL.
Per ora mi limito a segnalarlo; seguirà sicuramente un commento dopo che avrò letto nel dettaglio le 48 pagine del documento.
Il titolo completo del report è Fattore Internet – Come Internet sta trasformando l’economia italiana ed è disponibile in PDF
Lo ripeto ormai da troppi anni: il vero salto culturale rispetto ad internet lo faremo quando non lo tratteremo più come “informatica”. Eppure ancora stamattina su IlSole24Ore ecco qua il titolo riguardo all’e-commerce nelle aziende, identificato come “informatica”. Con tutto il rispetto per IT e EDP, vendere online è roba di marketing, sales, comunicazione che poi “usa” la tecnologia più opportuna. O no?
Delle oltre 90 chart dell’utilissimo rapporto “Lo sviluppo della Rete in Italia” realizzato da Human Highway (disponibile gratuitamente con licenza Creative Commons), ne riporto una a me cara. Riguarda il valore economico complessivo che genera internet in Italia, ossia poco meno di 21 miliardi di Euro nel 2009, che rappresentano ben l’1,3% del PIL italiano, con un incremento del 20% rispetto all’anno precedente.
Delle oltre 90 chart dell’utilissimo rapporto “Lo sviluppo della Rete in Italia” realizzato da Human Highway (disponibile gratuitamente con licenza Creative Commons), ne riporto una a me cara. Riguarda il valore economico complessivo che genera internet in Italia, ossia poco meno di 21 miliardi di Euro nel 2009, che rappresentano ben l’1,3% del PIL italiano, con un incremento del 20% rispetto all’anno precedente.
Qualche giorno fa c’è stato a Milano l’E-commerce Forum organizzato dal consorzio Netcomm. Non ce l’ho fatta a passare, ma le chart con tutti i dati saliente dell’indagine annuale sono disponibili online.
Gli spunti sono tanti e la maggior parte fotografano l’e-commerce B2C come un settore che non genera particolare eccitazione dal mio punto di vista:
- fatturato praticamente piatto nel 2009 (5,9 miliardi di Euro)
- oltre la metà degli acquisti riguardano il turismo
- i primi venti operatori fanno tre quarti delle vendite totali
- solo 3 milioni e poco più gli acquirenti online negli ultimi 3 mesi
A leggere le ragioni che frenano gli acquisti, i tre motivi individuati dall’analisi Eurisko sembrano essere:
- Preferisco vedere di persona le cose che compro e parlare con il negoziante
- Mi diverto di più a fare acquisti con i canali e negozi normali
- Non mi fido a trasmettere il numero della mia carta di credito
Io invece ritengo che la principale responsabilità sia della mancanza di una “vera” offerta: ampia, competitiva e, soprattutto, realizzata attraverso siti web adeguati. Purtroppo, constato ogni giorno quanto sia debole la qualità media dei siti di e-commerce presenti in Italia. Informazioni scarse o poco chiare, servizi di supporto inesistenti, giochini Flash di quelli che fanno belle le web agency e che invece allontanano i visitatori, e via di questo passo. Ovviamente gli utenti online rispondono che il negozio è più divertente: comprare online su siti Italiani spesso è davvero deprimente!
Sia chiaro, non è una critica fine a se stessa. Penso che il mercato offra questo scenario perché per mettere su un progetto e-commerce come si deve (che non è “solo” il sito web, anzi, quello è l’ultima cosa) occorrono investimenti “seri” che attualmente sono certamente difficili da ammortizzare a breve se il target è limitato all’Italia. Ma è l’offerta che andrebbe aiutata a svilupparsi e non solo auspicare la domanda. Mi chiedo che cosa hanno prodotto tutti i finanziamenti pubblici erogati negli ultimi anni per le iniziative di e-commerce…
In fondo concordo con quanto afferma Pepe, che reputa ingessato il settore “Almeno fino a quando i brand smetteranno di avere paura dei consumatori, e non inizieranno a fare il loro dovere”.
Bello vedere quando un’azienda lascia alle persone arricchire liberamente di contenuti i propri prodotti, specie in chiave di personalizzazione.
Raccogliendo una consuetudine di molti loro clienti, Rebook ha lanciato una scarpa da basket su cui si può scrivere con uno speciale pennarello, cancellare e poi scrivere nuovo. Non mancano alcuni gadget digitali tra cui un’applicazione per Facebook. L’unico fastidio è l’audio del minisito che mi pare non possa essere disattivato e che trovo irritante.
Tags: rebook
Andrea Boscaro di Pangora, mi segnala che è appena uscito il libro “Tecniche di web marketing. Sviluppare l’e-commerce come opportunità per la piccola e media impresa” che ha scritto insieme a Riccardo Porta per l’editore Franco Angeli. Prefazione di Roberto Liscia.
Ancora non l’ho letto ma l’indice è interessante ed il taglio mi sembra molto pratico e operativo. Andrea mi ha chiesto una breve testimonianza che potrete trovare nel capitolo dedicato al search marketing. Ora non si tratta che di leggerlo!
Tags: andrea boscaro – pangora – riccardo porta – franco angeli – roberto liscia
Sabato pomeriggio ho partecipato all’Internet Tour organizzato nell’ambito di Codice Internet. Mi sembra che l’iniziativa di Marco&Marco sia in crescendo, anche se non è banale portare gli analogici a sentir parlare di internet. Mi auguro che i contenuti delle giornate al Teatro dell’Arte troveranno ampia diffusione e poi un seguito in altre città, perché in effetti a teatro saranno intervenute più o meno 400 persone complessivamente, mentre il progetto merita senza dubbio audience più rilevanti.
Tanti gli amici e i colleghi. C’erano anche Layla con la figlia Beatrice che si vantava di avere tre blog, David Weinberger (di cui scriverò in un altro post) che ha preso a cuore Codice Internet, Pietro neo-boss di Microsoft Italia (e ora pure blogger) accompagnato da Carlo e Luca, Michele ormai blogger scatenato, Lele con le sue pins originali, MCC e il suo dentro/fuori. E poi Marco con mamma e figli in platea, che continua a debordare la sua passione per internet.
Del mio panel mi sembra giusto sottolineare il dato che riguarda le vendite online di Olio Carli arrivate a 12 milioni di Euro l’anno. Occorrono anche elementi concreti come questo per divulgare correttamente l’utilizzo della Rete.
Interessa incrementare le vendite di un prodotto dell’85%?
La Hewlett Packard lo ha fatto attraverso la collaborazione di alcuni blogger selezionati e contattati mediante un’agenzia specializzata, a quanto pare molto brava.
- Le attività verso i blogger, se sviluppate bene, funzionano
- Occorrono diversi elementi per far “girare” il meccanismo, a partire da una trasparenza assoluta nei confronti di tutti e dalla capacità di comunicarlo in modo adeguato
- Naturalmente alcuni prodotti e servizi sono più facilmente promuovibili. Per alcuni non è possibile del tutto
- Il ruolo delle agenzie o dei consulenti è fondamentale, a patto che siano effettivamente “connessi” con la Rete.
Tags: hewlett packard
Sono a Dusseldorf ospite di Zanox in occasione dell’OMD (Online-Marketing D
La ricerca dell’Osservatorio Netcomm sulla domanda dell’E-Commerce B2c in Italia (qui il PDF) realizzata assieme a Eurisko, ci dice che in Italia hanno fatto un acquisto online negli ultimi tre mesi solo 2,7 milioni di persone, praticamente lo stesso numero del 2006.
Non mi conforta molto il fatto che tutti gli acquirenti si considerano soddisfatti delle transazioni online e che reitereranno gli acquisti. Basta notare che il servizio maggiormente richiesto dagli utenti ai siti di e-commerce è la presenza… del numero verde! Fatto peraltro confermato da un’altra ricerca fatta da Netcomm insieme alla Bocconi (PDF).
Oltre ai motivi di resistenza diciamo “sociali” (“vedere di persona le cose che compro e parlare con il negoziante”, “mi diverto di più a fare acquisti con i negozi normali”), c’è ancora il timore nell’uso della carta di credito e la diffidenza nei rapporti con le aziende in caso di contestazioni e sull’uso dei dati personali.
Mi convinco sempre di più di quanto l’Italia, pur registrando sicuramente un aumento della penetrazione dell’e-commerce, rimarrà un territorio prevalemtemente di info-commerce, che vede cioè internet come influenzatorie di acquisti fatti nei punti vendita tradizionali. Già nel 2004 l’ANEE valutava che per ogni Euro speso on-line, ne corrispondono dieci spesi off-line ma sempre influenzati dalla Rete. Trend che si conferma, come leggo da un post di Andrea Boscaro sul blog di IAB, dai dati di Nielsen Online secondo cui sono 14,6 milioni gli utenti che fanno info-commerce ogni mese in Italia.
Nei giorni scorsi ho incontrato Roberto Liscia che non solo curò il rapporto info-commerce di ANEE ma è anche il presidente di Netcomm. Proverò a convincerlo a riprendere in mano quel progetto, perché trovo necessario misurare quanto internet sia decisamente più importante per il business creato in senso lato e rispetto a solo quello relativo all’e-commerce.
Tags: netcomm – eurisko – nielsen online – bocconi – andrea boscaro – anee – roberto liscia
La ricerca dell’Osservatorio Netcomm sulla domanda dell’E-Commerce B2c in Italia (qui il PDF) realizzata assieme a Eurisko, ci dice che in Italia hanno fatto un acquisto online negli ultimi tre mesi solo 2,7 milioni di persone, praticamente lo stesso numero del 2006.
Non mi conforta molto il fatto che tutti gli acquirenti si considerano soddisfatti delle transazioni online e che reitereranno gli acquisti. Basta notare che il servizio maggiormente richiesto dagli utenti ai siti di e-commerce è la presenza… del numero verde! Fatto peraltro confermato da un’altra ricerca fatta da Netcomm insieme alla Bocconi (PDF).
Oltre ai motivi di resistenza diciamo “sociali” (“vedere di persona le cose che compro e parlare con il negoziante”, “mi diverto di più a fare acquisti con i negozi normali”), c’è ancora il timore nell’uso della carta di credito e la diffidenza nei rapporti con le aziende in caso di contestazioni e sull’uso dei dati personali.
Mi convinco sempre di più di quanto l’Italia, pur registrando sicuramente un aumento della penetrazione dell’e-commerce, rimarrà un territorio prevalemtemente di info-commerce, che vede cioè internet come influenzatorie di acquisti fatti nei punti vendita tradizionali. Già nel 2004 l’ANEE valutava che per ogni Euro speso on-line, ne corrispondono dieci spesi off-line ma sempre influenzati dalla Rete. Trend che si conferma, come leggo da un post di Andrea Boscaro sul blog di IAB, dai dati di Nielsen Online secondo cui sono 14,6 milioni gli utenti che fanno info-commerce ogni mese in Italia.
Nei giorni scorsi ho incontrato Roberto Liscia che non solo curò il rapporto info-commerce di ANEE ma è anche il presidente di Netcomm. Proverò a convincerlo a riprendere in mano quel progetto, perché trovo necessario misurare quanto internet sia decisamente più importante per il business creato in senso lato e rispetto a solo quello relativo all’e-commerce.
Tags: netcomm – eurisko – nielsen online – bocconi – andrea boscaro – anee – roberto liscia
Al convegnno di ieri sulla multicanalità nel marketing organizzato da IPSOA hanno partecipato circa 200 persone (l’immagine è presa col cellulare) in una splendida sala affrescata. Siamo andati un po’ lunghi sull’orario ma credo che sia stato un momento interessante. Le testimonianze aziendali (HP, Olio Carli e Ducati) hanno affiancato quelle di taglio più accademico del Prof. Scott e di Enrico Sassoon.
La ricerca sulla multicanalità di Nielsen/Politecnico Milano/Connexia presentata da Cetti Galante si conferma essere una delle più lucide analisi dello scenario sui consumatori in Italia. Così come l’Osservatorio Netcomm guidato da Roberto Liscia.
Leonardo Bellini ha ripercorso gli ultimi 10 anni di marketing attraverso i libri più importanti: presentazione un po’ lunga per questo convegno ma molto interessante. Appena sarà online la segnalerò senz’altro.
Io ho raccontato come alcune aziende stanno muovendosi verso la conversazione attravero casi di blog aziendali. Anche qui, la segnalerò appena online. Qui le slide della mio intervento: I servizi Web 2.0.
Ho annotato un paio di appunti dalle relazioni del convegno:
- Il marketing è sempre la combinazione tra ARTE (intendendo la parte creativa) e SCIENZA (sottolinenando che è un termine che deriva da conoscenza).
- La multicanalità è una scelta obbligata per la maggior parte delle aziende e va affrontata cercando di allineare tutti i reparti ad una strategia complessiva. Sembra una cosa ovvia, ma operare su più fronti spesso significa che ognuno (vendite, distribuzione, comunicazione, ecc.) vada per la sua strada anziché puntare ad una direzione comune.
Infine: ho rivisto con piacere Fradefra e persone di aziende molto interessanti che stanno muovendosi sulla rete in modo che mi è parso molto consapevole. Infine, mi ha fatto molto piacere (e anche un po’ imbarazzato) salutare una persona che ha detto di esser venuta solo per sentire me e per chiedermi una mano per lanciare in chiave 2.0 un prodotto molto innovativo: stimolante!
Tags: ipsoa – multicanalità – leonardo bellini – ducati – nielsen – netcomm – roberto liscia
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