Archivio: “Blogging”
Oggi parlavo con Riccardo Scandellari e Franz Russo di quanto siano ancora fondamentale il blog per i professionisti della comunicazione digitale (e ovviamente non solo per loro).
E allora segnalo anche qui l’intervista che mi ha fatto l’amico Andrea Contino proprio sul tema “perché bloggo”, in cui racconto i motivi originari e le ragioni attuali.
Certo che questo è un post ricorsivo: sto bloggando di un’intervista pubblicata su un blog a proposito dei motivi per cui bloggo. Che avrò preso qualche virus?
Era ora di lasciare Typepad, ossia la piattaforma sulla quale attivai questo blog nel 2003, per passare alla scelta più logica al momento: WordPress. Ma, ancora più importante, era ora di utilizzare definitivamente www.maurolupi.com come dominio, anziché il precedente terzo livello. Ciò significa che gli indirizzi dei post sono cambiati (per ora lascio comunque le vecchie pagine) mentre nessun problema per il feed RSS che rimane lo stesso.
L’occasione è servita anche per rifare una riflessione sul significato di questo spazio e quindi del tipo di interfaccia più opportuno. Ebbene, penso di confermare la linea editoriale di questi anni, privilegiando contenuti utili (analisi, ricerche), riflessioni sul mondo della comunicazione, resoconti di eventi a cui partecipo o nei quali sono coinvolto, recensioni dei libri che leggo. Naturalmente non mi risparmierò certo qualche divagazione di tanto in tanto.
Da qui la scelta di un layout essenziale, direi anche spartano. Mi piace pensare che questo spazio sia interessante da leggere e pratico da usare. Non mi interessa che sia “bello”. Ovviamente suggerimenti e segnalazioni sono sempre benvenuti.
Alcune lezioni imparate da questo “trasloco”:
- Le piattaforme cambiano e occorre adeguarsi. Inutile “sposare” una tecnologia, tanto prima o poi occorrerà tradirla. Quindi è bene avere sempre chiaro il processo di uscita, e badare alle funzioni di backup, alle possibilità di esportazione, ecc.
- Gli indirizzi web non dovrebbero cambiare. Nel mio caso, invece, il passaggio avrà un effetto disastroso per quanto riguarda i motori di ricerca perché con c’è modo di agire sulla piattaforma Typepad per le impostazioni che si fanno normalmente nei casi di migrazione, per cui le URL delle pagine saranno diverse e dovranno quindi riguadagnarsi la link popularity che le precedenti avevano acquisito negli anni.
- Il feed RSS non deve cambiare. In questo caso, la scelta di utilizzare Feedburner si è rivelata vincente perché l’indirizzo del feed rimane lo stesso, mantenendo quindi immutato il sistema con il quale mi seguono oltre 2.700 persone iscritte la feed.
- Le aziende cambiano, a volte in peggio. È il caso si Six Apart, la società creatrice di Typepad. Nel 2003 era un gruppo all’avanguardia, un riferimento per il settore del blogging professionale, con un atteggiamento aperto e collaborativo con i propri clienti. Poi si è inceppato qualcosa ed è stato un susseguirsi di iniziative attappa-buchi alle svariate falle che il sistema andava mostrando, oltre ad una evidente politica ostruzionista per scoraggiare le migrazioni ad altre piattaforme (ovviamente con i risultati opposti, almeno nel mio caso).
Ci sono ancora alcune cose che devo implementare nel blog ma sono stato preso dalla conversione di oltre 1.000 post rivelatasi molto complicata e laboriosa. Abbiate pazienza…
Il consueto report annuale di Technorati sullo stato della blogosfera analizza, tra l’altro, la tipologia dei blogger (distinguendo analiticamente chi lo fa per hobby o per professione), i modelli di business, la relazione con i brand. Questi ultimi dati confermano l’importanza di monitorare le discussioni sui blog, perché il 70% di questi scrive a proposito dei brand e dei rispettivi prodotti o servizi.
Il documento completo si può leggere qui sotto.
Oggi ho avuto una giornata molto intensa, in giro come una trottola (tanto per cambiare). Con la solita preoccupazione con cui apro l’aggregatore di feed RSS quando passo una giornata off-line, speravo di trovare meno post da leggere per via dello “sciopero dei blog” proclamato per oggi.
Ho notato una certa diminuzione, ma nulla di particolare, almeno tra i circa 150 blogger italiani che seguo. Meglio così: vuol dire che non sono il solo a pensare che uno strumento di comunicazione come i blog, al momento in cui si usa per condividere una causa, tutto deve fare fuorché tacersi. Anzi"! Urlare, non tacere, come scrive Gigi.
Semmai, proprio in queste occasioni, blog e social network dovrebbero “mettersi il vestito buono” in termini di contenuti, proprio per affrontare in modo responsabile e costruttivo un’idea collettiva. Ovviamente sono molti i blog e le community che indossano perennemente “il vestito buono” (almeno per quello che intendo io); il punto è che questo silenzio dei blog non fa rumore.
Sono decisamente in imbarazzo nello scrivere queste note perché, purtroppo, l’autore è scomparso recentemente proprio dopo aver pubblicato questo Il grande inganno del Web 2.0. Per di più, il fatto che mi trovi in quasi totale disaccordo con i concetti espressi, non mi facilità il compito. Avrei davvero tanto sperato nel poter sviluppare un contraddittorio con Metitieri il quale nel libro esplode il suo pensiero critico su blog e web 2.0, peraltro già ripetutamente esposto negli anni attraverso i suoi interventi su alcuni dei principali blog nostrani.
Ho comunque sempre osservato con attenzione le persone “fuori dal coro”: aiutano a sbirciare lì dove si presume non ci sia nulla, a porsi domande mai pensate prima. Magari, dopo un confronto del genere, ci si ritrova a pensarla esattamente come prima, ma i “bastian contrario” sono una manna per stimolare la riflessione. E questo è il primo merito di questo libro che, a parer mio, ne colleziona pure un altro, di cui ne parlerò più avanti. Ora passo alle mie di critiche.
I limiti dell’intero Metitieri-pensiero sono di voler generalizzare su alcune categorie di persone a cui lui attribuisce i peggiori mali del mondo internet, in primis quel gruppo di blogger popolari che proprio non sopporta (i VIB, very important blogger). Si tratta di un’impostazione che i fatti stanno dimostrando evidentemente inesatta, sia perché la fluidità della Rete fa nascere e morire star digitali nello spazio di pochi mesi e chi rimane alla ribalta è solo perché continua a guadagnarsi credito. Sia perché l’individualismo dei blogger tanto odiato da Metitieri, specie quando confrontato con i professionisti della comunicazione, non è rappresentativo di un gruppo omogeneo, ma di una serie di persone che semplicemente generano contenuti in un modo inedito almeno rispetto a qualche anno fa.
Ed è proprio l’attaccamento forzato a vecchie regole di analisi, l’altro punto di partenza del libro che non condivido affatto. In pratica si cerca di tradurre un mondo della comunicazione che vive mille stravolgimenti da diversi anni, con logiche evidentemente superate, a partire dai criteri di gestione e classificazione delle biblioteche che facevano parte del bagaglio professionale di Metitieri. Su questo argomento specifico mi sarebbe davvero piaciuto un confronto: anch’io venti anni fa circa mi sono occupato di biblioteche, sviluppando programmi per PC, ed oggi non posso che ammettere che è inutile e forviante rimanere su quei paradigmi e su quelle metriche per analizzare l’oggi.
Alla fine il libro prende troppo sul serio un gruppo di persone salite alla ribalta in modalità e tempi che Metitieri trova inopportuni. Capisco che costatare un impoverimento dei contenuti digitali possa infastidire un professionista della comunicazione, ma è il classico errore che fanno gli immigrati digitali, abituati a scegliere tra un numero limitato di fonti, mentre in Rete il lavoro è esattamente il contrario e cioè selezionare i contenuti filtrando il rumore, la cui esistenza è il prezzo da pagare per accedere all’abbondanza di materiale disponibile.
Quello che invece sposo sicuramente è il richiamo alla necessità di diffondere una una computer literacy e di una information literacy, ossia la divulgazione di informazioni, modalità operative e best practice per sapersi districare nella miriade di nuove tecnologie con cui accedere alla montagna di contenuti digitali. L’importante è farlo in maniera attualizzata e non con l’orologio fermo a venti anni fa.
Io continuo a credere al valore strategico dei blog aziendali. Inizio così un articolo che, come usa scrivere Massimo, era novo ieri, ossia è uscito ieri su Nòva, l’allegato de IlSole24Ore.
Nell’articolo sottolineo come un blog sia una delle migliori palestre per allenare le (persone delle) aziende alla relazione con gli individui (e non con i target), alla conversazione, all’uso intelligente e adeguato dei social media. Certo, non basta un blog per far trasformare un’azienda (il titolo del pezzo è proprio “Se bastasse un blog”), ma può essere un ottimo punto di partenza.
Buona lettura!
Ottimo post di Giacomo Mason che illustra sette modelli diversi con cui impostare l’architettura delle informazioni all’interno di una intranet.
Pur non occupandomi spesso di community aziendali, il tema della classificazione delle informazioni si ripresenta sempre più spesso, sia quando facciamo analizziamo i digital assets dei nostri clienti per valorizzarne la visibilità online, ma anche quando semplicemente discutiamo su come strutturare le categorie di un blog.
Le indicazioni di Mason confermano una mia convinzione: non esiste un solo modo per catalogare le informazioni, anzi, la flessibilità delle applicazioni digitali, sta abituando le persone ad esigere livelli multipli di accessibilità. Quindi la domanda non è più la classica “quale è il sistema migliore per” ma “quali sono tutte le differenti modalità di accesso che è opportuno impostare senza generare confusione?”, dando quindi per scontato che è fondamentale attivare molteplici percorsi di classificazione e di accesso.
Semplificando a proposito di un blog: è meglio suddividere i post per categoria, per data, per tag, per autore o semplicemente abilitare una funzione di ricerca? Beh, la risposta è: tutte queste cose (e ne potremmo pensare anche altre)!
A casa di Stefano si sta sviluppando un bel dibattito sul tema giornalismo e blog, o meglio, tra giornalisti e blogger. Il tutto nasce da un confronto senza peli sulla lingua tra un “amico giornalista” (che poi si svela e interviene nei commenti) e Stefano e altri colleghi blogger (termine che qui uso per praticità, ma ribadisco che non considero i blogger una categoria).
Per ragioni di tempo non ce la faccio ad intervenire nella discussione, ma sto maturando un pensiero riguardo a quello che a me sembra il punto centrale, ossia l’evoluzione del concetto di “contenuti”. Se continuiamo a ragionare dal lato dei produttori dei contenuti, e quindi sui ruoli professionali o amatoriali, sulle motivazioni di chi scrive per lavoro o per fare PR, allora rischiamo di perdere di vista chi ha in mano il pallino, ossia il lettore.
Noi possiamo sbellicarci a giudicare se il lavoro dei giornalisti sia privilegiato o meno, se i blogger siano dilettanti allo sbaraglio e meno e così via (e sono temi su cui ci si arrovella da tanti
Il nuovo layout di questo blog è pressoché completo. L’idea è di continuare a mantenere centrale questo strumento di comunicazione, cercando di lasciare gli altri tool (Facebook, FriendFeed, ecc.) sono come collaterals.
Alcune nuove funzioni derivano dalla rinnovata piattaforma Typepad, e riguardano in particolare una migliore navigazione tra le pagine e, soprattutto, una nuova gestione dei commenti che mi piace molto. Adesso si può rispondere ad uno specifico commento e non c’è più bisogno di mettere il codice di controllo. Se si dispone di un account Typepad oppure OpenID, ci si può loggare e il commento viene identificato con i propri dati e la relativa foto.
Riguardo ai contenuti, ho aggiunto una pagina che raccoglie le slide, i video e le foto che mi riguardano, a cui si accede dal menu nella nuova barra in alto. Ho anche semplificato la licenza Creative Commons, lasciando le sole opzioni “Attribuzione” e “Non commerciale”. Vorrei fare ancora degli aggiustamenti “di fino” per i motori di ricerca, ma Typepad ha ancora qualche problemino che sto cercando di risolvere con un loro responsabile a San Francisco.
L’idea della dominante verde non è originalissima, ma con questa vorrei rappresentare l’applicazione di una specie di “ecologia dei contenuti”, intendendo la pratica di scrivere con leggerezza ma con serietà, mantenendo una giusta continuità ma senza esagerare in frequenza, provando a mantenere una certa consistenza fornendo del valore aggiunto. Se poi non ci riesco… vorrà dire che ho sbagliato colore! (ah, si, ho aggiornato anche il set di smile).
Bravissimi Juliette-Margot e Marco per aver inventato e realizzato il Blogstar Game: ci voleva proprio. Una bella dose di (auto)ironia sul mondo delle relazioni online, dei blog, del page rank con tutti gli equivoci da scambio di persone e personalità, di patemi d’animo per la link popularity, sempre sotto rischio di essere bannati.
Certo, per cogliere tutte le sfumature del gioco bisogna essere un po’ avvezzi delle cose della blogosfera, compresi gossip, polemiche, personaggi chiacchierati e intrighi della Rete. Ma il bello è proprio questo! Così come è bello essere uno degli elementi del gioco (grazie ragazzi!)
Via Catepol leggo il post di Novecento secondo cui il gioco rappresenta la vera faccia della blogosfera fatta di persone che “cercano imporre la propria presenza”. Mah, a parte il fatto che in Rete risulta ormai impossibile imporsi arbitrariamente, penso che siano proprio l’ironia e la presa in giro gli elementi che testimoniano l’evoluzione positiva del fenomeno blog e di tutto quello che si tira dietro.
Il Blogstar Game si può comprare ma è anche possibile costruirselo da sé scaricando tutti i file (ottima idea). Ora rimane da spiegare a mio figlio il motivo per cui valgo solo 100 punti e chi è Macchianera e perché è quello che vale di più
Tags: blogstar game – - blogstargame – marco magnocavallo – margot
Bravissimi Juliette-Margot e Marco per aver inventato e realizzato il Blogstar Game: ci voleva proprio. Una bella dose di (auto)ironia sul mondo delle relazioni online, dei blog, del page rank con tutti gli equivoci da scambio di persone e personalità, di patemi d’animo per la link popularity, sempre sotto rischio di essere bannati.
Certo, per cogliere tutte le sfumature del gioco bisogna essere un po’ avvezzi delle cose della blogosfera, compresi gossip, polemiche, personaggi chiacchierati e intrighi della Rete. Ma il bello è proprio questo! Così come è bello essere uno degli elementi del gioco (grazie ragazzi!)
Via Catepol leggo il post di Novecento secondo cui il gioco rappresenta la vera faccia della blogosfera fatta di persone che “cercano imporre la propria presenza”. Mah, a parte il fatto che in Rete risulta ormai impossibile imporsi arbitrariamente, penso che siano proprio l’ironia e la presa in giro gli elementi che testimoniano l’evoluzione positiva del fenomeno blog e di tutto quello che si tira dietro.
Il Blogstar Game si può comprare ma è anche possibile costruirselo da sé scaricando tutti i file (ottima idea). Ora rimane da spiegare a mio figlio il motivo per cui valgo solo 100 punti e chi è Macchianera e perché è quello che vale di più
Tags: blogstar game – - blogstargame – marco magnocavallo – margot
C’è più di un elemento che lega i seguenti tre articoli e post:
- Diminuisce il valore della “reach”, intesa come audience raggiunta da un media, a cui si contrappone al crescente valore dei contenuti di repertorio (Steve Rubel)
- Michael Arrington mette in discussione (a sui modo) la consuetudine giornalistica dell’embargo (TechChrunch)
- Ci sono diverse cose che i blogger possono imparare dai (bravi
In questo periodo di recessione, è normale che anche il nanopublishing (ossia gli editori online che si basano su blog) accusi qualche colpo (come segnalava anche Alessio). Però c’è anche chi cresce e si evolve. Sto parlando di MasterNewMedia, il progetto di Robin Good di cui avevo segnalato qualche tempo la nuova strategia editoriale.
Ebbene, è di qualche minuto fa l’annuncio che MasterNewMedia è entrato nel network pubblicitario Federated Media, ossia il gruppo di John Battelle che raccoglie oltre 150 blog tra i più popolari al mondo. Quello di Robin è il secondo blog europeo ad entrare nel network e va ad affiancarsi, tra gli altri, a TechCrunch, Digg e Search Engine Land. Complimenti!
Tags: masternewmedia – robin good – federated media – john battelle
Anch’io come Alessio sopporto sempre meno la categorizzazione dei blogger, specie ora che anche un Premio Nobel ha il suo bel “diario online”. Posso capire chi non è avvezzo della Rete, ma suvvia, siamo solo gente che usa uno strumento di comunicazione; il quale, peraltro, diventa sempre più mainstream.
Notavo che anche il Ministro Zaia ha appena aperto un blog (anche se contiene solo due post in due mesi e ha qualche technicality da migliorare), così come il Presidente Formigioni ne ha uno da diversi mesi (strano che la maggior parte dei post sia senza commenti
Anch’io come Alessio sopporto sempre meno la categorizzazione dei blogger, specie ora che anche un Premio Nobel ha il suo bel “diario online”. Posso capire chi non è avvezzo della Rete, ma suvvia, siamo solo gente che usa uno strumento di comunicazione; il quale, peraltro, diventa sempre più mainstream.
Notavo che anche il Ministro Zaia ha appena aperto un blog (anche se contiene solo due post in due mesi e ha qualche technicality da migliorare), così come il Presidente Formigioni ne ha uno da diversi mesi (strano che la maggior parte dei post sia senza commenti
Interessa incrementare le vendite di un prodotto dell’85%?
La Hewlett Packard lo ha fatto attraverso la collaborazione di alcuni blogger selezionati e contattati mediante un’agenzia specializzata, a quanto pare molto brava.
- Le attività verso i blogger, se sviluppate bene, funzionano
- Occorrono diversi elementi per far “girare” il meccanismo, a partire da una trasparenza assoluta nei confronti di tutti e dalla capacità di comunicarlo in modo adeguato
- Naturalmente alcuni prodotti e servizi sono più facilmente promuovibili. Per alcuni non è possibile del tutto
- Il ruolo delle agenzie o dei consulenti è fondamentale, a patto che siano effettivamente “connessi” con la Rete.
Tags: hewlett packard
Ho letto con attenzione il post di Robin Good sulla nuova strategia editoriale del suo MasterNewMedia.org e vorrei fare qualche considerazione.
Per chi non lo concoscesse, Robin Good è lo pseudonimo di Luigi Canali de Rossi ed è uno dei pochissimi (l’unico?) editori online italiani ad avere grande visibilità internazionale, per via di una serie di siti e iniziative gestiti attraverso un network di collaboratori in tutto il mondo .
Conobbi Robin in un viaggio a Seattle da Microsoft qualche anno fa e mi sorprese vederlo chiacchierare con Robert Scoble, Loic Le Meur e Chris Pirillo come se fossero vecchi amici. Robin è sempre stato un avanguardista su molti fronti legati ad internet (direi anche vulcanico e anticonformista) e per questo ho cercato sempre di seguirlo con una certa attenzione.
Ora punta a rinnovare la linea editoriale del suo popolare sito e ritengo interessanti alcuni punti in particolare:
- la voglia di condividere in modo trasoparente e colloquiale questo nuovo percorso intrapreso
- la ricerca di un focus preciso, caratteristica che spesso manca a tanti editori online nostrani, concentrati sullo sviluppo industriale di contenuti senza aver prima definito un segmento preciso di interessi da soddisfare
- il desiderio di selezionare le informazioni piuttosto che rimbalzare le news di qualsiasi tipo come fanno in molti, specie nell’ambito ICT
- la volontà di produrre contenuti formativi a mo’ di guide, utilizzando molti video
Sono curioso di conoscere il parere di Robin su alcune cose: se il modello di business rimarrà AdSense e, in generale, come vive il rapporto con quel network; se la qualità editoriale riuscirà a trovare dei modelli economici che ne valorizzino tale peculiarità; se questo suo rinnovamento editoriale potrà anche trovare forme di collaborazione diretta con le aziende. Ora gli scrivo e gli commento sul blog: magari mi risponde con un video!
Tags: robin good – masternewmedia
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