Archivio: “Stampa”
Lo ripeto ormai da troppi anni: il vero salto culturale rispetto ad internet lo faremo quando non lo tratteremo più come “informatica”. Eppure ancora stamattina su IlSole24Ore ecco qua il titolo riguardo all’e-commerce nelle aziende, identificato come “informatica”. Con tutto il rispetto per IT e EDP, vendere online è roba di marketing, sales, comunicazione che poi “usa” la tecnologia più opportuna. O no?
Emergo da qualche giorno di latitanza per segnalare un interessante articolo di Giuseppe Granieri su Apogeo. Il tema è ambizioso, "L'internet del 2009" e Giuseppe ne sintetizza tre elementi chiave che condivido:
- Specializzazione, intesa come una selezione degli strumenti web che si utilizzano
- Frammentazione a riguardo delle conversazioni sulla Rete che si vanno distribuendo in maniera sempre più diffusa
- Normalità banale, in relazione all'ingresso della Rete tra le cose "normali" per una gran parte della popolazione (tema ripreso anche da Massimiliano Magrini, boss di Google Italia)
- La crisi e l’informazione, in cui sintetizza la difficoltà di remunerare i contenuti giornalistici online, proprio mentre la stampa tradizionale sta vivendo uno dei periodi di maggiore difficoltà della sua storia.
Io il 2009 l'ho iniziato spostando in Rete molte attività day-by-day. Dovendo inviare il mio portatile in riparazione per un contatto allo schermo, sto sperimentando di passare ad una operatività "leggera" tutta fatta online, passando da una postazione in ufficio ad un PC a casa condividendo le stesse cose. Quindi web services (anche a livello aziendale), web mail (ove possibile), desktop virtuali (come Netvibes), e anche il messenger via browser (con Meebo). Manca solo un "vero" Office online, ma pare sia questione di mesi. Inizio ad associare davvero internet all'elettricità o all'acqua: ecco, questo potrebbe essere un'altra dominante per il 2009.
Giovedì è uscito un mio articolo su Nòva (IlSole24Ore) che approfondisce l’argomento dei company generated content su cui mi sto concentrando in questo periodo. Nel link precedente ho riproposto il testo dell’articolo, mentre qui inserico un grafico che cerca di sintetizzare il concetto, ossia che oltre alla visibilità che si ottiene acquistando pubblicità, c’è quella che si può guadagnarsi attraverso al produzione, l’ottimizzazione e la condivisione dei contenuti.
Qui ho riportato l’immagine con il testo in inglese perché su Nòva le voci sono state tradotte in italiano ma non tutte rendano il significato che voloveo dargli.
Sia chiaro, non ce l’ho con la pubblicità (on/off line che sia), né penso che le aziende si debbano mettere a fare gli editori. Solo che ritengo estremante produttivo affiancare alle attuali forme di comunicazione, delle iniziative che sviluppino ulteriori touch point con le persone, attraverso contenuti pensati con obiettivi informativi, divulgativi o di intrattenimento.
Il tema dei company generated content l’ho affrontato recentemente anche con un breve video e, in parte, con un precedente articolo su Nòva. Se passate allo stand Ad Maiora a IAB Forum a Roma, conto di aver preparato con l’occasione anche qualche materiale più analitico che dettaglia il significato delle aree del triangolo. Ho un PPT già pronto solo che Slideshare è in in panne in questo periodo (pare per attacchi alla Cina): mi cosigliate un’alternativa?
Intanto sarei molto contento di ricevere feedback, punti di vista, eventuali esperienze, ecc.
Tags: company generated content – nòva – nova
Due anni e mezzo fa la popolare rivista di economia Forbes additava ai blog come un grosso pericolo per le aziende ed il business in generale. Oggi annunciano l’apertura di un network di oltre 400 blog accuratamente selezionati. Interessante, no?
Tags: forbes
Prendendo spunto da una dichiarazione (via Maestrini) di uno dei capi di Nike che, in sostanza, afferma di puntare a connettersi direttamente alle persone piuttosto che farlo attraverso i media, ho scritto un articolo uscito ieri per il numero 100 di Nòva.
Nei prossimi giorni metterò l’articolo online. Qui l’articolo. Intanto potete dare un’occhiata ad un breve video che ho realizzato sull’argomento. In realtà avevo idea di proiettare questo video a IAB Forum, solo che è uscita una cosa non proprio "politically correct" nei confronti della publicità online, mentre questa sede mi pare più idonea. Buona visione!
Come al solito, sono benvenuti i commenti!
leggo da Antonio che ieri è morto Franco Carlini. Non lo conoscevo direttamente anche se avrei voluto. Ultimamente non condividevo alcune delle cose che scriveva, ma da anni era un riferimento importante a proposito di internet. Su VisonPost l’ultimo saluto dei suoi colleghi.
tags: carlini
Ultima pagina dell’ultimo numero di Nòva (l’allegato de IlSole24Ore) prima della chiusura estiva; ci trovi un mio articolo riassunto nell’occhiello:
Così le aziende devono rivoluzionare il loro modo di proporsi di fronte alle critiche nei blog e nella rete.
Buona lettura!
Update (10 agosto): ho messo in linea l’articolo Cambiare i codici.
Tags: nòva – mauro lupi
Ultima pagina dell’ultimo numero di Nòva (l’allegato de IlSole24Ore) prima della chiusura estiva; ci trovi un mio articolo riassunto nell’occhiello:
Così le aziende devono rivoluzionare il loro modo di proporsi di fronte alle critiche nei blog e nella rete.
Buona lettura!
Update (10 agosto): ho messo in linea l’articolo Cambiare i codici.
Tags: nòva – mauro lupi
Dopo che Blogo.it, il network italiano di blog con più visitatori, è finito in casa RCS/Dada, quello con il maggior numero di blog, Blogosfere.it, entra nella galassia de IlSole24Ore che ne ha acquistato il 30%.
Alla fine, questi deal sembano semplicemente motivati dall’aumento dell’audience e quindi dell’inventory pubbblicitaria di chi acquista. In ogni caso, è una specie di certificazione della consistenza dei blog in quanto format editoriale.
Credo invece che per un editore tradizionale, avere blog (e blogger) in casa significa obbligarsi a guardare il mondo dei contenuti che cambia, significa aprirsi a nuovi modi di intendere il mestiere di fare informazione.
Chissà se Marco (a proposito, complimenti!) contribuirà a portare al Sole i principi etici di cui scriveva qualche post fa. A meno che (e qui si scherza) non stia già pensando a Nòvamille…
Tags: blogosfere – marco montemagno – ilsole24ore
Tornato a casa per smontare la valigia dopo il SES e il Media Agency Days (e farne un’altra per Interact di domani a Bruxelles) mi ha accolto una pioggia incessante.
Il Sole a cui mi riferisco nel titolo è quello de IlSole24Ore, o meglio, quello di Nòva. Siamo in attesa del lancio di Novacento, ossia 100 blog (e forse più) che il più importante quotidiano finanziario italiano si appresta a lanciare. Nel frattempo, l’ultimo bel numero verde di Nòva è disponibile integralmente in formato PDF.
Io li trovo segnali importanti. Sono sicuro che, come cantava Bruce, faith will be rewarded.
Tags: ilsole24ore – nòva – novacento
Dopo aver acquisito la testata ADV, il gruppo editoriale Reed Business va ad inglobare anche Pubblicità Italia. Questa ed altre news sul nuovo sito beta di ADV con tanto di social bookmarkeimg e commenti agli articoli (previa registrazione gratuita).
In copertina anche un’intervista di Nuccio Barletta al sottoscritto a proposito del SES (lo so, lo so, dovrei distribuire una nuova foto alla stampa… è che non è ho di migliori, giuro!).
Tags: ADV – pubblicità italia – reed business
Titolo criptico solo per dire che oggi su Nòva/IlSole24Ore c’è un mio articolo che parla di strategie multi-device, multi-channell, multi-format, multi-content, multi-goal. Peraltro questo Nòva è incentrato sui contenuti generati dagli utenti con Luca De Biase che scrive di simbiosi tra media e persone. Da leggere.
Titolo criptico solo per dire che oggi su Nòva/IlSole24Ore c’è un mio articolo che parla di strategie multi-device, multi-channell, multi-format, multi-content, multi-goal. Peraltro questo Nòva è incentrato sui contenuti generati dagli utenti con Luca De Biase che scrive di simbiosi tra media e persone. Da leggere.
Dagli Stati Uniti, Bernardo Parrella presenta a voce l’anteprima di Wired di Aprile: si parla di aziende nude, in particolare di questa ondata di trasparenza che viene auspicata per le corporation come atteggiamento necessario per competere al giorno d’oggi.
Tags: wired – bernardo parrella
Anticipato da Lele, ho letto il pezzo di oggi su Il Manifesto (via Mantellini vedo che il pezzo è su VisionBlog): “L’illusione della democrazia attraverso il mondo dei blog”. Franco Carlini lo leggo sempre volentieri, qui mi trovo invece in totale disaccordo. L’argomento è stra-dibattuto: i blog che, socondo Carlini, sono “monomaniacali, autoreferenziali e autocitantesi, sovente pronti all’insulto, approssimativi nei giudizi”.
Ciò che è sbagliato sono le basi del criterio i giudizio, perché si sottopongono i blog alle stesse metriche di analisi che si applicano al giornalismo. E si rimprovera, ad esempio, “di sfoderare fastidiosi toni colloquiali in prima persona, tipo ‘ho pensato che’, ‘mi arriva una telefonata da’”.
È questo il punto (parlo da lettore di blog e da blogger): è proprio l’informalità e la spontaneità che, per alcuni (peraltro sempre di più) è ciò che conta e che da senso ai contenuti. I blog, ma vale per qualisiasi user generated content, sono prodotti di persone non di giornalisti! E capitelo una volta per tutte! (Antonio, si, si proprio te, diglielo a Carlini che lo conosci).
È come ascoltare e partecipare alle conversazioni in un bar, ad un party o nella piazza del paese: la differenza è che questo tipo di relazioni ora ha un versante digitale. Se non piacciono gli interlocutori in un party, è bene cercarsene un altro ma si può pretendere: “dammi le notizia e il loro contesto”.
La Rete è sempre più delle persone (piacevoli o meno che siano) ed è un medium (forse il primo) che non ha i giornalisti come protagonisti. Mi sa che questo è il vero disagio che sentono alcuni. Che ne dite?
Tags: il manifesto – franco carlini – blog
Anticipato da Lele, ho letto il pezzo di oggi su Il Manifesto (via Mantellini vedo che il pezzo è su VisionBlog): “L’illusione della democrazia attraverso il mondo dei blog”. Franco Carlini lo leggo sempre volentieri, qui mi trovo invece in totale disaccordo. L’argomento è stra-dibattuto: i blog che, socondo Carlini, sono “monomaniacali, autoreferenziali e autocitantesi, sovente pronti all’insulto, approssimativi nei giudizi”.
Ciò che è sbagliato sono le basi del criterio i giudizio, perché si sottopongono i blog alle stesse metriche di analisi che si applicano al giornalismo. E si rimprovera, ad esempio, “di sfoderare fastidiosi toni colloquiali in prima persona, tipo ‘ho pensato che’, ‘mi arriva una telefonata da’”.
È questo il punto (parlo da lettore di blog e da blogger): è proprio l’informalità e la spontaneità che, per alcuni (peraltro sempre di più) è ciò che conta e che da senso ai contenuti. I blog, ma vale per qualisiasi user generated content, sono prodotti di persone non di giornalisti! E capitelo una volta per tutte! (Antonio, si, si proprio te, diglielo a Carlini che lo conosci).
È come ascoltare e partecipare alle conversazioni in un bar, ad un party o nella piazza del paese: la differenza è che questo tipo di relazioni ora ha un versante digitale. Se non piacciono gli interlocutori in un party, è bene cercarsene un altro ma si può pretendere: “dammi le notizia e il loro contesto”.
La Rete è sempre più delle persone (piacevoli o meno che siano) ed è un medium (forse il primo) che non ha i giornalisti come protagonisti. Mi sa che questo è il vero disagio che sentono alcuni. Che ne dite?
Tags: il manifesto – franco carlini – blog
Anche oggi mi è capitato di confessare ad una persona il fatto che quando torno da una trasferta di business negli Stati Uniti, mi servono due-tre settimane di disintossicazione per rimettere in ordine il fuso orario mentale. Si, perché il rischio è quello di rimanere vittima delle grandezze e delle oppurtinità di un mercato che qui da noi, almeno in quelle forme, non arriverà mai. Punto.
Allora la disintossicazione, come la chiamo io, serve a fasarsi di nuovo sulle economie e sulle consuetudini della nostra cara Italia. Cosi da non metterersi a “fare l’americano” nel paese sbagliato.
Certo, non riesco sempre a calmierare il disagio dovuto all’evidente arretramento del nostro paese rispetto al resto del mondo idustrializzato. Però neanche sono uno che sputa nel piatto dove mangia.
Per fortuna, ogni tanto arriva qualche ventata di freschezza: un cliente che vuole sperimentare, un collega con un’idea propositiva e/o innovativa e, non ultimo, l’appuntamento del giovedì con Nòva, anche oggi tutto da leggere.
Anch’io ci ho messo lo zampino con un’intervista esclusiva a Peter Hirchberg, il Chairman di Technorati, col quale abbiamo discusso di blog in modo allargato e, per certi aspetti, soprendente.
Tags: Peter Hirchberg – technorati – nòva
Anche oggi mi è capitato di confessare ad una persona il fatto che quando torno da una trasferta di business negli Stati Uniti, mi servono due-tre settimane di disintossicazione per rimettere in ordine il fuso orario mentale. Si, perché il rischio è quello di rimanere vittima delle grandezze e delle oppurtinità di un mercato che qui da noi, almeno in quelle forme, non arriverà mai. Punto.
Allora la disintossicazione, come la chiamo io, serve a fasarsi di nuovo sulle economie e sulle consuetudini della nostra cara Italia. Cosi da non metterersi a “fare l’americano” nel paese sbagliato.
Certo, non riesco sempre a calmierare il disagio dovuto all’evidente arretramento del nostro paese rispetto al resto del mondo idustrializzato. Però neanche sono uno che sputa nel piatto dove mangia.
Per fortuna, ogni tanto arriva qualche ventata di freschezza: un cliente che vuole sperimentare, un collega con un’idea propositiva e/o innovativa e, non ultimo, l’appuntamento del giovedì con Nòva, anche oggi tutto da leggere.
Anch’io ci ho messo lo zampino con un’intervista esclusiva a Peter Hirchberg, il Chairman di Technorati, col quale abbiamo discusso di blog in modo allargato e, per certi aspetti, soprendente.
Tags: Peter Hirchberg – technorati – nòva
Vittorio ce l’ha (simpaticamente) con me per altre ragioni, però mi segnala su Scene Digitali di Repubblica.it attribuendomi addirittura “l’osservazione più acuta” a proposito della copertina del Time di cui si dibatte in ogni dove (ieri ho scritto che avrei preferito che avesse vinto “We” e non “You”). Grazie!, anche in qualità di “blogger italiano”, eh eh.
Non lo dico per ricambiare il favore, ma il pezzo di Vittorio è molto meglio di quando avrei voluto/potuto scrivere volendo spiegare cosa avevo in mente!
Vittorio ce l’ha (simpaticamente) con me per altre ragioni, però mi segnala su Scene Digitali di Repubblica.it attribuendomi addirittura “l’osservazione più acuta” a proposito della copertina del Time di cui si dibatte in ogni dove (ieri ho scritto che avrei preferito che avesse vinto “We” e non “You”). Grazie!, anche in qualità di “blogger italiano”, eh eh.
Non lo dico per ricambiare il favore, ma il pezzo di Vittorio è molto meglio di quando avrei voluto/potuto scrivere volendo spiegare cosa avevo in mente!
Esatto, si, si, proprio te. Quest’anno l’uomo (o la donna) dell’anno per la rivista Time sei te. Congratulazioni!
Il sottotitolo contiene le motivazioni: You control the Information Age. Welcome to your world.
Quindi significa che ho vinto anch’io, giusto? Non è carino avere da ridire quando ti fannoun premio, però avrei eletto uomo dell’anno “Me”, non “You” oppure, ancora meglio, “We”. Questo “You” continua a creare una contrapposizione io/tu che penso vada oltre il semplice gioco linguistico su cui mi diletto in questa domenica mattina. “Me” significherebbe che ognuno, compresi i giornalisti del Time, possano sentirsi uomo dell’anno e sottolinierebbe la consapevolezza acquisita del singolo. “We”, ancor meglio, definirebbe il valore sociale e cumulativo di essere tutti “uomini dell’anno”.
In ogni caso, godiamoci questo premio. Non abbiamo vinto nulla, solo la conferma che i tempi, in questi ultimi anni, sono davvero cambiati.
Update/1 (19/12/06): il post è segnalato su Scene Digitali di Repubblica.it
Update/2 (9/1/07): anche Anil Dash di Six Apart la pensa come me.
tags: time
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