Archivio: “Relazioni pubbliche”

Engaging the New Influencers - Edelman Sto tenendo un paio di giorni di lezione al Master in Media Relation organizzato da Formazione24Ore e il rapporto Engaging the New Influencers (PDF) pubblicato in questi giorni da Edelman diventerà senz’altro un ulteriore contributo al materiale didattico.

Richard Edelman, il CEO del gruppo, sintetizza alcuni punti nell’introduzione, tra i quali mi sono permesso di enfatizzarne uno in particolare:

  • Integrate search into PR
  • Mobilize the influencers
  • Inform the conversation
  • Understand that every company is a media company
  • Be present and consistent
  • Act in a democratic and decentralized way.


Osvaldo Adinolfi racconta una delle relazioni dell’ Edelman Summer School, in particolare quella di Rick Murray, presidente di Edelman Digital. Condivido i tre concetti espressi:

  • Continuità: la comunicazione digitale (e non solo quella, aggiungo io) va pensata per durare nel tempo e non strutturata come un flight pubblicitario)
  • Centralità dei contenuti prima che della creatività
  • Diffusione di una “cultura digitale” in luogo del “reparto digitale”

Che poi a dirlo è facile mentre applicarlo sulle realtà aziendali, specie quelle più grandi e complesse, è un’altra storia. E qui sta la vera sfida: non solo comprendere il cambiamento (che sarà sempre di più un’attività on-going), ma saperlo applicare.

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Osvaldo Adinolfi racconta una delle relazioni dell’ Edelman Summer School, in particolare quella di Rick Murray, presidente di Edelman Digital. Condivido i tre concetti espressi:

  • Continuità: la comunicazione digitale (e non solo quella, aggiungo io) va pensata per durare nel tempo e non strutturata come un flight pubblicitario)
  • Centralità dei contenuti prima che della creatività
  • Diffusione di una “cultura digitale” in luogo del “reparto digitale”

Che poi a dirlo è facile mentre applicarlo sulle realtà aziendali, specie quelle più grandi e complesse, è un’altra storia. E qui sta la vera sfida: non solo comprendere il cambiamento (che sarà sempre di più un’attività on-going), ma saperlo applicare.

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Raggruppo qui alcune note sugli ultimi libri letti:

Economia della felicita, Luca De Biase Economia della felicità di Luca De Biase. Aprendo il libro credevo che avrei ritrovato le riflessioni che Luca aveva già anticipato da mesi sul suo blog. D’altronde il tema era quello: economia, crescita, felicità e blog. In realtà quello che è uscito per Feltrinelli è una rilettura più organica e scorrevole dell’economia del dono, specie quello relativo al tempo dedicato alle relazioni digitali. È l’economia e il denaro analizzati dal punto di osservazione di un cittadino della Rete, consapevole che la sua parte abitata potrebbe contribuire a migliorare questo mondo che invece sta andando verso una pericolosa monetizzazione di ogni cosa. Un libro buono per riflettere; pur con tutta la speranza che anima il testo, si scorgono le nevrosi che alimentano la società in cui viviamo. Ne usciremo?

Fare business con il web, Lonardo Bellini Fare business con il web di Leonardo Bellini. Quasi un romanzo che racconta una specie di start-up di un business online, affrontando tutti i passi necessari: dalla strategia alle tattiche, dalla pianificazione del business plan alla campagna di comunicazione, dal monitoraggio dei risultati al customer support. Il tutto raccontato attraverso i dialoghi, i confronti e le domande di Leo, Cri, Jacques, Pat e gli altri protagonisti di questo originale racconto. Dicevo a Lenoardo che il titolo del libro è limitativo, nel senso che sembrerebbe trattare solo di web, invece si affrontano anche argomenti legati ai modelli economici, alla customer retention, alla profilazione dei clienti, ecc. In definitiva, un testo leggibile e anche divertente, utile ad esempio a molte PMI che vogliono inserie il web tra i canali di vendita. Il libro ha anche il suo sito.

internet_pr Internet P.R. di Marco Massarotto. Tutto quello che avreste voluto sapere su come come cambia la comunicazione tra aziende e consumatori per via della Rete che (ancora) non avete avuto il coraggio di chiedere. È un libro ben fatto, chiaro ed essenziale, che non si perde in scenari rivoluzionari ma che affronta il quotidiano attraverso tutti i principali aspetti dei cambiamenti che ogni azienda si trova ad affrontare di questi tempi. Al centro dell’attenzione l’ascolto, i consumatori-persone con cui dialogare, l’apertura di canali digitali per rinnovare la relazione col mondo esterno. Per le case history l’autore rimanda al blog del libro, mentre ho notato diversi inviti ad affiancarsi a consulenti e aziende specializzate, pur con l’auspicio di maturare capacità interne per essere autonomi quanto prima. Anche se detto da da un professionista del settore (come me d’altronde) un approccio del genere può sembrare interessato, non posso che condividere: sono passaggi importanti che non riguardano solo l’utilizzo di una nuova tecnologia, ma che toccano i capisaldi della comunicazione aziendale. Non basta un fornitore di servizi tecnici, ma occorre supporto qualitativo, coaching, consulenza strategica. A leggere analiticamente il libro di Massarotto, ci si rende conto di quanti aspetti cruciali stia toccando la Rete nel business di moltissime aziende.

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Raggruppo qui alcune note sugli ultimi libri letti:

Economia della felicita, Luca De Biase Economia della felicità di Luca De Biase. Aprendo il libro credevo che avrei ritrovato le riflessioni che Luca aveva già anticipato da mesi sul suo blog. D’altronde il tema era quello: economia, crescita, felicità e blog. In realtà quello che è uscito per Feltrinelli è una rilettura più organica e scorrevole dell’economia del dono, specie quello relativo al tempo dedicato alle relazioni digitali. È l’economia e il denaro analizzati dal punto di osservazione di un cittadino della Rete, consapevole che la sua parte abitata potrebbe contribuire a migliorare questo mondo che invece sta andando verso una pericolosa monetizzazione di ogni cosa. Un libro buono per riflettere; pur con tutta la speranza che anima il testo, si scorgono le nevrosi che alimentano la società in cui viviamo. Ne usciremo?

Fare business con il web, Lonardo Bellini Fare business con il web di Leonardo Bellini. Quasi un romanzo che racconta una specie di start-up di un business online, affrontando tutti i passi necessari: dalla strategia alle tattiche, dalla pianificazione del business plan alla campagna di comunicazione, dal monitoraggio dei risultati al customer support. Il tutto raccontato attraverso i dialoghi, i confronti e le domande di Leo, Cri, Jacques, Pat e gli altri protagonisti di questo originale racconto. Dicevo a Lenoardo che il titolo del libro è limitativo, nel senso che sembrerebbe trattare solo di web, invece si affrontano anche argomenti legati ai modelli economici, alla customer retention, alla profilazione dei clienti, ecc. In definitiva, un testo leggibile e anche divertente, utile ad esempio a molte PMI che vogliono inserie il web tra i canali di vendita. Il libro ha anche il suo sito.

internet_pr Internet P.R. di Marco Massarotto. Tutto quello che avreste voluto sapere su come come cambia la comunicazione tra aziende e consumatori per via della Rete che (ancora) non avete avuto il coraggio di chiedere. È un libro ben fatto, chiaro ed essenziale, che non si perde in scenari rivoluzionari ma che affronta il quotidiano attraverso tutti i principali aspetti dei cambiamenti che ogni azienda si trova ad affrontare di questi tempi. Al centro dell’attenzione l’ascolto, i consumatori-persone con cui dialogare, l’apertura di canali digitali per rinnovare la relazione col mondo esterno. Per le case history l’autore rimanda al blog del libro, mentre ho notato diversi inviti ad affiancarsi a consulenti e aziende specializzate, pur con l’auspicio di maturare capacità interne per essere autonomi quanto prima. Anche se detto da da un professionista del settore (come me d’altronde) un approccio del genere può sembrare interessato, non posso che condividere: sono passaggi importanti che non riguardano solo l’utilizzo di una nuova tecnologia, ma che toccano i capisaldi della comunicazione aziendale. Non basta un fornitore di servizi tecnici, ma occorre supporto qualitativo, coaching, consulenza strategica. A leggere analiticamente il libro di Massarotto, ci si rende conto di quanti aspetti cruciali stia toccando la Rete nel business di moltissime aziende.

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Sabato sera c’è stato un piacevole incontro nel temporary store di Alixir a Roma nel quale Barilla ha voluto incontrare un po’ di blogger. Organizzato da Alex e Mirko di Ninjamarketing, è stato un modo per incontrare amici che con vedevo da tempo (Mafe, Caterina, Lele, Paolo, Luca, Stefano) e dare un volto a persone che conoscevo solo virtualmente (Camillo, Stefano e Marco di Due Spaghi, Gabriele di Spotanatomy).

Facendo l’opportuno disclaimer (Barilla è un nostro cliente), credo che anche questo gruppo sia indirizzato verso l’apertura di un trasparente canale di comunicazione con le persone. Il punto che spesso sfugge agli esperti,ai puristi e a molti operatori del settore, è che si tratta di un processo complesso e delicato, che necessariamente richede tempo e step intermendi.

Proprio in questi giorni ho scambiato delle email con Maurizio che se la prende con i pubblicitari: per me invece è stimolante questa sfida nel saper attualizzare gli importanti cambiamenti nel mondo della comunicazione a casa delle aziende complesse, specie se operano (per scelta o necessità) con strategie a breve/medio termine e con focus sull’Italia. Quindi ben vengano incontri come quello di Alixir nel quale si possono trovare senz’altro delle aree di miglioramento, ma non può non essere colto l’avviamento di una nuova relazione col mondo esterno.

Durante la presentazione, alla domanda “perché non aprite un blog” il padrone di casa Eugenio Perrier di Barilla ha risposto: “semplicemente perché non lo sappiamo fare”. Credo proprio che a fine serata il suo pensiero possa essersi modificato. Si perché dialogando tra persone, sono emerse informazioni utili sul packaging, sul prezzo, sui componenti attivi, ecc. che non solo hanno evidenziato la quantità di contenuti che potrebbe aver senso raccontare (e non vendere), a cui aggiungere l’evidente credibilità che scaturisce delle testimonianze de visu dei manager dell’azienda.

Gli altri post, foto e video dell’evento su Technorati.

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Ieri avevo parlato da poco con un cliente che mi chiedeva se potevamo infiltrarci nei blog per fare commenti positivi sulla sua azienda, che mi ha chiamato Andrea Secchi di Italia Oggi per un articolo (oggi in edicola) a proposito della reputazione on-line. È evidente che l’argomento è caldo ma c’è tanto da fare in termini di divulgazione delle informazioni corrette.

A proposito dei commenti fittizzi, nell’intervista li ho semplicemente definiti “bombe ad orologeria”. Eppure brand anche molto noti, hanno deciso di utilizzare tattiche del genere: non si rendo conto di essere seduti su delle polveriere…


Con un nostro cliente per il quale facciamo l’analisi delle discussioni sui blog che li riguardano, discutevamo oggi a proposito delle reazioni a proposito del lancio di un loro nuovo prodotto.

Commentavamo in particolare l’influenza negativa che ha avuto il passaggio del comunicato stampa che presentava il prodotto, in cui si citava l’ammontare del (sostanzioso) budget pubblicitario destinato al lancio. Ebbene, diversi blog hanno ripreso questa indicazione per sparare a zero sul prezzo, secondo loro troppo alto proprio a causa della corposa spesa promozionale, oppure dichiarandosi delusi dal prodotto dal quale si aspettavano molto di più proprio perché supportato da milioni di Euro di campagna.

Insomma, se forse un tempo sbandierare un budget pubblicitario di un prodotto poteva significare “crederci” e comunque riguardava un’informazione indirizzata e circoscritta agli addeti ai lavori, oggi non è più così. Un’altro dei (tanti) modi di fare comunicazione che occorre aggiornare o quantomeno da argomentare in modo differente.


Go to Google News HomeDa qualche giorno Google permette di commentare le notizie pubblicate su Google News (per ora solo negli Stati Uniti), ma solo se si è parte in causa della notizia. Ad esempio, l’articolo sulla ricerca che rileva come i ragazzi preferiscano hamburger e patatine delle marche più note, è attualmente commentata dal capo della corporate communications di McDonald’s e da un professore di pediatria dell’University of New Mexico.

L’iniziativa di Google è molto interessante sotto diversi aspetti:

  • È un’ulteriore dimostrazione dell’aumento dello spazio che hanno i singoli individui rispetto al tradizionale rapporto media-destinatari; una volta prodotte, le notizie e le informazioni (e questo vale per tutti i contenuti digitali) sono a disposizione di chiunque per aggiungere valore, opinioni, critiche; per aggregarle in nuovi contesti e nuovi contenitori.
  • È una delle poche funzioni di Google gestita semi-manualmente, data l’esigenza di verificare la corretta paternità del commento; le informazioni fornite da Google su come viene verificata l’identità e sui “partecipants” che possono effettivamente intervenire sono necessariamente generiche (Participants are people who are mentioned in the story or are related to organizations in the story).
  • È un’iniziativa molto furba per ospitare commenti di persone autorevoli, famose, potenti, ecc. Tuttavia questo trasforma Google News non più solo come aggregatore di notizie prodotte altrove, ma come publisher di contenuti originali; come sottolinea Michael Arrington su Techcrunch, da una parte Google acquisisce contenuti esterni, ma poi protegge strenuamente la riproduzione dei suoi.

Mi aspetto che prima o poi sarà possibile per chiunque commentare le news (mi pare di leggerlo anche tra le righe del blog ufficiale di Google News), e questo aprirà scenari ancora più interessanti. In ogni caso, come evidenzia Steve Rubel, si tratta di un regalo per chi si occupa di public relation (o di una preoccupazione, aggiungo io), perché consente di intervenire su contenuti che venivano generati essenzialmente in modo automatico.

Ovviamente, questo apre il discorso sul come imbastire le discussioni online, attività che specie per le aziende, è decisamente nuova e, spesso, complicata (ne ho scritto recentemente su Nòva).

In ogni caso, il fenomeno è irreversibile: non più solo “user generated content”, ma “human content everywhere”. Con tutto quello che ne consegue, compresa la gestione dei commenti e delle opinioni espressi in modo ineducato (se va bene) oppure offensivo e scurrile. Di ciò conto di scrivere ho scritto in una seconda parte del post, riprendendo gli spunti emersi da Aghost e Paolo Valdemarin a proposito del rumore generato nei commenti al blog del Ministro Gentiloni.

Update (oggi): 20 minuti dopo questo post anche Marco ci dice la sua e fa un riepilogo, che condivido, sull’attuale ruolo di Google.

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Lo ricorderemo sicuramente come un momento importante nell’evoluzione della comunicazione pubblica delle aziende. Mi riferisco alla decisione di Sun Microsystem, una delle più grandi aziende americane, di comunicare i dati finanziari ufficiali attraverso il blog del proprio CEO Jonathan Schwartz. Chiarissime le sue parole:

“In riferimento al dialogo che abbiamo avviato con la United States Securities and Exchange Commission e il suo Presidente Cox, questa sarà la prima volta in cui il grande pubblico degli investitori (che utilizza il browser o il cellulare) verrà messo allo stesso identico livello di coloro che accedono ai servizi di abbonamento privato.”

e ancora:

“Credo che questo cambiamento aumenterà la trasparenza del nostro business e ci consentirà di distribuire le informazioni in modo equo, utilizzando la rete per lo scopo per cui è stata creata: collegare le persone e le informazioni.”

Anche se per Sun si tratta di un’evoluzione naturale, tenendo conto degli oltre 3.000 blogger presenti in azienda (Schwartz utilizzò il suo blog anche per comunicare una forte riduzione del personale), si tratta di una decisione che apre una nuova frontiera nel rapporto tra aziende e stakeholder.

Insomma, giù il cappello.

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In diverse occasioni ho visto riflettere il mondo delle public relation in merito al rinnovamento del loro ruolo e del loro mestiere. Non è il mio settore professionale e quindi cerco di capirci qualcosa di più ad ogni occasione. Penso, ad esempio, alle riflessioni di Toni Muzi Falconi sul sito FERPI (qui la recente Quante palle!) o quelle di Sergio Veneziani nel blog di Edelman.

Come avevo anticipato, proprio su relazioni pubbliche e comunicati stampa ho scritto il controeditoriale dell’ultimo Netforum che potete leggere su Dailyonline.

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