Archivio: luglio, 2006
Prima o poi, mi dicevo, va scritto qualcosa sulla “net neutrality”. Per fortuna che ci sono gli amici, peraltro molto più competenti di me sull’argomento, che spiegano bene quale è il problema e quanto valga la pena divulgare le ragioni della “net neutrality”. Nell’articolo di Massimo c’è anche una selezione di link sull’argomento.
Il Premio WWW del Sole24Ore è ormai parte della storia dell’Internet italiana. In anni passati mi ero appassionato alla competizione e con uno dei siti si Ad Maiora ottenemmo pure delle soddisfazioni. Poi iniziò ad interessarmi meno.
Quest’anno invece, complice anche la presenza della categoria Blog, mi sono deciso a seguirlo di nuovo. Per certi aspetti è come sfogliare una rivista dal barbiere (e lo dico in positivo): normalmente non mi interessa il gossip delle veline di turno, però saperne qualcosa è quasi doveroso. Così leggo le classifiche del Premio WWW cercando di leggere i segnali “nazional-popolari” più evidenti.
Purtroppo guardando lista dei blog più votati arriva lo sconforto. Su 20 siti segnalati, solo quelli di Grillo, MrReset e IMLI sono effettivamente dei blog. Tra gli altri 17 c’è di tutto, tra cui tutti i portali (ok, offrono servizi di blogging, ma che c’entra?) e Bloggers.it (che comunque è una piattaforma). Ah, poi c’è Grazia.it che, immagino, sarebbe dovuto essere riferito al blog di Grazia e che invece porta ad un altro sito.
Per come la vedo io significa che c’è ancora tanto da fare, spiegare, divulgare,…
E se volete riparare al danno, intanto potreste votare questo blog!
(e poi ci sono dei premi niente male)
Ancora una volta: “Senta Lupi, possiamo fare una cosa virale? Che serve, un video? Qualcosa dovremmo avere già pronto… Ma poi quanti milioni di utenti lo scaricheranno?”
Una volta c’era il “va bene questa brochure per fare il sito?”. Poi si passò al “quanto tempo ci vuole per stare al primo posto su Altavista con la parola computer” (Google ancora non c’era). Ora si è arrivati al “se po’ fa’ ‘na cosa virale?” (nota: il romanesco è ormai alternato – in tutta Italia – agli inglesismi, per indicare una cosa sssspecìale). Internet continua ad essere sempre e solo considerata come un posto dove poter escogirate la furbata di turno che poi si propaghi naturalmente. Ora tocca ai video virali. Ma questo virus, si riesce ad attaccare davvero?
Chi si è divertito ad analizzare i 100 video più popolari su YouTube, rivela che solo il 7% riguarda contenuti pubblicitari (spot e non). Anche BusinessWeek mette in guardia sulle effettive possibilità di generare interessere e catturare attenzione attraverso i video virali.
Il punto è che i successi repentini di alcuni, fanno sembrare le cose così semplici… Purtroppo sono, quasi sempre, difficilmente replicabili. La vera sfida, è cercare di lanciare iniziative inedite. Ricordate l’Oceano Blu?
Ieri ho scritto a Buy.com in relazione ad un ordine e, come prevedibile, mi è arrivata una email di risposta automatica che mi preannunciava una risposta entro dieci ore.
Dopo sette ore da questa prima mail, me ne mandano un’altra scrivendo: “Just a note to let you know we have not forgotten about your email and we are working on your situation”, eccetera. Anche questa mail, credo, sia automatica; però si è fatta notare. Bravi. A volte basta poco.
Adesso però spero che risolvano il mio problema, ossia cambiare i dati di una carta di credito perché quando la consegna di un pacco è negli USA vogliono una carta su una banca americana. Solo che me l’hanno comunicato dopo aver confermato l’ordine…
L’edizione del 2004 della Google Dance in California non andò benissimo: Google stava per quotarsi, erano tutti molto abbottonati e, soprattutto finì la birra!, cosa imperdonabile negli US. Nel party dell’anno dopo, al centro del Googleplex furono allestiti dei corner con svariati produttori locali di birra. Fantastico!
Presumo quindi che l’edizione 2007 del Google Party italiano:
- dispenserà almeno un cadeau o un gadget a tutti quelli che non si accontentano della cordicella porta-badge
- porterà un gruppo moderno, completo di band e che regga almeno sei brani
- inviterà il Garante della privacy
Aveva ragione Scoble: diamo qualche giorno di tempo a Dell la quale, appena lanciato il suo blog One2One, si è beccata la classica serie di liste di cose che avrebbe dovuto fare. Ora sembra che il blog inizi a svelare la sua forma: attento ai feedback, scritto senza particolari formalismi, capace di affrontare i problemi. Se continua così, sarà un bell’esempio da seguire.
L’occasione è per tornare sull’argomento “come si fa un business blog”, perché mi sembra che a volte lo si confondi col tema “come dovrebbe comportarsi un’azienda moderna”. Insomma, al blog vengono attribuite a volte delle responsabilità eccessive, non sue. Un corporate blog non cambia l’azienda, semmai è questa che può (deve) mutare anche attraverso un blog.
Il mio atteggiamento è: qualsiasi blog aziendale è una bella cosa.
Se nasce solo perché va di moda o perché si vuol fare pubblicità camuffata, allora sarà giustamente un flop, sperando che qualcuno impari la lezione. L’audience online è il vero giudice delle robe su internet: lasciamo che faccia il suo lavoro; aggiungere critiche non serve. E poi, da piccolo, mi hanno insegnato a guardare chi è meglio di me, non chi è peggio
Se nasce con tanti buoni propositi (ascoltiamo, dialoghiamo, siamo trasparenti) e poi si scioglie al sole dell’inefficenza nella gestione delle relazioni con i clienti o nell’evidenziare cronici problemi nei prodotti commercializzati, all’ora c’è un re nudo in più. Magari qualcuno si accorge che dietro qualsiasi facciata di comunicazione, ormai occorre metterci della sostanza. Il blog può aspettare.
Se nasce partendo da obiettivi semplici, magari limitati, ma “veri” e trasparenti, allora mi piace di più. Pur con la velocità con la quali si evolve il mondo, credo ancora nella gradualità dei cambiamenti. Meglio un piccolo risultato alla volta che sperare in un cambiamento radicale assoluto. E se il blog non ha i commenti attivi, se usa il supporto di consulenti nell’affrontare questo nuovo strumento, se non mette in piazza la vita personale dei suoi dipendenti,… diamogli una chance. Riprendo la frase di Matteo Balzani su IMLI a proposito del blog di Dell: “Avercene di corporate blog così!”
Ah, si, poi ci sono le aziende perfette. Quelle che aprono un blog e iniziano a costruire i prodotti come li suggeriscono nei commeni ai post, che portano a cena tutti i visitatori, che fanno vedere online i rimborsi spese del CEO, … Hey, sveglia, hai fatto un’altra volta il sogno del purista 2.0…
Aveva ragione Scoble: diamo qualche giorno di tempo a Dell la quale, appena lanciato il suo blog One2One, si è beccata la classica serie di liste di cose che avrebbe dovuto fare. Ora sembra che il blog inizi a svelare la sua forma: attento ai feedback, scritto senza particolari formalismi, capace di affrontare i problemi. Se continua così, sarà un bell’esempio da seguire.
L’occasione è per tornare sull’argomento “come si fa un business blog”, perché mi sembra che a volte lo si confondi col tema “come dovrebbe comportarsi un’azienda moderna”. Insomma, al blog vengono attribuite a volte delle responsabilità eccessive, non sue. Un corporate blog non cambia l’azienda, semmai è questa che può (deve) mutare anche attraverso un blog.
Il mio atteggiamento è: qualsiasi blog aziendale è una bella cosa.
Se nasce solo perché va di moda o perché si vuol fare pubblicità camuffata, allora sarà giustamente un flop, sperando che qualcuno impari la lezione. L’audience online è il vero giudice delle robe su internet: lasciamo che faccia il suo lavoro; aggiungere critiche non serve. E poi, da piccolo, mi hanno insegnato a guardare chi è meglio di me, non chi è peggio
Se nasce con tanti buoni propositi (ascoltiamo, dialoghiamo, siamo trasparenti) e poi si scioglie al sole dell’inefficenza nella gestione delle relazioni con i clienti o nell’evidenziare cronici problemi nei prodotti commercializzati, all’ora c’è un re nudo in più. Magari qualcuno si accorge che dietro qualsiasi facciata di comunicazione, ormai occorre metterci della sostanza. Il blog può aspettare.
Se nasce partendo da obiettivi semplici, magari limitati, ma “veri” e trasparenti, allora mi piace di più. Pur con la velocità con la quali si evolve il mondo, credo ancora nella gradualità dei cambiamenti. Meglio un piccolo risultato alla volta che sperare in un cambiamento radicale assoluto. E se il blog non ha i commenti attivi, se usa il supporto di consulenti nell’affrontare questo nuovo strumento, se non mette in piazza la vita personale dei suoi dipendenti,… diamogli una chance. Riprendo la frase di Matteo Balzani su IMLI a proposito del blog di Dell: “Avercene di corporate blog così!”
Ah, si, poi ci sono le aziende perfette. Quelle che aprono un blog e iniziano a costruire i prodotti come li suggeriscono nei commeni ai post, che portano a cena tutti i visitatori, che fanno vedere online i rimborsi spese del CEO, … Hey, sveglia, hai fatto un’altra volta il sogno del purista 2.0…
La cara Motoko riporta una ricerca sui blogger giapponesi che trovo soprendente: più del 90% sarebbe disposto a scrivere opinioni o recensioni su prodotti e servizi, in cambio di un riconoscimento (prodotti o denaro). Il 66% lo farebbe solo se non costretto a scrivere necessariamente commenti positivi, il 28% non si porrebbe il problema.
Mah, che stiamo diventando tutti un potenziale esercito di “piccoli media mercenari”? No, non credo. Anche perché tra il dire e il fare… Sai quanto durerebbe la credibilità (e quindi l’efficacia) di un blogger che evidentemente scrive su commissione? Per questo le iniziative come lo stradiscusso Payperpost mi sembrano di poco rilievo. Mi ricorda quando uscirono i siti che ti pagavano se guardavi o cliccavi i banner…
Della ricerca sui blogger giapponesi, mi piace invece evidenziare che il 75,8% ha comunque già scritto opinioni e commenti su prodotti e servizi.
Scopro via Spery un’interessante ricerca (PDF) sulla blogosfera francese. A parte i dati sulla numerosità dei blogger (8,1% dei 26 milioni di internauti) e dei loro lettori (26,7% dei navigatori totali), va sottolineato che un utente internet su cinque ha inserito almeno un commento su un blog nell’ultimo mese, quindi fa circa 5 milioni di persone.
La ricerca fatta da Crmmetrix, approfondisce in particolare il rapporto dei navigatori con i blog delle aziende. Interessante l’apparente contrasto tra la motivazione principale per cui si visitano i blog dei brand (“esprimere un’esperienza negativa col brand”) con la convinzione (98%) che il blog influenza positivamente l’immagine dell’azienda.
Per gli interessati alla blogosfera francese (ad esempio penso a Luca che ultimamente si è scatenato ad analizzare le blogosfere straniere), segnalo anche un bel post di un paio di mesi fa di Eric Kintz, un manager di Hewlett Packard.
IlSole24Ore di oggi è in edicola con una nuova impostazione grafica: nulla di rivoluzionario ma il layout mi sembra più leggibile, nuovi font e un maggior uso del colore. Mi piace.
La presentazione del nuovo formato arriva direttamente in prima pagina ed è invece un’occasione persa: praticamente è la solita autocelebrazione. Bastavano una manciata di caratteri in più con la frasetta “Che ne pensate?”
Sul tutto il dorso principale, TIM è l’unico inserzionista con la Canalis in quasi tutte le pagine. Mah, sono scettico sul fatto che una tale pressione abbia davvero un effetto pubblicitario correlabile alla spesa necessaria. Indubbiamente è un iniziativa che si fa notare (c’è anche chi ne parla sui blog, eh eh) però i dubbi rimangono.
E mi vengono in soccorso proprio due interviste presenti nel giornale: Marco Testa (capo dell’omonima agenzia di pubblicità e presidente di Assocomunicazione) che dice “Sarà l’anno dei nuovi media”, e Mario Mariani (nuovo amministratore delegato di Tiscali) che afferma: “Spero in una rivolta dei consumatori consapevoli contro un mondo di offerte esagerate e troppo complicate”.
Ho intravisto articoli interessanti anche su Nòva ma li leggerò più avanti. Ora si va a lavorare ;-
Una bella sorpresa leggere la news di ANSA che segnala come FEDOWEB, l’associazione degli operatori web italiani, ha eletto Elserino Piol come nuovo presidente.
FEDOWEB, in pratica, rappresenta gli editori online, siano quelli tradizionali (RCS, L’Espresso, IlSOle24Ore, ecc.) sia quelli “internettiani” (Yahoo!, Tiscali, ecc.). L’associazione ha vissuto momenti alterni e, anche nei confronti di IAB Italia, ha alternato ipotesi di accomunamento a situazioni di contrasto.
Io sento la necessità forte che la qualità dei contenuti online in Italia aumenti sensibilmente perché, se è vero che l’utilizzo della Rete continua a crescere, siamo ancora lontani dal livello di utilizzo di altri paesi europei. E questo lo imputo in buona parte alla carenza dell’offerta piuttosto che ad una incapacità degli utenti (o dei potenziali tali).
La nota che accompagna la nomina di Piol sembra concentrata sul dato, peraltro molto positivo, della pubblicità online che dall’inizio dell’anno continua a correre a +48%. Figuriamoci se non sono stracontento di questi numeri; mi permetto solo di suggerire agli editori di porre il focus sui loro “prodotti”. A occuparsi istituzionalmente della pubblicità su internet c’è già Assointernet (che raggruppa le concessionarie) e poi IAB che rappresenta gli operatori del settore in modo allargato.
Comunque auguri al nuovo presidente!
Come già segnalato da Giuseppe, la Coca Cola sta per lanciare anche in Italia una nuova bibita, Acquarius. Su www.votaquarius.it si può votare tra due spot e scegliere quello che poi andrà in onda. Il “B” è bellissimo, il tipo che esce dalla conchiglia è molto buffo e la musica di Hair fa il resto. Votate anche voi?
Dietro le quinte: uno dei due spot è fatto in Italia, l’altro è inglese. Il team di creativi italiani (L&L) viene evidentemente da una scuola “come si deve” ))
Due segnalazioni correlate che riguardano TE (o il NOI collettivo, se preferisci), sia che ci guardiamo come singoli soggetti destinatari della comunicazione o come tanti YOU che fanno il mondo.
Sulla sempre stimolante trendwatching.com c’è la prima parte di YOUNIVERSAL BRANDING (qui il pdf), praticamente il seguito di ad un articolo che già a fine 2004 si chiamava “Masters of the Youniverse”.
YOU! è anche al primo posto della classifica delle persone con contano (“who matter now”) stilata da Business 2.0.
Ultimi commenti