Archivio: “privacy”

Mercoledì 23 giugno parteciperò ad uno stimolante evento organizzato dall’ANSO e dal CNR, dedicato alla “memoria da elefante” della Rete e alle conseguenze che ne conseguono. Riprendo dalla descrizione dell’evento:

Nella società dell’informazione e della conoscenza è necessario apprendere significato e implicazioni del diritto all’oblio, del diritto alla privacy o della reputazione online. Altrettanto utile è comprendere chi ha il compito di gestire tali complesse questioni e secondo quali regole, garantendo gli utenti.

La memoria lunga della Rete: privacy, reputazione e diritto all’oblio

L’apertura sarà affidata a Stefano Rodotà (Università La Sapienza di Roma). Poi ci saranno due tavole rotonde moderate da  Guido Scorza (Istituto per le Politiche dell’Innovazione).

Io parteciperò alla prima (“Democrazia e tutele in Internet”) insieme a: Anne-Sophie Bordry (Facebook), Nicola D’Angelo (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), Marco Di Maio (Associazione Nazionale Stampa Online), Domenico Laforenza (IIT CNR), Vittorio Zambardino (Giornalista e blogger).

La seconda tavola rotonda, “Difendere la Rete o difenderci dalla Rete”, vedrà partecipare Marilù Capparelli (Google), Giuseppe Corasaniti (Università di Roma Sapienza), Elisa Grande (Presidenza del Consiglio dei Ministri), Benedetto Liberati (Associazione Nazionale Stampa Online) Mauro Paissan (Garante per la Protezione dei Dati Personali).

L’evento si terrà nella Sala delle Conferenze di Piazza Monte Citorio 123/A a Roma a partire dalle ore 14. L’ingresso è libero. Preregistrazione online sul sito di ANSO.

Come spunto preparatorio dell’evento, segnalo il consueto stimolo visionario di Jeff Jarvis che propone un manifesto di principi e diritti delle persone legate ad internet. Per sua ammissione si tratta di un documento preliminare, ma alcuni punti mi sembrano già ben posti:

  1. We have the right to connect.
  2. We have the right to speak.
  3. We have the right to assemble and to act.
  4. Privacy is an ethic of knowing.
  5. Publicness is an ethic of sharing.
  6. Our institutions’ information should be public by default, secret by necessity.
  7. What is public is a public good.
  8. All bits are created equal.
  9. The Internet must stay open and distributed.


Mercoledì 23 giugno parteciperò ad uno stimolante evento organizzato dall’ANSO e dal CNR, dedicato alla “memoria da elefante” della Rete e alle conseguenze che ne conseguono. Riprendo dalla descrizione dell’evento:

Nella società dell’informazione e della conoscenza è necessario apprendere significato e implicazioni del diritto all’oblio, del diritto alla privacy o della reputazione online. Altrettanto utile è comprendere chi ha il compito di gestire tali complesse questioni e secondo quali regole, garantendo gli utenti.

La memoria lunga della Rete: privacy, reputazione e diritto all’oblio

L’apertura sarà affidata a Stefano Rodotà (Università La Sapienza di Roma). Poi ci saranno due tavole rotonde moderate da  Guido Scorza (Istituto per le Politiche dell’Innovazione).

Io parteciperò alla prima (“Democrazia e tutele in Internet”) insieme a: Anne-Sophie Bordry (Facebook), Nicola D’Angelo (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), Marco Di Maio (Associazione Nazionale Stampa Online), Domenico Laforenza (IIT CNR), Vittorio Zambardino (Giornalista e blogger).

La seconda tavola rotonda, “Difendere la Rete o difenderci dalla Rete”, vedrà partecipare Marilù Capparelli (Google), Giuseppe Corasaniti (Università di Roma Sapienza), Elisa Grande (Presidenza del Consiglio dei Ministri), Benedetto Liberati (Associazione Nazionale Stampa Online) Mauro Paissan (Garante per la Protezione dei Dati Personali).

L’evento si terrà nella Sala delle Conferenze di Piazza Monte Citorio 123/A a Roma a partire dalle ore 14. L’ingresso è libero. Preregistrazione online sul sito di ANSO.

Come spunto preparatorio dell’evento, segnalo il consueto stimolo visionario di Jeff Jarvis che propone un manifesto di principi e diritti delle persone legate ad internet. Per sua ammissione si tratta di un documento preliminare, ma alcuni punti mi sembrano già ben posti:

  1. We have the right to connect.
  2. We have the right to speak.
  3. We have the right to assemble and to act.
  4. Privacy is an ethic of knowing.
  5. Publicness is an ethic of sharing.
  6. Our institutions’ information should be public by default, secret by necessity.
  7. What is public is a public good.
  8. All bits are created equal.
  9. The Internet must stay open and distributed.


Martedì si è svolto l’incontro “Next Privacy: il futuro dei nostri dati nell’era digitale” per presentare l’omonimo libro curato dall’Istituto Italiano per la Privacy. C’erano due parlamentari del gruppo interparlamentare sull’argomento e anche lo stesso Francesco Pizzetti, Garante della Privacy (resoconto su 01net).

Nello spazio per le aziende, oltre ai responsabili dei rapporti istituzionali di Microsoft e Google e la co-founder della startup italo-americana Passpack, sono intervenuto brevemente anch’io. Nei dieci minuti ho cercato di dire alcune cose:

  • oltre a normare riguardo la privacy è fondamentale informare le persone in merito ad un uso responsabile e consapevole dei propri dati, specie quando ci riferiamo ai mezzi digitali
  • atteggiamenti di allarme massimo sulle violazioni della privacy tendono ad esagerare il problema, mentre nel contempo gli individui stanno sviluppando autonomamente delle capacità di auto-gestione
  • c’è comunque un cambiamento culturale rispetto a cosa significa un “dato personale”; ogni valutazione dovrebbe essere fatta seguendo le linee di pensiero dell’oggi e non quelle del passato
  • le aziende, piuttosto che partire alla ricerca di dati acquisiti in modo talvolta poco lecito, potrebbero invece iniziare ad ascoltare davvero le persone attraverso l’analisi delle discussioni sui social media che spesso dicono di più e meglio rispetto, ad esempio, a cercare cookies profile in qualche zona grigia del mercato

Una cosa che non ho detto per ragioni di tempo è che non penso ci si debba scandalizzare più di tanto se dopo il denaro e il tempo, anche i dati personali stanno diventando una delle unità di scambio economico. In fondo, da decenni lasciamo informazioni particolarmente sensibili ad istituzioni private (ad esempio le banche o le società che gestiscono carte di credito). Lo facciamo perché ci conviene e perché abbiamo fiducia che queste aziende (e i sistemi di controllo) ne inibiscano usi diversi da quelli leciti. Praticamente è la stessa cosa che facciamo quando lasciamo le nostre email a casa di aziende commerciali, fidandoci che i software che leggono e interpretano i nostri messaggi per mostrare pubblicità contestuale, non siano visti e utilizzati anche da umani. O no?