Archivio: “david weinberger”

Solito riepilogo dei libri letti negli ultimi mesi, che divido in due parti. Qui i primi quattro.

 Elogio del disordine di David WeinbergerParto con Elogio del disordine di David Weinberger, che è la versione italiana di Everything is miscellaneous uscito ormai più di tre anni fa e che avevo letto in versione originale. Lo trovo un libro fondamentale, tanto da divorare anche la versione italiana in pochi giorni. In pratica, un quadro completo su come contenuti e  informazioni sono e vanno gestite nell’era della digitalizzazione totale. Weinberger è razionale ma mai ovvio, aggiungendo qua e là un umorismo discreto ed elegante. Un libro che aiuta a mettere ordine nella comprensione dei nostri tempi i quali, rassegniamoci, saranno sempre più disordinati, almeno per quanto riguarda i contenuti e le informazioni.

Murketing. La rivoluzione del marketing ambiguoDi Rob Walker, un giornalista del The New York Times Magazine, ho letto Murketing, un buon libro che si avventura nella fluida evoluzione della relazione tra consumatori e brand. In un epoca di prodotti “abbastanza buoni” in cui la differenziazione tra loro è sempre più sfumata, non basta più puntare sul branding  costruito su basi valoriali artificiali o effimere. Occorre rivedere i fattori su cui si articolar la relazione col consumatore partendo da salienza e rilevanza, ossia dalla familiarità e dalla capacità di risultare (o essere percepito) come utile. Stimolante.

L'economia della conoscenza olte il capitalismo - Enrico GrazziniUn libro un po’ complicato ma interessante è L’economia della conoscenza oltre il capitalismo di Enrico Grazzini. Qui si descrive come, i cosiddetti “lavoratori della conoscenza”, stanno assumendo un ruolo strategico nel tessuto sociale ed economico.

A tratti un po’ utopistico sugli effetti dei cambiamenti descritti (almeno nel breve), il libro ben approfondisce molte delle situazioni che toccano le aziende, a partire dalla continua proliferazioni di ambienti collaboratovi tutti all’esterno delle organizzazioni (dai social network fino alle wiki), mentre la concorrenza – sia interna che esterna – ostacola ancora il potenziale collaborativo delle aziende e, più in generale, l’uso strategico della Rete.

Network effectA proposito di Rete, un bel libro multiautore è Network effect, curato da Lella Mazzoli dell’Università di Urbino “Carlo Bo”. L’argomento su cui vertono i brevi saggi degli autori, è il cambiamento che internet sta apportando alle nostre vite e ai nostri comportamenti. La parte di Giovanni Boccia Artieri (“SuperNetwork: quando le vite sono connesse”) vale da sola l’intero libro e riprende, tra l’altro, un concetto che ritengo fondamentale per la comunicazione in chiave di business, ossia il passaggio dall’idea di pubblico come audience a quella di pubblici connessi (networked publics).


Solito riepilogo dei libri letti negli ultimi mesi, che divido in due parti. Qui i primi quattro.

 Elogio del disordine di David WeinbergerParto con Elogio del disordine di David Weinberger, che è la versione italiana di Everything is miscellaneous uscito ormai più di tre anni fa e che avevo letto in versione originale. Lo trovo un libro fondamentale, tanto da divorare anche la versione italiana in pochi giorni. In pratica, un quadro completo su come contenuti e  informazioni sono e vanno gestite nell’era della digitalizzazione totale. Weinberger è razionale ma mai ovvio, aggiungendo qua e là un umorismo discreto ed elegante. Un libro che aiuta a mettere ordine nella comprensione dei nostri tempi i quali, rassegniamoci, saranno sempre più disordinati, almeno per quanto riguarda i contenuti e le informazioni.

Murketing. La rivoluzione del marketing ambiguoDi Rob Walker, un giornalista del The New York Times Magazine, ho letto Murketing, un buon libro che si avventura nella fluida evoluzione della relazione tra consumatori e brand. In un epoca di prodotti “abbastanza buoni” in cui la differenziazione tra loro è sempre più sfumata, non basta più puntare sul branding  costruito su basi valoriali artificiali o effimere. Occorre rivedere i fattori su cui si articolar la relazione col consumatore partendo da salienza e rilevanza, ossia dalla familiarità e dalla capacità di risultare (o essere percepito) come utile. Stimolante.

L'economia della conoscenza olte il capitalismo - Enrico GrazziniUn libro un po’ complicato ma interessante è L’economia della conoscenza oltre il capitalismo di Enrico Grazzini. Qui si descrive come, i cosiddetti “lavoratori della conoscenza”, stanno assumendo un ruolo strategico nel tessuto sociale ed economico.

A tratti un po’ utopistico sugli effetti dei cambiamenti descritti (almeno nel breve), il libro ben approfondisce molte delle situazioni che toccano le aziende, a partire dalla continua proliferazioni di ambienti collaboratovi tutti all’esterno delle organizzazioni (dai social network fino alle wiki), mentre la concorrenza – sia interna che esterna – ostacola ancora il potenziale collaborativo delle aziende e, più in generale, l’uso strategico della Rete.

Network effectA proposito di Rete, un bel libro multiautore è Network effect, curato da Lella Mazzoli dell’Università di Urbino “Carlo Bo”. L’argomento su cui vertono i brevi saggi degli autori, è il cambiamento che internet sta apportando alle nostre vite e ai nostri comportamenti. La parte di Giovanni Boccia Artieri (“SuperNetwork: quando le vite sono connesse”) vale da sola l’intero libro e riprende, tra l’altro, un concetto che ritengo fondamentale per la comunicazione in chiave di business, ossia il passaggio dall’idea di pubblico come audience a quella di pubblici connessi (networked publics).


Riemergo dai giorni post-IAB Forum, i quali, come di consueto, sono piuttosto intensi. Mi è sembrata un’edizione molto buona per i contenuti dei convegni istituzionali, mentre non sono riuscito a seguire neanche un workshop pomeridiano per cui aspetterò i feedback online e quelli che raccoglierà IAB.

Mauro Lupi - IAB Forum 2009 Intanto segnalo che già ci sono tutti gli atti online sul sito di IAB Forum, compresi i dieci minuti di apertura del sottoscritto in apertura del secondo giorno, in cui o fatto un breve riassunto dei temi della mattinata precedente.

Sono tanti gli spunti emersi. I dati presentati dallo speech di Layla Pavone e poi le testimonianze dei manager IAB internazionali (Randall Rothenberg di IAB US, Guy Phillipson di IAB UK e Alain Heureux di IAB Europe) non hanno potuto che confermare la rilevanza assoluta di internet nello scenario della comunicazione. Così come le varie tavole rotonde non hanno potuto che confermare la situazione stagnante che su questo fronte viviamo attualmente in Italia.

Per deformazione professionale (e anche un per un po’ di allergia alle logiche politiche), volevo bypassare il tema degli investimenti in ICT da parte delle istituzioni, e pescare invece un paio di chart dalla solita fucina di idee che arrivano da David Weinberger. Nel suo intervento, David ha semplicemente fotografato con lucida sintesi tanti dei discorsi che ci ritroviamo a fare su come le aziende debbano adattare struttura e marketing nell’era del Web 2.0. Ebbene, nelle due tavole qui sotto, riprendendo il classico “Market are Conversations” da Cluetrain Manifesto di cui fu coautore insieme a Doc Searls (nella foto), evidenzia non solo che “Not [all] Concersations are Markets” ma soprattutto che “Markets are also networks”. Evidenziando ciò, ha poi sottolineato come le aziende (rappresentate nel secondo grafico con il building in alto a sinistra), sono disallineate con i mercati sia per quanto riguarda la loro struttura (che tipicamente è piramidale e gerarchica), sia per ciò che concerne i propri interessi (che invece dovrebbero combaciare col network per potervi partecipare adeguatamente).

David Weinberger - IAB Forum 2009


Più di dieci anni fa qualcuno definì internet come la più grande biblioteca mai realizzata, in cui però qualcuno si è divertito a buttare giù tutti i libri dagli scaffali. L’affermazione continua a rappresentare abbastanza bene la Rete dei nostri giorni, considerando però che i concetti di “abbondanza” e “disordine” continuano ad amplificarsi. Riguardo alla quantità dei contenuti generati e disponibili online, è impressionante constatarne il trend esponenziale di crescita, dovuto anche al fatto che crescono gli autori, i formati, ed i canali di pubblicazione e distribuzione.

Mentre di fronte a questa dirompente cascata di nuovi contenuti non possiamo far altro che constatarne la portata, per quanto concerne il tema del “disordine” vanno indubbiamente registrati svariati strumenti che stanno evolvendosi per aiutare gli individui a gestire anche questa “biblioteca” in cui i libri non solo aumentano, ma sono sempre più sparpagliati.

Il tema del disordine digitale è da anni ben descritto e analizzato da David Weinberger, a partire dal suo libro Everything Is Miscellaneous. In un recente convegno a Venezia, ha suggerito di abbandonare il concetto di gerarchia e di fonti che offrono la risposta perfetta: meglio pensare ad una risposta “abbastanza buona”. Che poi è la chiave per plasmare il concetto di “trasparenza” che sulla Rete va a sostituire quello di “obiettività” dei media tradizionali.

Gianni Degli Antoni, in un articolo su Epolis, auspica una competenza per sopravvivere alla complessità del mondo d’oggi: “capire i nessi fra i frammenti che ci pervengono. La conoscenza sui nessi ci aiuterà a deframmentare ciò che i media frammentano”. Maurizio Goetz, ha ripreso il pensiero di Degli Antoni collegandolo all’interessante definizione dei “generalisti creativi”.

Il problema è che le competenze per districarsi in questa mole di informazioni e sollecitazioni, non le insegna nessuno e sono lasciate all’istinto, al buon senso o all’intuizione dei singoli. L’esperienza conta poco, anzi, il maggior disagio è in casa dei meno giovani semplicemente perché hanno più cose da disimparare.

L’unico modo per affrontare una situazione la quale, se giudicata con metriche del passato, possiamo tranquillamente definire “di perenne approssimazione”, è prenderne atto. Se oggi ci sorprendono le migliaia di commenti gergali sui social network, o il cambiamento pressoché costante dei risultati di ricerca di Google, oppure la facilità con la quale fenomeni “virali” nascono, esplodono e muoiono, ebbene possiamo solo rassegnarci al fatto che sono situazioni che potranno solo amplificarsi ulteriormente nel futuro.