Ci sono due modi di inquadrare un network online: uno che parte dall’infrastruttura, dalla tecnologia, dagli strumenti; l’altro che individua la rete di connessioni tra gli individui che ne fanno parte. Il primo dei due criteri per intendere un network ed internet in generale, ossia quello “tecnico”, è quello da cui secondo me derivano gran parte delle difficoltà di comprensione e di impiego della Rete da parte di ampie fasce della popolazione e di moltissimi manager e decisori aziendali. L’equivoco che internet sia semplicemente una tecnologia da utilizzare sta finalmente per essere superato, anche per merito di riflessioni e analisi come quelle che emergono da questo bel lavoro di Gianluigi Cogo e Simone Favaro i quali enfatizzano il ruolo centrale delle relazioni tra gli individui, ossia la vera anima di internet, compresa la sua accezione legata al business.

Magari un giorno, quando “l’internet delle cose” avrà connesso apparati e sensori di ogni tipo, ci si riferirà alle relazioni digitali comprendendo anche quelle tra le cose. Rimango però convinto che la componente relazionale tra gli individui è e continuerà ad essere l’elemento cardine ed imprescindibile di internet per cui, guardare alla Rete partendo dal Business Networking, serve a identificare la vera unità di misura dei nostri tempi: l’uomo ed i suoi valori, i suoi interessi, la sua attenzione.

Indubbiamente sono anche tempi complessi, in cui convivono svariati ecosistemi e nei quali ogni individuo partecipa ai network in modo dinamico e con ruoli che mutano in continuazione. Nel gergo del business, continuare a riferirsi a target e segmentazione appare sempre più limitativo, complice il fatto che ciascuna persona è potenzialmente in grado esprimere un “io” sempre più diversificato ed esclusivo, smontando di fatto buona parte delle tecniche di relazione e di comunicazione di massa utilizzate negli ultimi decenni.

Mettere al centro degli obietti e delle strategie il consumatore non può essere solamente un auspicio da virgolettare nell’annual report, ma la pratica di business per antonomasia che tipicamente richiede però di ripensare l’organizzazione. Per cui termini come “change management”, “social business” “digital transformation”, devono realmente rappresentare operazioni di rinnovamento convinto e perseguito con costanza; magari partendo dal ripensare i veri asset aziendali, domandandosi quali valori esprime davvero l’organizzazione verso gli stakeholder e solo successivamente verificando come si comunicano. Il periodo recessivo richiede inoltre una concretezza estrema, per cui il “posizionamento di mercato” nei giorni nostri non può limitarsi ad una enunciazione autoreferenziale in cui siamo tutti leader di mercato, ma deve esprimere un reale vantaggio competitivo che trasferisce al mercato valore e benefici tangibili.

Il punto è che in un mondo sempre più fitto di relazioni e messaggi (e conseguente rumore), raggiungere i propri destinatari a cui raccontare i plus dell’azienda, è un lavoro complesso che necessita di una strategia di lungo periodo. Non a caso si tende a parlare di “social business”, ossia di mercati che prima di far incontrare i prodotti ai bisogni degli individui, creano momenti di relazione che influiscono continuamente su tutti i momenti del moderno customer journey: dalla fase esplorativa a quella della maturazione della decisione d’acquisto; da quella inerente il supporto post-vendita a quella – sempre più cruciale – dell’esperienza d’uso raccontata online.

Il Business Networking scende in campo proprio per rendere permeabile l’azienda a tutti gli stakeholder e per presidiare i differenti punti di contatto col mondo esterno. Abituare l’organizzazione a sviluppare e gestire relazioni di business in rete, esalta il ruolo delle persone interne, ne accresce il senso di appartenenza ed aiuta ad abbattere i silos dipartimentali. Perché se da una parte appare evidente la consapevolezza con cui si valuta l’importanza del “social business”, non sembra altrettanto chiaro il concetto per cui qualsiasi organizzazione deve essere innanzitutto “social dentro” e quindi diffondere il business networking in primo luogo all’interno dell’azienda, facilitando le relative dinamiche collaborative.

Al momento di applicare la strategia di business networking all’esterno, il salto culturale sarà poi quello di concepire le relazioni professionali come qualcosa da conquistare sul campo ed alimentare nel tempo e non da comprare o forzare con trucchi comunicativi. E i contenuti saranno l’alleato perfetto per dare sostanza ai rapporti, pianificando piani editoriali fatti di informazioni utili, suggerimenti operativi, ma composti anche di materiale che rappresenti l’azienda attraverso le sue persone e le rispettive storie, competenze e passioni. Contenuti pensati e distribuiti con la logica del “dare prima di ricevere” ma non per soddisfare un ingenuo percorso buonista, quanto per conquistare il primo importante e complicato elemento: l’attenzione qualificata dei destinatari, possibilmente rinnovata continuamente.

Unendo quindi una cultura di business incentrata sulle relazioni ed una strategia che fa leva sulle persone e sui contenuti, il business networking potrà fornire una base solida e profittevole per il successo delle aziende moderne.

 

Mauro Lupi
Dicembre 2013

Prefazione al libro Business Networking di Ginaluigi Cogo e Simone Favaro