Archivio: “Web 2.0”

La ricerca sul Web 2.0 realizzata da McKinsey a livello internazionale è ormai giunta al suo terzo anno. Nell’intervistare i dirigenti di 1.700 aziende, sono stati analizzate separatamente tre tipologie di utilizzo degli strumenti Web 2.0: all’interno dell’organizzazione, per attività rivolte ai clienti, e per quelle dedicate ai partner e fornitori.

Tra le varie tavole del rapporto, segnalo quella che elenca le tecnologie Web 2.0 ed il loro grado di impiego. Le due barre mostrano la percentuale di utilizzo di ciascuno strumento distinguendo i casi in cui è anche stato verificato un risultato positivo misurabile. Blog, video sharing e social network (in questo ordine) sembrano essere quelli maggiormente performanti.

Web 2.0: McKinsey Global Survey Results


La ricerca sul Web 2.0 realizzata da McKinsey a livello internazionale è ormai giunta al suo terzo anno. Nell’intervistare i dirigenti di 1.700 aziende, sono stati analizzate separatamente tre tipologie di utilizzo degli strumenti Web 2.0: all’interno dell’organizzazione, per attività rivolte ai clienti, e per quelle dedicate ai partner e fornitori.

Tra le varie tavole del rapporto, segnalo quella che elenca le tecnologie Web 2.0 ed il loro grado di impiego. Le due barre mostrano la percentuale di utilizzo di ciascuno strumento distinguendo i casi in cui è anche stato verificato un risultato positivo misurabile. Blog, video sharing e social network (in questo ordine) sembrano essere quelli maggiormente performanti.

Web 2.0: McKinsey Global Survey Results


Ho notato che l’interessante tool di Forrester (Social Technographics Profile) è stato aggiornato con i dati relativi al 2009. Ricordo si tratta di un’indagine di mercato internazionale condotta da Forrester che analizza quantità e tipologia degli utenti dei social network.


Nel grafico di seguito, ho comparato i dati 2008/2009 relativi all’Italia: diminuiscono gli Inattivi (ora al 35%) mentre i Joiners sono triplicati. Da notare che le percentuali si riferiscono al totale della popolazione adulta. Le diverse categorie sono spiegate qui.


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Se poi volete giocare con altri profili sociodemografici o altre nazioni, potete farlo direttamente qui sotto.

Aggiornamento: proprio adesso ho visto che Josh Bernoff ha pubblicato sul blog di Forrester dei dettagli sui dati 2009 e delle tabelle comparative sugl anni precedenti.


La chiama “Listening economy” Tom Smith nella sue interessanti chart segnalate anche sul blog di IAB. Deriva dal fatto che la Rete, se è vero che permette ad un numero sempre più rilevante di individui di esprimere le proprie opinioni, genera di conseguenza un patrimonio informativo che è utilissimo osservare e analizzare. Peraltro in modo non invasivo.

Tom Smith, peraltro, mi pare di aver capito che lavorava in Universal McCann occupandosi della ricerca periodica Wave Social Media Tracker, giunta ormai alla quarta edizione che è appena stata pubblicata e che potete sfogliare qui sotto oppure scaricare (PDF).


La chiama “Listening economy” Tom Smith nella sue interessanti chart segnalate anche sul blog di IAB. Deriva dal fatto che la Rete, se è vero che permette ad un numero sempre più rilevante di individui di esprimere le proprie opinioni, genera di conseguenza un patrimonio informativo che è utilissimo osservare e analizzare. Peraltro in modo non invasivo.

Tom Smith, peraltro, mi pare di aver capito che lavorava in Universal McCann occupandosi della ricerca periodica Wave Social Media Tracker, giunta ormai alla quarta edizione che è appena stata pubblicata e che potete sfogliare qui sotto oppure scaricare (PDF).


Il grande inganno del Web 2.0 - Fabio Metitieri Sono decisamente in imbarazzo nello scrivere queste note perché, purtroppo, l’autore è scomparso recentemente proprio dopo aver pubblicato questo Il grande inganno del Web 2.0. Per di più, il fatto che mi trovi in quasi totale disaccordo con i concetti espressi, non mi facilità il compito. Avrei davvero tanto sperato nel poter sviluppare un contraddittorio con Metitieri il quale nel libro esplode il suo pensiero critico su blog e web 2.0, peraltro già ripetutamente esposto negli anni attraverso i suoi interventi su alcuni dei principali blog nostrani.

Ho comunque sempre osservato con attenzione le persone “fuori dal coro”: aiutano a sbirciare lì dove si presume non ci sia nulla, a porsi domande mai pensate prima. Magari, dopo un confronto del genere, ci si ritrova a pensarla esattamente come prima, ma i “bastian contrario” sono una manna per stimolare la riflessione. E questo è il primo merito di questo libro che, a parer mio, ne colleziona pure un altro, di cui ne parlerò più avanti. Ora passo alle mie di critiche.

I limiti dell’intero Metitieri-pensiero sono di voler generalizzare su alcune categorie di persone a cui lui attribuisce i peggiori mali del mondo internet, in primis quel gruppo di blogger popolari che proprio non sopporta (i VIB, very important blogger). Si tratta di un’impostazione che i fatti stanno dimostrando evidentemente inesatta, sia perché la fluidità della Rete fa nascere e morire star digitali nello spazio di pochi mesi e chi rimane alla ribalta è solo perché continua a guadagnarsi credito. Sia perché l’individualismo dei blogger tanto odiato da Metitieri, specie quando confrontato con i professionisti della comunicazione, non è rappresentativo di un gruppo omogeneo, ma di una serie di persone che semplicemente generano contenuti in un modo inedito almeno rispetto a qualche anno fa.

Ed è proprio l’attaccamento forzato a vecchie regole di analisi, l’altro punto di partenza del libro che non condivido affatto. In pratica si cerca di tradurre un mondo della comunicazione che vive mille stravolgimenti da diversi anni, con logiche evidentemente superate, a partire dai criteri di gestione e classificazione delle biblioteche che facevano parte del bagaglio professionale di Metitieri. Su questo argomento specifico mi sarebbe davvero piaciuto un confronto: anch’io venti anni fa circa mi sono occupato di biblioteche, sviluppando programmi per PC, ed oggi non posso che ammettere che è inutile e forviante rimanere su quei paradigmi e su quelle metriche per analizzare l’oggi.

Alla fine il libro prende troppo sul serio un gruppo di persone salite alla ribalta in modalità e tempi che Metitieri trova inopportuni. Capisco che costatare un impoverimento dei contenuti digitali possa infastidire un professionista della comunicazione, ma è il classico errore che fanno gli immigrati digitali, abituati a scegliere tra un numero limitato di fonti, mentre in Rete il lavoro è esattamente il contrario e cioè selezionare i contenuti filtrando il rumore, la cui esistenza è il prezzo da pagare per accedere all’abbondanza di materiale disponibile.

Quello che invece sposo sicuramente è il richiamo alla necessità di diffondere una una computer literacy e di una information literacy, ossia la divulgazione di informazioni, modalità operative e best practice per sapersi districare nella miriade di nuove tecnologie con cui accedere alla montagna di contenuti digitali. L’importante è farlo in maniera attualizzata e non con l’orologio fermo a venti anni fa.


Ormai non si riesce più a definire cos’è un brand. Per anni si è detto (e si è studiato) che una marca è la somma dei valori associati ad un prodotto e interi reparti delle aziende sono impegnati quotidianamente (e con grandi risorse) su tutto quello che ruota attorno al branding: comunicazione, pubblicità, brand protection e così via.

Da qualche tempo ci si interroga invece su quanto i singoli individui (e quindi i destinatari, gli acquirenti e i fruitori delle marche), stiano prendendo possesso dei brand. Non solo li scelgono con maggiore consapevolezza, ma ne plasmano i significati (talvolta aggiungendo valore) insieme ad altre persone come loro.

Sta poi avvenendo un’altra cosa: i brand non sono più solo rappresentati da logotipi e altri elementi intangibili supportati da massicce campagne di comunicazione, ma attraverso le persone delle aziende proprietarie dei rispettivi brand. Questo trasforma la relazione che già si è fatta da tempo multi-touch point, ad una situazione “molti a molti”, in cui non sono occorre seguire i consumatori su mille canali e device, ma poi ci si relaziona direttamente con loro mediante molteplici soggetti aziendali. E se qualche dirigente inizia a “metterci la faccia”, peraltro in modo prudente e circoscritto, servono nuove membrane tra le imprese ed il mondo esterno, persone che siano in grado di rappresentare le organizzazioni in ambienti nuovi come, ad esempio, i social network e le community online.

C’è chi ha iniziato a osare,a sperimentare, a capire. Si possono seguire dei riferimenti ma non c’è una scuola o dei manualetti che ti spiegano come fare. Serve il feeling con le comunità, con i tool, con le nuove consuetudini delle relazioni via internet. Alcune aziende sono spaventate, temono che succeda un pandemonio a lasciare parte del controllo a singoli individui (seppur collaboratori interni). Puntualmente, si scopre invece che la relazione tra individui è quella che preferiamo, anche quando abbiamo a che fare con persone con un cappello aziendale, ma che rappresentano l’azienda con una faccia e non da dietro a un asettico brand. Questa divertente discussione su Friendfeed di qualche giorno fa, fotografa bene la situazione.


IAB Italia ha recepito e tradotto un bel documento elaborato da IAB US che definisce le metriche per i social media. Pur trattandosi di un argomento relativamente nuovo e quindi ancora tutto da definire, questo documento è una buona base di partenza.

Sul sito IAB si può scaricare direttamente il PDF.


Sta succedendo. Internet collega persone e cose da oltre 15 anni, ma ormai non è più solo comunicazione: è un flusso continuo di dati e informazioni. È un contenitore di materiale vivo, che si trasforma, che si adatta e che modifica il suo stesso contenitore. Twit, feed, stream, post: atomi di contenuti incrociati senza governo.

Prendo nota di qualche punto di luce, recente o meno, in questo magma di segnali sparsi tipici dei nostri tempi liquidi:

  • “Streams vs. pages” sottolinea il lungo articolo di John Borthwick (via Stefano Quintarelli): media chiaramente non finiti, in costante evoluzione.
  • “Epoca della sovrascrittura”, come la definì Gianluca Nicoletti in un convegno lo scorso anno, in cui i contenuti si sovrappongono l’un l’altro, fino a sviluppare mashup che si appropriano del concetto di arte (citofonare Maurizio Goetz che ne è un collezionista; l’ultimo? Beat it + Viva la Vida).
  • Sarà poi il turno di Google Wave: quando sarà disponibile, probabilmente contribuirà a scrivere la nuova geografia del real-time, come giustamente sottolinea Alberto D’Ottavi.
  • E le aziende? Beh, possono prendere spunto dalla strategia Foreverism, sintetizzata nel consueto accattivante modo dai consulenti di Trendwatching, sapendo comunque che non basta un account Twitter per entrare nell’era dei touch-point di nuova generazione.

Già nel 2003 Joe Ito riprendeva dal libro Beyond Culture (scritto nel


Io continuo a credere al valore strategico dei blog aziendali. Inizio così un articolo che, come usa scrivere Massimo, era novo ieri, ossia è uscito ieri su Nòva, l’allegato de IlSole24Ore.

Nell’articolo sottolineo come un blog sia una delle migliori palestre per allenare le (persone delle) aziende alla relazione con gli individui (e non con i target), alla conversazione, all’uso intelligente e adeguato dei social media. Certo, non basta un blog per far trasformare un’azienda (il titolo del pezzo è proprio “Se bastasse un blog”), ma può essere un ottimo punto di partenza.

Buona lettura!


Social Media Marketing Industry Report (PDF)Niente male questo Social Media Marketing Industry Report. Si tratta di un’indagine online rivolta a capire come vengono utilizzati i social media da parte di di si occupa di marketing in azienda. Degli 880 rispondenti, il 70% è composta da aziende di piccole dimensioni e, seppur il panel mi sembra essere totalmente nord-americano, sono diverse le indicazioni che paiono interessanti.

Le principali domande a cui i marketer vorrebbero una risposta sono:

  • Quali sono le migliori tattiche da usare?
  • Come si misura l’efficacia dei social media?
  • Da dove si parte?

Questa lista è abbastanza simile a quanto verifico tutti i giorni e conferma, ahimè, un approccio prevalentemente tattico (“come fare” piuttosto che uno che parte da obiettivi e strategia).

Interessante il fatto che il 64% dei partecipanti dedica ai social media oltre 5 ore la settimana, mentre il 39% più di 10 ore. Il primo beneficio apportato dai social media risulta essere la visibilità per il proprio business (81%), seguito dall’incremento del traffico online e degli iscritti (61%). Di rilievo anche lo sviluppo di partnership (56%) e l’incremento dei posizionamenti sui motori di ricerca (52%).image


Solito post cumulativo degli ultimi libri letti (visto che ho dato forfait sul blog da un paio di settimane, facciamo che questo post relativo a quattro libri vale il doppio, ok? )

Wikinomics 2.0 - Don Tapscott, Anthony D. Williams Inizierei da Wikinomics 2.0 di Don Tapscott e Anthony D. Williams. Lessi velocemente il libro in inglese appena uscito nel 2006 mentre questa è la versione in italiano, aggiornata nella prefazione e integrata con un nuovo capitolo “critico”. Si tratta di un lavoro che approfondisce gli aspetti della collaborazione di massa, in particolare utilizzando la Rete per lo sviluppo di contenuti “dal basso”. Indubbiamente è un testo di riferimento sull’argomento, anche se vede tutto il mondo in ottica wiki e talvolta pare decisamente poco concreto, pur con l’aggiunta del capitolo che recepisce alcune delle obiezioni ai temi degli user generated content.

Creativita per l'innovazione - Gianni Clocciatti Su Creatività per l’innovazione di Gianni Clocciatti ho trovato molti elementi interessanti. Sicuramente è un testo utile per chi si interessa di creatività in genere perché traccia un panorama completo delle principali tecniche e scuole di pensiero, talvolta anche in contrasto tra loro. Io ho apprezzato la trattazione giustamente sintetica di molteplici tecniche per lo sviluppo della creatività, tutte orientate o comunque declinabili al mondo delle aziende e dell’innovazione in particolare. Semmai la difficoltà è riuscire a valorizzare la creatività in un contesto di mercato che valuta poco le idee… ma questo non è certo il compito di un libro!

Tecniche di Web Marketing - Andrea Boscaro, Riccardo Porta Andrea Boscaro e Riccardo Porta hanno fatto un bel lavoro con Tecniche di Web Marketing, riuscendo nel difficile compito di mettere ordine nell’articolato mondo della comunicazione su internet. Il linguaggio è chiaro e diretto, così come l’analisi di tutti i principali aspetti del web marketing. Ovviamente il testo non va ad approfondire analiticamente i singoli strumenti (occorrerebbe un volume almeno 10 volte più ampio), ma è un testo perfetto per chi vuole avere un quadro generale con tutte le informazioni principali a supporto. Unico neo… beh, c’è anche un’intervista al sottoscritto…

La nuova comunicazione interna - Paolo Artuso, Giacomo Mason Un argomento che spesso trascuro e che invece inizio ad incrociare sempre più spesso, anche per merito di clienti con i quali collaboriamo, è quello della comunicazione interna. Per cui ho apprezzato parecchio La nuova comunicazione interna di Paolo Artuso e Giacomo Mason. Di fatto il libro testimonia il cambiamento nelle relazioni all’interno delle organizzazioni che poi è frutto anche dell’evoluzione dei rapporti interpersonali per via delle nuove tecnologie. Quindi se le persone si rapportano ad altri (per business o meno) attraverso i social network, si aspettano qualcosa di simile anche all’interno delle proprie aziende. E quello che veniva identificato come marketing interno, fatto spesso di messaggi autoreferenziali e top-down, deve lasciare il passo a modalità comunicative più trasparenti che riescano a mettere in evidenza le individualità migliori non strettamente legate alla gerarchia.


Solito post cumulativo degli ultimi libri letti (visto che ho dato forfait sul blog da un paio di settimane, facciamo che questo post relativo a quattro libri vale il doppio, ok? )

Wikinomics 2.0 - Don Tapscott, Anthony D. Williams Inizierei da Wikinomics 2.0 di Don Tapscott e Anthony D. Williams. Lessi velocemente il libro in inglese appena uscito nel 2006 mentre questa è la versione in italiano, aggiornata nella prefazione e integrata con un nuovo capitolo “critico”. Si tratta di un lavoro che approfondisce gli aspetti della collaborazione di massa, in particolare utilizzando la Rete per lo sviluppo di contenuti “dal basso”. Indubbiamente è un testo di riferimento sull’argomento, anche se vede tutto il mondo in ottica wiki e talvolta pare decisamente poco concreto, pur con l’aggiunta del capitolo che recepisce alcune delle obiezioni ai temi degli user generated content.

Creativita per l'innovazione - Gianni Clocciatti Su Creatività per l’innovazione di Gianni Clocciatti ho trovato molti elementi interessanti. Sicuramente è un testo utile per chi si interessa di creatività in genere perché traccia un panorama completo delle principali tecniche e scuole di pensiero, talvolta anche in contrasto tra loro. Io ho apprezzato la trattazione giustamente sintetica di molteplici tecniche per lo sviluppo della creatività, tutte orientate o comunque declinabili al mondo delle aziende e dell’innovazione in particolare. Semmai la difficoltà è riuscire a valorizzare la creatività in un contesto di mercato che valuta poco le idee… ma questo non è certo il compito di un libro!

Tecniche di Web Marketing - Andrea Boscaro, Riccardo Porta Andrea Boscaro e Riccardo Porta hanno fatto un bel lavoro con Tecniche di Web Marketing, riuscendo nel difficile compito di mettere ordine nell’articolato mondo della comunicazione su internet. Il linguaggio è chiaro e diretto, così come l’analisi di tutti i principali aspetti del web marketing. Ovviamente il testo non va ad approfondire analiticamente i singoli strumenti (occorrerebbe un volume almeno 10 volte più ampio), ma è un testo perfetto per chi vuole avere un quadro generale con tutte le informazioni principali a supporto. Unico neo… beh, c’è anche un’intervista al sottoscritto…

La nuova comunicazione interna - Paolo Artuso, Giacomo Mason Un argomento che spesso trascuro e che invece inizio ad incrociare sempre più spesso, anche per merito di clienti con i quali collaboriamo, è quello della comunicazione interna. Per cui ho apprezzato parecchio La nuova comunicazione interna di Paolo Artuso e Giacomo Mason. Di fatto il libro testimonia il cambiamento nelle relazioni all’interno delle organizzazioni che poi è frutto anche dell’evoluzione dei rapporti interpersonali per via delle nuove tecnologie. Quindi se le persone si rapportano ad altri (per business o meno) attraverso i social network, si aspettano qualcosa di simile anche all’interno delle proprie aziende. E quello che veniva identificato come marketing interno, fatto spesso di messaggi autoreferenziali e top-down, deve lasciare il passo a modalità comunicative più trasparenti che riescano a mettere in evidenza le individualità migliori non strettamente legate alla gerarchia.


Da un comunicato stampa distribuito dai sempre professionali PRWeb, apprendo del progetto IdeasProject, un sito orientato a raccogliere i pensieri di alcune delle menti più in vista dei nostri tempi, ma aperto ai contribuiti di chiunque.

E così accanto a una Esther Dyson sempre sulla breccia, c’è Yochai Benkler (autore del bellissimo La ricchezza della Rete), gli immancabili Chris Anderson e Loic Le Meur, e diversi altri personaggi molto interessanti.

Un progetto da seguire.


Ho avuto il privilegio ed il piacere di collaborare all’impostazione di un executive master allo IULM dal titolo “Social media marketing & web communication. La comunicazione aziendale nel Web 2.0”.

Mi sembra uno dei primi corsi sull’argomento organizzati da una università che sia pensato per chi è già in azienda o comunque ha bisogno di contenuti operativi e casi concreti.

Seppure questo sia uno di quei momenti economici dove la formazione viene spesso sacrificata rispetto ad altre attività, questo master mi sembra un’ottima soluzione per quelle aziende che capiscono l’importanza di aggiornare il loro personale sui temi del social marketing e del web 2.0.

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Ho avuto il privilegio ed il piacere di collaborare all’impostazione di un executive master allo IULM dal titolo “Social media marketing & web communication. La comunicazione aziendale nel Web 2.0”.

Mi sembra uno dei primi corsi sull’argomento organizzati da una università che sia pensato per chi è già in azienda o comunque ha bisogno di contenuti operativi e casi concreti.

Seppure questo sia uno di quei momenti economici dove la formazione viene spesso sacrificata rispetto ad altre attività, questo master mi sembra un’ottima soluzione per quelle aziende che capiscono l’importanza di aggiornare il loro personale sui temi del social marketing e del web 2.0.

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Bella soddisfazione per SEMPO, l’associazione di aziende e professionisti del search marketing (di cui sono stato nel board per qualche anno) essere chiamata ad aprire le contrattazione al Nasdaq il prossimo primo dicembre. Sull’area Facebook di SEMPO ci sono tutti i dettagli.

Una cosa che trovo curiosa: nella pagina del Nasdaq in cui si presenta il momento dell’Opening Bell, c’è attualmente una foto con Jerry Yang e Terry Semel, ex capi di Yahoo! Non ne potevano scegliere un’altra? :)

A proposito di SEMPO, segnalo che la prossima settimana durante l’ExpoComm alla Nuova Fiera di Roma, verrà tenuta uno specifico workshop sul search marketing.

E visto che si parla di ExpoComm, segnalo che anche che parteciperò alla sessione “Web 2.0 e opportunità delle reti di nuove generazione: binomio vincente per il business?” che si terrà mercoledì 3 dicembre dalle ore 12:30 alle14:30 nella  sala Domizia. Se passate, fate un fischio :)

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Si chiama Tam Tamy e sarà un giorno online dedicato alle prospettive di innovazione Web 2.0 in tempi di crisi e su come la tecnologia possa supportare le aziende in termini di produttività, sviluppo del business e contenimento dei costi.

Quando? Domani, 27 novembre al TamTamyDay.

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Periodo di ritmi intensi e di priorità che scalciano guadagnarsi un posto in cima alla lista. Così alcuni dei libri che ho letto più o meno velocemente in questi ultimi mesi, dovranno condividere una recensione sintetica in questo unico post anziché averne uno per ciascuno.

Il mestiere di scrivere - Luisa Carrada Il mestiere di scrivere di Luisa Carrada. Piacevole e elegante, il libro di Luisa conferma lo stile e l’esperienza dimostrata da tanti anni sul campo anche mediante il suo sito e il suo blog. Imperdibile per chi vuole avere un quadro complessivo su forma e contenuti nell’epoca della comunicazione digitale. Davvero onoratissimo di essere citato in un paio di occasioni: grazie!

Get Content. Get Customers - Newt Barrett, Joe Pulizzi Get Content. Get Customers di Newt Barrett e Joe Pulizzi. Da quando ho iniziato ad interessarmi ai contenuti generati dalle aziende, ho potuto verificare che anche in terra d’America si sta sviluppando una linea di pensiero sul tema del content marketing. Questo è uno dei libri sull’argomento piuttosto ben fatto. Oltre la metà del testo raccoglie dei casi aziendali, diversi per tipo di progetto e segmento di mercato.

Community management - Emanuele Scotti, Rosario Sica Community management di Emanuele Scotti e Rosario Sica. Dice un po’ tutto il sottotitolo: “Processi informali, social networking e tecnologie Web 2.0 per la gestione della conoscenza nelle organizzazioni”. Dedicato a vuole avere una visione abbastanza pragmatica del “2.0” da un ottica interna alle organizzazioni, attraverso l’esperienza delle comunità di pratica.

Noi è meglio - Barry Libert, Jon Spector Noi è meglio di Barry Libert e Jon Spector. Inno alla collaborazione, alla mutualità, al networking, tutti elementi resi possibili dalle più recenti applicazioni in Rete. In verità il libro non mi ha entusiasmato, forse perché ruota eccessivamente attorno ad uno stesso concetto, seppur rilevante. Dalle numerose case history escono comunque idee e spunti di un certo interesse.

Email marketing, Roberto GhislandiEmail marketing di Roberto Ghislandi. Tutto quello che avreste voluto sapere sull’email marketing e che se anche aveste osato chiedere, pochi avrebbero risposto in questo modo. Si tratta di un libro completo e ricco di esempi che copre tutti i principali aspetti della comunicazione via posta elettronica. Un libro che in Italia mancava.

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L’attenzione su Facebook in questi giorni è altissima. Io lo utilizzo  professionalmente per cui tendo a tralasciare le storie di gossip e cronaca, mentre ne seguo attentamente i modelli economici. Leggo su DailyNet di oggi un’affermazione di Ted McConnell, a capo del marketing di Procter & Gamble, che mi lascia perplesso:

Non capisco perché continuiamo a definire Facebook un consumer generated media. I consumatori non avevano intenzione di creare un media, ma semplicemente di parlare tra loro

McConnell afferma pure che le aziende non dovrebbero fare pubblicità su Facebook e che “i social network non hanno il diritto di guadagnare dalle conversazioni tra gli utenti”.

Non sono assolutamente d’accordo: credo che la maggior parte degli utenti della Rete abbiamo ormai dato per assodato che quello è il prezzo da pagare per avere servizi gratuiti. Altrimenti dovremmo scordarci le email online e gli instant messenger, anche questi strumenti di conversazione tra gli utenti. Quale sarebbe l’alternativa? Fare pagare l’uso dei social network? Creare una Facebook Onlus? Ma dai…

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In questo periodo di recessione, è normale che anche il nanopublishing (ossia gli editori online che si basano su blog) accusi qualche colpo (come segnalava anche Alessio). Però c’è anche chi cresce e si evolve. Sto parlando di MasterNewMedia, il progetto di Robin Good di cui avevo segnalato qualche tempo la nuova strategia editoriale.

Ebbene, è di qualche minuto fa l’annuncio che MasterNewMedia è entrato nel network pubblicitario Federated Media, ossia il gruppo di John Battelle che raccoglie oltre 150 blog tra i più popolari al mondo. Quello di Robin è il secondo blog europeo ad entrare nel network e va ad affiancarsi, tra gli altri, a TechCrunch, Digg e Search Engine Land. Complimenti!

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BlendTec - Will it blend? Storia e dettagli di una delle più profittevoli case history nel settore dei contenuti generati dalle aziende, ossia quella della BlendTec, un produttore di frullatori che con i suoi divertenti video della serie “Will it blend?” ha moltiplicato il fatturato del 700% (esatto, sette volte).

Nell’articolo, interessante l’elenco dei rischi di campagne di questo tipo che inizia così: “The biggest risk is to not do it

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BlendTec - Will it blend? Storia e dettagli di una delle più profittevoli case history nel settore dei contenuti generati dalle aziende, ossia quella della BlendTec, un produttore di frullatori che con i suoi divertenti video della serie “Will it blend?” ha moltiplicato il fatturato del 700% (esatto, sette volte).

Nell’articolo, interessante l’elenco dei rischi di campagne di questo tipo che inizia così: “The biggest risk is to not do it

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Oltre ad un video-estratto disponibile sul blog di IAB, ho anche messo online le slide presentate oggi al workshop sul content marketing. Di seguito li trovate entrambi. Prossimamente altri approfondimenti. Adesso, dopo due giorni mooolto intensi, mi prendo qualche ora di risposo.

Enjoy :)

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Oltre ad un video-estratto disponibile sul blog di IAB, ho anche messo online le slide presentate oggi al workshop sul content marketing. Di seguito li trovate entrambi. Prossimamente altri approfondimenti. Adesso, dopo due giorni mooolto intensi, mi prendo qualche ora di risposo.

Enjoy :)

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