Archivio: “Numeri”

Sulla rivista cartacea del SES c’è un’intervista a John Gerzema, Chief Insights Officer di Young & Rubicam Group, il quale cita una non meglio specificata survey riguardo ai brand che ha coinvolto 2.500 aziende. Ebbene, ecco qualche numero:

  • La brand awareness diminuisce del 20%
  • La stima per i brand cala del 12%
  • La percezione della brand equity scende del 24%
  • Crolla del 50% la fiducia nei brand

Urgh!


Social Media Marketing Industry Report (PDF)Niente male questo Social Media Marketing Industry Report. Si tratta di un’indagine online rivolta a capire come vengono utilizzati i social media da parte di di si occupa di marketing in azienda. Degli 880 rispondenti, il 70% è composta da aziende di piccole dimensioni e, seppur il panel mi sembra essere totalmente nord-americano, sono diverse le indicazioni che paiono interessanti.

Le principali domande a cui i marketer vorrebbero una risposta sono:

  • Quali sono le migliori tattiche da usare?
  • Come si misura l’efficacia dei social media?
  • Da dove si parte?

Questa lista è abbastanza simile a quanto verifico tutti i giorni e conferma, ahimè, un approccio prevalentemente tattico (“come fare” piuttosto che uno che parte da obiettivi e strategia).

Interessante il fatto che il 64% dei partecipanti dedica ai social media oltre 5 ore la settimana, mentre il 39% più di 10 ore. Il primo beneficio apportato dai social media risulta essere la visibilità per il proprio business (81%), seguito dall’incremento del traffico online e degli iscritti (61%). Di rilievo anche lo sviluppo di partnership (56%) e l’incremento dei posizionamenti sui motori di ricerca (52%).image


È stato pubblicato ad ottobre questo video chiamato “Did you know?”. Ci sono numeri più o meno noti ma in generale sempre sorprendenti. Lo conoscevate?


MediaPost segnala l’edizione 2009 di “Search Marketing Trends”, il periodico report monografico realizzato da eMarketer, che evidenzia (e in gran parte conferma) dati molto interessanti sugli investimenti in visibilità e pubblicità sui motori di ricerca, seppur riferiti al mercato nord americano.

Le tabelle complessive (che riporto più avanti) fotografano bene la situazione:

  • I servizi SEO aumenteranno più del Paid search (tra 4 anni potrebbero crescere ad un ritmo doppio)
  • La quota destinata al SEO passerà dal 13% al 16% del totale del budget di search marketing

Naturalmente un’indagine che oggi cerca di stimare cosa succederà nei prossimi cinque anni va presa con le molle. Però è un dato che mi sento di condividere, nella misura in cui la valorizzazione dei contenuti digitali prodotti dalle aziende (sia quelli inerenti al sito o diffusi altrove) diventa sempre di più rilevante ed efficace.

I numeri confermano peraltro l’indicazione che spesso ci sentiamo di dare alle aziende in merito alla distribuzione del budget pubblicitario sui diversi canali e strumenti di comunicazione, per cui porre il SEO al 10-15% del totale destinato al search è un parametro normalmente adeguato.

Il vero problema è la percentuale assegnata ad internet rispetto al totale degli investimenti pubblicitari e alzare quel fatidico 5-6% a cifre doppie o triple come avviene in quasi tutta Europa.

Search marketing spending growth

Search marketing spending by type


BlendTec - Will it blend? Storia e dettagli di una delle più profittevoli case history nel settore dei contenuti generati dalle aziende, ossia quella della BlendTec, un produttore di frullatori che con i suoi divertenti video della serie “Will it blend?” ha moltiplicato il fatturato del 700% (esatto, sette volte).

Nell’articolo, interessante l’elenco dei rischi di campagne di questo tipo che inizia così: “The biggest risk is to not do it

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BlendTec - Will it blend? Storia e dettagli di una delle più profittevoli case history nel settore dei contenuti generati dalle aziende, ossia quella della BlendTec, un produttore di frullatori che con i suoi divertenti video della serie “Will it blend?” ha moltiplicato il fatturato del 700% (esatto, sette volte).

Nell’articolo, interessante l’elenco dei rischi di campagne di questo tipo che inizia così: “The biggest risk is to not do it

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Normalmente non segnalo ricerche che riguardano solo gli Stati Uniti perché non sempre sono significative rispetto al mercato europeo e quello italiano in particolare. Però su ReadWriteWeb ho trovato un post sull’influenza dei social media che riposta alcuni link interessanti:

Su questo post ho anche scoperto l’applicazione Pdfmenot, un visualizzatore online di file PDF ma soprattutto che permette di inserire (embeddare in gergo) questo visualizzatore in un proprio sito.

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Oggi ho fatto un salto alla presentazione del 3


Dopo qualche giorno di vacanza, riprendo lentamente le redini del blog. Inizio con un post “speculativo”, nel senso che mentre stavo per scrivere un commento all’analisi sull’utilizzo dei social network nel mondo fatta da Royal Pingdom, mi accorgo che ci ha già pensato Luca De Biase a descriverla, aggiungendo peraltro un’acuta riflessione:

E’ infatti logico che un sistema di comunicazione si integri nelle reti sociali esistenti che, prevalentemente, sono ancora molto definite dalla geografia e dalla vicinanza fisica. In questo senso, la rete non è dunque necessariamente la tanto paventata riduzione delle relazioni fisiche. Anzi, in un certo senso, le facilita.

L’analisi è stata realizzata utilizzando Google Insights for Search. Di seguito riporto il grafico che riguarda Linkedin.

Royal Pingdom - Linkedin popularity

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Santi giornalisti! Io capisco l’efficacia di fare un po’ di sconquasso però l’intervista che ho rilasciato a Pubblicità Italia va precisata meglio. Il tema è la misurabilità di internet e, tra i discorsi sul campo, c’è quello su Audiweb

Rispondendo alla domanda “Ma Audiweb farà aumentare gli investimenti online?” mi sono sentito di rispondere provocatoriamente che in teoria non dovrebbe essere Audiweb a rilanciare gli investimenti e se succede è solo per miopia degli investitori o di chi li assiste perché hanno bisogno di rassicurazioni formali mentre già oggi la Rete è stra-misurabile per lungo e largo.

Quindi ben venga Audiweb (e come fatto a più riprese, confermo la validità e anche l’innovazione con cui stanno procedendo Gasperini, Iannicelli & Co.), ma sono stanco di vedere attribuita a questa ricerca la veste di spartiacque decisivo nello shift verso il digitale. O meglio, come l’ho definito nell’intervista, sarebbe una bestemmia professionale il fatto che si stia aspettato Audiweb per prendere decisioni strategiche, senza badare invece alle tonnellate di dati quotidiani che indicano la strada già da anni. Insomma, basta alimentare l’alibi Audiweb anche perché, siccome la perfezione non è cosa umana, sono sicuro che anche su questa ricerca ci troveranno da ridire.

Per come la vedo io, non mi sento più di dimostrare quanto internet sia misurabile, ma semplicemente evidenzio quanto lo sia decisamente meno l’altro 94% dei soldi spesi in pubblicità. Intanto mercoledì prossimo ci sarà un’intero seminario dedicato alla misurabilità dei mezzi interattivi organizzato da IAB. Ci vediamo lì.

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Partiamo dall’evento più vicino: il prossimo 8 luglio a Roma si terrà l’incontro Private Equity: innovazione e competitività. In occasione della presentazione della quarta edizione del libro di Anna Gervasoni e Fabio L. Sattin “Private Equity e Venture Capital: Manuale di investimento nel capitale a rischio”, BAIA insieme a Competere ospitano un convegno dove gli Autori si confronteranno con esponenti del mondo politico ed accademico italiano.

Il 16 luglio ma questa volta a Milano andra di scena “La misurabilità dei media digitali interattivi: parola ai numeri”, un seminario organizzato da IAB Italia che si terrà presso la sede de IlSol24Ore in via Monte Rosa 91. Il programma dettagliato sarà diffuso nei prossimi giorni.

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Qui la tabella con i consuntivi 2006/2007 e le previsioni per il 2008 del fatturato della pubblicità onlne in Italia, elaborati da IAB Italia.

Pubblicità online in Italia - 2006-2008, IAB Italia

Sul sito IAB il comunicato stampa.

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Qui la tabella con i consuntivi 2006/2007 e le previsioni per il 2008 del fatturato della pubblicità onlne in Italia, elaborati da IAB Italia.

Pubblicità online in Italia - 2006-2008, IAB Italia

Sul sito IAB il comunicato stampa.

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Qualche ulteriore dettaglio sull’analisi dei fatturati pubblicitari online in Europa nel 2007, elaborati da IAB Europe di ci avevo già accennato qualcosa.

  • Il paid search vale in media il 46% del totale speso online (ossia 5 mld di Euro su un totale di 11,2), ma il 43% di tutta la spesa in pubblicità sui motori di ricerca in Europa è assorbito dal Regno Unito (dove pesa il 57% circa del totale).
  • L’Italia è il quinto paese per spesa pubblcitaria online (figura 1).
  • La crescita del del mercato 2007 vs. 2006 è stata del 40% circa in tutte le nazioni tranne che in Grecia (+91%) e Spagna (+55%).
  • Interessante il raffonto tra le categorie degli inserzionisti in dispaly advertising (figura 2) in cui ci sono parecchie differenze tra le nazioni.

The largest online spending countries - IAB Europe

Industry categories across display advertising - IAB Europe 2007

Avevo anche promesso un approfondimento sulla metodologia usata per elaborare i dati. La premessa è che ogni paese usa criteri diversi, per cui il lavoro fatto da IAB Europe è stato quello di normalizzare i valori su parametri omogenei. Chiaramente alcuni di questi parametri sono stati impostati in modo arbitrario, seppur condivisi tra i diversi player. Credo che il risultato sia abbastanza attendibile e che i dati “macro” siano rilevati in maniera adeguata.

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Qualche ulteriore dettaglio sull’analisi dei fatturati pubblicitari online in Europa nel 2007, elaborati da IAB Europe di ci avevo già accennato qualcosa.

  • Il paid search vale in media il 46% del totale speso online (ossia 5 mld di Euro su un totale di 11,2), ma il 43% di tutta la spesa in pubblicità sui motori di ricerca in Europa è assorbito dal Regno Unito (dove pesa il 57% circa del totale).
  • L’Italia è il quinto paese per spesa pubblcitaria online (figura 1).
  • La crescita del del mercato 2007 vs. 2006 è stata del 40% circa in tutte le nazioni tranne che in Grecia (+91%) e Spagna (+55%).
  • Interessante il raffonto tra le categorie degli inserzionisti in dispaly advertising (figura 2) in cui ci sono parecchie differenze tra le nazioni.

The largest online spending countries - IAB Europe

Industry categories across display advertising - IAB Europe 2007

Avevo anche promesso un approfondimento sulla metodologia usata per elaborare i dati. La premessa è che ogni paese usa criteri diversi, per cui il lavoro fatto da IAB Europe è stato quello di normalizzare i valori su parametri omogenei. Chiaramente alcuni di questi parametri sono stati impostati in modo arbitrario, seppur condivisi tra i diversi player. Credo che il risultato sia abbastanza attendibile e che i dati “macro” siano rilevati in maniera adeguata.

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Parliamo di spesa pubblicitaria su internet in Europa.

Devo verificare con un pò più di calma come sono stati elaborati i numeri appena pubblicati da IAB Europe sull’advertising online nel 2007 (qui il post sul blog di IAB Italia) dato che l’anno scorso fecero un po’ di macelli, ma credo che due chart spieghino benissimo la situazione-Italia:

  • La percentuale degli investimenti pubblicitari destinati ad internet rispetto al totale (6,67%) è tra le le più basse in Europa.
  • Non ci batte invece nessuno (è ironia, of course), sulla spesa pubblicitaria per utente internet che è la più bassa in assoluto: 36,9 Euro contro una media Europea di 80.6.
    • Come se gli utenti in Italia valessero meno (e non credo).
    • Come se gli spender italiani (o magari le loro agenzie e centri media) non sapessero valorizzare i risultati delle campagne (e questo mi sa che in parte è vero).
    • Come se occorresse una sveglia di quelle con la più fastidiosa delle suonerie per destare chi è in letargo o magari vorrebbe continuare a poltrire (questo aiuterebbe, ma dubito che succeda a brevissimo).

Online advertising spend as % of total advertising spend in Europe, 2007

Online advertising spend per user in Europe, 2007 

Update: ho visto solo adesso del post di Nereo sui dati di IAB Europe.

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La ricerca dell’Osservatorio Netcomm sulla domanda dell’E-Commerce B2c in Italia (qui il PDF) realizzata assieme a Eurisko, ci dice che in Italia hanno fatto un acquisto online negli ultimi tre mesi solo 2,7 milioni di persone, praticamente lo stesso numero del 2006.

Non mi conforta molto il fatto che tutti gli acquirenti si considerano soddisfatti delle transazioni online e che reitereranno gli acquisti. Basta notare che il servizio maggiormente richiesto dagli utenti ai siti di e-commerce è la presenza… del numero verde! Fatto peraltro confermato da un’altra ricerca fatta da Netcomm insieme alla Bocconi (PDF).

Oltre ai motivi di resistenza diciamo “sociali” (“vedere di persona le cose che compro e parlare con il negoziante”, “mi diverto di più a fare acquisti con i negozi normali”), c’è ancora il timore nell’uso della carta di credito e la diffidenza nei rapporti con le aziende in caso di contestazioni e sull’uso dei dati personali.

Mi convinco sempre di più di quanto l’Italia, pur registrando sicuramente un aumento della penetrazione dell’e-commerce, rimarrà un territorio prevalemtemente di info-commerce, che vede cioè internet come influenzatorie di acquisti fatti nei punti vendita tradizionali. Già nel 2004 l’ANEE valutava che per ogni Euro speso on-line, ne corrispondono dieci spesi off-line ma sempre influenzati dalla Rete. Trend che si conferma, come leggo da un post di Andrea Boscaro sul blog di IAB, dai dati di Nielsen Online secondo cui sono 14,6 milioni gli utenti che fanno info-commerce ogni mese in Italia.

Nei giorni scorsi ho incontrato Roberto Liscia che non solo curò il rapporto info-commerce di ANEE ma è anche il presidente di Netcomm. Proverò a convincerlo a riprendere in mano quel progetto, perché trovo necessario misurare quanto internet sia decisamente più importante per il business creato in senso lato e rispetto a solo quello relativo all’e-commerce.

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La ricerca dell’Osservatorio Netcomm sulla domanda dell’E-Commerce B2c in Italia (qui il PDF) realizzata assieme a Eurisko, ci dice che in Italia hanno fatto un acquisto online negli ultimi tre mesi solo 2,7 milioni di persone, praticamente lo stesso numero del 2006.

Non mi conforta molto il fatto che tutti gli acquirenti si considerano soddisfatti delle transazioni online e che reitereranno gli acquisti. Basta notare che il servizio maggiormente richiesto dagli utenti ai siti di e-commerce è la presenza… del numero verde! Fatto peraltro confermato da un’altra ricerca fatta da Netcomm insieme alla Bocconi (PDF).

Oltre ai motivi di resistenza diciamo “sociali” (“vedere di persona le cose che compro e parlare con il negoziante”, “mi diverto di più a fare acquisti con i negozi normali”), c’è ancora il timore nell’uso della carta di credito e la diffidenza nei rapporti con le aziende in caso di contestazioni e sull’uso dei dati personali.

Mi convinco sempre di più di quanto l’Italia, pur registrando sicuramente un aumento della penetrazione dell’e-commerce, rimarrà un territorio prevalemtemente di info-commerce, che vede cioè internet come influenzatorie di acquisti fatti nei punti vendita tradizionali. Già nel 2004 l’ANEE valutava che per ogni Euro speso on-line, ne corrispondono dieci spesi off-line ma sempre influenzati dalla Rete. Trend che si conferma, come leggo da un post di Andrea Boscaro sul blog di IAB, dai dati di Nielsen Online secondo cui sono 14,6 milioni gli utenti che fanno info-commerce ogni mese in Italia.

Nei giorni scorsi ho incontrato Roberto Liscia che non solo curò il rapporto info-commerce di ANEE ma è anche il presidente di Netcomm. Proverò a convincerlo a riprendere in mano quel progetto, perché trovo necessario misurare quanto internet sia decisamente più importante per il business creato in senso lato e rispetto a solo quello relativo all’e-commerce.

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Pare che per il 43% dei manager delle industrie IT nel mondo, l’internet marketing è posizionato al primo posto per “best value for the money” superando tutti gli altri strumenti di comunicazione. Il 79% ritiene fondamentale l’impostanza del search marketing. Il 28% delle aziende ha un blog ed il 16% conta di aprirlo nel corso del 2008.

Queste ed altri interesanti dati arrivano dall’annuale ricerca condotta da Eurocom Worldwide. Disponibile anche un powerpoint.

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Segnalazioni in ordine sparso:

  • Gli appassionati dei numeri non possono perdersi le slide di Luca Colombo sull’Italian Digital Marketing.
  • Emanuele mi ricorda di Enterprise 2.0, il forum internazionale che si terrà a Varese il prossimo 25 giugno.
  • Rinnovato il blog di Fujitsu Siemens Computers dedicato ai temi dell’ottimizzazione delle infrastrutture IT e dei processi aziendali, della tutela ambientale e del risparmio energetico.

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Solo il 28% del testo di una pagina web viene letto. Di tutto il resto si fa uno “scanning” e non una lettura vera e propria. È quanto risulta da una ricerca della University of Hamburg a cui sono arrivato via SEOmoz e poi via Jakob Nielsen. Emerge anche un’altro dato: all’aumentare del testo presente nella pagina, non corrisponde un pari incremento del tempo passato sulla pagina stessa: quindi o si leggono più velocemente i brani più lunghi, oppure (più realisticamente) alcune parti si saltano.

Insomma: anche i contenuti testuali (come un po’ tutta la Rete) si tendono ad “usare” ancor prima di essere letti. Ciò suggerisce di puntare alla sintesi come fattore chiave, magari con la cosiddetta impostazione “a cipolla” che sviluppa il dettaglio dei contenuti attraverso approfondimenti incrementali disponibili solo a chi è realmente interessato.

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Come le ciliege, una tira l’altra. Così, dopo la ricerca di Universal McCann e quella di Forrester, arrivano altre conferme sulla rilevanza dei numeri relativi alla blogosfera italiana, in particlare su lettori e numero di blog:

  • Andrea Boaretto, nell’ambito dell’Osservatorio sulla Multicanalità (uno dei più autorevoli studi sull’uso della Rete in Italia), ricorda come anche a loro risultino oltre 13,5 milioni di persone che leggono forum e blog e più di 6 milioni partecipano alle relative discussioni. E questo nella rilevazione pubblicata lo scorso novembre.
  • Il LaRiCa dell’Istituto di Comunicazione e Spettacolo della Facoltà di Sociologia dell’Università di Urbino “Carlo Bo” ha pubblicato i risultati di una ricerca quantitativa che campiona la popolazione italiana con più di 18 anni da cui risultano, tra l’altro, poco meno di 3 milioni di blog attivi (aggiornati almeno una volta la settimana nel 57% dei casi).
  • Ricordo anche la recente ricerca di DigitalPR da cui emerge che più della metà degli utenti internet è influenzato (molto o abbastanza) dai blog nelle decisioni d’acquisto.

Massimo continua ad essere scettico ma credo sia il concetto di “blog attivo” su cui il suo parere si discosta da tutte le ricerche. La miglior risposta, a mio parere, arriva rpoprio da una delle indicazioni che accompagnano lo studio del LaRiCa:

La blogosfera italiana è dunque molto più vasta e diversifica di quanto comunemente non si pensi ed il nucleo di blogger più noti ed attivi rappresentano solo la punta di un iceberg che come tale non può essere considerato rappresentativo del fenomeno nel suo complesso.

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Anche per Forrester ci sono in Italia circa 10 milioni di lettori di blog e social network (definiti Spectators), 4,6 milioni che partecipano e commentano e quasi 3 milioni di Creators, ossia chi produce social contents (tiene un blog o carica video, musica o testo sui social network).

Secondo me siamo allineati (nel senso che le diverse metodologie di analisi non permetteranno mai una confronto esatto) con lo studio di Universal McCann di cui ho scritto giorni or sono. Il fatto che numeri così alti suscitino perplessità, dipende da due fattori: a) perchè in Italia si tende a diffidare “a prescindere”; b) più seriamente, perché la polverizzazione dell’attenzione tende a non creare l’impatto delle “audience di massa” a cui siamo abituati con gli altri mezzi tradizionali, con tutti gli effetti di influenza sull’agenda che conosciamo. È la differenza tra 10 milioni di ascoltatori che guardano 100 canali oppure che si distribuiscono su 3 milioni di canali.

Tornando alla ricerca di Forrester, i dati li ho estratti utilizzando un loro tool online col quale si può analizzare il peso di sei profili di interazione con i social media (qui la descrizione dei profili) in diverse nazioni nel mondo, distinguendo altresì per sesso e fascia d’età. Di seguito lo screenshot dei numeri italiani (i valori in rosso li ho messi io, considerando i 24,5 milioni di utenti internet secondo Nielsen).

image

Data from Forrester Research Technographics® surveys, 2007


Come ha segnalato Andrea in un commento ad un precedente post, Universal McCann ha realizzato la terza edizione della ricerca sui social network chiamata Social Media Tracker (formato PDF) che avevo già segnalato in un articolo su Punto Informatico l’anno scorso.

La ricerca si è concentrata su un panel di persone tra i 16 e i 54 anni che utilizzano internet almeno una volta ogni due giorni (active users), intervistando complessivamente 17 mila individui in 29 nazioni. È un campione che trovo significativo in quanto esamina chi la Rete la usa davvero e che riguarda 10,2 milioni di italiani.

Molti sono i numeri che vale la pena evidenziare, in particolare sulla quantità di lettori di blog (8 milioni) e sui blogger (3,4 milioni), area in cui l’Italia si posiziona ai vertici continentali. Rispetto agli altri paesi europei, abbiamo la maggiore percentuale di lettori di blog (79%) sul totale degli active users, e siamo anche primi in quanto a persone che li leggono ogni giorno (37%).

Per razionalizzare i principali numeri riguardo il mondo dei blog in Italia, ho realizzato alcune chart elaborando i risultati della ricerca.

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Ogni tanto è bene ricordarlo: la quantità maggiore vendite online sono generate dai motori di ricerca, in primis attraverso il keyword advertising e poi mediante i risultati standard. In termini di ROI, i servizi di ottimizzazione (SEO) sono più convenienti del 100%. Punto.

Acquisizione clienti online - Forrester Research

ROI strumenti e canali online

L’articolo che riprende ed elabora una recente ricerca Forrester è su Ebaystrategies.