Archivio: “Cultura”
Sabato scorso ho avuto l’onore e di piacere di intervenire alla cerimonia di premiazione del Premio di Studio Giulia Maramotti organizzato dall’omonima fondazione e dal Soroptimist International. Si tratta di un premio per i ragazzi di due istituti superiori di Reggio Emilia che quest’anno ha avuto come tema lo studio di due immagini vetrina per la nuova stagione Autunno Inverno 2010.
Un’iniziativa che unisce elementi importanti: dalla stimolazione della creatività dei giovani ed il relativo riconoscimento, alla relazione (ormai straconsolidata) di una delle più belle aziende italiane, Max Mara, con il suo territorio.
Nell’articolo Giovani stilisti crescono si sottolinea giustamente sia l’allestimento dell’aula magna dell’Università, trasformata per una mattina in un atelier, sia l’intervento di Luigi Maramotti che ha esortato gli studenti a concentrarsi su impegno e creatività.
La prima testimonianza è stata quella di Laura Milani che ha raccontato la sua esperienza professionale, dallo studio legale in cui ha iniziato a lavorare fino all’attuale incarico in Facebook.
Anch’io ho riportato qualche esperienza professionale, partendo però da un fatto personale che ho raccontato per la prima volta in pubblico (con un po’ di imbarazzo, lo ammetto), ossia del mio casuale esordio come dj in radio che ha trasformato un sedicenne decisamente timido e riservato, in una persona più sicura e consapevole di poter coltivare le proprie passioni.
Parecchie le domande dagli studenti per me e per Laura, per poi arrivare al momento esaltante delle premiazioni dei ragazzi e delle insegnanti. Ho visto anche che il prossimo concorso riguarderà la relazione dei blog nel mondo fashion: insomma, lo sguardo è ben concentrato sul connubio tra capacità, creatività e attualità.
Notazione finale: è la prima volta che faccio un intervento con la presenza in sala di una traduttrice per non udenti. Una di quelle piccole cose che sono grandissime per i soggetti interessati.
Un anno che sta per finire un po’ così, con qualche cosa andata di traverso proprio sul finire. Meno male che ci sono un bel po’ di iniziative e progetti pronti per partire per un 2011 “come si deve”.
Quella che si dimostrata una certezza quest’anno è stata MIA, la newsletter del gruppo Ammiro (PDF 1,9 Mb) di cui è appena uscito l’ultimo numero dedicato al marketing della cultura (e un po’ anche alla cultura del marketing).
Tra i vari interventi, doveroso sottolineare quelli di Henry Jenkins e Jaron Lanier. Il grande Daniele Bologna, che di MIA ne è il curatore e coordinatore, mi ha fatto un bel regalo di Natale incastrando il mio articolo con Bruce Springsteen sullo sfondo: scusate ma proprio non resisto a postarla qua sotto (peraltro io a Babbo Natale ho chiesto il nuovo cofanetto del Boss…).
Stimolato da un’arguta riflessione di Andrea sulla formazione in azienda, volevo fare due ragionamenti su quali competenze professionali possono essere migliorate per affrontare in modo adeguato i tempi che corrono.
Anni fa si iniziò a distinguere tra l’insegnare il “sapere” e il “saper fare”, ove quest’ultimo risultava sempre più utile e richiesto. Tutt’oggi la formazione ha sempre più sbocchi operativi, perché determinate competenze si acquisiscono facilmente e velocemente sul campo piuttosto che su un manuale.
Tuttavia il “saper fare” non basta più. O meglio, forse non si riesce più a trasmettere tutto quello che ci sarebbe da fare. Scrive Andrea:
Mi sono chiesto cosa dovrebbe lasciarci di valido e duraturo un corso ben fatto. Probabilmente non una quantità più o meno consistente di informazioni ma un metodo per capire e analizzare lo scenario nel quale ci troviamo,il desiderio e l’interesse che ci spingeranno a restare sempre aggiornati e curiosi, la voglia e la caparbietà di trovare soluzioni non convenzionali che possano fare la differenza.
Secondo me la formazione oggi dovrebbe insegnare (anche) a “saper cambiare”, considerando aspetti che sono trasversali rispetto alle varie discipline ed aree di business. Qui ne lancio alcuni, ma la lista è senz’altro più ampia.
- Velocità. Si tratta di imparare non solo a gestire il tempo in modo più efficiente e pragmatico (compreso il tempo fuori dal lavoro), ma di rivedere la definizione delle priorità e la capacità di adattarsi a mutamenti anche repentini.
- Beta perenne. Molti dei cambiamenti che governiamo o nei quali siamo coinvolti, avvengono (ed è giusto così) senza un rigoroso piano strategico e operativo. Si prova, si misurano e analizzano i risultati, si perfeziona e poi si ri-misura e ri-analizza, e così via, in un loop che genera poche certezze nel lungo periodo, ma che va vissuto quasi alla giornata.
- Technology servant. In quasi ogni ambito professionale, la tecnologia è diventata un elemento cruciale, abilitante, differenziale. Tuttavia, occorre inquadrarla in quanto strumento, “attrezzo del mestiere” e non come fine, considerando anche il fatto che l’unica certezza offerta dai tool e dagli strumenti tecnologici è che saranno superati da lì a pochi mesi.
- Momentum. Saper cambiare, ok, ma quando è il momento giusto? Le tentazioni innovative ci arrivano da ogni parte, ma quali sono quelle che producono valore e quando è il momento giusto per applicarle o adottarle?
Naturalmente, è relativamente semplice capire quali sono i temi su cui potrebbe vertere un piano formativo moderno, più complicato è individuare chi è capace ad erogarlo.
L’occasione mi sembra buona per segnalare il recente IBM Global CEO Study proprio focalizzato sulla complessità del business moderno e su come valorizzarla, il cui Summary Report si apre evidenziando che:
La complessità è destinata ad aumentare e oltre la metà dei CEO dubita di essere in grado di gestirla.
per poi riassumere le linee d’azione che emergono dai 1541 CEO intervistati in questo modo:
Più di dieci anni fa qualcuno definì internet come la più grande biblioteca mai realizzata, in cui però qualcuno si è divertito a buttare giù tutti i libri dagli scaffali. L’affermazione continua a rappresentare abbastanza bene la Rete dei nostri giorni, considerando però che i concetti di “abbondanza” e “disordine” continuano ad amplificarsi. Riguardo alla quantità dei contenuti generati e disponibili online, è impressionante constatarne il trend esponenziale di crescita, dovuto anche al fatto che crescono gli autori, i formati, ed i canali di pubblicazione e distribuzione.
Mentre di fronte a questa dirompente cascata di nuovi contenuti non possiamo far altro che constatarne la portata, per quanto concerne il tema del “disordine” vanno indubbiamente registrati svariati strumenti che stanno evolvendosi per aiutare gli individui a gestire anche questa “biblioteca” in cui i libri non solo aumentano, ma sono sempre più sparpagliati.
Il tema del disordine digitale è da anni ben descritto e analizzato da David Weinberger, a partire dal suo libro Everything Is Miscellaneous. In un recente convegno a Venezia, ha suggerito di abbandonare il concetto di gerarchia e di fonti che offrono la risposta perfetta: meglio pensare ad una risposta “abbastanza buona”. Che poi è la chiave per plasmare il concetto di “trasparenza” che sulla Rete va a sostituire quello di “obiettività” dei media tradizionali.
Gianni Degli Antoni, in un articolo su Epolis, auspica una competenza per sopravvivere alla complessità del mondo d’oggi: “capire i nessi fra i frammenti che ci pervengono. La conoscenza sui nessi ci aiuterà a deframmentare ciò che i media frammentano”. Maurizio Goetz, ha ripreso il pensiero di Degli Antoni collegandolo all’interessante definizione dei “generalisti creativi”.
Il problema è che le competenze per districarsi in questa mole di informazioni e sollecitazioni, non le insegna nessuno e sono lasciate all’istinto, al buon senso o all’intuizione dei singoli. L’esperienza conta poco, anzi, il maggior disagio è in casa dei meno giovani semplicemente perché hanno più cose da disimparare.
L’unico modo per affrontare una situazione la quale, se giudicata con metriche del passato, possiamo tranquillamente definire “di perenne approssimazione”, è prenderne atto. Se oggi ci sorprendono le migliaia di commenti gergali sui social network, o il cambiamento pressoché costante dei risultati di ricerca di Google, oppure la facilità con la quale fenomeni “virali” nascono, esplodono e muoiono, ebbene possiamo solo rassegnarci al fatto che sono situazioni che potranno solo amplificarsi ulteriormente nel futuro.
Re-brand di Mirko Nesurini è dedicato ai brand che dormono, ossia quelle marche che sono uscite dal mercato ma ancora godono di notorietà per cui può valer la pena rilanciarle. Il libro ha una strana trattazione: a volte sembra un collage di post-it e appunti sulle numerose aziende citate. Lunga è infatti la carrellata di brand più o meno noti e di successo, dei quali si raccontano dati storiografici e di mercato senza però approfondire o commentare le strategie o i risultati. Interessante per i curiosi dei brand del passato.
Farsi capire di Annamaria Testa l’avevo acquistato leggendo un post di Luisa Carrada la quale, come al solito, ci prende sempre. Si tratta di un lavoro che approfondisce tutti i lati del comunicare tra le persone, con un approccio abbastanza rigoroso (nacque come base per un corso universitario) che sfocia continuamente in divertenti e sorprendenti battute di un humor piacevolissimo. Esposizione elegante che si avvale di buffi personaggi per condire gli esempi pratici, i quali arrivano al momento giusto per sdrammatizzare i momenti di trattazione maggiormente elaborati.
Internet e movimenti sociali è il testo della tesi di laurea di Franco Pignatti ed è un buon excursus riguardo l’utilizzo della Rete per le svariate forme di attivismo e di comunicazione di protesta. Il lavoro naturalmente fa ampio ricorso a citazioni e riprese di testi di riferimento (i lavori di Castells su tutti) ma poi entra nei dettagli con una trattazione equilibrata e analitica di alcuni dei fenomeni più rilevanti sull’argomento degli ultimi anni.
Ieri, dopo la conferenza stampa in cui è stato presentato Omnicom Expo, uno studente di Scienze della Comunicazione mi ha posto alcune domande. Ha chiesto dei temi del convegno IAB, e quindi sull’integrazione tra media tradizionali e internet, e poi ha virato sui temi che, mi è parso, gli interessassero (giustamente) di più: quali opportunità offre la Rete ai giovani dal punto di vista professionale?
Ho provato a difendere in qualche modo la necessità di una formazione accademica (anche IAB messo in piedi un Master assieme all’Università Cattolica di Milano), ma è evidente lo “stacco” che questi ragazzi si trovano a dover affrontare quando poi entrano in contatto con le aziende. E mi rendo conto non è del tutto confortante sapere che ormai “l’autoformazione” è una componente essenziale dalle parti della Rete
Professioni e internet è peraltro l’argomento di un’intervista che va in onda oggi su Radio24 (alle 13.50 e poi alle 22.05) in cui ho accennato ad alcune delle figure professionali che mi sembra godano di buone prospettive.
E sempre a proposito di formazione e giovani (molto giovani, in questo caso), ripropongo qua un video già segnalato da Stefano, in cui si esalta il punto di vista di alcuni studenti di dodici anni. I miei figli ormai sono quasi quindicenni, ma ritrovo nel video alcune delle loro tipiche istanze.
Un pomeriggio durante una chattata come se faceva allora (canali IRC, telnet e file nella vaschetta di McLink), mi “scrive un amico di modem” eccitatissimo: Hey, stasera riusciamo a vedere una innovazione straordinaria, un software che cambierà il mondo, e via con altre espressioni che a me parvero esagerate.
La sera, in una pizzeria romana, eravamo in cinque o sei. Sto cercando di ricostruire chi ci fosse ma temo di confondere e allora non rischio comunque, il giro era quello delle BBS, di Peacelink, di Agorà.
Giocai qualche minuto con Mosaic.
Era godibilissimo partecipare all’entusiasmo e alla meraviglia delle persone che erano con me; ciò che ricordo con precisione fu il momento intenso in cui passammo dalla fase del “guarda quanto è cool questa cosa del link” alla riflessione: “ti rendi conto di cosa significherà questo sistema?”.
Grazie mille Mr. Bernes-Lee, grazie CERN, grazie a tutti quelli che hanno creato il più grande progetto distribuito e indipendente al mondo e grazie a tutti quelli che continuano a difenderlo e ad alimentarlo.
Da un comunicato stampa distribuito dai sempre professionali PRWeb, apprendo del progetto IdeasProject, un sito orientato a raccogliere i pensieri di alcune delle menti più in vista dei nostri tempi, ma aperto ai contribuiti di chiunque.
E così accanto a una Esther Dyson sempre sulla breccia, c’è Yochai Benkler (autore del bellissimo La ricchezza della Rete), gli immancabili Chris Anderson e Loic Le Meur, e diversi altri personaggi molto interessanti.
Un progetto da seguire.
Ho appena ricevuto una brutta notizia, la scomparsa di Armando Marchi che ho conosciuto nel suo ultimo incarico, ossia come responsabile del centro di formazione manageriale Barilla Lab col quale ho collaborato in diverse occasioni.
Pur avendo passato con lui solo poche ore, mi sento di dire due parole perché Armando era una di quelle persone che ti rapiscono, ti fanno “alzare il livello” qualsiasi sia l’oggetto della discussione. Ma sempre con un’eleganza ed una saggezza che non ti stancheresti mai di ascoltare, nella consapevolezza di avere a che fare con una persona speciale, una persona migliore.
Un piccolo aneddoto. La prima volta che ci presentarono, mangiammo qualcosa assieme alla mensa in Barilla, un paio di anni fa circa. Mi sa che nella discussione sulla comunicazione delle aziende, forse ripetei una volta di troppo il concetto che occorrerebbe considerare i consumatori in primis come persone. Armando, chiese scusa, disse di aspettarlo e tornò dopo un minuto. Mi porse un libricino con il logo Barilla in copertina e lo aprì nella pagina iniziale indicandomi una frase (vado a memoria): “Noi dobbiamo considerare tutti i consumatori come persone”. Si trattava di un documento riservato ai manager dell’azienda a cui la proprietà indicava il percorso strategico. Poi elegantemente mi suggerì di dare un’occhiata alla data del volumetto: 2003. Da una parte fui contento di affermare cose condivise in un’azienda di quello spessore, dall’altra mi resi conto (una volta di più) che i pensieri innovativi e avanguardisti girino nelle grandi aziende molto di più di quanto si pensi.
Toccante il ricordo di Guido Barilla.
Tags: armando marchi – barilla – guido barilla
Un libro da gustare poco alla volta, che parte lento e poi ti spara senza indugi gli elementi che stanno cambiando il mondo, almeno tutto quello legato all’informazione e alla comunicazione. La prima parte mi ha lasciato perplesso: per spiegare l’evoluzione di come ordiniamo le cose, Weinberger parte raccontando come rimette a posto le stoviglie dopo cena. Insomma, ci sono alcuni discorsi che girano un po’ su sé stessi. Poi diventa tutto chiaro: l’obiettivo sembra essere quello di rappresentare l’impatto sulla società da parte della Rete partecipata, spiegandolo attraverso le cose che ci girano attorno.
Riporto alcuni dei pensieri di Everything is miscellaneous che ho trovato più intriganti e ben esposti, tradotti liberamente dal sottoscritto non in modo letterale.
Le limitazioni fisiche sul come venivano organizzate le informazioni, non solo hanno limitato il nostro modo di vedere, ma hanno dato maggior potere a chi controlla l’organizzazione delle informazioni rispetto a chi invece le crea. Ora torniamo a rovesciare l’ordine.
L’abbondanza delle informazioni è un valore. I vecchi paradigmi che imponevano dei filtri, ad esempio, per risparmiare sui costi di stampa, oggi sono superati. Non ha più senso limitare la diffusione delle informazioni. “Filter on the way out, not on the way in”.
“Everything is metadata and everything can be a label”
Ci sono evidenti cambiamenti nelle conoscenze sociali: con tutti che guardavano gli stessi giornali e gli stessi notiziari, esisteva un’esperienza comune sulla quale potevamo contare. Oggi, apparteniamo a quei frammenti di cultura che Nicholas Negroponte ha definito The Daily Me.
La fiducia che riponiamo in fonti come l’Enciclopedia Britannica ci trasformano in lettori passivi. Viceversa, siti come Wikipedia prevedono che il lettore sia coinvolto attivamente offrendogli molteplici possibilità di intervento.
La logica che ordina i prodotti negli scaffali basata su regole predefinite è superata. Lasciamo che siano le persone a taggare le cose. Non ha più senso assegnare un solo posto alle cose, perche queste appartengono spesso a più di un posto.
Nell’ordine miscellaneo, un topic è qualsiasi cosa interessi chiunque. I topic perdono i confini che permettono di capire quando sono stati impostati e perdono anche un po’ della dignità che gli abbiamo sempre attribuito. Non c’è più un topic giusto e uno sbagliato, ma ci sono delle rappresentazioni dipunti di vista differenti. Topic quindi come espressione delle passioni, non più solo delle conoscenze.
Nel ricordare che Weinberger sarà tra i relatori del prossimo IAB Forum (gli ho chiesto di parlare di marketing, tagging, distribuzione dei contenuti digitali), segnalo anche la bella recensione di Chiara di TSW e, naturalmente, il sito del libro. Proprio giovedì scorso, Weinberger ha firmato l’articolo di copertina di Nòva.
Tags: everything is miscellaneous – davod weinberger – weinberger – iab forum – iab – iabforum2007
Quando persone come Piero Bassetti aprono un blog, è come se piovessero soldi dal cielo. È come se il tuo idolo del rock si mettesse a fare una jam session solo per te. Tra i primi post c’è anche un riferimento a italia.it.
Sarebbe bello se altre menti seguissero esempi di questo tipo.
(via Vittorio)
Tags: piero bassetti
È tempo di parlare di tempo: così un post di qualche giorno fa sul blog di Nòva che si sta arricchendo continuamente di ottimi contributi. Siccome è stato tirato in ballo anche un certo Mario Lupi che mi sa di conoscere , mi premeva segnalarlo perché c’è abbinato pure un bel concorso Nokia.
Proprio oggi ho proposto ai miei colleghi di organizzare un altro seminario interno sulla gestione e ottimizzaizone del tempo. Di training di questo tipo ne ho tenuti parecchi da oltre 10 anni e quello che constato ogni volta è che, al di là delle regole base, continuano a cambiare parecchie cose, non ultima la rilevanza che oggi ha la capacità di saper gestire il tempo dedicato alle informazioni: come accedervi, come ordinarle e saperle rintracciare, come usare quelle rilevanti davvero.
Ecco, nei curriculum suggerirei anche di mettere, per chi le ha, le capacità di gestire il tempo e le informazioni. Ai giorni nostri è un requisito basilare!
Interessante l’iniziativa M’illumino di meno portata avanti da Caterpillar di Radio2: la Giornata Internazionale del Risparmio Energetico fissata per il 16 febbraio. In questo giorno alle 18, si invita a spegnere le luci e tutti i dispositivi elettrici non indispensabili. Quest’anno l’iniziativa è patrocinata dal Ministero dell’Ambiente e dal Ministero delle Politiche Agricole con la collaborazione di Eni.
Se ieri da Vegetalia si è parlato di fonti rinnovabili, “M’illumino di meno” punta al risparmio energetico, che ritengo comunque il punto di partenza fondamentale per una seria politica di salvaguardia ambientale. Non a caso, il primo “pilastro” indicato da Rifkin è proprio la riduzione del 20% dei consumi energetici nelle abitazioni e nelle aziende. Lavorare sul tema del risparmio energetico è fondamentale anche perché, in linea di principio, mette d’accordo ecologisti e produttori (vedi intervista a Paolo Scaroni pubblicata su IlSole24Ore).
Update (16.00): Alessandro Ronchi ha fatto aderire all’iniziativa il Comune di Forlì di cui è consigliere. Approfondiscono l’argomento tra gli altri: Setfocus, Fulvia Leopardi (che ha sempre uno dei blog più belli ), Ecoblog, InvisibleVoice, Catepol (che ha scovato anche un bel video su YouTube).
Tags: m’illumino di meno – caterpiller – eni – paolo scaroni
Alla fine Eugenio Pintore (Biblioteche della Regione Piemonte), il cordiale coordinatore dell’incontro Web Semantico: gli agenti intelligenti al servizio della ricerca, ha chiesto: ma insomma, questo web semantico è una balla, o si tratta di un argomento di cui ha senso parlare e studiare?
Si, perché negli interventi di Derrick de Kerckhove, Massimo Marchiori e nel mio, l’argomento "web semantico" è stato affrontato solo di riflesso, ognuno proponendo un’angolazione diversa. Derrick ha riproposto qualche slide del suo intervento allo IAB Forum ed ha fornito altri spunti tra i quali ho annotato:
- Le persone sono dentro l’informazione e non più solo davanti
- Un fenomeno importante è che si iniziato a "taggare" le cose e non solo i contenuti
- Per chi si occupa di catalogare le informazioni, è necessario riconoscere e capire i cambiamenti nel rapporto che queste hanno con gli utenti (quest’ultimo passo, a proposito della sua esperienza di un anno alla Library of Congress)
Massimo, da eclettico ricercatore scientifico, ci ha dato la sua visione di come l’innovazione dovrebbe partire dall’attenzione verso… le zie, utilizzando questa immagine per ribadire la necessità di arrivare al pensiero e alle concrete esigenze dell’uomo della strada. Di Massimo avevo scritto mesi fa a proposito di un suo intervento TV riguardo Google.
Il più aderente al tema del convegno non poteva che essere Gino Roncaglia, il quale ha evidenziato due punti che trovo illuminanti:
- Le persone si sono impadronte del web semantico, definendo tag e criteri di classificazione "dal basso", svilupando il fenomeno della folksonomy.
- Il valore della classificazione fatta dagli utenti, assume importanza nel momento in cui diventa "sociale".
Io ho parlato di motori di ricerca, in particolare di come le persone li usano non più solo come filtro alle informazioni, ma in modo tattico e "mordi e fuggi" per ricevere risposte dirette (ad esempio sfruttando il "forse cercavi…" di Google come dizionario). Mi sono divertito anche a segnalare la crescente sproporzione tra la quantità di nuovi contenuti digitali rintracciabili dai motori di ricerca e, per contro, il punto di selezione da parte degli utenti che rimane sempre e solo la lista dei "top10 blue links".
Infine, ho affermato che tutti noi siamo (o stiamo diventando) motori di ricerca. Quest’ultima cosa mi piacerebbe spiegarla in modo più dettagliato. Prima o poi lo farò. L’ho fatto in articolo per Punto Informatico.
In definitiva un incontro interessante, 60-70 partecipanti, il piacere di aver salutato Giuseppe Granieri che non sentivo da un po’, ed una divertente cena con organizzatori e relatori guidata da Augusta "Popi" Giovannoli, con Derrick che si conferma terribilmente simpatico.
tags: derrick de kerckhove, massimo marchiori, gino roncaglia, eugenio pintore, web+semantico
La quinta fiera della piccola e media editoria si terrà a Roma dal 7 al 10 dicembre prossimi. Bellissimo il nome: Più libri più liberi. Il calendario è ricco di incontri, compreso PiùBLOG che propone una tre-giorni ricchissima di appuntamenti sotto la denominazione “I blog: nuovi autori e nuovi media”.
Nei vari convegni della sezione Blog parleranno decine di relatori di grande spessore. Io parteciperò alla sessione “Blog, comunicazione e media” di domenica 10 alle 15 moderata da Antonio Sofi.
Per accreditarsi ai convegni leggere il post su PiùBlog.
Chiudo con una frase presa dalla cartella stampa che mi ha inviato Marina Bellini, ideatrice di PiùBLOG:
E’ il blog il vero palinsesto degli individui, il canale di ritorno sempre invocato dalla tecnologia. Il blog è il reality show della Rete, un multiverso nel quale c’è spazio per tutti, nel quale la regola non è la correttezza formale bensì l’empatia, la simpatia e l’antipatia. Il blog non si contrappone al mondo, ma è “il” mondo.
tags: piùblog
La quinta fiera della piccola e media editoria si terrà a Roma dal 7 al 10 dicembre prossimi. Bellissimo il nome: Più libri più liberi. Il calendario è ricco di incontri, compreso PiùBLOG che propone una tre-giorni ricchissima di appuntamenti sotto la denominazione “I blog: nuovi autori e nuovi media”.
Nei vari convegni della sezione Blog parleranno decine di relatori di grande spessore. Io parteciperò alla sessione “Blog, comunicazione e media” di domenica 10 alle 15 moderata da Antonio Sofi.
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Chiudo con una frase presa dalla cartella stampa che mi ha inviato Marina Bellini, ideatrice di PiùBLOG:
E’ il blog il vero palinsesto degli individui, il canale di ritorno sempre invocato dalla tecnologia. Il blog è il reality show della Rete, un multiverso nel quale c’è spazio per tutti, nel quale la regola non è la correttezza formale bensì l’empatia, la simpatia e l’antipatia. Il blog non si contrappone al mondo, ma è “il” mondo.
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