Si chiama Ice Bucket Challenge ed è la popolare iniziativa per far conoscere la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) e per promuovere le donazioni a favore delle organizzazioni che si occupano di ricerca e assistenza ai malati. Più nota come “i video con le secchiate di ghiaccio”, ha tanto da insegnare sui temi dell’impiego efficace dei canali digitali. Qui ne analizzeremo sinteticamente i motivi di successo e gli spunti che ne possono trarre le aziende e le organizzazioni.

Partiamo dal dato che meglio fotografa i risultati dell’iniziativa (che peraltro è ancora in atto). Da metà luglio a metà agosto sono stati raccolti oltre 40 milioni di dollari, praticamente due terzi di quanto ottenuto dalla ALS Association durante tutto il 2013. Costo dell’iniziativa? Zero.

Etichettata un po’ superficialmente come azione di marketing virale, Ice Bucket Challenge racchiude in realtà molti degli elementi tipici delle migliori campagne “social”. Vediamone alcuni.

Non sempre l’effetto è immediato. I primi video online con le secchiate di ghiaccio sono comparsi in primavera, mentre l’esplosione di visibilità è arrivata con alcuni passaggi sulle TV americane ed il coinvolgimento di personaggi noti.

Il video è il formato che meglio si presta a questo tipo di iniziative; il video è auto-significante e, dal punto di vista di molti dei protagonisti e dei fruitori, lo assimila al format della TV che rimane ancora il medium per eccellenza nella percezione comune.

Naturalmente la promozione di una buona causa è la forte chiave motivazionale, che alimenta non solo lo spirito genuino di chi contribuisce, ma anche di chi trova un sistema per accordarsi ad un filone positivo e popolare. È qui che il tema della viralità viene superato: non si tratta solo di un meccanismo che si propaga da una persona all’altra, ma di un fenomeno di accreditamento sociale che espone ed esalta il ruolo del singolo “contagiato” verso una platea ampia, potenzialmente universale. Un modello che si autoalimenta dal bisogno fisiologico di mostrarsi e di gratificare il proprio ego, ivi incluso il protagonismo che deriva dal poter eleggere i prosecutori dello show. In pratica un passaggio dalla classica “catena virale” frutto del passaparola, ad una specie di passerella in un teatro pubblico e sempre aperto in cui si è inviati (e si invita) a fate il proprio numero. Un modello che genera altresì gli effetti collaterali tipici dell’esposizione pubblica, come quello di esporsi a critiche e giudizi dei più disparati (vedi ad esempio le polemiche sull’entità delle donazioni fatte da alcuni personaggi popolari).

Altro elemento cruciale è quello ludico. Gioco, humor e disincanto sono essenziali. Se il meccanismo avesse previsto di dover recitare una poesia, molto probabilmente non avrebbe funzionato. Ed il fatto che al gioco partecipino anche personaggi popolari, rende il tutto ancora più intrigante perché accomuna VIP e persone qualunque. L’aspetto giocoso è poi corroborato dall’interpretazione dei partecipanti, i quali possono caratterizzare la propria partecipazione proponendo varianti di ogni tipo.

Per Ice Bucket Challenge ha giocato un ruolo importante anche la simbologia del ghiaccio e la coerenza con l’oggetto dell’iniziativa (il ghiaccio paralizza proprio come accade per i malati di SLA), che ha permesso a ciascun partecipante di vivere almeno per un attimo la situazione quotidiana di un malato di SLA.

La partecipazione passiva di molti, ossia il fatto che parecchi protagonisti dei video hanno semplicemente pubblicato la loro doccia gelata ma poi non hanno effettuato nessuna donazione, ha generato un’ampia discussione. Senza scomodare gli innumerevoli studi sulle reti sociali, è del tutto normale che nei fenomeni “social” ci siano elementi di dispersione, anzi, sono essenziali alla sua propagazione. Non esiste fenomeno sociale ampio che omologhi i comportamenti, mentre quelli popolari sono proprio quelli con tanto “rumore” e livelli di coinvolgimento differenziati.

Cos’altro possono imparare le aziende e le organizzazioni da Ice Bucket Challenge? Innanzitutto che non può essere replicato. Ogni fenomeno social raramente ha una “versione due”. Possiamo analizzarlo a posteriori come stiamo facendo qui, ma l’alchimia alla base di iniziative come questa è praticamente impossibile da pianificare in anticipo. Anzi, talvolta sono proprio gli elementi più fantasiosi e inaspettati a caratterizzare le campagne di comunicazione social di successo.

In ogni caso, prima di impostare un progetto di questo tipo è fondamentale valutarne le implicazioni ed i rischi. Sono operazioni a zero controllo e zero garanzia di successo ma di sicuro espongono i responsabili dell’iniziativa ad una ribalta pubblica da cui è lecito aspettarsi anche critiche e ostacoli. Va quindi verificata la coerenza con lo stile ed il posizionamento sul mercato dei promotori, nonché la disponibilità (e la capacità) a confrontarsi trasparentemente col mondo esterno, ancor meglio se con autoironia e senso di humor.

Anche Ice Bucket Challenge dimostra infine che il rapporto tra attenzione ed azione è cambiato per via di internet. E di come sia possibile guadagnare visibilità in modo estremamente efficace non facendo push diretto su un obiettivo commerciale ma attraverso il coinvolgimento spontaneo delle persone nel produrre contenuti, calcolando nel contempo il naturale effetto dispersione.

Articolo pubblicato su Tafter il 27/8/2014