Ho trovato sempre appassionanti le storie dei mei nonni. Passavo ore ad ascoltare le vicende di guerra che (purtroppo) li coinvolsero: la vita da sfollati, le notti nelle grotte per sfuggire ai tedeschi, i sacrifici per guadagnarsi un pezzo di pane (che da allora si baciava prima di buttarlo quando secco). Trovavo piacevole anche immergermi nelle tradizioni, di quelle tramandate da generazioni: la festa della Madonna e la relativa processione a piedi nudi, i turni a girare la polenta nell’immensa pentola perché sennò “non te la guadagnavi”, le notizie esaltate dai più anziani quando avevano a che fare con storie di onore, rispetto, generosità.

Oggi, se racconto ai miei figli una storia di dieci anni fa, la considerano vecchia e, come tale, definitivamente superata. Un atteggiamento comune non solo tra i più giovani, ma che riguarda più in generale il modo con cui  si osserva il passato.

In questi giorni ho incrociato alcuni momenti che richiamano i tempi che furono. In particolare un internet-revival scatenato da Alberto Bregani ricordando Web Marketing Tool, un magazine che funzionò anche da aggregatore delle persone più attive nel primo panorama internet italiano (1997 e giù di lì).

A guardare ancora più indietro nel tempo ci pensa poi una email che sta girando in questi giorni tra quelli di una certa generazione (in realtà penso ne becchi più d’una). Nostalgici o curiosi possono vedere l’apposito gruppo su Facebook; qui ne riporto qualche passaggio:

- Noi, che le nostre mamme mica ci hanno visti con l’ecografia.
- Noi, che la scuola durava fino alla mezza e poi andavamo a casa per il pranzo con tutta la famiglia (si, anche con papà).
- Noi, che se a scuola la maestra ti dava un ceffone, mamma a casa te ne dava 2.
- Noi, che chi lasciava la scia più lunga nella frenata con la bici era il più fico e che se anche andavi in strada non era così pericoloso.
- Noi, che dopo la prima partita c’era la rivincita, e poi la bella, e poi la bella della bella.
- Noi, che le cassette se le mangiava il mangianastri, e ci toccava riavvolgere il nastro con la Bic.
- Noi, che giocavamo a pallone in mezzo alla strada con l’unico obbligo di rientrare prima del tramonto.
- Noi, che ci emozionavamo per un bacio su una guancia.
- Noi, che siamo ancora qui e certe cose le abbiamo dimenticate e sorridiamo quando ce le ricordiamo.

Un po’ di nostalgia fa sempre bene al cuore. Basta riuscire a distillare dal passato gli insegnamenti utili per vivere meglio nel presente. Il punto è proprio questo: cosa ci faccio col passato in un mondo che digerisce ogni cosa alla velocità supersonica? A cosa servono i ricordi se tre quarti dei valori che hanno insegnato ad uno di cinquant’anni come il sottoscritto, sono considerati anacronistici?

Sono domande retoriche, ovviamente. Io continuo ad attingere a piene mani dal passato, pescando valori, esperienze e idee che ritengo abbiano ancora spazio, magari facendo qualche adeguamento estetico.

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Un commento per “Il passato oltre la nostalgia”

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  1. Guendalina scrive:

    Forse bisognerebbe trovare un nuovo linguaggio per parlare di quelle cose vecchie che sono i ricordi, la storia personale e collettiva, i valori e gli insegnamenti che questa sempre ci trasmette per riuscire ad emozionare questa nuova generazione. Certo credo anche che sia una bella sfida, oltre che un dovere, per tutti coloro che hanno il compito di crescere ed educare i ragazzi di oggi.

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