Archivio: marzo, 2011
Sabato scorso ho avuto l’onore e di piacere di intervenire alla cerimonia di premiazione del Premio di Studio Giulia Maramotti organizzato dall’omonima fondazione e dal Soroptimist International. Si tratta di un premio per i ragazzi di due istituti superiori di Reggio Emilia che quest’anno ha avuto come tema lo studio di due immagini vetrina per la nuova stagione Autunno Inverno 2010.
Un’iniziativa che unisce elementi importanti: dalla stimolazione della creatività dei giovani ed il relativo riconoscimento, alla relazione (ormai straconsolidata) di una delle più belle aziende italiane, Max Mara, con il suo territorio.
Nell’articolo Giovani stilisti crescono si sottolinea giustamente sia l’allestimento dell’aula magna dell’Università, trasformata per una mattina in un atelier, sia l’intervento di Luigi Maramotti che ha esortato gli studenti a concentrarsi su impegno e creatività.
La prima testimonianza è stata quella di Laura Milani che ha raccontato la sua esperienza professionale, dallo studio legale in cui ha iniziato a lavorare fino all’attuale incarico in Facebook.
Anch’io ho riportato qualche esperienza professionale, partendo però da un fatto personale che ho raccontato per la prima volta in pubblico (con un po’ di imbarazzo, lo ammetto), ossia del mio casuale esordio come dj in radio che ha trasformato un sedicenne decisamente timido e riservato, in una persona più sicura e consapevole di poter coltivare le proprie passioni.
Parecchie le domande dagli studenti per me e per Laura, per poi arrivare al momento esaltante delle premiazioni dei ragazzi e delle insegnanti. Ho visto anche che il prossimo concorso riguarderà la relazione dei blog nel mondo fashion: insomma, lo sguardo è ben concentrato sul connubio tra capacità, creatività e attualità.
Notazione finale: è la prima volta che faccio un intervento con la presenza in sala di una traduttrice per non udenti. Una di quelle piccole cose che sono grandissime per i soggetti interessati.
Domani alle 12 partecipo al webinar “Roundtable Digital Marketing: Esperienze, idee e strumenti per costruire una strategia di comunicazione digitale vincente” che sarà possibile seguire gratuitamente online.
Interverranno Cristina Papini, Responsabile di Nielsen Buzz Metrics, Roberta Cocco, Direttore Marketing Centrale Microsoft Italia, e Sabrina Corti, Enterprise Marketing Manager Microsoft Italia.
Poi andrò a moderare la sessione pomeridiana del Web Marketing Evolution… dall’altra parte di Milano.
Volevo raccontare di un interessante incontro con Rand Fishkin di SEOmoz.org, che ha organizzato la scorsa settimana l’Ambasciata Americana e BAIA presso la LUISS a Roma.
Ho ascoltato Rand svariate volte durante il Search Egine Strategies negli Stati Uniti, la prima penso nel 2004, per cui ne ho potuto osservare i vari passaggi professionali che poi ci ha illustrato nell’incontro italiano. L’elemento che mi ha sempre colpito di più di lui e del suo modo di fare business, è la trasparenza ed il modo diretto di raccontarsi. Un misto di onestà intellettuale, altruismo e sano egocentrismo con l’effetto di risultare addirittura buonista o perfino ingenuo.
Guardate le chart che ci ha mostrato l’altro giorno (le riporto anche qui di seguito): dettaglia non solo gli elementi strategici e tattici del suo business, ma entra nel merito dei numeri fino a graficizzare il trend del suo debito in banca. Una trasparenza tipica della cultura anglosassone che mi colpisce (positivamente) ogni volta; così come l’usuale approccio in cui un imprenditore americano parte dal raccontarti dei suoi fallimenti prima che dei successi.
Oggi Seomoz è un’azienda di 32 persone che ha chiuso il 2010 con 5,7 $US di fatturato e l’83% di gross margin. Il 40% del business è al di fuori degli Stati Uniti, e arriva principalmente dall’Europa. Interessante la strategia di comunicazione decisamente multicanale che Rand non solo teorizza chiamandola Inbound Marketing, ma di cui ne descrive la concreta applicazione nella sua azienda dimostrandone i relativi vantaggi, primo fra tutti l’assenza totale di un reparto commerciale. Anche se evidentemente si tratta di una strategia che ha senso su mercati globali, è indubbiamente un’impostazione da cui pescare svariati insegnamenti.
Ho trovato sempre appassionanti le storie dei mei nonni. Passavo ore ad ascoltare le vicende di guerra che (purtroppo) li coinvolsero: la vita da sfollati, le notti nelle grotte per sfuggire ai tedeschi, i sacrifici per guadagnarsi un pezzo di pane (che da allora si baciava prima di buttarlo quando secco). Trovavo piacevole anche immergermi nelle tradizioni, di quelle tramandate da generazioni: la festa della Madonna e la relativa processione a piedi nudi, i turni a girare la polenta nell’immensa pentola perché sennò “non te la guadagnavi”, le notizie esaltate dai più anziani quando avevano a che fare con storie di onore, rispetto, generosità.
Oggi, se racconto ai miei figli una storia di dieci anni fa, la considerano vecchia e, come tale, definitivamente superata. Un atteggiamento comune non solo tra i più giovani, ma che riguarda più in generale il modo con cui si osserva il passato.
In questi giorni ho incrociato alcuni momenti che richiamano i tempi che furono. In particolare un internet-revival scatenato da Alberto Bregani ricordando Web Marketing Tool, un magazine che funzionò anche da aggregatore delle persone più attive nel primo panorama internet italiano (1997 e giù di lì).
A guardare ancora più indietro nel tempo ci pensa poi una email che sta girando in questi giorni tra quelli di una certa generazione (in realtà penso ne becchi più d’una). Nostalgici o curiosi possono vedere l’apposito gruppo su Facebook; qui ne riporto qualche passaggio:
- Noi, che le nostre mamme mica ci hanno visti con l’ecografia.
- Noi, che la scuola durava fino alla mezza e poi andavamo a casa per il pranzo con tutta la famiglia (si, anche con papà).
- Noi, che se a scuola la maestra ti dava un ceffone, mamma a casa te ne dava 2.
- Noi, che chi lasciava la scia più lunga nella frenata con la bici era il più fico e che se anche andavi in strada non era così pericoloso.
- Noi, che dopo la prima partita c’era la rivincita, e poi la bella, e poi la bella della bella.
- Noi, che le cassette se le mangiava il mangianastri, e ci toccava riavvolgere il nastro con la Bic.
- Noi, che giocavamo a pallone in mezzo alla strada con l’unico obbligo di rientrare prima del tramonto.
- Noi, che ci emozionavamo per un bacio su una guancia.
- Noi, che siamo ancora qui e certe cose le abbiamo dimenticate e sorridiamo quando ce le ricordiamo.
Un po’ di nostalgia fa sempre bene al cuore. Basta riuscire a distillare dal passato gli insegnamenti utili per vivere meglio nel presente. Il punto è proprio questo: cosa ci faccio col passato in un mondo che digerisce ogni cosa alla velocità supersonica? A cosa servono i ricordi se tre quarti dei valori che hanno insegnato ad uno di cinquant’anni come il sottoscritto, sono considerati anacronistici?
Sono domande retoriche, ovviamente. Io continuo ad attingere a piene mani dal passato, pescando valori, esperienze e idee che ritengo abbiano ancora spazio, magari facendo qualche adeguamento estetico.
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