Archivio: agosto, 2009
La ricorrenza dei venti anni dalla nascita del Web è una di quelle situazioni legate alle tecnologie in cui anche brevi periodi temporali sono segnati da fasi molteplici, con un rapido incedere fatto di sconvolgimenti, riflussi e nuove scoperte. Così le due decadi di vita del Web (e qui permettetemi di generalizzare riferendomi ad internet nel suo complesso), hanno visto susseguirsi momenti con scatti repentini, alcuni dei quali hanno avuto riflessi profondi su gran parte della popolazione mondiale. Dopo il primo impiego carbonaro nelle università, in cui l’aspetto tecnologico era prevalente, ci fu la “fase finanziaria” che sognava, per lo più in modo interessato e con intenti speculativi, la nascita di modelli economici evidentemente slegati da basi sostenibili. Poi il crollo dei modelli fanta-finanziari e la relativa disillusione, seguiti da un periodo di crescita più lenta ma costante e, soprattutto, maggiormente consapevole delle dimensioni e delle opportunità della Rete. Arriviamo quindi dalle parti degli anni che stiamo vivendo, circondati di popolari social network amalgamati dalle applicazioni Web 2.0 che, peraltro, iniziamo a portarci comodamente in tasca attraverso gli apparecchi mobili.
Un elemento di osservazione di questi venti anni di Web sono i suoi vari “passaggi di proprietà”: prima i laboratori tecnologici e le università, poi il mondo finanziario ed alcune corporation, infine le persone tutte che hanno acquisito la leadership negli ultimi anni. Ecco, penso che oggi il Web, sia in mano a ognuno di noi, che da utenti di un sistema tecnologico siamo diventati protagonisti di un ambiente di relazione e comunicazione. Ne abbiamo preso il possesso, ci abbiamo piantato le nostre tende, entro le quali ci informiamo, pubblichiamo contenuti, gestiamo le connessioni con individui e organizzazioni, prendiamo decisioni maggiormente consapevoli e influenziamo quelle di altre persone come noi. Non è più una realtà virtuale ma è parte della nostra vita. Certo, si tratta di modellare questa cittadinanza digitale con gli equilibri economici basati sulla pubblicità più o meno personalizzata o su servizi specializzati a pagamento, ma sono scambi di valore tra individui e fornitori di servizi che riescono a plasmarsi esclusivamente su modelli pensati per le persone e non più calati dall’alto unilateralmente.
Ora si tratta di difendere questo “nostro” Web, perché un potere di queste dimensione non è mai stato disponibile in modo così diffuso e distribuito sull’umanità e abbiamo ancora tutto da imparare nel mantenerlo adeguato alla volontà collettiva. Organizzazioni e governi vorrebbero esercitare un maggior controllo, perché evidentemente il sistema sfugge dai canonici ambiti in cui sono circolate idee e denaro fino a pochi anni fa. Ma la Rete ha ormai dimostrato che vincoli e regolamentazioni imposti d’autorità o eccessivamente di parte, non solo risultano poco efficaci o addirittura controproducenti, ma diventano rapidamente obsoleti perché il Web riesce ad adattarsi comunque ai desideri dei suoi “cittadini”.
Teniamo quindi alta l’attenzione su chi regolamenta la Rete, così come sui fornitori di servizi online diventati custodi delle nostre vite private e dei nostri interessi. Abbiamo gli strumenti per informare e informarci, per indirizzare la volontà popolare e anche quella di piccoli gruppi di persone. È un’opportunità che molti dei nostri genitori non avevano. Lasciamo invece che i nostri figli possano goderne appieno.
Mauro Lupi
Articolo uscito su TakeOff, Luglio 2009
La faccenda è quella di FIEG che ritiene dominante la posizione di Google per cui ha fatto intervenire l'Antitrust e la Guardia di Finanza. Ci sono parecchi angoli di osservazione della vicenda; qui ne riporto alcuni.
Parto da un commento ad un post di Luca De Biase che riprende un brano di un pezzo di Armando Torno su corriere.it, il quale fotografa lo scenario generale del valore dei contenuti: “la retri
Una corretta gestione delle riunioni è da sempre un fattore critico per la produttività aziendale. Uno dei problemi più diffusi è il dilatarsi della durata dei meeting rispetto a quanto preventivato (lo so, a volte neanche si programma l’orario di fine-meeting…).
Ebbene, la trovata di un’azienda inglese è intelligente ed elegante: dei tavoli con un indicatore luminoso del tempo rimasto rispetto a quanto programmato: cool!

Re-brand di Mirko Nesurini è dedicato ai brand che dormono, ossia quelle marche che sono uscite dal mercato ma ancora godono di notorietà per cui può valer la pena rilanciarle. Il libro ha una strana trattazione: a volte sembra un collage di post-it e appunti sulle numerose aziende citate. Lunga è infatti la carrellata di brand più o meno noti e di successo, dei quali si raccontano dati storiografici e di mercato senza però approfondire o commentare le strategie o i risultati. Interessante per i curiosi dei brand del passato.
Farsi capire di Annamaria Testa l’avevo acquistato leggendo un post di Luisa Carrada la quale, come al solito, ci prende sempre. Si tratta di un lavoro che approfondisce tutti i lati del comunicare tra le persone, con un approccio abbastanza rigoroso (nacque come base per un corso universitario) che sfocia continuamente in divertenti e sorprendenti battute di un humor piacevolissimo. Esposizione elegante che si avvale di buffi personaggi per condire gli esempi pratici, i quali arrivano al momento giusto per sdrammatizzare i momenti di trattazione maggiormente elaborati.
Internet e movimenti sociali è il testo della tesi di laurea di Franco Pignatti ed è un buon excursus riguardo l’utilizzo della Rete per le svariate forme di attivismo e di comunicazione di protesta. Il lavoro naturalmente fa ampio ricorso a citazioni e riprese di testi di riferimento (i lavori di Castells su tutti) ma poi entra nei dettagli con una trattazione equilibrata e analitica di alcuni dei fenomeni più rilevanti sull’argomento degli ultimi anni.
“La Commissione Ue esorta gli Stati Membri a dare ripetizioni ai propri cittadini perché sono spesso analfabeti digitali”. Parte così l’Ansa di ieri pomeriggio relativa alle raccomandazioni del commissario per i Media e la Società dell’informazione, Viviane Reading, ripresa stamattina da IlSole24Ore il quale aggiunge:
Non sapere usare i social network come Facebook e Twitter ed essere incapaci di usare un motore di ricerca significa essere tagliati fuori dalla società contemporanea
Invece mi sembra che le Istituzioni nostrane abbiano escluso Internet dai loro piani strategici. Ok, c’è tutto il can can sulla banda larga, il wi-fi nelle città, e così via. E a più riprese (penso agli interventi di Gentiloni prima e Romani poi agli ultimi IAB Forum milanesi) il governo ha sottolineato che si concentrerà sulle infrastrutture e basta. Invece l’auspicio della Commissione Europea all’education è netto e riporta anche un dato secco (dal pezzo su IlSole24Ore):
Il 24% dei cittadini UE senza internet a casa afferma di non averlo poiché non sa usarlo
Non si tratta quindi di portare un “attrezzo” a casa delle persone: significa insegnare a capirlo, valorizzarlo ed usarlo. E ciò vale il doppio se pensiamo alle aziende, per le quali la Rete è un elemento competitivo il cui impiego esteso dovrebbe essere obbligatorio per legge! In una società non propriamente veloce nel recepire le nuove tecnologie come quella italiana, l’inesperienza e la disinformazione rischiano di trasformare la disponibilità di internet in un problema anziché in una opportunità.
Talvolta noi del settore additiamo alle aziende l’incapacità di utilizzare la Rete in modo strategico. Indubbiamente ci sono ritrosie e diffidenze frutto di cambiamenti che spaventano, protezione degli status quo, paura di mettersi in gioco. Ma è anche vero che la portata di queste innovazioni necessita una formazione continuativa, un supporto strategico e operativo che è parte stessa dell’innovazione. Se non si coglie questo aspetto, saremo sempre lì a giochicchiare con le mode del momento lasciando le aziende disorientate a scegliere soluzioni apparentemente sicure anziché avventurarsi nella complessità della Rete.
È un argomento a cui tengo molto e sui cui proverò a lavorare nei prossimi mesi. Ben vengano suggerimenti e spunti su cui ragionare.
“La Commissione Ue esorta gli Stati Membri a dare ripetizioni ai propri cittadini perché sono spesso analfabeti digitali”. Parte così l’Ansa di ieri pomeriggio relativa alle raccomandazioni del commissario per i Media e la Società dell’informazione, Viviane Reading, ripresa stamattina da IlSole24Ore il quale aggiunge:
Non sapere usare i social network come Facebook e Twitter ed essere incapaci di usare un motore di ricerca significa essere tagliati fuori dalla società contemporanea
Invece mi sembra che le Istituzioni nostrane abbiano escluso Internet dai loro piani strategici. Ok, c’è tutto il can can sulla banda larga, il wi-fi nelle città, e così via. E a più riprese (penso agli interventi di Gentiloni prima e Romani poi agli ultimi IAB Forum milanesi) il governo ha sottolineato che si concentrerà sulle infrastrutture e basta. Invece l’auspicio della Commissione Europea all’education è netto e riporta anche un dato secco (dal pezzo su IlSole24Ore):
Il 24% dei cittadini UE senza internet a casa afferma di non averlo poiché non sa usarlo
Non si tratta quindi di portare un “attrezzo” a casa delle persone: significa insegnare a capirlo, valorizzarlo ed usarlo. E ciò vale il doppio se pensiamo alle aziende, per le quali la Rete è un elemento competitivo il cui impiego esteso dovrebbe essere obbligatorio per legge! In una società non propriamente veloce nel recepire le nuove tecnologie come quella italiana, l’inesperienza e la disinformazione rischiano di trasformare la disponibilità di internet in un problema anziché in una opportunità.
Talvolta noi del settore additiamo alle aziende l’incapacità di utilizzare la Rete in modo strategico. Indubbiamente ci sono ritrosie e diffidenze frutto di cambiamenti che spaventano, protezione degli status quo, paura di mettersi in gioco. Ma è anche vero che la portata di queste innovazioni necessita una formazione continuativa, un supporto strategico e operativo che è parte stessa dell’innovazione. Se non si coglie questo aspetto, saremo sempre lì a giochicchiare con le mode del momento lasciando le aziende disorientate a scegliere soluzioni apparentemente sicure anziché avventurarsi nella complessità della Rete.
È un argomento a cui tengo molto e sui cui proverò a lavorare nei prossimi mesi. Ben vengano suggerimenti e spunti su cui ragionare.
A guardare la rilevazione di ComScore dei siti web più visitati in Italia, in particolare confrontando la situazione di Giugno rispetto a quella di sei mesi prima, saltano all’occhio alcuni trend evidenti. Non solo lo scatto di Facebook, ma anche la comparsa di Live.come un certo ridimensionamento di portali nazionali come Libero e Leonardo. I due grafici di seguito si riferiscono rispettivamente a Dicembre 2008 e Giugno 2009.
Questi schemi di ComScore fanno parte di una serie di chart che riguardano anche altri paesi (US, UK, Spagna e Francia) ed è disponibile su DocStoc ed è stata anche presentata su TechCrunch. A occhio, mi pare che rispetto alle rilevazioni di Nielsen (e quindi quelle di Audiweb) ci siano delle differenze significative, ma come valori relativi sono comunque dati interessanti.

Dedico ai SEO che non sono in vacanza questa ironica chart di Randifish. Negli anni il tempo dedicato a “convincere gli inesperti sull’importanza del SEO” è diminuito, ma rimane ancora un task cruciale.
In realtà ce ne sono altre di chart interessanti nel post di Randifish, tra cui una che posiziona le tattiche SEO su due assi: White Hat vs. Black Hat e Low Value vs. High Value.
“Come posso fornire contenuti o servizi esclusivi ai miei clienti più affezionati?” È più o meno questa una delle esigenze di un cliente che sto seguendo. La domanda non solo è legittima, ma nel passato anche più recente è stata soddisfatta efficacemente in svariati modi: informazioni in anteprima, prove dei prodotti, fidelity card, offerte esclusive, ecc.
Sarà il caldo di questi giorni a favorire la riflessione, ma ho iniziato a pensare che la Rete cambi anche il concetto di “clienti più affezionati”, andando a mettere in discussione l’usuale doppio binario con consumatori normali da una parte e i “top client” dall’altra, almeno per quanto riguarda le attività di comunicazione online e le iniziative ad esse collegate.
Se è vero che stiamo passando dai mercati di massa ad una massa i mercati, sono le persone stesse che si auto-segmentano, distribuendo il loro tempo su molteplici canali e strumenti, assegnando a ciascuno di essi un tempo sempre più contratto. Ne deriva che una stratificazione aggiuntiva (normali vs. affezionati), rischia di polverizzare ulteriormente l’attenzione e di rendere meno efficienti le iniziative verso élite dai contorni sempre più sfumati.
La logica è quella che caratterizza le inserzioni sui motori di ricerca, le quali sono prodotte dall’autoprofilazione degli utenti attraverso alla loro chiave di ricerca. Ebbene, penso che le aziende dovrebbero rivolgersi a tutti i loro consumatori come se fossero “top client”, lasciando che ognuno di loro autodetermini il significato dell’aggettivo “top”. Insomma, proviamo a dare a tutti il potere di meritarsi uno sconto, un’informazione in anteprima e via dicendo.
Naturalmente continueranno ad esistere cluster differenti per modalità di fruizione dei prodotti, frequenza di acquisto, valori associati al brand, ecc. Il punto è che molte di queste iniziative “esclusive” sono oggi gestibili con tecnologie sempre più versatili ed economiche, tanto da permettere di poter esaltare tutte le svariate forme di élite che si trovano nella lunga coda del proprio mercato di riferimento.
Questo sito/blog è la mia casa digitale in cui, generalmente, tratto di comunicazione, marketing e tecnologia (ossia 


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