Archivio: gennaio, 2009

Non è stato facile, ma alla fine sono riuscito a non far mettere "blogger" nel sottopancia

Sto parlando della partecipazione a Reporter Diffuso, il programma di Marco Montemagno nell’ambito di SKY TG24. Va in onda domani (sabato) alle 11.35 e poi alle 22.35.


Beh, a me questo pensiero di Luca Director De Biase è piaciuto moltissimo. Qui solo un assaggio:

Poi parole diventate un messaggino su Twitter. Assorbite da FriendFeed. Approvate o più spesso ovviamente ignorate. E ripetute qui. Forse in vista di andare altrove. In nuove conversazioni, in nuovi messaggi, in nuovi media. Bit a specchio. Intelligenza collettiva.


Nell’interessante tavola rotonda Yes Web Can per la presentazione del Master in Social Media Marketing e Web Communication tenutosi venerdì allo IULM, a proposito del nuovo blog della Casa Bianca ho detto che pur non contenendo tutte le tipiche funzionalità dei blog come li conosciamo (a partire dall’assenza dei commenti), è un’iniziativa che saluto comunque con grande soddisfazione. E penso che realisticamente nessuno si aspettasse da subito un blogger alla Robert Scoble a gestire una iniziativa del genere.

Giusto invece sottolineare alcuni segnali importanti, a partire da quello che ha evidenziato Andrea Genovese di 7th Floor nella sua bella presentazione incentrata su Obama, ossia l’intenzione dell’amministrazione di anticipare sul blog le leggi non urgenti in fase di approvazione per permettere a chiunque di contribuire nella fase di revisione finale.

Collego a questo discorso una riflessione che volevo condividere con voi a proposito delle frequenti richieste che ricevo di dare un parere su un blog, sia esso sviluppato da un’azienda o meno.

Il guaio è che spesso la richiesta me la fanno quando nel blog sono stati inseriti due post, di cui uno che saluta i nuovi visitatori. Quindi l’unica valutazione che si può dare è estetica o legata a technicality, comunque importanti ma non certo essenziali in un blog. Per fare un esempio: da dicembre ho cambiato la struttura di questo blog, eppure le 2000 persone circa che lo seguono attraverso il feed RSS, probabilmente neanche se ne sono accorte (ed è giusto che sia così).

Per cui penso abbia senso rimandare una valutazione al momento in cui ci sono, che so, dieci/dodici post. Ma non basta guardare i post interni, occorre che ce ne siano anche un certo numero esterni, ossia sviluppati innescando delle relazioni con altri siti e blog, apportando in/verso questi dei contributi fattivi.

È poi evidente che un giudizio complessivo va relazionato con gli obiettivi che hanno animato lo sviluppo dei blog e quindi la verifica dello stato attuale in funzione delle intenzioni iniziali. Purtroppo talvolta gli obiettivi (quando ci sono…) riprendono delle logiche pubblicitarie o prettamente commerciali che invece in un blog sono tipicamente parallele e comunque conseguenti ad altri goal: livello di coinvolgimento, numerosità e qualità delle relazioni, reputazione, ecc.


A casa di Stefano si sta sviluppando un bel dibattito sul tema giornalismo e blog, o meglio, tra giornalisti e blogger. Il tutto nasce da un confronto senza peli sulla lingua tra un “amico giornalista” (che poi si svela e interviene nei commenti) e Stefano e altri colleghi blogger (termine che qui uso per praticità, ma ribadisco che non considero i blogger una categoria).

Per ragioni di tempo non ce la faccio ad intervenire nella discussione, ma sto maturando un pensiero riguardo a quello che a me sembra il punto centrale, ossia l’evoluzione del concetto di “contenuti”. Se continuiamo a ragionare dal lato dei produttori dei contenuti, e quindi sui ruoli professionali o amatoriali, sulle motivazioni di chi scrive per lavoro o per fare PR, allora rischiamo di perdere di vista chi ha in mano il pallino, ossia il lettore.

Noi possiamo sbellicarci a giudicare se il lavoro dei giornalisti sia privilegiato o meno, se i blogger siano dilettanti allo sbaraglio e meno e così via (e sono temi su cui ci si arrovella da tanti


Emergo da qualche giorno di latitanza per segnalare un interessante articolo di Giuseppe Granieri su Apogeo. Il tema è ambizioso, "L'internet del 2009" e Giuseppe ne sintetizza tre elementi chiave che condivido:

  • Specializzazione, intesa come una selezione degli strumenti web che si utilizzano
  • Frammentazione a riguardo delle conversazioni sulla Rete che si vanno distribuendo in maniera sempre più diffusa
  • Normalità banale, in relazione all'ingresso della Rete tra le cose "normali" per una gran parte della popolazione (tema ripreso anche da Massimiliano Magrini, boss di Google Italia)
  • La crisi e l’informazione, in cui sintetizza la difficoltà di remunerare i contenuti giornalistici online, proprio mentre la stampa tradizionale sta vivendo uno dei periodi di maggiore difficoltà della sua storia.

Io il 2009 l'ho iniziato spostando in Rete molte attività day-by-day. Dovendo inviare il mio portatile in riparazione per un contatto allo schermo, sto sperimentando di passare ad una operatività "leggera" tutta fatta online, passando da una postazione in ufficio ad un PC a casa condividendo le stesse cose. Quindi web services (anche a livello aziendale), web mail (ove possibile), desktop virtuali (come Netvibes), e anche il messenger via browser (con Meebo). Manca solo un "vero" Office online, ma pare sia questione di mesi. Inizio ad associare davvero internet all'elettricità o all'acqua: ecco, questo potrebbe essere un'altra dominante per il 2009.


Basta, non riesco più a sentir ripetere di “cose lette su Facebook”, oppure di “quello che ho visto sui blog”, come se si trattasse di ambienti unici, uniformi, standardizzati. È forse questo il principale equivoco che genera la disinformazione a proposito di internet e dei social network.

Non c’è “un Facebook”, così come non ci sono “i blog”. Ci sono tanti singoli individui che, grazie a Dio, sono diversi e che scrivono, fotografano, filmano, cose diversissime. Con obiettivi, stili e risultati altrettanto differenti. Che poi stringono le loro relazioni digitali secondo molteplici strumenti e consuetudini.

In questo momento sono circa sei milioni gli italiani iscritti a Facebook, con il quale gestiscono la loro piccola casa virtuale, invitano gli amici che vogliono, scrivono e fotografano ciò che gli pare.

Riferirsi a Facebook stigmatizzandone i suoi contenuti è come affermare di poter capire un’intera città passeggiando in una decina di strade. O come disquisire dei contenuti della stampa periodica in generale sfogliando qualche rivista in un’edicola, magari fermandosi nel settore dei fumetti.

Il punto è sempre lo stesso. Si continua a identificare internet alla stregua dei media tradizionali, i quali sono sempre prodotti da un numero finito e ben indentificato (anche professionalmente) di persone. La Rete è invece uno spazio in cui gli ambienti digitali come Facebook sono solo strumenti e non media: loro ospitano e aggregano tanti singoli individui, per cui non possono che rappresentare migliaia di facce ed espressioni differenti e non un’identità unitaria come semplicisticamente in molti tendono a pensare e, quindi, a giudicare.


Il nuovo layout di questo blog è pressoché completo. L’idea è di continuare a mantenere centrale questo strumento di comunicazione, cercando di lasciare gli altri tool (Facebook, FriendFeed, ecc.) sono come collaterals.

Alcune nuove funzioni derivano dalla rinnovata piattaforma Typepad, e riguardano in particolare una migliore navigazione tra le pagine e, soprattutto, una nuova gestione dei commenti che mi piace molto. Adesso si può rispondere ad uno specifico commento e non c’è più bisogno di mettere il codice di controllo. Se si dispone di un account Typepad oppure OpenID, ci si può loggare e il commento viene identificato con i propri dati e la relativa foto.

Riguardo ai contenuti, ho aggiunto una pagina che raccoglie le slide, i video e le foto che mi riguardano, a cui si accede dal menu nella nuova barra in alto. Ho anche semplificato la licenza Creative Commons, lasciando le sole opzioni “Attribuzione” e “Non commerciale”. Vorrei fare ancora degli aggiustamenti “di fino” per i motori di ricerca, ma Typepad ha ancora qualche problemino che sto cercando di risolvere con un loro responsabile a San Francisco.

L’idea della dominante verde non è originalissima, ma con questa vorrei rappresentare l’applicazione di una specie di “ecologia dei contenuti”, intendendo la pratica di scrivere con leggerezza ma con serietà, mantenendo una giusta continuità ma senza esagerare in frequenza, provando a mantenere una certa consistenza fornendo del valore aggiunto. Se poi non ci riesco… vorrà dire che ho sbagliato colore! (ah, si, ho aggiornato anche il set di smile).