Archivio: aprile, 2008

Ecco le slide che dettagliano l’articolo sui Company Generated Content

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Giovedì è uscito un mio articolo su Nòva (IlSole24Ore) che approfondisce l’argomento dei company generated content su cui mi sto concentrando in questo periodo. Nel link precedente ho riproposto il testo dell’articolo, mentre qui inserico un grafico che cerca di sintetizzare il concetto, ossia che oltre alla visibilità che si ottiene acquistando pubblicità, c’è quella che si può guadagnarsi attraverso al produzione, l’ottimizzazione e la condivisione dei contenuti.

company generated content keywords

Qui ho riportato l’immagine con il testo in inglese perché su Nòva le voci sono state tradotte in italiano ma non tutte rendano il significato che voloveo dargli.

Sia chiaro, non ce l’ho con la pubblicità (on/off line che sia), né penso che le aziende si debbano mettere a fare gli editori. Solo che ritengo estremante produttivo affiancare alle attuali forme di comunicazione, delle iniziative che sviluppino ulteriori touch point con le persone, attraverso contenuti pensati con obiettivi informativi, divulgativi o di intrattenimento.

Il tema dei company generated content l’ho affrontato recentemente anche con un breve video e, in parte, con un precedente articolo su Nòva. Se passate allo stand Ad Maiora a IAB Forum a Roma, conto di aver preparato con l’occasione anche qualche materiale più analitico che dettaglia il significato delle aree del triangolo. Ho un PPT già pronto solo che Slideshare è in in panne in questo periodo (pare per attacchi alla Cina): mi cosigliate un’alternativa?

Intanto sarei molto contento di ricevere feedback, punti di vista, eventuali esperienze, ecc.

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Company Generated Content Ogni giorno incontro persone che lavorano in aziende di ogni tipo. Ascoltandole con attenzione e curiosità apprendo sempre informazioni nuove e stimolanti , magari anche curiose e divertenti. Quando invece osservo il modo di comunicare di queste aziende, non sempre riscontro l’emergere di quella passione, quelle competenze e, perché no, quelle storie che a me sono sembrate così interessanti. È come se ci togliessero la possibilità di raccontare a tutti le nostre vacanze o il film appena visto: che gusto ci sarebbe? Ebbene, in questo articolo cercherò di spiegare perché le aziende dovrebbero iniziare a produrre contenuti in modo strutturale, affiancandosi in questo sia ai media tradizionali sia agli user generated content: è arrivato il momento dei company generated content.

Naturalmente la pubblicità rimarrà una delle forme principali di comunicazione da parte delle imprese. Ma oltre alla visibilità che è possibile “acquistare” esistono diverse possibilità di guadagnarsela: naturalmente facendo ottimi prodotti e servizi beneficiando del conseguente passaparola, ma non basta. La vera guerra è l’attenzione degli individui, distratta da un’infinità di contenuti e canali disponibili, ubicati peraltro su device sempre più differenziati, sviluppati dai professionisti dei media ma anche da milioni di individui senza un diretto modello economico sottostante. È ora che le aziende scendano in campo e partecipino a questo gioco, contando soprattutto su internet per arrivare direttamente ai propri stakeholder. Non possono sperare di raggiungere i propri consumatori solo continuando ad acquistare spazi pubblicitari dai publisher on/off-line; così come non ha senso illudersi che i contenuti generati dalle persone siano riconducibili alle finalità di business dell’impresa o, peggio ancora, manipolabili in qualche modo.

L’auspicio per le aziende non è certo quello di cambiare mestiere e mettersi a fare gli editori. Però a guardare bene nei cassetti degli uffici si scoprono mille argomenti che potrebbe aver senso raccontare, naturalmente sempre in relazione agli obiettivi con cui si vuole sviluppare un tale progetto di comunicazione. Anche se sviluppare contenuti per chi di mestiere fa altro può sembrare impegnativo o impossibile, a cercar bene si scopre che c’è materiale ovunque in azienda: basta saperlo individuare, valorizzare e diffondere.

Si può partire dalle classiche news aziendali (compresi i tradizionali comunicati stampa) che molto spesso celano dei contenuti che possono essere sviluppati in chiave informativa così da produrre contenuti utili e interessanti. Quindi fuori tutte le ricerche, le white paper, gli articoli e gli approfondimenti che non solo sanciscono la competenza professionale e generano awareness, ma sono altresì estremamente utili da dare in pasto ai motori di ricerca così da accrescere le porte di ingresso al sito web.

Un altro approccio è quello far scendere in campo le persone dell’impresa, attraverso le loro storie, la loro passione, la loro capacità di spiegare i prodotti e i servizi in modo spontaneo e, in genere, decisamente più credibile della comunicazione promozionale. Si tratta peraltro di un processo già in atto in cui manager e collaboratori “ci mettono la faccia” e iniziano un processo di relazione tra persone e non più solamente tra azienda e consumatore.

Una segnalazione specifica meritano tutti gli eventi a cui partecipano o che organizzano le società (convegni, workshop, fiere, ecc.) che praticamente potrebbero estendere la loro vita se opportunamente digitalizzati e sviluppati sulla rete, fornendo quindi una grande qualità di contenuti in qualche modo “già pagati” e praticamente pronti per sviluppare ulteriore visibilità online.

Tra le diverse forme con cui produrre nuovi prodotti editoriali, il blog aggiunge infine la possibilità non solo di rinnovare la forma dei contenuti ma anche di aprire un canale di comunicazione bidirezionale, aperto ai contributi dei lettori.

I contenuti prodotti dalle aziende diventeranno cruciali nelle loro strategie di comunicazione e nelle tattiche per sviluppare visibilità e autorevolezza. Il sito web fungerà da elemento centrale, aggiungendo alla sua funzione istituzionale e di destinazione delle iniziative pubblicitarie, il ruolo di smistamento di tutti gli altri contenuti periodici prodotti, dei quali si dovrà curare l’ottimizzazione per i motori di ricerca e le funzionalità di condivisione e distribuzione tipiche del Web 2.0. L’estensione verso la conversazione col mondo esterno sarà affidata ad una sezione blog che fungerà da membrana con le persone.

Articolo di Mauro Lupi del 24 Aprile 2008 su Nòva (Copyright IlSole24Ore)

Qui ulteriori informazioni e grafici

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Il titolo può essere letto in due modi:

  • Consiglio come verbo e quindi l’invito a seguire (e magari iscriversi per le aziende del settore) a IAB Italia, l’associazione che rappresenta l’intero mondo della comunicazione interattiva. Non dimenticate il prossimo appuntamento il 7 maggio a Roma
  • Consiglio come nome proprio, nel senso di Consiglio Direttivo che proprio ieri è stato rinnovato per un mandato biennale. I consiglieri eletti sono:
    • Layla Pavone (Isobar), Presidente
    • Mauro Lupi (Ad Maiora), Vicepresidente
    • Monica Belgeri (IlSole24Ore), Tesoriere
    • Francesco Barbarani (MySpace)
    • Davide Mondo (Tiscali)
    • Andrea Da Venezia (ZenithOptimedia)
    • Nereo Sciutto (WebRanking)
    • Daniele Bologna (Ediforum)
    • Salvatore Ippolito (Microsoft Digital Advertising Solutions)
    • Paola Marazzini (Google)
    • Davide Corcione (Yahoo!)

Per quanto mi riguarda, sono ovviamente onorato di essere nel gruppo ancora una volta (entrai in IAB nel 2001, mi pare) anche se l’elezione di ieri mi ha fatto perdere due anni di vita (chi c’era sa :) ). Scherzi a parte, sono consapevole, come dice Nereo, che ci sarà mooolto da fare non solo a livello di Consiglio ma anche all’interno dei gruppi di lavoro che cercheremo di coinvolgere e stimolare.

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Colazione con Ballmer
Sedere ad un tavolo con dieci amministratori delegati di grandi aziende ad ascoltare e chiaccierare con Steve Ballmer è stato un grande onore ed estramente interessante. Un grande regalo dagli amici di MDAS. Grazie.

Sentire Ballmer affermare che prima di pianificare search advertising ci si dovrebbe preoccupare di farsi trovare facendo search engine optimization, è stato quasi emozionante.

Sentirlo pronosticare il futuro dell’advertising toccando alcune di temi di cui parlerò nel mio intervento di oggi pomeriggio, mi carica di una certa responsabilità.

La giornata prosegue al Crown Plaza. A dopo.


web20 Non cosa sia stato più stimolante nel leggere il libro del Professor Di Bari: senz’altro i contenuti ricchi e diversificati, ma anche il fatto che tra gli autori coinvolti nel testo ci sono cari amici (Stefano Maruzzi, Layla Pavone) e parecchie persone che conosco più o meno bene (Antonio Allegra, Patrizia Cianetti, Sebastian Kuester, Emanuele Quintarelli, Stefano Quintarelli, Stefano Stravato) e tanti altri che ho avuto modo di apprezzare, leggere o ascoltare in momenti diversi (Alberto Abruzzese, Artuto Artom, Carlo Alberto Carnevale Maffè, Andrea Granelli, Howard Rheingold).

In verità mi sono letto “Web 2.0” tenendo a mente la domanda postami da Di Bari nella dedica che mi ha riservato, e ciò se il libro fosse Lupi-compatibile. Direi decisamente di si e lo posso anche misurare constatando le numerose pieghe (le orecchie) fatte alle pagine in cui ho trovato spunti interessanti e che mi son  ripromesso di segnalare. Eccone alcuni.

Dell’introduzione al Web 2.0 di Di Bari mi ha divertito l’associazione della relativa terminologia ad una scena a Via Montenapoleone in cui una ragazza guarda le vetrine (page views), entra in un negozio (click through) e guarda gli scaffali che sembrano più gettonati (digging) mentre ascolta dalla sua amica i suggerimenti sul negozio (folksonomy); poi va in camerino (deep linking), prova un vestito e accoglie i commenti della sua amica (social networking) e mette da parte gli abiti che le piacciono di più (tagging). Il discorso diventa più articolato quando Di Bari argomenta l’opinione in base alla quale, per analizzare compiutamente il Web 2.0 sia opportuno affidarsi alla scienza della complessità data l’impossibilità di ricondurne i fenomeni e gli effetti a valutazioni già ingegnerizzate.

Una frase di Stefano Quintarelli sull’evoluzione dei blog rispetto alla società:

“Il passaggio più delicato è l’adattamento di una società nella quale le avanguardie corrono sempre più velocemente e le retroguardie fanno sempre più fatica anche solo a rilevare i segnali di questi mutamenti.”

Molto efficace Granelli a proposito del lato oscuro della tecnologia, che va affrontato con responsabilità e non lasciato “ai demonizzatori e ai catastrofisti”. E a proposito dell’information overload:

“Questa moltiplicazione delle informazioni sta diffondendo sia l’anoressia informativa sia il suo speculare, l’obesità; in entrambi i casi, il crescente proliferare dell’informazione riduce la capacità dell’uomo di assimilare in maniera sana nuova conoscenza, spingendo i giovani a riempirsi in maniera ossessiva di informaizoni “non nutrienti””.

Collegato c’è un pensiero di Michael Wesch a proposito dell’istruzione:

“Oggi il vero problema è come trovare, selezionare, valutare criticare, organizzare e infine creare informazioni. Sono queste le competenze di cui dobbiamo dotarci per essere insegnanti e il modo migliore per trasmetrerle agli studenti è chiedere loro di fare, in prima persona, esattamente quelle cose”.

Massimo Giordani tocca poi l’argomento a me caro dei contenuti generati dalle aziende, invitando ad una visione olistica della comunicazione, superando il concetto di visibilità conquistata solo attraverso la pubblicità, mediante la pubblicazione e la condivisione di contenuti: progetti, disegni, fotografie, filmati, che spesso rimangono sepolti nei loro archivi. Sempre sullo stesso concetto, Jamie Cason (BBC) afferma:

“Il Web 2.0 valorizza tutte quelle persone della vostra azienda che da anni si occupano di ricerche di mercato, contatti con l’esterno, progetti nelle comunità e interfaccia col pubblico. (…)  Le aziende devono cominciare a recitare come personaggi verosimili, anziché rappresentarsi artificiosamente come entità sovrumane e infallibili”.

L’intero capitolo “Fare business con il Web 2.0” è esemplare in quanto a fotografare il vantaggio competitivo a disposizione delle imprese attraverso il Web 2.0 e l’Enterprise 2.0. Gran finale con Di Bari che coraggiosamente traccia quello che potrebbe essere il Web nel 2015 e poi nel 2020 (pubblicato anche sull’Harvard Business Review e disponibile in PDF), teorizzando i concetti della Longer Tail e della Longest Tail che poi saranno la traccia del suo intervento al prossimo IAB Forum a Roma.

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Come ha segnalato Andrea in un commento ad un precedente post, Universal McCann ha realizzato la terza edizione della ricerca sui social network chiamata Social Media Tracker (formato PDF) che avevo già segnalato in un articolo su Punto Informatico l’anno scorso.

La ricerca si è concentrata su un panel di persone tra i 16 e i 54 anni che utilizzano internet almeno una volta ogni due giorni (active users), intervistando complessivamente 17 mila individui in 29 nazioni. È un campione che trovo significativo in quanto esamina chi la Rete la usa davvero e che riguarda 10,2 milioni di italiani.

Molti sono i numeri che vale la pena evidenziare, in particolare sulla quantità di lettori di blog (8 milioni) e sui blogger (3,4 milioni), area in cui l’Italia si posiziona ai vertici continentali. Rispetto agli altri paesi europei, abbiamo la maggiore percentuale di lettori di blog (79%) sul totale degli active users, e siamo anche primi in quanto a persone che li leggono ogni giorno (37%).

Per razionalizzare i principali numeri riguardo il mondo dei blog in Italia, ho realizzato alcune chart elaborando i risultati della ricerca.

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In uno speciale sui social network realizzato su Pubblicità ItaliaAd Maiora - Vocazione di avanguardisti di questa settimana c’è un riquadro dedicato a Ad Maiora. Mi ci ritrovo nel titolo del pezzo “Vocazione di avanguardisti” mentre il giornalista ci ha accreditato dei clienti (Google, Yahoo! e Miva) che in realtà sono fornitori di cui siamo partner (magari prima o poi potrebbero pure diventare clienti! ). È un periodo molto intenso per l’azienda: come ho segnalato in questa breve intervista, abbiamo iniziato l’anno triplicando il fatturato rispetto al primo trimestre dell’anno scorso. Quello che mi piace constatare è il l’ampliamento dei rapporti con alcuni clienti storici, l’acqusizione di nuovi grandi clienti e lo sviluppo di alcuni importanti progetti innovativi. E non c’è neanche il tempo di annunciarli come si dovrebbe…

Intanto, l’intero speciale sui social network di Publicità Italia è attualmente disponibile online in formato PDF.

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Ormai è ufficiale da qualche giorno il fatto che Steve Ballmer, CEO di Microsoft, sarà a Milano il prossimo 23 Aprile per un evento chiamato The Next Web Now!. Il fatto che l’arrivo del boss :) sia dedicato al web e alla pubblicità, la dice lunga sulle prossime strategie del colosso di Redmond.

Carlo Rossanigo lo presenta simpaticamente su Mclips e Luca Colombo ci informa sul programma. La partecipazione è pubblica e gratuita anche se non dovrebbero esserci rimasti molti posti liberi.

Nelle sessioni del pomeriggio dedicate agli advertiser e alle media agency, sono molto contento di essere stato coinvolto nel tenere lo speech “The Future of Advertising Technology“, stimolante quanto impegnativo. Parlerò di un possibile scenario in cui la tecnologia dovrebbe riuscire a ottimizzare le inefficienze dell’attuale mercato pubblicitario.

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Ogni tanto è bene ricordarlo: la quantità maggiore vendite online sono generate dai motori di ricerca, in primis attraverso il keyword advertising e poi mediante i risultati standard. In termini di ROI, i servizi di ottimizzazione (SEO) sono più convenienti del 100%. Punto.

Acquisizione clienti online - Forrester Research

ROI strumenti e canali online

L’articolo che riprende ed elabora una recente ricerca Forrester è su Ebaystrategies.


In occasione di Interact 2008, il congresso europeo di IAB sulla pubblicità online, riparte anche il relativo blog con una breve ma significativa intervista che ho fatto a Esther Dyson, una delle relatrici di spicco della passata edizione ed un personaggio che seguo dalla fine degli anni 80.

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Bell’articolo di Noha Elkin sulla newsletter di SearchEngineWatch: The Shifting Power of Words, la crescita dell’importanza delle parole.

La riflessione è che saper analizzare come vengono fatte le richerche online, fornisce indicazioni importanti su come comunicare con le persone. Si rinnova quindi l’auspicio all’ascolto da parte delle aziende e questa volta non solo per capire bisogni ed esigenze dei propri stakeholder, ma anche per cogliere come le persone “chiamano le cose”.

Ormai lo ripeto da un bel po’ di anni (anche perché in Ad Maiora ci occupiamo anche di questo, eh eh): i motori di ricerca sono il più grande focus group che sia mai esistito e riuscire ad analizzarne il significato è una grande opportunità per le aziende e le istituzioni.


Conoscete qualcuno che si è distinto nella Pubblica Amministrazione come innovatrice/innovatore? Nell’ambito del Forum PA in collaborazione con IlSole24Ore/Nòva c’è un premio dedicato proprio agli innovatori nella PA. Si possono presentare le nomination fino a domenica 6 aprile.

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In considerazione del fatto che Google gestisce ormai oltre il 70% delle esposizioni pubblicitarie online (almeno secondo le stime di Attributor che considera anche la quota di Doubleclick), all’azienda di Mountain View non basta più questo nostro piccolo pianeta e punta a inserdiarsi su Marte!

Ora: la prima notizia è vera, la seconda è ovviamente un pesce d’aprile.

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