Così le aziende devono rivoluzionare il loromodo di proporsi di fronte alle critiche nei blog e nella rete.

Cambiare i codici, Nòva, Mauro LupiLe aziende iniziano a percepire l’influenza dei contenuti generati dagli utenti, soprattutto quando si tratta di contenuti ostili. Se ne accorgono in modo drastico e improvviso scoprendo, ad esempio, che decine e poi centinaia di persone rim balzano opinioni critiche da sito in sito, a volte decisamente negative e offensive. Succede pure che tali contenuti si vadano a piazzare ai primi posti dei motori di ricerca, intercettando tutti gli interessati al brand o ai prodotti dell’azienda, affiancando i siti corporate vestiti a festa con la voce di tanti “signor nessuno” che non hanno certo peli sulla lingua.

Indubbiamente gli interrogativi da porsi riguardano la capacità della Rete di regolare questa anarchia nello sviluppo di contenuti, specie quando si riferiscono ad opinioni su soggetti terzi o quando sono palesemente artificiose e pilotate. In questa sede vogliamo però fare un passo avanti. Dando per assodata la situazione attuale che vede le aziende costrette a confrontarsi con nuovi attori sulla scena della produzione di contenuti che stanno continuamente parlando di loro, vediamo come stanno reagendo e come dovrebbero comportarsi.

Una delle tipiche reazioni è ignorare il fenomeno, probabilmente la più dannosa. Poi c’è chi affronta il problema secondo i tradizionali canoni di relazione con i media tradizionali: si va dall’inoltro di comunicati stampa ai blogger, alla lettera formale o in legalese nel caso di risposte particolarmente arrabbiate. Sintomatico è il classico tentativo di fare un’escalation, ossia di cercare di arrivare “al capo”, scoprendo che i blogger non hanno un padrone. Non c’è qualcuno in Google che può eliminare o spostare contenuti fastidiosi; si può anche tentare di chiamare i dirigenti da Mountain View (e vi assicuro che qualcuno l’ha fatto), con il solo risultato di scoprire che il mondo nel quale si chiamava il direttore del giornale per censurare un giornalista scomodo, semplicemente non esiste più.

Quando poi si decide di intervenire nelle discussioni, ci si rende conto di quanto la maggior parte della comunicazione aziendale attuale sia realizzata davanti ad uno specchio. Si raccontano dei benefici dei prodotti e dei valori emotivi legati ai brand; e lo si fa con la pubblicità e con i comunicati stampa. Quando bisogna affrontare i problemi e le esigenze di cui discutono le persone sui blog e nei forum, entrano in crisi, scoprendo come gli sia difficile essere credibili e risultare interessanti.

Di sicuro non è facile avviare la conversazione col mondo esterno ed è giusto che ogni organizzazione lo faccia in modo ragionato e graduale. Due gli spunti che ci sentiamo di dare.

Il primo: agli “user generated content” si risponde con i “company generated content”; solo in casi specifici è indispensabile intervenire direttamente in blog e forum. Meglio invece sviluppare un canale trasparente e continuativo in cui esporre il punto di vista aziendale, a patto che sia davvero orientato a conversare e non solo a fare l’ennesimo spot commerciale. Il secondo invito riguarda la forma dei contenuti, che deve essere allineata all’etichetta che le persone applicano su internet e quindi informale e trasparente. Difficile? Probabilmente per molti si. Eppure sono convinto che esistano ovunque manager e collaboratori in grado di raccontare la propria azienda con passione, competenza e credibilità: occorre dar loro voce!

Articolo di Mauro Lupi del 2 agosto 2007 su Nòva (Copyright IlSole24Ore)

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5 commenti per “Cambiare i codici”

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  1. Stefano Bellasio scrive:

    Ciao Mauro, sono un lettore del blog ma non ho mai risposto fino ad ora. Ho trovato ora questo post che mi era sfuggito e ho reputato giusto rispondere.
    L’articolo l’ho letto in vacanza direttamente sul numero di Nova, ed è davvero interessante, soprattutto perchè centra molti dei problemi che le aziende si pongono quando pensano di intervenire pubblicamente nella rete. Posso però portare testimonianza diretta grazie all’esperienza su HostingTalk, dove partecipano alla community molte aziende(logicamente tutte di settore). Posso dire che gli approcci variano da azienda ad azienda, noto spesso che è il CEO stesso a intervenire piuttosto che un semplice impiegato, questo probabilmente per la grandezza media delle aziende, almeno nel settore italiano dell’hosting. Le aziende piu grandi hanno spesso paure ingiustificate e anche da colloqui privati non fanno fatica a nascondere il loro timore, molte volte davvero ingiustificato.
    La testimonianza che posso apportare, relativamente a quanto dici, è che raramente si riscontra l’approccio “ignorare il fenomeno”, spesso quando topic o post richiamano direttamente l’azienda si tende a intervenire con toni “troppo formali”, ma raramente l’azienda evita di commentare o intervenire.

  2. Visibilità guadagnata at Mauro Lupi's blog scrive:

    [...] 2007 – In un articolo su Nòva/IlSole24Ore scrissi di “Company Generated Content”che poi approfondii sempre su Nòva [...]

  3. Contenuti generati dalle aziende at Mauro Lupi's blog scrive:

    [...] generated content l’ho affrontato recentemente anche con un breve video e, in parte, con un precedente articolo su Nòva. Se passate allo stand Ad Maiora a IAB Forum a Roma, conto di aver preparato con [...]

  4. Web 2.0 – Vito Di Bari at Mauro Lupi's blog scrive:

    [...] Giordani tocca poi l’argomento a me caro dei contenuti generati dalle aziende, invitando ad una visione olistica della comunicazione, superando il concetto di visibilità [...]

  5. Tracce umane ovunque / parte prima at Mauro Lupi's blog scrive:

    [...] attività che specie per le aziende, è decisamente nuova e, spesso, complicata (ne ho scritto recentemente su [...]

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