Nei giorni scorsi ho avuto il piacere di leggere in anteprima il rapporto che Gianni Dominici ha preparato per il CENSIS, dal titolo Le concentrazioni del potere nel controllo delle reti telematiche che poi è stato presentato lo scorso 3 luglio. Questa è una brevissima sintesi del rapporto che comunque si può scaricare in PDF dal link suindicato (previa registrazione):

Il sistema dell’innovazione italiano appare polarizzato su due realtà diverse e completamente opposte. Da una parte una moltitudine, attiva nei diversi campi della società della conoscenza che stenta a diventare minoranza creativa, imprenditoriale o professionale, a diventare energia vitale di un’ economia che si confronta con le sfide mondiali, dall’altra parte una oligarchia costituita da poche aziende e istituzioni che hanno l’interesse a rafforzare le loro posizioni dominanti occupando quegli spazi che le nuove tecnologie offrono: dalla comunicazione, alle reti, all’industria di contenuti creando verticalizzazioni e sinergie industriali.

Come ho avuto modo di scrivere a Gianni, l’articolo mi è piaciuto molto; alcuni spunti non li avevo mai inquadrati e li condivido. Quello su cui mi interrogo è se, premesse le due velocità esistenti (o comunque la divisione da chi è frenato dalle oligarchie e chi riesce a sopravvivergli), sia più opportuno a livello istituzionale premiare i veloci cercando di generare loop virtuosi o cercare di far accellerare i lenti.

Se ne parla anche (tra gli altri) su Blogosfere, Knowledge is power, Penne digitali, Cronachesorprese, Alfonso Fuggetta, Stefano Quintarelli.

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2 commenti per “Le oligarchie e la minoranza creativa”

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  1. Gianni Dominici scrive:

    Grazie Mauro degli apprezzamenti.
    Rispetto alla domanda che sollevi credo sia opportuno capire, e casomai riproporre, le soluzioni migliori degli altri paesi. Nel testo abbiamo scritto come l’innovatore italiano non sia inserito all’interno di quel network dell’innovazione composto dai tranformers (chi fa trasferimento tecnologico), financers (chi finanza l’innovazione) e i brokers (coloro che fanno da facilitatori tra queste figure). Negli altri paesi si è molto investito su queste figure e il risultato è proprio quello che dici tu: non si assiste ad un sostegno generico e diffuso dell’innovazione ma a un serio investimento sulle idee migliori. Ho parlato con alcuni colleghi finlandesi a riguardo e loro mi hanno descritto come il loro governo preferisca finanziare due aziende innovative piuttosto che dieci, investendoci però molto in termini economici e di sostegno consulenziale.

  2. Roberto Galoppini scrive:

    Mauro,
    sono intervenuto sul blog di Gianni per raccontare il mio punto di vista su quello che accade in una micro-nicchia dell’IT, l’Open Source Software. L’Italia è uno dei pochi paesi europei, tra quelli più attivi nel settore, in cui non sono esistono imprese note a livello internazionale, fatto salvo il caso di Funambol, realtà “italiana” che sviluppa qui, ma che ha sede nella Silicon Valley e i cui sono nord-americani.
    Con i VC italiani la “proprietà intellettuale debole”, tipica dell’OSS la strada è in salita, ma il sistema paese ha fondi per le start-up, ed il problema è sempre quello del “network di innovazione” di cui parla Gianni.
    Manco a farlo apposta è stata appena istituita la seconda commissione ministeriale sull’OS, con al comando di nuovo l’ottimo Prof. Raffaele Meo, un’occasione importante quindi per iniziare a costruirlo quel network. Ma pare che le presenze “imprenditoriali” siano state escluse, e nonostante mi avessero richiesto la disponibilità a partecipare non farò parte della commissione. Nel frattempo però vengo chiamato a far parte dell’Advisory Board di SourceForge, e nonostante sia felice di fare il “broker” per una realtà californiana, non riesco a non provare tristezza per non poter contribuire allo sviluppo di questa nicchia in italia.

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