Per una volta voglio fare il garantista, anche di quei publisher di contenuti borderline che, quando si pensa agli advertiser online, vengono additati come “i cattivi” (avete presente il vero significato dell’acronimo PPC no? Pills, Porn, Casino! ).

Insomma il tema è quello dei siti che vendono link a pagamento e che per tale ragione vengono penalizzati da Google nel ranking. L’argomento, già emerso in un post di Matt Cutts, è tornato alla ribalta perché lo stesso Cutts va ad esplicitare meglio il Google-pensiero, aggiornando il suo post iniziale. Riprendendo l’analisi sintetica di Danny Sullivan, praticamente uno dei punti è:

“Examples given of bad paid links include those that have links to pages that are not related and pages hiding the fact that they are paid links”

Il che significa che se ospitate un link a pagamento non attinente ai contenuti della pagina, potreste essere penalizzati da Google. Ovviamente, nel suo post Cutts fa gli esempi più eclatanti, ad esempio un sito dedicato a Linux che ospita link a siti di Casino. No dico, e allora?

Ma sono stupido io oppure ci si scorda che la stragrande maggioranza dei portali italiani, ad esempio, ha link a pagamento in tutte le pagine? E per questo non meritano di essere nell’indice di Google? E poi come mai potrà fare Google a indicare le guidelines per cui una pubblicità è considerata attinente o meno?

Ovviamente ogni motore di ricerca può censire chi gli pare e penalizzare chi vuole. Ma allora non mi si dica più che si vogliono fare gli intreressi delle persone, perché il vero motivo per cui scattata la caccia ai “siti con i link cattivi” è solo perché non sono link che gestisce Google.

Altrimenti dovrebbero penalizzare anche tutti i siti che ospitano AdSense per tutte le volte che espone un link a pagamento dove l’algoritmo che dovrebbe contestalizzare la pubblicità, non riesce a farlo, o no?

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5 commenti per “Quei cattivi dei link a pagamento”

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  1. Franco Folini scrive:

    Google e’ di fatto diventato una infrastruttura essenziale della rete e pertanto non sono certo che la regola “…ogni motore di ricerca può censire chi gli pare e penalizzare chi vuole…” sia ancora valida. Sono contrario alle regolamentazioni, ma IMHO il problema sta raggiungendo un punto critico in cui qualche cambiamento e’ necessario.
    Pensiamo ad una metafora nella realta’ “fisica”: immaginiamo un paese dove la rete stradale sia controllata al 90% da una azienda privata che decide a suo insindacabile giudizio chi puo’ viaggiare in autostrada e chi deve rimanenre sulle provinciali in base ad un algoritmo segreto che “prova ad indovinare” l’urgenza di ogni singolo trasporto. Un errore nell’algoritmo potrebbe uccidere le aziende che commerciano in generi deperibili o interferire pesantemente nella concorrenza tra corrieri. Come vi sentireste se foste un imprenditore in un paese simile?
    Ebbene, questo e’ quello che io provo ogni giorno quando vedo improvvisamente i visitatori al mio sito web salire o scendere senza nessuan apparente ragione. Immancabilmente penso: “ecco che qualcuno a MountainView si e’ messo s giocare con i page rank di google! Tenessero giu’ le mani!”
    Il problema non e’ solo nelle search organiche e’ anche presente in AdWords . Mi e’ successo che un set di keyword che “pompava” oltre 1000 visitatori al giorno da mesi improvvisamente senza nessun cambiamento apparente e senza che fossero comparsi nuovi competitors, scendesse a 100 hits/giorno. Semplicemente Google aveva upgradato uno dei suoi algoritmi. E cosi’ lo stock di prodotti che avevamo preparato per soddisfare la domanda e’ rimasto a riposare sugli scaffali per alcuni mesi. Nel mondo dell’e-commerce, dove i margini sono di qualche punto percentuale, un evento del genere puo’ facilmente distruggere un’azienda!

  2. Luca Venturini scrive:

    Giusto, quelli di Mountain View hanno un solo grosso problema. Con google non si trova piu’ quello che si cerca, quasi mai.
    Siti “pirata” di tutti i tipi sono sempre trai piedi. Ogni tanto provano con qualcosa, ma la gente si sta stancando sempre di piu’ ed usa strumenti paralleli come technorati o altro.
    Ho letto un titolo di una rivista (qui a sf) che diceva chiaramente come stanno le cose e cioe’ che il peggior incubo di Google e’ il nuovo motore che vuol mettere su Jimmy Wales. Se riesce a tener conto di cosa vogliono gli utenti e ad eliminare le centinaia di pagine spazzatura che si trovano oggi su google, la vita sara’ dura per il gigante.

  3. annunci milano scrive:

    minchi…………a e la prima volta che sono daccordo con cio che hai scritto.
    anche se devo dirti che non e esattamente come dici che google li mette da parte.il pr aumenta quindi non dannegia i link .

  4. Demetrio Polimeno scrive:

    Ma sono stupido io oppure ci si scorda che la stragrande maggioranza dei portali italiani, ad esempio, ha link a pagamento in tutte le pagine? E per questo non meritano di essere nell’indice di Google? E poi come mai potrà fare Google a indicare le guidelines per cui una pubblicità è considerata attinente o meno?
    E’ QUELLO CHE MI SON CHIESTO ANCH’IO…
    Sto realizzando il progetto di un “classico portale” dove il cliente vuole inserire anche banner a pagamento… cosa gli dico: “Scusami caro cliente, niente banner con i link, da ora in avanti sui banner solo il numero di telefono”
    Il criterio è semplicemente assurdo…

  5. MrPink scrive:

    Non mi trovo d’accordo sul fatto che Google dovrebbe penalizzare se stesso con il discorso degli AdSense.
    Google offre un servizio (quello da motore di ricerca, email e tutto il resto) che è gratutito. E’ il più potente motore di ricerca al mondo e la posizione ha su Internet non se l’è comprata, l’abbiamo scelta noi.
    Credo sia corretto che Google non si assuma la responsabilità di dare peso a delle pagine che [solo matematicamente] scalano le sue SERP. Se così fosse, chi ha più soldi va più in alto anche se ha contenuti scadenti e utilità zero.
    Vogliamo far diventare Internet come la TV???

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