Archivio: maggio, 2007

Dopo la due-giorni al SES, è caduto proprio bene l’invito di Microsoft a passare tre giorni a Porto Cervo. Ci hanno annunciato un pomeriggio "fun" tra quad e gommone. Da domani però si lavora. Questo evento MS ha anche un blog


Non ci siamo mail mai allineati su un giorno esatto: la data della prima fattura, oppure il giorno in cui abbiamo costituito l’azienda (da un notaio romano a Piazza Navona), oppure quando condividemmo che il nome scelto non era niente male. Io ho sempre avuto in mente che il d-day fu il 28 maggio.

Insomma: dieci anni fa nasceva Ad Maiora. Tantissimi auguri a colleghi, clienti, partner, amici e simpatizzanti

Se siete a Milano domani e dopodomani, veniteci a trovare al SES

* Osa e giungerai a cose migliori

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Proprio venerdì segnalavo per l’ennesima volta durante un training sui business blog, il caso di Desmoblog come uno dei migliori esempi sviluppati da un’azienda italiana, in particolare per la tipologia “CEO blog”.

Ora che Federico Minoli lascia la Ducati (oltre al post di saluto, ci sono anche un paio di video), rimane una bella eredità da gestire per l’azienda e per il successore di Minoli. Chissà se all’ipotetico head hunter utilizzato per individuare il nuovo manager è stato chiesto come requisito l’avere esperienza di blog

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Dopo aver acquisito la testata ADV, il gruppo editoriale Reed Business va ad inglobare anche Pubblicità Italia. Questa ed altre news sul nuovo sito beta di ADV con tanto di social bookmarkeimg e commenti agli articoli (previa registrazione gratuita).

In copertina anche un’intervista di Nuccio Barletta al sottoscritto a proposito del SES (lo so, lo so, dovrei distribuire una nuova foto alla stampa… è che non è ho di migliori, giuro!).

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Gran bella news dell’ultima ora a proposito del Search Engine Strategies di Milano. Sono infatti molto contento di annunciare il keynote di Jeff Revoy, Vice President of Search and Social Media di Yahoo! Europe.

Credo sia molto interessante perché Jeff lavora in uno dei team che contraddistinguono la strategia di Yahoo! di questi anni, in cui il “social” è uno dei fattori di differenziazione.

La sessione di keynote si terrà nella prima mattinata di martedì 29. Un’altro motivo di più per non mancare! ;-)  

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Venerdì scorso una persona mi raccontava di un suo bel progetto che, tra i principali obiettivi, prevede la pubblicazione e la ricezione di contenuti su più device ed in formati multipli. Abbiamo scoperto che "il mondo è piccolo", anche nel far incontrare le idee delle persone, dato che proprio su questo tema era uscito un mio articolo il giorno prima su Nòva. A questo punto, zitto zitto, lo ripropongo anche qui.

Innovazione e flessibilità. Sembrano questi alcuni degli elementi chiave su cui rinnovare le strategie di comunicazione delle aziende, in virtù dei cambiamenti in atto nel rapporto con i propri consumatori. Specie nelle attività più prettamente pubblicitarie, la continua caccia a spazi da conquistare e da presidiare, lascia il posto a strategie maggiormente dinamiche che seguono e affiancano il consumatore moderno e non gli sbarrano solo la strada con spot a volume sempre più alto (e non solo in senso figurato). È il concetto stesso di creatività il primo ad essere rivisitato: non più solo payoff e jingle da stampare nella testa dei destinatari ma strategie che siano complessivamente nuove, che riducano le distanze tra prodotti e consumatori, che raggiungano le persone nella molteplicità di luoghi e situazioni in cui fruiranno la pubblicità. Ne deriva che il momento creativo si estende oltre l’ideazione iconografica ed estetica delle campagne, per interessarsi della stessa pianificazione dei mezzi, fase che per via della polverizzazione dei canali a disposizione e la moltiplicazione dei formati, necessita un approccio elastico ed interdisciplinare che possiamo chiamare “Multi”.

(continua…)


Primi in Europa (e mi sa anche nel mondo), il blog di Google Italia attiva i commenti. Complimenti al team e a Stefano.

Una cosa che mi sto abituando a segnalare alle aziende che hanno timore di aprire i commenti, è che la loro attivazione migliora spesso i contenti. Mi è capitato infatti di constatare che aumenta il senso di responsabilità da parte di chi alimenta il blog, soprattutto nell’evitare di cadere nella trappola della comunicazione finta, quella fatta di frasi come “siamo leader” e zeppa di “noi”, “noi”, “noi”.


Immagini e linguaggi del digitale - Granelli/Sarno Di Andrea Granelli avevo letto Comunicare l’innovazione e l’avevo apprezzato. Con Immagini e linguaggi digitali, scritto insieme a Lucio Sarno, abbiamo un altro ottimo lavoro che va ad esplorare i cambiamenti (alcuni radicali) nei comportanenti dell’uomo per via della digitalizzazione dei contenuti. Non si parla solo di tecnologia, anzi, il contributo di Sarno che è un noto psicoanalista, si fa sentire e regala approfondimenti scientifici sulle nuove forme di espressione che stanno emergendo, principalmente attraverso il web.

Ho letto questo libro utilizzando come segnalibro un biglietto di Andrea Granelli che me l’ha donato con su scritto “Spero che la lettura ti intrighi”. Potendo contare su questo segnalibro, ho fatto delle piccole pieghe alle pagine per aiutarmi a tornare sui tratti che mi hanno maggiormente interessato. Come risultato, almeno una ventina di pieghe per fissare i molti elementi di riflessione e gli spunti… intriganti. Qui ne appunto alcuni.

  • L’importanza dell’analisi delle avanguardie, al fine di capire meglio cosa sta succedendo. Interessanti i richiami ai legami tra arte figurativa e linguaggio scritto, che arrivano a trasformare le frasi in pittura. Collegato a questo, c’è un’attenta riflessione su quanto il graffitismo popolare riesce a rappresentare alcune delle modalità di comunicazione dei giovani.
  • La ripresa della tesi mcluhaniana, secondo cui i media moderni sono sinestetici perché attivano diversi sensi proprio perchè “freddi” e quindi richiedono un intervento attivo del fruitore.
  • Le nuove topologie della mente (spunti che gli autori suggeriscono a fronte di una ricerca qualitativa anch’essa dettagliata nel libro): velocità, sincretismo, posizione attiva, estensione dell’orizzonete informativo, desiderio di inviare e ricevere messaggi, espressione della propria identità, memoria.
  • Lo sviluppo di forme di intimità condivisa virtualmente, prende il posto dell’intimità reale; dall’ignorarsi nel reale all’intimità nel virtuale.
  • Le nuove tecnologie digitali potenziano l’uomo nelle sue facoltà intellettive e relazionali ed in questo contesto i siti personali saranno un elemento chiave. Un dato correlato: già nel 2000, nei soli Stati Uniti la quantità di film amatoriali è stata doppia rispetto ai programmi sviluppati per la televisione.
  • Uno dei problemi che deriva dai sistemi digitali è la tutela e la salvaguardia del patrimonio culturale digitale, a tal punto che l’Unesco, già dal 2004, la ritene una delle urgenze del nostro tempo, considerando che ormail il 90% dell’informazione nasce digitale.

Il 23 maggio il libro sarà presentato a Milano durante un Meet The Guru. Segnalo anche la recensione di Luca De Biase e il pezzo dello stesso Granelli su 7th Floor in cui lo stesso autore auspica un dialogo che “arrivi a definire una nuova metodologia per la comprensione e l’uso consapevole (ed efficace) dei nuovi media digitali”.

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Riepiloghiamo alcune delle più recenti acquisizioni nell’ambito internet: Google ha comprato DoubleClick (ne ho scritto qui, qui e qui), Yahoo! più recentemente ha acquisito RightMedia mentre AOL ha preso Third Screen Media e AdTech. Si è mosso anche WPP, il più grande gruppo pubblicitario,  acquistando 24/7. Microsoft ha invece scelto ScreenTonic e, soprattutto, aQuantive.

Praticamente adesso tutti i big player del mercato possiedono una tecnologia di ad serving, ossia per il caricamento e la gestione delle campagne pubblicitarie online.

Merita due parole in più il deal di Microsoft con aQuantive. Sia perché è costato quasi il doppio rispetto a quanto Google ha pagato DoubleClick (6 mld. di dollari, contro 3,1 mld.), sia per il differente mix di attività del guppo aQuantive. Difatti, mentre DoubleClick deve i suoi ricavi essenzialmente alla tecnologia di ad serving, aQuantive fa più della metà (58% nel Q1) dei suoi profitti dall’attività di agenzia (con AvenueA Razorfish come azienda di punta), mentre solo un quarto (27%) deriva dalla piattaforma pubblicitaria Atlas (dati raccolti via Nate Elliott, analista di JupiterResearch).

Insomma, semplificando al massimo, Google compra essenzialmente tecnologia e informazioni, Microsoft la capacità di generare servizi professionali e creativi. Interessante no?

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Titolo criptico solo per dire che oggi su Nòva/IlSole24Ore c’è un mio articolo che parla di strategie multi-device, multi-channell, multi-format, multi-content, multi-goal. Peraltro questo Nòva è incentrato sui contenuti generati dagli utenti con Luca De Biase che scrive di simbiosi tra media e persone. Da leggere.


Titolo criptico solo per dire che oggi su Nòva/IlSole24Ore c’è un mio articolo che parla di strategie multi-device, multi-channell, multi-format, multi-content, multi-goal. Peraltro questo Nòva è incentrato sui contenuti generati dagli utenti con Luca De Biase che scrive di simbiosi tra media e persone. Da leggere.


Si parla di blog in terrazza Oggi parlerò di corporate blog in evento in uno dei palazzi più belli di Roma. Questa è la vista dalla terrazza dove poi stasera ci sarà il buffet. Insomma, da una parte la Storia, dall’altra il nuovo che avanza.


2 giorni, 20 sessioni, 60 relatori, una dozzina di sponsor: sono i numeri del Search Engine Strategies italiano di quest’anno. Ora il programma è davvero completo con 3-relatori-3 per ogni sessione (tranne il forum sui risultati organici che vedrà quattro pranelist) ed un format standard di un’ora per le relazioni, più 15 minuti di domande e risposte in ogni sessione.

SES speakerIn questa edizione, io farò due interventi: il 29 parlerò di analisi delle keyword ed in particolare sulle opportunità che questo tipo di studio offre non solo per attivare adeguatamente le strategie di search marketing, ma anche come analisi degli interessi delle persone; il 30 interverrò nella sessione sullo scenario del search, e cercherò di fare una fotografia delle relazioni tra i vari motori di ricerca, oltre a presentare i risultati della ricerca pan-europea condotta da SEMPO e JupiterResearch.

A proposito di SEMPO, quasi sicuramente nel tardo pomeriggio del 29, sempre all’interno del Marriot dove si tiene il SES, verrà organizzato un meeting informale per impostare la nascita di SEMPO Italia. Naturalmente sarà aperto a tutti gli interessati (membri e non) proprio con l’obiettivo di condividere le motivazioni e le attività italiane dell’associazione.

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Per una volta voglio fare il garantista, anche di quei publisher di contenuti borderline che, quando si pensa agli advertiser online, vengono additati come “i cattivi” (avete presente il vero significato dell’acronimo PPC no? Pills, Porn, Casino! ).

Insomma il tema è quello dei siti che vendono link a pagamento e che per tale ragione vengono penalizzati da Google nel ranking. L’argomento, già emerso in un post di Matt Cutts, è tornato alla ribalta perché lo stesso Cutts va ad esplicitare meglio il Google-pensiero, aggiornando il suo post iniziale. Riprendendo l’analisi sintetica di Danny Sullivan, praticamente uno dei punti è:

“Examples given of bad paid links include those that have links to pages that are not related and pages hiding the fact that they are paid links”

Il che significa che se ospitate un link a pagamento non attinente ai contenuti della pagina, potreste essere penalizzati da Google. Ovviamente, nel suo post Cutts fa gli esempi più eclatanti, ad esempio un sito dedicato a Linux che ospita link a siti di Casino. No dico, e allora?

Ma sono stupido io oppure ci si scorda che la stragrande maggioranza dei portali italiani, ad esempio, ha link a pagamento in tutte le pagine? E per questo non meritano di essere nell’indice di Google? E poi come mai potrà fare Google a indicare le guidelines per cui una pubblicità è considerata attinente o meno?

Ovviamente ogni motore di ricerca può censire chi gli pare e penalizzare chi vuole. Ma allora non mi si dica più che si vogliono fare gli intreressi delle persone, perché il vero motivo per cui scattata la caccia ai “siti con i link cattivi” è solo perché non sono link che gestisce Google.

Altrimenti dovrebbero penalizzare anche tutti i siti che ospitano AdSense per tutte le volte che espone un link a pagamento dove l’algoritmo che dovrebbe contestalizzare la pubblicità, non riesce a farlo, o no?

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Bel post su Read/WriteWeb che schematizza alcuni dei principali trend nel mondo del “search”, segnalando molti siti e tecnologie correlati. Queste sono le aree messe in evidenza (in corsivo qualche mia nota):

  • Interrogazione in linguaggio naturale. In effetti questa è una vecchia promessa che la tecnologia ancora non riesce a mantenere.
  • Personalizzazione. Qui il punto è capire fino a che punto le persone saranno favorevoli (e consapevoli) a iscriversi e lasciare dati personali in cambio di risultati personalizzati.
  • Motori di ricerca specializzati.
  • Accesso a nuovi tipo di contenuti, non solo multimedia (audio, video, TV, immagini), ma anche multiformato (blog, news, annunci)
  • Archivi di informazioni delimitati, nati con l’obiettivo di garantire una serie di contenuti controllati o di circoscrivere il database ad un determinato gruppo di risorse online.
  • Ricerche verticali o delimitate a domini web specifici.
  • Ricerche parametrizzate, impostate non solo attraverso keyword testuali ma mediante molteplici elementi, come, ad esempio, negli shopping comparison.
  • Impatto dei social network che forniscono basi di ricerca alternative e, in parte, indipendenti dai motori di ricerca come, ad esempio, del.icio.us.
  • Il ruolo delle persone. Praticamente quello che avevo affermato nell’articolo I motori di ricerca siamo noi di qualche mese fa.
  • Il web semantico e le conseguenti nuove funzionalità di ricerca.
  • Ricerche “scoperte”, nel senso che i risultati vengono prodotti costantemente in base ad un filtro o a un-interrogazione inziale, come quelli generati via feed RSS attraverso strumenti quali Bloglines.


Ho letto volentieri la ricerca Parole del web, realizzato da Microsoft per promuovere gli strumenti di social networking agli inserzionisti pubblicitari. La ricerca ha una parte qualitativa condotta da Essential Research in Francia, Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Cina e Brasile, mentre lo studio quantitativo è stato curato da MetrixLab in otto mercati europei tra cui l’Italia.

Purtroppo non ci sono (o non li ho trovati io) i dati sul campione utilizzato, nel senso che si fa riferimento a utenti che usano i servizi di social networking, ma non ho visto specificato il dato di contesto, ossia il peso del campione utilizzato rispetto agli utenti online. Ho l’impressione che il panel prenda a riferimento agli utenti di Spaces e comunque queste sono alcuni dei dati più intersssanti che emergono:

  • Il motivo per cui si usano i social network in Italia risiedono principalmente nella volontà di esprimere le proprie opinioni (61%), di guardare gli spaces di altre persone (57%) e di conoscere persone nuove con cui condividere interessi (49%). Interessante raffrontare le differenze, anche nette con altri paesi europei.
  •  Comparando i dati europei, gli italiani sembrano tra quelli che passano più tempo sui social network: il 36% degli utenti si collega ogni giorno (media EU: 32%) ed il 24% ci sta per oltre 2 ore (media EU: 18%).
  • Il 28% dei frequentatori italiani dei social network commenta i messaggi pubblicitari (media EU: 23%) ed il 34% inoltra inserzioni agli amici (media EU: 24%).

Vale la pena anche riportare i cinque consigli finali suggeriti da Microsoft, non solo perché li trovo tutti corretti, ma perché è interessante notare che certe indicazioni arrivino proprio da un publisher di questa entità.

  1. Capire le motivazioni che spingono il consumatore a utilizzare i social network
  2. Esprimiti come se fossi un brand
  3. Promuovere e mantenere un buon dialogo
  4. Coinvolgere i partecipanti
  5. Identificare i sostenitori dei brand online

In qualche modo correlato, leggo da Vincenzo che i blogger di casa Microsoft (una ventina attualmente) si sono incontrati e qui li possiamo conoscere tutti (compresi quelli che non usano piattaforme Microsoft, eh eh).

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Siamo entrati definitivamente nel periodo del SES, che sta per Search Engine Strategies, il più importante convegno sui motori di ricerca al mondo, la cui edizione italiana si terrà a Milano il prossimo 29 e 30 Maggio.

Credo sia noto, ma lascio spazio ad un po’ di orgoglio  nel ricordare che io faccio da chairman di questo evento così come già per l’edizione 2006. Il programma è praticamente completato e, parlando con molti dei relatori e dei moderatori, mi sembra che anche quest’anno i contenuti dovrebbero essere tutti all’altezza dello spessore dell’evento.

Pianificare gli interventi del SES è sempre una cosa complicata: tutti vorrebbero esserci e questo è naturalmente ottimo. In questa edizione si è scelto un certo rigore, a partire dal fatto che non ci sarà nessuno dei relatori che l’anno scorso hanno ricevuto feedback dai partecipanti inferiori alla media. Inoltre, praticamente tutte le sessioni hanno tre relatori al massimo, in modo che possano approfondire i loro interventi, pur lasciando un’adeguato spazio al momento di domande e risposte.

Certo, non è facile dire di no, specie a chi sembra ritenere un suo diritto il fatto di intervenire o chi si mette a fare calcoli improbabili del tipo quello-ha-uno-speech-più-di-me-e-non-vale. C’è anche chi ha un po’ snobbato l’evento… ma questa è un’altra storia

Ricordo solo che l’accesso all’area espositiva è gratuito (previa registrazione online) mentre a pagamento è l’area convegnistica. Ci vediamo al SES!

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Guardavo oggi la nuova (bella) interfaccia di Google Analytics. Pure se gran parte del merito di quel tool, lo si deve all’originario Urchin (acquisito nel 2005), l’abilità di Google è quella di metterci quel qualcosa in più che sembra sempre fare la differenza.

Fiducia in Google, Yahoo, MSNSarà anche per questo che, nonostante le perplessità più volte sollevate sulla quantità e tipologia delle informazioni che Google si trova ad accumulare, la maggiornaza degli utenti internet continua a riservare grande fiducia nell’azienda di Mountain View. L’ultima dimostrazione è una ricerca commissionata da Bigmouthmedia, che evidenzia la maggior percentuale di fiducia riservata a Google nella gestione dei dati personali, rispetto a quanta ne ricevono Yahoo e MSN. Certo, dalla ricerca emerge comunque che solo il 38% delle persone si fidano, per cui la maggioranza sono scettici o seriamente dubbiosi.

Sempre in tema di Google, segnalo altre cose:

  • Su Novedge si evidenzia come Google Base non permetta di gestire transazioni con PayPal, il sistema di pagamento competitor di Google Checkout. (Una digressione: Novedge, azienda basata a San Francisco ma gestita da italiani, offre un’interessante opportunità di stage)
  • Punto Informatico ha ripreso nei giorni scorsi un articolo di Forbes che, come gli accade spesso ultimamente, lancia invettive quà e là. Stavolta attacca il ranking di Google e alimenta la rivolta (a suo dire) dei siti declassati dall’archivio.
  • Sull’argomento Google compra Doubleclick, ho rilasciato un’intervista a Portel.it

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Con la consueta intelligenza e ricchezza di esempi concreti, l’ultimo report di Trendwatching.com affonta il tema della trasparenza, con particolare riferimento all’impatto che la Rete sta avendo nel rapporto fiduciario tra le aziende e il mondo esterno. Per alcune aziende sta diventanto una vera e propria tirannia, mentre per altre significa il trionfo. Sono diverse le angolazioni che consentono di inquadrare l’argomento “trasparenza” in virtù della crescente importanza che ha assunto nel rapporto tra aziende e consumatori; così le riassume Trendwatching:

  • Trasparenza delle recensioni e dei suggerimenti da parte dei singoli individui, la cui distribuzione e rilevanza sono favorite da appositi strumenti tecnologici, tanto da accrescere l’attitudine media delle persone a raccontare le loro esperienze di consumo.
  • Trasparenza nelle intenzioni di acquisto, espresse dai consumatori attraverso gruppi di acquisto o mediante strumenti ad hoc come, ad esempio, i siti in cui si può indicare l’interesse ad acquistare un immobile in una certa zona anche se non è ancora in vendita.
  • Trasparenza nei prezzi, ottenuta con appositi servizi di comparazione prezzi ma anche con le aste online, con i marketplace B2B. Emerge inoltre sempre piò spesso la garanzia di miglior prezzo offerta dagli stessi produttori di beni o fornitori di servizi.
  • Trasparenza dall’interno dell’azienda, nel senso che i valori fiduciari non sono solo guidati dai consumatori ma dagli stessi impiegati e collaboratori che possono fornire la loro voce per rappresentare o stimolare la credibilità verso la propria azienda.
  • Trasparenza nel chiedere consigli per migliorare i prodotti, la comunicazione, il servizio ai consumatori, ecc. Ovviamene la vera trasparenza non è solo dimostrarsi aperti ai suggerimenti: bisogna davvero volerli ascoltare!
  • Trasparenza del migliore di tutti, ossia la continua ribalta di cui godono i migliori prodotti e servizi attraverso la segnalazione dei media a cui si aggiungono anche migliaia di risorse online alla continua caccia del “best of the best”. Il risultato pratico è che praticamente non c’è più spazio per i mediocri.
  • Quando la trasparenza trionfa. Se vogliamo è l’unica vera bella notizia: è vero che le persone sono maggiormente propense a condividere le esperiene negative riguardo proodotti e brand, ma diffondono anche le impressioni positive trasformandosi, a volte, da veri e sinceri evangelist e supporter delle marche.

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Mi è capitato spesso di lavorare il primo di maggio. Quest’anno no. Giornata bucolica la mattina a vedere un concorso equestre. Ho incontrato vecchi amici con la quale abbiamo scoperto non solo di avere in comune il fatto di aver lavorato nella stessa banca, ma anche di averla lasciata, pur se in epoche diverse. Io feci da apripista e a cosa fece un certo scalpore: parliamo di vent’anni fa e la mobilità non era una faccenda usuale.

Playlist di Luca Sofri Pranzo in una trattoria del paesello e pomeriggio di relax ad ascoltare vecchia musica rock, aiutato da Playlist di Luca Sofri. Se mi metto a giocare col libro di Sofri al “ce l’ho, ce l’ho, mi manca” di fanciullesca memoria, faccio passo solo su qualche artista più oscuro, ma per il resto li conosco tutti. Playlist mi ha ricordato quando mi divertivo proprio a fare “le cassette”, ossia delle selezioni di brani prese dai dischi miei o da quelli che giravano in radio (ho mai detto che facevo il deejay? ok, ora l’ho detto).

Playlist mi piace perché racconta i brani come si farebbe con un amico, cercando di trasportare emozioni e suggestioni senza fare critica musicale. Certo qualcosa manca e invece non si capisce bene che c’azzeccano alcuni artisti vicino a leggende musicali, però è il bello della soggettività, no?

Leggendo Playlist, mi è anche venuto in mente di non aver ancora copiato sull’iPod alcuni CD messi in uno scaffale separato da dove tengo tutti gli altri perché di formato diverso. E così è rispuntato il cofanetto con una copia per collezionisti dello splendido Luck of The Draw di Bonnie Raitt con la straordinaria I Can’t Make You Love Me.

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