Interessante la riflessione di Robert Scoble sul valore dell’engagement, un nuovo parametro da considerare nella valutazione dei media, soprattutto quelli online. Engagement si può tradurre in diversi modi; a me viene “coinvolgimento” ma non rende del tutto il senso. Provo con uno degli esempi ciatati da Scoble, quello della conversazione con il grande Buzz Bruggeman di Active Words, il quale è finito sul popolare USA Today sviluppando però solo 32 download del suo software, mentre è bastato un link dal blog di Scoble per provocarne 400. Anche se molto popolare, il blog di Scoble non raggiunge certamente l’audience di USA Today, solo che interazione con esso è più coinvolgente, più orientata all’azione.

Anch’io posso segnalare casi del genere: mi capita di essere citato su quotidiani nazionali o altri media “popolari”. Ma nessuno ha mai sviluppato, ad esempio, le cento nuove visite che mi ha portato recentemente un semplice link su Hardware Upgrade. Così come un amico mi segnalò di aver ricevuto più iscrizioni ad un loro evento attraverso il mio blog piuttosto che dall’attività del loro media partner.

Si è parlato parecchio recentemente dell’influenza dei blog. Io credo che ogni valutazione in merito debba tener conto della differenza sostanziale di internet rispetto ai media tradizionali. I giornali si leggono, la radio si ascolta, la TV si guarda e si ascolta. Internet si usa. Ricordo anche una ricerca di Eurisko che chiedeva di esprimere un aggettivo riguardo ad interent e la maggiornanza rispose “utile”.

Ben venga quindi l’ultimo parametro messo in pista da QIX che rileva la quantità di link che ricevono i blog, analizzando però solo quelli presenti nei post e non considerando quelli nei blogroll. Sifry di Technorati mi disse che ci stavano lavorando e che prima o poi realizzeranno anche loro una funzione del genere. In realtà ne avevo suggerite anche altre, tra le quali un sistema che potesse pesare i link in ingresso in funzione dei parametri del sito originario.

Certo che elaborare dei modelli numerici su argomenti come l’influenza e il coinvolgimento di un blog è complicato e probabilmente senza una soluzione definitiva. Intanto possiamo lavorare su questo: come possiamo tradurre in italiano “engagement”?

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11 commenti per “Il valore dell’engagement”

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  1. Stefano Hesse scrive:

    riflessione condivisa, pensa che quando cercavo una persona per il mio team, il maggior numero di cv sono arrivati dal post sul mio blog personale, per esempio.
    Io tradurrei con coinvolgimento, che per un media è un concetto abbastanza nuovo. Mi sento coinvolto perchè ho interesse in quello che leggo, mi sento coinvolto per chè mi attivo ne linkare o parlarne. Qualcosa di simile, direi.

  2. Ettore scrive:

    Ciao,
    io produco e vendo strudel di mele della val di non su internet: li puoi ordinare solo via web (piccola pubblicità: http://www.fiordimela.it). Ho potuto testare personalmente che il traffico originato da 4 post in blog che hanno parlato del mio strudel si è rivelato molto più efficace per le vendite delle citazioni su un paio di giornali diffusi in tutta italia in migliaia di copie. In particolare vedo che la quota di utenti del mio sito che provengono da questi blog, anche dopo più di un mese dai post, si mantiene costante: 50% circa da immissione diretta dell’indirizzo e 50% da referral dei blog. Per non considerare poi il miglior “google juiuce” che ho acquisito, con il risultato di salire più in alto nei risultati di google.
    In conclusione: la mia esperienza dice che il canale conta e se una cosa si trova in Rete la promozione più efficace è quella fatta in Rete.

  3. Sante scrive:

    Tradurrei engagement con interazione :)
    Sante

  4. Filippo Ronco scrive:

    Quanto sono d’accordo con Ettore quando dice “se una cosa si trova in Rete la promozione più efficace è quella fatta in Rete”. Sono anni che lo vado ripetendo anche se scono completamente d’accordo con Stefano Hesse quando parla di convergenza (aggiungerei “necessaria”) tra online ed offline. Quanto alla domanda di Mario, io tradurrei con un mix tra coinvolgimento ed interazione dove il coinvolgimento è qualcosa di più ampio della semplice possibilità di commentare, è piuttosto collegato all’autorevolezza, al rispetto e quindi alla fedeltà dell’autore del blog.

  5. Namyra scrive:

    “Engagement” per me è addomesticamento. E’ il sentimento della volpe nei confronti del Piccolo Principe. E’ l’abilita del medium di diventare lovemark. La sua capacità di tradurre la propria unicità in fedeltà.

  6. Maurizio Goetz scrive:

    Engagement ovvero coinvolgimento è difficilmente misurabile, ma con un istituto di ricerca innovativo sto lavorando ad un sistema rivoluzionario che misura l’impatto emozionale di tutti i touch point utilizzando le neuroscienze. Ultimamente abbiamo introdotto nuove metriche per la misurazione di alcuni aspetti del coinvolgimento.
    A breve definiremo nuove metriche che stiamo testando.
    Per ora misuriamo l’attenzione generale, l’attenzione al particolare, il potenziale di memoria ed il potenziale evocativo.

  7. Filippo Ronco scrive:

    Mauro, perdonami. Per l’ennesima volta sei stato chiamato con il nome sbagliato ;-)

  8. Mauro Lupi scrive:

    No problem ;-)
    Ho appena ricevuto l’invito per il COMPA di Bologna per i quali sono Mauro Lupo…

  9. alberto d'ottavi scrive:

    Io lo definisco proprio “ingaggio”. O meglio: d’accordo nel chiamarlo coinvolgimento, o partecipazione, oppure ancora spiegherei il fenomeno con un più semplice richiamo al “narrowcasting” di negropontiana memoria. Ovvio che il gruppo di lettori “specializzati” di un blog / un post che tratta di un argomento particolare ha un’attività / un valore / una partecipazione superiore ai lettori indifferenziati di un media generalista. Altrettanto ovvio il minor valore partecipativo di quest’ultimo, che riporta “informazioni” indifferenziate, mentre un blog, anche solo linkando, sposta il fulcro su opinione e idee del blogger, prende posizione e quindi stimola il confronto e la partecipazione. E’ il valore delle nicchie, che in Internet è ben riconosciuto ma che è difficile da riconoscere (e misurare) da chi ragiona a “costo per contatto”.
    Però, tornando al punto, io lo definirei “ingaggio” proprio perché ogni giornale / blog / media in generale ha delle vere e proprie “regole di ingaggio” con il lettore (sorry per l’assonanza un po’ militarista, nessun riferimento in quel campo, ohibò). Ogni media per forza di cose definisce la sua posizione rispetto alle fonti (agli argomenti) e rispetto al lettore. E’ quello che nella parte finale di questo post http://www.infoservi.it/dblog/articolo.asp?articolo=113 definivo il “valore della terzietà”, che definirei più in generale come “triangolo dei media”. Dicevo: “produrre informazioni in proprio, con i blog (informali) o anche in una cornice da citizen journalism più strutturata, trasforma la linea in triangolo. Rende cioè terzo (e inattaccabile, e più forte) colui che scrive nel rapporto tra la fonte e il lettore. IMHO recupera quella che dovrebbe essere la posizione classica del giornalista: l’osservatore esterno, il reporter”. Mi scuso se in quel post il ragionamento è un po’ confuso, quel che volevo dire è che tanto più il media si avvicina, diciamo, alle fonti, e per conseguenza si allontana dal lettore, tanto più perde in capacità di coinvolgimento del suo pubblico, e vìola le regole di ingaggio stabilite. In Italia, codificato nelle leggi e nel codice deontologico del giornalismo, parliamo di “fiducia” come criterio principe. Una testata “non deve mai tradire la fiducia del lettore”. Non deve mai violare le regole di ingaggio stabilite.
    I blog, viceversa, si allontanano dalle fonti e si avvicinano a ciò che era “formerly known as audience” (anzi, di base le due cose coincidono). Le regole di ingaggio, quindi, sono chiare: il blogger e i suoi lettori condividono una posizione, una distanza rispetto alle fonti. Di conseguenza, il determinato blog diventa “trustable”. Ha una capacità maggiore di “ingaggiare” i suoi utenti.
    Tanto più vero, infine, che violare le regole di ingaggio, tradire la fiducia dei lettori è grave errore, ancor più per i blog che per i media tradizionali (al fatto che questi lo facciano, ahimé, siamo purtroppo abituati).
    PS Mauro, buongiorno, piacere. Scusa se ho scritto così tanto, mi è venuto un ragionamento da mattina presto, non volevo abusare della tua ospitalità :)

  10. Mauro Lupi scrive:

    Alberto: nessun abuso, anzi grazie per l’interessante contributo alla discussione! Stai senz’altro aderendo – seguendo il tuo discorso – alle regole d’ingaggio! ;-) Anche perché lo scenario sulla blogosfera si completa proprio con il contributo dei lettori, i quali si strasformano a loro volta in produttori di contenuti. E ci sono regole d’ingaggio anche per loro.

  11. Davide scrive:

    Caro Mauro, già tradurre engagement è proprio una sfida. E’ passato del tempo da questo tuo post che ho trovato per informarmi dell’argomento online. L’engagement è arrivato alle nostre porte e ne parleranno definendolo come “coinvolgimento” e “internet PR” aziende come Barilla e Citroen ed esperti della comunicazione alla 7

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