Un post sul tema “Consumer Generated Media”, denominazione che non amo e a cui preferisco “User Generated Content”, sostituendo anche User con Individual, People, o semplicemente We. Lo spunto nasce da un post di Venturini sulla C-generation che identifica quel “44% degli adulti americani utenti di Internet hanno creato una qualche forma di contenuto e lo hanno messo in rete”. Fenomeno che sappiamo in espansione ovunque (il blog più linkato al mondo adesso è cinese).

Molti si interogano sull’impatto economico della C-generation; qui trovo l’equivoco di fondo che parte proprio dalla definizione “Consumer Generated Media”. Ovviamente, riferendosi a un media si è portati ad analizzare la sua sostenibilità finanziaria che, pensando ai media tradizionali, è fatta in genere di pubblicità e/o abbonamenti. La C-generation produce ovviamente dei contenuti, ma identificarne i modelli economici alla pari degli altri media non mi sembra corretto.

Fluido riporta un interessante punto di vista di Drew Neisser di renegademarketing. col quale condivido alcuni passaggi, mentre mi trova lontano su questo concetto:

I consumatori prima o poi inevitabilmente si stancheranno di generare contenuto gratis per aziende come MySpace senza che quest’ultime condividano i guadagni con loro.

Probabilmente aumenterà la quantità di contenuti remuneati, però la C-generation non può diventare un media sostenuto economicamente; qualche motivo:

  • Quando l’offerta è virtualmente infinita (chiunque può aprire un blog), la domanda disposta a pagare tende a ridursi fino a livelli prossimi allo zero.
  • Esisterà sempre chi offrirà piattaforme gratuite in cambio dell’aumento dell’inventory per esporre la pubblicità. Nessuno ormai crede più di poter chiedere soldi a Yahoo! o Google per il fatto che l’uso (gratuito) dei loro tool per l’email, gli IM, le chat, ecc. produce spazi che ospitano pubblicità.
  • La logica dell’economia del dono del De Biase-pensiero, penso riguardi una buona parte di questi contenuti. La quasi totalità dei blog non nasce da mercenari che scrivono per ricevere un ricavo economico diretto, ma piuttosto per la voglia di esprimersi e interagire con altri.
  • Anche se qualcuno cerca di prevedere una remunerazione per la C-generation, non ci sarà mai l’audience che potrà incrociare (e quindi pagare) tutti. L’attenzione delle persone è comunque una risorsa finita (ne ho scritto in un pezzo per Nòva de IlSole24Ore).

Quindi? Beh, che la quantità di contenuti generati dalle persone aumenti a dismisura è un fatto ineccepibile. Probabilmente ci sarà un riflusso, oppure tanti piccoli riflussi quando molti constetaranno che non raggiungono un’audience sufficiente a gratificarli. Ma nel contempo altri se ne aggiungeranno. E se proprio vogliamo pensare a modelli economici speculativi su questo fenomeno, penso piuttosto agli indispensabili filtri che saranno necessari per gestire tale mole di informazioni. Filtri che dovranno essere senz’altro più sofisticati e precisi degli attuali motori di ricerca.

Sempre sull’articolo riportato da Fluido, si afferma che “Le aziende stesse diventano veri e propri distributori di contenuto”. Io vado oltre e immagino come le aziende debbano anch’esse produrre contenuti, non solo filtrarli. Ma questo è un discorso che riprendo in futuro: ho iniziato a raccogliere materiale per un libro… che tanto non scriverò mai ;-)

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Un commento per “C-generation – non mercenari”

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  1. fluido scrive:

    Vitrue: connecting brands with consumers!

    Ricordate le riflessioni in merito al futuro del Consumer Generated Contentdel suo possibile sfruttamento economico, del ruolo delle agenzie,..
    Qualcuno oltreoceano sembra averci già pensato. Nasce infatti Vitrue, prima age…

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