Come promesso, riporto di seguito il mio contributo all’edizione 2006 dell’Atlante della Comunicazione, dal titolo “Il valore della pubblicità online”.

Non ho potuto ancora leggere l’Atlante, ma online c’è l’introduzione del Prof. De Rita del Censis che inquadra l’espansione del mondo della comunicazione nell’ambito del tessuto sociale italiano e che, giustamente, invita a considerare la veloce crescita del comparto sempre in funzione della domanda reale di comunicazione.

È proprio in relazione all’entità di questa "domanda" che ragiono sul valore della pubblicità online; nel mio pezzo riprendo anche il tema degli utenti multi-target molto caro a De Biase (penso al suo “tempo mediatico”) e che mi sono sempre promesso (finora senza successo) di approfondire.

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Il valore della pubblicità online

È opinione diffusa che il significato della pubblicità online sia superiore all’1,5% che gli viene accreditato dalle indagini ufficiali rispetto al totale dello spending. Questa riconsiderazione è d’obbligo almeno per tre buoni motivi: uno tecnico, uno relativo al mercato pubblicitario, uno connesso all’evoluzione delle comunicazione.

Il motivo tecnico riguarda il “search marketing”, ossia uno degli strumenti pubblicitari online più utilizzato e apprezzato dagli inserzionisti. Senza addentrarci in complicati dettagli numerici, possiamo affermare che il fatturato complessivo della pubblicità sui motori di ricerca è largamente sottostimata dalle rilevazioni ufficiali. Difatti, l’importo di 150 milioni di Euro attribuito alla pubblicità online in Italia, sicuramente supera i 200 milioni considerando adeguatamente il search marketing, come peraltro si riscontra in altri paesi europei dove questo canale rappresenta tra il 30% ed il 50% del totale. Nel prossimo futuro diventerà sempre più complicato definire le molteplici applicazioni del search marketing, strumento tendenzialmente ubiquo che vedremo svilupparsi su strumenti digitali e device di ogni tipo: navigatori satellitari, smartphone, Tivo, ecc.

Notoriamente, il mondo pubblicitario segua molto attentamente (anzi, a volta li anticipa) i fenomeni sociali, culturali ed economici. Tuttavia, nell’Italia degli ultimi anni, oggettivamente in difficoltà economica e che stenta a rinnovare i suoi modelli di riferimento, anche la pubblicità sembra come caduta in letargo. Continua ad incrementare i soldi spesi in televisione, con un’inerzia antistorica e incurante di quanto accade negli altri paesi europei. Insiste a pianificare per target e share, mentre gli individui diventano multi-target e meno fedeli a qualsiasi media. Naturalmente questo sistema TV-centrico ha radici e motivazioni che vanno ben oltre il solo mercato della pubblicità, ma sembra comunque fuori luogo che gli investitori pubblicitari continuino a reagire alla dimostrata minor efficacia degli spot rispetto agli anni scorsi, incrementando i loro budget su questo mezzo. A questo paradosso, internet sembra rispondere cercando di rendere la pariglia, mettendo la TV e gli spot dentro lo schermo dei pc, tentando di fornire agli spender un formato in cui loro (di concerto con i rispettivi centri media) probabilmente si sentono a maggior agio. È difficile prevedere se sarà la televisione dentro internet a far decollare definitivamente gli investimenti online, ma c’è da ritenere che anche gli investitori pubblicitari italiani si accorgeranno che i 20 milioni di persone che usano la Rete valgono una quota decisamente maggiore dei loro budget.

Al di là delle strategie degli spender, un altro elemento incontrovertibile riguarda il cambiamento della comunicazione pubblicitaria e non da parte delle aziende tutte. La logica che vedeva contrapposti comunicatori e destinatari è evidentemente superata. I riceventi, una volta soggetti passivi e uniformabili in precisi segmenti di mercato, sono ora produttori di contenuti a loro volta, dispongono di molte più informazioni e sono influenzati da altre persone come loro ancor prima di considerare la pubblicità tradizionale. Internet, proprio perché interattivo, sembra quindi il canale principe per il rinnovato atteggiamento da parte delle aziende verso i rispettivi stakeholder; atteggiamento che deve necessariamente votarsi alla “conversazione” e non più al solo aumento del “volume” del tono pubblicitario come avvenuto negli ultimi anni.

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3 commenti per “Il valore della pubblicità online”

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  1. Tagliaerbe scrive:

    Ti dirò: mi occupo di ADV per un grosso sito “verticale”, e mi sembra che il vento inizi a girare per il verso giusto… ho l’impressione che parte dei soldi del cartaceo siano stati dirottati sull’online (oltre al fatto che chi fino ad oggi ha fatto solamente carta vuole “sbarcare” su internet… ma questa è un altra storia che spero tratterai in un post “ad-hoc”…)

  2. Chris scrive:

    Il problema è solo uno : O la comunicazione pubblicitaria (cartacea , televisiva, internet..ect ect) è ricca di “tangibles” oppure non funzionerà in nessuno dei casi suddetti. non credo che sia un problema del supporto con cui si comunica, ma il modo in cui si comunica. Su un rapido benchmark e poi possibile risalire al mercato più redditizio per il tipo di segmento che si vuole attrarre. Ma per il resto credo che i nostri pubblicitari stiano un pò perdendo la fantasia. Fantasia che non vuol dire per forza di cose , scendere nella trasgressione più becera.
    Ciao.

  3. niko scrive:

    Ehm..speriamo che dopo aver perso la fantasia perdano anche qualche altra cosa i vostri pubblicitari. Ormai questi spot pubblicitari sono diventati insopportabili. Non si riesce più a guardare da nessuna parte senza vedere donne nude o uomini nudi. Sono ovunque, per strada, in TV, in Internet, persino negli ospedali li trovi. Sembrano tanti Adamo ed Eva formato pubblicitario.

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