Archivio: luglio, 2005

Pamphlet IAB 2005
Articolo scritto per il pamphlet
“La pubblicità interattiva in Italia”
pubblicato da Netforum per conto di IAB Italia

L’advertising online è ormai maturo per una definitiva integrazione con gli altri mezzi pubblicitari tradizionali nell’ambito del marketing-mix e, di concerto, i motori di ricerca hanno assunto un ruolo chiave tra gli strumenti di comunicazione su internet.

Non solo gli utenti della Rete continuano in larga misura ad accedere ai siti web attraverso le ricerche online, ma i network dei search engine proseguono ad espandersi in termini di inventory (potenziale di spazi a disposizione degli inserzionisti), di strumenti e di formati. Ci si chiede da tempo se abbia senso continuare a parlare di search engine marketing (che qui abbiamo già semplificato in search marketing) dato che alcuni dei mezzi pubblicitari messi a disposizione dai motori di ricerca non sono più legati al search, a partire dal contextual advertising che prevede l’esposizione di inserzioni testuali (a breve anche banner veri e propri) correlati ai contenuti della pagina che li ospita ma non certo conseguenti ad una ricerca.

E allora in che modo possiamo ridefinire i contorni dello strumento pubblicitario online che registra i maggiori trend di crescita (ed è da due anni il canale online più utilizzato in USA e UK) ?

Il keyword advertising rimane l’elemento trainante. La dimostrata efficacia dello strumento ed il modello di prezzo legato alle performance, stanno convincendo moltissimi inserzionisti a destinare al paid search quote rilevanti del budget online. Le opportunità offerte dal keyword advertising travalicano altresì la mera connotazione online, per assurgere a leva cruciale nelle iniziative globali di direct marketing, specie intravedendo le ulteriori possibilità di pianificazione che permetteranno di incrociare le keyword con i profili demografici dei navigatori (soluzione annunciata da MSN). L’incremento del costo dei click per effetto della diffusione e della competizione, è senz’altro un altro elemento da tenere sotto osservazione, potendo comunque contare su tool per l’analisi del ROI sempre più sofisticati.

I motori di ricerca sono il terzo browser
Analizzando il comportamento degli utenti online, constatiamo che i search engine sono di fatto uno strumento di navigazione e di indirizzamento sulla Rete. Non solo per l’abitudine di molti internauti di cercare su Google & Co. il nome delle aziende (tra le ricerche più gettonate ci sono “ebay”, “microsoft”, “amazon”, ecc.), ma anche perché non sembrano mai decollati i cosiddetti vortal, ossia i portali verticali che avrebbero dovuto fungere da punto di partenza per l’accesso a siti specifici. L’utente online preferisce invece accedere al suo portale o search engine preferito ed avviare la navigazione dal box di ricerca. Da sempre si consiglia di adattare i siti web per essere visualizzati correttamente con Internet Explorer e Firefox; ebbene, occorre fare in modo che le pagine web siano approntate anche per i search engine, che possono essere quindi considerati come il terzo browser, affinché il sito riesca a figurare tra gli snodi cruciali della Rete.

Un nuovo destinatario per le public relation
Guardando come vengono utilizzati i motori di ricerca, emerge altresì che la principale attenzione e la maggior parte dei click vengono riservati ai siti elencati nei risultati standard (detti anche organici), ossia quelli generati secondo criteri di classificazione tipici di ogni search engine. È interessante notare come i principi alla base del ranking abbiano spostato l’attenzione alla relazione del sito con l’intero web, rispetto ad analizzare solo i suoi contenuti, con l’obiettivo di ordinare i risultati in base alla considerazione di una pagina internet. Considerazione, si badi, per ora valutata principalmente in base a qualità e quantità di link ricevuti da altri siti web, ma si ritiene che prossimamente verrà influenzata anche da sistemi di valutazione da parte degli utenti. In termini di comunicazione, questo significa dover approntare un modo nuovo di considerare le public relation, ove il soggetto da influenzare positivamente non è più un giornalista o un opinion leader, ma sono Google, Yahoo!, MSN, ecc.

Inquiry marketing
Nel contempo, il search assume sempre di più le sembianze di una piattaforma su cui poggia l’intero web e non più una semplice funzione o una tipologia di siti. Troviamo quindi i box di ricerca come parte integrante di tutti i servizi online (email, messenger, toolbar) e di quelli legati all’utilizzo del PC (desktop search). Intanto, i contenuti digitali accessibili attraverso i motori di ricerca si moltiplicano per tipologia e caratteristiche di fruizione: abbiamo quindi le ricerche personalizzate, il local search, le news, la ricerca di ogni tipo di contenuto multimediale, ecc. È lecito aspettarsi inoltre che il search come lo conosciamo oggi sulla Rete, possa sconfinare anche su altri device: cellulari, console, sistemi GPS, ecc. In definitiva si va concretizzando la necessità di quello che Fredrick Marckini di iProspect definì già due anni fa “inquiry marketing”, cioè l’insieme delle tecniche che non sono concentrate sulla visibilità su uno specifico medium, ma che puntano ad influenzare le domande che il consumatore si pone prima di un acquisto, indipendentemente dal servizio o dal device che sta utilizzando.

Gestire tutte le opportunità
Tornando al web, vale la pena di riflettere sull’imminente disponibilità da parte di Google (ma non ci sarebbe da stupirsi se venisse imitato da altri motori di ricerca) di strumenti pubblicitari più tradizionali, sia come formato (banner grafici), sia come modello di prezzo (CPM, costo per migliaia di impression). Si tratta di un’opportunità estremamente interessante per gli inserzionisti, mentre non è ancora chiaro se ci saranno eventuali implicazioni nei rapporti tra le figure professionali che operano in Rete. Ci si può attendere che, all’aumento delle opzioni disponibili per numero e complessità, andrà a corrispondere un crescente bisogno di agenzie specializzate che affianchino gli investitori pubblicitari nelle attività di comunicazione online. La crescente pletora di opportunità, formati e modelli di prezzo, tutti in continua evoluzione, ci sta consegnando una situazione eccitante e tutta da gestire, misurare e adattare alle specifiche esigenze dell’advertiser.


Pamphlet IAB 2005

Da questa settimana è in distribuzione insieme a NetForum l’edizione 2005 del pamphet realizzato da IAB Italia (siamo già alla sesta edizione!). Anche quest’anno, sono stati raccolti articoli, dati e case history, tutti molto interessanti.

Io ho scritto un articolo sul mondo dei motori di ricerca (guarda caso ;-) ) dal titolo “Search marketing: l’evoluzione continua”. Per ragioni di spazio, l’articolo stampato è stato un po’ accorciato, mentre domani pubblicherò qui la versione integrale.

Nei prossimi giorni, la versione digitale dell’intero pamphlet dovrebbe essere disponibile sul sito IAB che segnalo, con l’occasione, potrebbe avere problemi di caricamento perché lo stiamo trasferendo su un altro provider.


Pamphlet IAB 2005

Da questa settimana è in distribuzione insieme a NetForum l’edizione 2005 del pamphet realizzato da IAB Italia (siamo già alla sesta edizione!). Anche quest’anno, sono stati raccolti articoli, dati e case history, tutti molto interessanti.

Io ho scritto un articolo sul mondo dei motori di ricerca (guarda caso ;-) ) dal titolo “Search marketing: l’evoluzione continua”. Per ragioni di spazio, l’articolo stampato è stato un po’ accorciato, mentre domani pubblicherò qui la versione integrale.

Nei prossimi giorni, la versione digitale dell’intero pamphlet dovrebbe essere disponibile sul sito IAB che segnalo, con l’occasione, potrebbe avere problemi di caricamento perché lo stiamo trasferendo su un altro provider.


200507_capitalidelnord_022

Una bella settimana di vacanza ci voleva proprio! Un giro al fresco delle capitali del Nord (Stoccolma, Oslo, Copenaghen), staccando la spina per qualche giorno (qui le foto). Pensavo di allontanarmi per un attimo dall’atmosfera italiana di questo periodo (crisi economica, politica, sconforto generale, ecc.), però ho notato che anche in Scandinavia hanno i loro bei problemi. In linea generale sembra che il luogo comune dello stato scandinavo "tasse alte – ma ottimi servizi e qualità della vita" sia decisamente in declino. Gli stipendi medi sono più bassi di quelli italiani e l’efficenza dei servizi pubblici è peggiorata negli ultimi anni, pur continuando ad avere aliquote di tassazione normalmente superiori al 50%.

In tutte le città visitate è altissima la frequenza di borseggi e furti. In ogni luogo pubblico così come nelle stanze degli alberghi, ci sono avvertimenti sul rischio furti. Anche due persone del nostro gruppo hanno subito un furto, di cui uno addirittura durante una visita in una chiesa. La polizia locale, tipicamente poco abituata ad affrontare la micro-criminalità e formata per lo più da ragazzi in servizio di leva, è poco presente ed evidentemente in difficoltà.

(continua…)


Gente di domani

Il titolo era irresitibile: “Gente di domani”. Sotto la guida di una neuro-scenziata inglese, il libro è un salto nel futuro, una specie di Stargate che mostra le “cose che potrebbero accadere” nel 2050 o giù di lì. L’approccio del libro, tuttavia, è concentrato non tanto su cosa sarà possibile, ma sull’impatto dei cambiamenti sulla natura umana e sulle nostre identità.

In qualità di neurologa, la Greenfield, si scatena su approfondimenti legati al cervello umano, analizzando le innumerevoli possibilità di intervento o manipolazione, sia per fini medici, ma anche per adattare stimoli e impulsi celebrali a dialogare con una tecnologia che sarà sempre più pervasiva. Il nostro corpo potrebbe diventare uno dei tanti componenti modulari che comporranno la vita di tutti i giorni.

Non mi sembra il caso di riportare le sorprendenti quanto preoccupanti evoluzioni tracciate dall’autrice. La considerazione che normalmente si fa parlando del futuro e che, per fortuna, riprende anche la Greenfield, è che sia impossibile valutare compiutamente ciò che succederà tra 50 anni attraverso il modo di pensare attuale. Cultura, abitudini e conoscenze del momento non possono adattarsi a scenari così avanti nel tempo. Un esempio per tutti è l’argomento “clonazione”, sul quale il libro va piuttosto in profondità, sempre con un rigoroso (a me pare) approccio scientifico. Immaginare che un bambino potrà avere genitori multipli in base ai diversi contributi apportati, siano essi biologici (inseminazione, affitto dell’utero, ecc.) o sociali (gestione familiare), può forse sembrarci non etico, strampalato, o semplicemente folle. Ma chissà i figli dei miei figli cosa ne penseranno.

Un’altro argomento complicato è quello della clonazione umana che, secondo l’autrice, potrà essere effettuata con una certa semplicità. Sarò forse troppo radicato nel pensiero corrente, ma trovo aberrante pensare alla nascita di un essere umano del tutto programmato, scegliendo tra razza, attitudini, esperienze, ecc. Però tento anche di immaginare che tra un paio di generazioni il “senso comune” potrebbe trovare questo argomentro, come altri, del tutto accettabili.

Mi è sembrata molto interessante l’analisi della generazione della consapevolezza nel nostro cervello e dell’evoluzione del concetto di identità nel futuro. Lo ammetto, in più di un’occasione, mi sono perso tra neuroni, geni, elettricità celebrale, ecc., però il linguaggio è normalmente comprensibile pur mantenendo un profilo decisamente scientifico.

Un limite del libro che mi sento di indicare è che si notano vivissimi l’entusiamo e la curiosità su tutte le innovazioni tecnologiche in divenire, tipiche di uno scienziato, senza mai analizzare il livello di applicazione. Capita quindi che dinnanzi a molti “sarà possibile…”, scattano naturali interrogativi quali “chi potrà accedere a tali innovazioni?”, “a che costi?”, domande alle quali non ho trovato risposte nel lavoro della Greenfield.

Giusto nella parte conclusiva del libro, si trova una preoccupata rappresentazione del mondo com’è e come potrebbe essere, basato però sulla constatazione della terribile situazione dei paesi in via di sviluppo che potrebbe condizionare ogni scenario immaginabile.


Mi piace giocare con le parole, scoprirne i significati nascosti, capirne l’uso differente che ne fanno i singoli individui. Probabilmente è per questo che nel settore del search mi sento a casa. Ed è quindi stata piacevolissimo ricevere oggi un biglietto da Google con il mio nome elaborato per ricavarne un anagramma, ossia “urlo piuma”. Il biglietto, rigorosamente personalizzato, compilato e firmato in originale, riporta pure un “sentenza” che descrive l’anagramma prodotto. Trascrivo questa sentenza,  oltre a riportare la digitalizzazione delle quattro facciate del bigliettino che merita davvero. Bravi!

Va citato anche Paolo Garofalo che è il “matematico per studi, umanista per destinazione” (stando alla descrizione indicata) che ha elaborato l’anagramma.

URLO PIUMA
Sottovoce, le potenze del no e del si si moltiplicano e volano leggerissime a destinazione
Googlead1 Googlead2
Googlead3 Googlead4


Non si fa una bella figura quando un responsabile marketing lascia un’azienda, scrive un post di commiato e l’azienda lo nasconde. Invece è quello che è appena successo a Andy Beal, uno dei personaggi più noti nel mondo del search marketing, anche perché voce di otherWebSourced/WebRanking, l’agenzia SEM più grande al mondo (almeno a detta loro, ma probabilmente è vero) e autore di SearchEngineLowdown, un blog molto popolare.

Danny Sullivan è stato tra i primi a commentare la cosa e, tra l’altro, segnala un post su Treadwatch dove lo stesso Andy Beal spiega che, in pratica, il management gli ha chiesto di tacere, almeno sul blog dell’azienda. Punto. Va sottolineato che WebSourced fa parte di un gruppo quotato, ma di sicuro non hanno gestito bene la cosa. Probabilmente la responsabilità va comunque divisa tra le parti anche perché, conoscendo il caratterino di Mr. Beal e la sua spiccata verve polemica(vecchie ruggini anche con il sottoscritto), avrà sicuramente giocato la sua parte in questa querelle.


Normalmente prendo una quarantina di aerei l’anno. Tutto sommato volare mi piace e, a parte qualche forte turbolenza e un caso di ruota del carrello forata, fortunatamente non mi sono mai trovato in situazioni di pericolo. Irei invece, tornando da una due giorni di lavoro a Dublino, ho beccato un momento difficile quando l’aereo entrando dentro un cumulo di nuvole, ha prima assorbito un fortissimo vuoto d’aria e poi è stato come spostato violentemente. Vedere le teste di tutti i passeggeri davanti sbucare dai sedili, trattenuti solo dalle cinture di sicurezza, non è il massimo della tranquillità. Per fortuna poi l’aereo si è ristabilito in pochi secondi, mentre hostess e pilota ci rassicuravano che era tutto ok. Io sono fatalista, per cui una volta tornata la calma generale, mi sono rimesso a leggere il mio libro pensando ad altro. Ma non dimenticherò mai il viso di due bimbi di 3-4 anni vicini a me che per il resto del volo hanno mantenuto un’espressione terrorizzata tale da fargli trattenere il pianto. Vabbè, anche questa è andata. Il prossimo aereo… domenica.

Con l’occasione: Dublino l’ho vista d sfuggita ma non mi è piaciuta gran che. È stato buffo notare come lo stupore generale fosse concentrato sui due giorni di sole pieno ed una temperatura piuttosto alta, cose inusitate per la città. Forse per questo che i taxi non hanno l’aria condizionata. Però la birra è buonissima ;-)


IAB Italia ha divulgato oggi i dati del fatturato pubblicitario online relativi al primo trimestre 2005. Siamo ad un +10,9% rispetto al 2004 come dato generale. Il valore è positivo, soprattutto in relazione alla media del mercato (2,3%), ma è ancora migliore guardando i numeri in dettaglio.

Se si tengono fuori le categorie “internet only” (adults, gambling e dialers), le quali pesano oggi poco più del 2%, l’incremento sul 2004 è del 26,3%. È ancora poco rispetto alle crescite superiori al 50% di Francia e Regno Unito, ma il trend sembra evidente.

Iab1q05 Da sottolineare anche il peso del keyword advertising che nel Q1 è stato del 17% sul totale speso in pubblicità online, con un incremento del 46,5% rispetto al 2004. Si tratta dello strumento pubblicitario che cresce di più ed è realistico pensare che possa attestarsi a fine anno su valori vicini al 25%.

Va tenuto presente inoltre, che il dato che analizza IAB Italia non comprende tutto il valore del keyword advertising, perché i principali motori di ricerca e network (Google, Overture, Miva/Espotting) non sono rilevati direttamente. È considerato ciò che fatturano tramite i portali (ad esempio quello che Virgilio ricava dalla partnership con Google), ma rimangono fuori, ad esempio, i ricavi che Google fa direttamente attraverso il suo sito e mediante AdSense. Nel 2004, in IAB abbiamo stimato (e condiviso con le aziende del mercato) un fatturato complessivo per il keyword advertising di 26 milioni, contro circa gli 11 rilevati. Si può quindi ragionevolmente pensare che il keyword advertising rappresenta oggi almeno un quarto (io stimo il 30%) di tutta la spesa pubblicitaria online.


Una delle piattaforme di blogging più conosciuta e usata, TypePad, viene lanciata ufficialmente in versione italiana. Anche se Luca aveva fatto trapelare la cosa da qualche giorno, Paolo mi annunciò la sua partnership qualche mese fa (eravamo al convegno di Digital PR) ed io ho tenuto il segreto ;-)

Spero che anche in Italia questa piattaforma trovi il successo che merita, perché trovo che dia al blogger uno strumento professionale, ordinato e flessibile. Ci sono tante altre piattaforme, alcune gratuite come WordPress, altre addirittura open source come l’italianissima dBlog. Però TypePad si pone sul mercato delle soluzioni professionali di fascia bassa e fa benissimo il suo mestiere.

E poi Loic è un manager capace che, oltre ai suoi bilanci ;-) , sta rafforzando la diffusione dei blog in tutta Europa.


Prepostfilters

Anche Marco l’ha segnalato, però il post di Chris Anderson su The Long Tail di ieri merita una ripresa. L’argomento sono i filtri ai contenuti e come l’accesso ai temi più popolari avvenga mendiante dei Pre-filters, mentre per tutto quello che c’è nella “lunga coda” viene letto ed interpretato dai Post-filters. La lista qui accanto mi sembra molto esplicativa.

Lungacoda

“The Long Tail” sta diventando rapidamente un termine molto usato. A me capita di parlarne spesso a proposito del modo estremamente polverizzato con cui gli utenti usano i motori di ricerca. La scorsa settimana, durante il convegno Internet Cerca Roma, in una delle slide ho mostrato come le prime 20 keyword nel settore Turismo fanno il 59% delle richieste, mentre il restante 41% è sviluppato attraverso centinaia di keyword differenti.

Si tratta di un andamento che si ripete puntualmente ogni volta che andiamo ad approfondire cosa e come si cerca sulla Rete. Sarebbe lungo ora dettagliarne i motivi. A me piace pensare che tra le ragioni principali, ci sia il fatto che internet dimostra quanto siamo differenti.


Non ce l’ho fatta (per ora). La prima volta che proposi a Danny Sullivan di fare un Search Engine Strategies in Italia, Google ancora non esisteva, ed era ovviamente troppo presto. Quest’anno invece sembrava proprio essere il momento giusto e con Jupiter abbiamo ragionato per mesi su tipologia e impostazione dell’evento. Alan Meckler, CEO di Jupitermedia, aveva fatto un micro annuncio già in aprile, confermato in un post di Giugno scorso.

La decisione è stata quella di spostare l’evento nella prima parte del 2006. Siccome sono ottimista e fatalista, penso che alla fine è meglio così. Il prossimo anno il nostro mercato sarà ancora più maturo, gli attori sul mercato meglio definiti ed il SES milanese avrà una collocazione stabile nel calendario nazionale.

Certo che è complicato far capire agli operatori stranieri, specie quelli americani, che anche in Italia esiste un mercato legato ad internet…