Archivio: maggio, 2005

Carlo Magni mi segnala di aver scelto il mio blog per la rubrica BloGGO Creativo su Liberalia. Grazie! ;-)


L’annuncio di Yahoo! Mindset e le voci del TrustRank in sostituzione del PageRank su Google, fanno ermergere una constatazione che a me pare evidente: per ottenere dei risultati di ricerca pertinenti e puliti da spam di vario tipo, occorre l’intervento degli utenti perché la tecnologia da sola non basta. Ma andiamo con ordine e partiamo dalle ultime novità.

Yahoo! Mindset è una funzione che consente di effettuare una ricerca indicando su un cursore se si desidera ottenere dei risultati più orientati allo shopping piuttosto che al researching. A differenza di quanto già visto con i selettori di MSN Search con i quali si impostano i livelli di aggiornamento, popolarità e corrispondenza, il cursore di Yahoo! Mindset aggiorna immediatamente la lista dei siti mostrati.

La funzione è interessante e semplice da usare. Non ho fatto test approfonditi (è comunque in versione beta) ma sembra che orientando il cursore verso shopping vengano evidenziati i siti con le keyword “store”, “shop”, ecc., mentre researching dà preferenza alle pagine che contengono termini quali “help”, “resources”, “information”, ecc. Una differenza sostanziale nella graduatoria sembra esserci, anche se la rispondenza dei siti non collima ancora con l’una o l’altra impostazione.

Il punto è che è difficile caratterizzare con esattezza una ricerca online. Chi vuole fare shopping, in realtà ha bisogno anche di info sul prodotto, del parere di altri utenti, delle modalità di utilizzo. Insomma: la scelta tra shopping o researching mi sembra troppo assoluta e comunque insufficiente. L’idea del cursore è ottima, ma ne inserirei almeno altri due o tre che possano definire meglio il contesto della richiesta inoltrata. Insomma, è ora che i motori di ricerca… inseriscano alcuni comandi sul volante, come quando sono comparsi i tasti dell’hifi sul volante delle automobili.

Altra funzione che aggiungerei è che al variare del tipo di ricerca, cambino di conseguenza anche gli advertiser. Pensando a Yahoo! Mindset, ad esempio, il cursore su researching potrebbe privilegiare gli inserzionisti con dominio ORG o EDU oppure inserzioni la cui descrizione contiene termini quali “guida”, “informazioni”, ecc.

Arriviamo a TrustRank, un marchio registrato da Google che si pensa potrà dare il nome alla tecnologia per catalogare i siti in base alla fiducia (trust, appunto) espressa dagli utenti per le singole pagine web; il TrustRank andrebbe così a sostituire il PageRank (proprio in questi giorni apparentemente scomparso) sostituendo di fatto il valore dei link con quello delle opinioni delle persone.

È indubbiamente presto per immaginare l’impatto di queste funzioni ancora tutte da implementare e sperimentare, però ritengo che sarà decisivo l’intervento dei singoli utenti online nei meccanismi che regolano il ranking dei motori di ricerca. Sia attraverso l’impostazioni di semplici parametri di ricerca, sia mediante il loro giudizio sui siti. Solo in questo modo la tecnologia potrà effettivamente arginare l’ondata di spam che ha inondato la testa dei risultati.

Di fatto, un aiuto a restituire risultati pertinenti è sempre arrivato dalle agenzie SEO, almeno quelle serie e concentrate nell’incrociare i contenuti dei siti web delle aziende con keyword rilevanti e coerenti. Purtroppo, quando alcuni interpretano il SEM come search engine manipulation, allora tutto appare lecito e si vedono nascere quotidianamente vere e proprie fornaci di pagine web senza senso, finti search engine che in realtà sono affiliati agli stessi motori di ricerca, pagine civetta che portanto a contenuti diametralmente opposti a quelli cercati, ecc.

Ok, ogni tanto anche i professional SEO usano qualche trucchetto (negli ultimi anni molti meno, in verità), ma se l’esperienza dell’utente è soddisfatta, il risultato è che sono proprio queste agenzie che aiutano i motori di ricerca a presentare delle graduatorie efficaci, almeno per le ricerche business. Per le altre… si devranno far aiutare dagli utenti. Mica possiamo fa’ tutto noi dentro ‘sta casa (cifr. Corrado Guzzanti).


Sabato 28 è stato il compleanno di Ad Maiora. Il nome dell’azienda è di per sé già un augurio ed in pratica racchiude la vision: “ambire a cose migliori”. Si tratta di una auspicio che ovviamente cerchiamo di condividere con i nostri clienti, con l’obiettivo di realizzare effettivamente delle cose migliori per loro e per noi.

Volevo cogliere questa occasione per ringraziare tutto il team dell’azienda per aver contribuito alla sua crescita initerrotta sin dal 1997 ed anche per il modo con quale sono stati raggiunti questi risultati, coniugando professionalità, spirito di squadra e attenzione ai clienti.

Io lavoro da 26 anni ma mi sento come se stessi cominciando adesso. Ho la fortuna di lavorare in uno dei settori alla base di una serie di cambiamenti sociali ed economici di valore epocale. Ci sono così tante sfide e opportunità da cogliere, tante idee e progetti da realizzare.

Ed è veramente stimolante poter partecipare a tale evoluzione in un’azienda che non sta ferma un secondo, che continua ad investire in ricerca e sviluppo, che è riconosciuta tra i leader a livello internazionale, che ottiene la fiducia di nuovi e importanti clienti.

Buon compleanno Ad Maiora!


Il Blog si mangia… a Roma: e dove sennò? :) ))
Gambero Rosso organizza un incontro a Roma il 9 giugno per presentare il libro Blog Generation di Giuseppe. Io mi sono iscritto: sia perché il libro mi piace molto, sia perché… sono una buona forchetta ;-)


Leggo sempre volentieri il Nautilus di Mattia Losi su Alfa. Nel suo editoriale di oggi, si delineano le caratteristiche che dovrebbe avere un “sito ben fatto”, riprendendo un articolo precedente sulla qualità dei siti web delle piccole aziende.

Le indicazioni fornite (chiarezza, divulgazione, riportare prezzi e garanzie, ecc.) sono senz’altro giuste e sono alla base di un qualsiasi progetto web. Ciò che manca è l’argomento della visibilità il quale, a mio modo di vedere, deve sempre far parte degli elementi basici di un progetto online. Va ripetuto fino alla noia: puoi avere il miglior sito del mondo ma, specie se sei una piccola azienda, rimani del tutto invisibile se non ti attivi per farti trovare. E siccome gli utenti online accedono ai siti che non conoscono partendo dai motori di ricerca, le attività di registrazione e posizionamento diventano cruciali.

Quello che si suggerisce (ne ha scritto recentemente anche Danny Sullivan), è di considerare i motori di ricerca come se fossero un terzo browser. Si consiglia sempre di adattare il sito affinché sia visualizzato correttamente con Internet Explorer e Firefox. Ebbene, iniziamo a dire alle aziende che non basta, e che le loro pagine web devono essere approntate anche per i search engine che, di fatto, sono uno strumento di navigazione e di indirizzamento sulla Rete.

Anche una ricerca che abbiamo realizzato ad aprile analizzando i siti dei primi 100 spender pubblicitari italiani, dimostra una correlazione diretta tra l’ottimizzazione per i search engine e la popolarità online.

Nell’articolo di Losi viene citata ad esempio il sito artiscaminettiantichi.it. Non ho fatto un’analisi estesa, ma oltre alle qualità citate nel pezzo, va sottolineato che il sito risulta nei primi dieci risultati di ricerca per alcune keyword strategiche. Bravi: questo è veramente un sito ben fatto.


Una comoda lista di 15 cose che si possono fare con gli RSS (via Blogs4biz). Nei commenti al post ne sono state aggiunte altre e, sicuramente, ne mancano moltissime.

Non so voi, ma quando capito su un sito interessante (non solo blog) cerco subito il bottoncino arancione che identifica gli RSS e lo sparo su Bloglines. Praticamente ho quasi smesso di usare i Preferiti.

Non ci sono rimasto bene, quindi, quando oggi mi è arrivata la newsletter Prometeo, la nuova webzine di Comunicazione Italiana, interessante nei contenuti ma senza RSS. Ok, continuerò a leggerla se continuerà ad arrivarmi via mail (la distribuzione avviene con l’ottima piattaforma di Massimo), ma l’editore ha perso l’occasione di raggiungermi (e credo, con me, molti altri) tutte le volte che aggiorna i contenuti in un modo più efficiente, pratico e meno invasivo.


Marco Montemagno mi ricorda che nella mia todo list c’è (da tempo) un articolo sulla “long tail”, argomento stradiscusso negli ultimi mesi. Avendo un formamentis mentale che mi dice di fare prima quello che “c’è da fare” e poi quello che “mi piacerebbe fare”, la lunga coda è andata sempre… in coda.

Per ora accontentatevi di sapere che da Marco ci sono due link importanti: quello di Chris Anderson, l’evangelist della long tail, e quello di un’ottimo PDF su Changethis che è stata un’altra interessante scoperta.

A giorni spero di poter dare anche il mio contributo alla discussione su uno degli argomenti più stimolanti di questi mesi.


Corriereeconomia In coda al Corriere Economia di oggi, Francesco Margiocco scrive di Corporate Blog, di Scoble, di Leclerc e… del sottoscritto. Interessante anche il fatto che nella pagina precedente si approfondisca il tema del self-publishing (secondo me legato anche ai blog) e nell’ultima ci sia la recensione di Blogger e Typepad.

Insomma, pare che almeno i quotidiani guardino ai “blog” con maggiore attenzione ed in modo collaborativo. In effetti, anche una recente ricerca sulle famiglie italiane ed i contenuti digitali (realizzata dalla ISPO di Mannheimer e pubblicata da Lavapiùbianco), evidenzia come il 57% degli utenti internet in Italia (oltre 13 milioni) legge un quotidiano 3-4 giorni alla settimana e questo sembra dimostrare che non ci sia una effettiva cannibalizzazione tra la Rete e la stampa. Almeno per ora.

Comunicazione di servizio per Margiocco: ti ho mandato i link che mi avevi richiesto ma il tuo indirizzo su hotmail sembra non funzionare.


Mentre scrivevo il post in cui annunciavo la Community Bar, riflettevo sul fatto che Microsoft, come tante altre aziende che utilizzano beta-tester, deve prevedere che ognuno di loro è in grado di far girare notizie (gradite o meno) attraverso i rispettivi blog, e che la diffusione è questione di minuti. Non a caso, a Seattle abbiamo scherzato molto sull’NDA (Non Disclosure Agreement) che io ho ribattezzato NBA, No Blogging Agreement.

Non essendo un giornalista, questa è stata la prima volta che sono sotto embargo e che so di poter scrivere altre cose solo da una certa data. E sono sicuro che sono moltissimi i blogger, intendendo in particolare quelli che non sono giornalisti professionisti, che hanno iniziato a ricevere comunicati stampa, ad avere date precise da cui poter pubblicare notizie, ecc.

Mi scappa una battuta: non ho scritto il post sulla Community Bar perché anch’io volevo fare uno scoop; in questi giorni ne abbiamo avuto abbastanza! :-O


Una delle anteprime più interessanti che ho potuto vedere a Seattle da Microsoft facendo parte del programma MSN Search Champs, è un tool per Explorer chiamato Community Bar (non è sicuro che il nome rimanga questo, ma sembra buono). Oggi ho avuto via libera a poterne parlare, anche se non esistono (per ora) screenshot.

Si tratta di una serie di funzioni attivabili nella parte sinistra di Internet Explorer, per capirci quella che può mostrare la Cronologia, i Preferiti, ecc.

La Community Bar permette innanzitutto di commentare i siti web su cui si sta navigando. Lo so, esistono altri tool del genere, però questo è integrato in Explorer e consente di assegnare anche una valutazione complessiva dei siti. Beh, tra le cose che pensavo di proporre a Seattle, c’era proprio un sistema universale di commenti ai siti; quando ci hanno annunciato un’anteprima ed ho visto proprio quello che avevo in mente io (e qualcosa in più), è stato un mix di soddisfazione (vuoi vedere che è una buona idea) ma anche di sconforto (ci hanno già pensato). Comunque un bell’effetto che mi ha spianato la strada per proporre diverse implementazioni.

Io credo che uno dei tanti motivi alla base del crescente successo dei weblog sia proprio la presenza dei commenti, non solo per l’ovvia interattività che genera tra blogger e lettori, ma per l’opportunità di “dire la propria opinione”. Trovo quindi intrigante immaginare cosa potrà succedere con la possibilità di commentare qualsiasi sito o pagina web che incrociamo online. Probabilmente è un’esigenza che hanno molti utenti online e che non è ancora soddisfatta, ed il sito che ha messo su un sistema di commenti agli articoli sul New York Times (qui il link) lo dimostra.

Altra funzione cool è la possibilità di entrare in chat con altri visitatori di un determinato sito che si trovano a passare da quelle parti. Significa che un giorno potremmo dire “ci troviamo alle 16 su www.quellochevipare.it; dovrebbero esserci anche un po’ di amici”.

La Community Bar fa altre cose che neanche ricordo tutte. Non si sa ancora quando verrà rilasciata ma spero presto: a me sembra una cosa che potrebbe cambiare il web come lo conosciamo adesso.


Un mese fa ho scritto un articolo sul marketing esperenziale sulla rivista Quaderni di Management; la rivista non è online, ma c’è una breve presentazione della sezione “Il nuovo marketing” che ha curato Danilo Bonato di E-tree.

EsperienzaVolendo approfondire l’argomento, ho voluto leggere “L’economia delle esperienze”, il libro di Pine e Gilmore che ebbe un certo eco quando uscì nel 99. Si tratta di un testo stimolante, che suggerisce di guardare a prodotti e servizi non solo in relazione alle loro funzionalità diretta, ma all’esperienza che maturano gli utenti/utilizzatori quando ne usufruiscono. Una lettura che stuzzica pensieri laterali (che cosa fa l’utente mentre usa il prodotto?) e che approfondisce un modo diverso di guardare il proprio mercato di riferimento.

Concentrarsi sull’esperienza dei prodotti/servizi, permette di capire meglio le motivazioni che vanno al di là della semplice valutazione sull’utilità e sul vantaggio. Soprattutto per le vendite successive alla prima, l’analisi dell’esperienza consente di creare i presupporti per stimolare la fedeltà del consumatore ma anche per differenziare il prodotto/servizio rispetto ai competitor.

Il libro è ben fatto e chi si occupa di marketing dovrebbe leggerlo, anche se ci sono delle aree che non condivido del tutto, in particolare quella che relaziona il marketing esperenziale con il teatro, a cui è dedicata l’intera seconda parte de libro. Indubbiamente, ci sono molti punti di contatto tra le logiche di una rappresentazione teatrale a quelle che impattano sull’esperienza dei consumatori, ma l’enfasi su questo rapporto rischia di trasformare la comunicazione in mistificazione, in persuasione, in mero convincimento.