Archivio: aprile, 2005

Quando Roberto Bonzio di Reuters mi ha chiamato per commentare l’ennesimo caso di cybersquatting (qui l’articolo di Reuters), ho rivolto l’attenzione all’aspetto speculativo e deleterio della faccenda. In particolare, l’argomento era il dominio www.benedettosedicesimo.it registrato da una società di Claudio Ciaravolo, un persona di cui avevo sentito parlare ma che non avevo ancora avuto modo di esaminare con attenzione.

Per chi non lo conoscesse, Ciaravolo è un eclettico psichiatra campano noto, tra l’altro, per aver lanciato la leggenda della maglietta di sicurezza (quella con la finta cintura di sicurezza stampata sopra).

Beh, io sono un po’ assolutista sull’arte di arrangiarsi: non la sopporto. Vivere di espedienti, di furberie, di speculazioni, proprio non riesco a tollerarlo. E purtroppo l’Italia vista dall’estero è sempre etichettata come il “paese dei furbi”. Ricordo che un manager di una banca d’affari internazionale mi disse una volta che l’esistenza di un furbo presuppone sempre la presenza di un ingenuo. È vero, così come è vero che “tutto il mondo è paese” ed i furbi esistono ovunque; solo che l’arte (si fa per dire) dell’espediente, del trucchetto, della scorciatoia è così radicata nell’italiota-pensiero che ne contraddistingue il comportamento e la reputazione ormai in modo irrimediabile. Purtroppo.

Ammetto di aver inserito inizialmente anche Ciaravolo in questo contesto. La discutibile registrazione del dominio www.benedettosedicesimo.it mi ha ricordato quando Nichi Grauso venne da me fresco dei suoi 500.000 domini web registrati che voleva posizionare nei motori di ricerca. Mah…

Tornando a Ciaravolo. Non ho informazioni sufficienti per definire le sue attività come furberie o come semplici operazioni opportunistiche. Ma sono simpaticamente incuriosito dalla sua doppia specializzazione in “legend maker” e in “legend buster”. Da un lato si dice capace di sviluppare “a tavolino” delle leggende (come quella delle magliette di cui sopra), dall’altro (cito il sito): “tiene corsi di formazione per legendbuster ed opera attivamente nel campo della smentita delle leggende”.

Insomma, una specie di Dr. Jekyll e Mr. Hide, che associo alla considerazione che i maggiori esperti di sicurezza informatica sono ex haker. Così come ho scoperto che alcuni dei maggiori black hat (definizione di quelli che nel settore del search marketing applicano tecniche… d’assalto) sono anche strapagati consulenti di search engine e corporation nella gestione dello spam.

Con Bonzio di Reuters riflettevo sul fatto che il sistema dei siti fasulli, creati per occupare i promi posti nei risultati di ricerca, non è nient’altro che la rappresentazione contemporanea della furbizia umana. La chiromante è sostituita dal sito civetta. La catena di S.Antonio dalle link farm. La microspia dal phishing.


Quando Roberto Bonzio di Reuters mi ha chiamato per commentare l’ennesimo caso di cybersquatting (qui l’articolo di Reuters), ho rivolto l’attenzione all’aspetto speculativo e deleterio della faccenda. In particolare, l’argomento era il dominio www.benedettosedicesimo.it registrato da una società di Claudio Ciaravolo, un persona di cui avevo sentito parlare ma che non avevo ancora avuto modo di esaminare con attenzione.

Per chi non lo conoscesse, Ciaravolo è un eclettico psichiatra campano noto, tra l’altro, per aver lanciato la leggenda della maglietta di sicurezza (quella con la finta cintura di sicurezza stampata sopra).

Beh, io sono un po’ assolutista sull’arte di arrangiarsi: non la sopporto. Vivere di espedienti, di furberie, di speculazioni, proprio non riesco a tollerarlo. E purtroppo l’Italia vista dall’estero è sempre etichettata come il “paese dei furbi”. Ricordo che un manager di una banca d’affari internazionale mi disse una volta che l’esistenza di un furbo presuppone sempre la presenza di un ingenuo. È vero, così come è vero che “tutto il mondo è paese” ed i furbi esistono ovunque; solo che l’arte (si fa per dire) dell’espediente, del trucchetto, della scorciatoia è così radicata nell’italiota-pensiero che ne contraddistingue il comportamento e la reputazione ormai in modo irrimediabile. Purtroppo.

Ammetto di aver inserito inizialmente anche Ciaravolo in questo contesto. La discutibile registrazione del dominio www.benedettosedicesimo.it mi ha ricordato quando Nichi Grauso venne da me fresco dei suoi 500.000 domini web registrati che voleva posizionare nei motori di ricerca. Mah…

Tornando a Ciaravolo. Non ho informazioni sufficienti per definire le sue attività come furberie o come semplici operazioni opportunistiche. Ma sono simpaticamente incuriosito dalla sua doppia specializzazione in “legend maker” e in “legend buster”. Da un lato si dice capace di sviluppare “a tavolino” delle leggende (come quella delle magliette di cui sopra), dall’altro (cito il sito): “tiene corsi di formazione per legendbuster ed opera attivamente nel campo della smentita delle leggende”.

Insomma, una specie di Dr. Jekyll e Mr. Hide, che associo alla considerazione che i maggiori esperti di sicurezza informatica sono ex haker. Così come ho scoperto che alcuni dei maggiori black hat (definizione di quelli che nel settore del search marketing applicano tecniche… d’assalto) sono anche strapagati consulenti di search engine e corporation nella gestione dello spam.

Con Bonzio di Reuters riflettevo sul fatto che il sistema dei siti fasulli, creati per occupare i promi posti nei risultati di ricerca, non è nient’altro che la rappresentazione contemporanea della furbizia umana. La chiromante è sostituita dal sito civetta. La catena di S.Antonio dalle link farm. La microspia dal phishing.


Vittorio Zambardino dice la sua sull’annunciato servizio banner di Google (che chiama “asta dei banner”). Non mi ritrovo sul concetto di base, secondo il quale il sistema disintermedierà la pubblicità.


Ho inserito un mio commento sul blog di Vittorio che riporto comunque anche qui:


Vittorio, devo dissentire su un tuo assunto, quello secondo cui basta mettere in contatto un budget con un media e la pubblicità esce da sola.
In realtà, la pianificazione pubblicitaria necessiterà sempre e, probabilmente in modo crescente, delle agenzie specializzate nella pianificazione e nella creatività. E se per il keyword advertising che conosciamo, i piccoli budget possono anche essere gestiti autonomamente dagli advertiser, la comunicazione legata al brand scatena delle attività difficili da realizzare in-house.
Ciò vale per la la creatività, che presuppone delle competenze tipiche del mezzo e delle crescenti versatilità/complessità tecnologiche. Lo stesso modello di pricing variabile, obbligherà a valutazioni del ROI non sempre accessibili internamente alle aziende.


L’amico Massimo Fubini di ContactLab mi comunica che prossimamente organizzernano un corso sull’email marketing che segnalo volentieri:

ContactLab in collaborazione con AssoComunicazione e IAB Italia ha organizzato il corso “Email marketing dall’ad-click al viral – Corso teorico e pratico di email marketing”. Il corso, che si terrà a Milano l’11 maggio 2005, illustrerà come sfruttare l’email marketing per aumentare l’efficacia della propria comunicazione relativamente a varie tipologie di comunicazione via email (newsletter editoriali, inviti a eventi, comunicazioni di servizio, listini, promozioni, comunicati e rassegne stampa…)

Disclaimer: in Ad Maiora utilizziamo i servizi di ContactLab per le nostre newsletter ma non siamo coinvolti nell’organizzazione e nella promozione di questo corso. Tradotto significa che, al massimo, mi aspetto un pranzo in un buon jap… ;-)


Interessante relazione di May Meeker, un’analista di Morgan Stanley, presentata lunedì nell’ambito di Ad:Tech a San Francisco. Punto centrale della presentazione "The Age of Engagement", la considerazione che l’impatto di internet sia appena iniziato.

Tra cose più o meno discusse ed emerse da tempo, segnalo alcuni spunti che mi sembrano rilevanti:

  • La capitalizzazione al 22 aprile 2005 delle 5 aziende leader del settore, ha superato il picco del Nasdaq del 2000. Da notare che nel conto, la furbetta analista ha messo anche Google che nel 2000 non capitalizzava nulla.
  • Una chart riguarda anche l’Italia, ove si evidenzia il rapporto 2.1:1 tra cellulari e utenti internet (negli USA sono a 0.9:1)
  • I leader del settore continuano a migliorare la loro redditività per utente. Google passa da $2 per user del 2002 a $9 nel 2005, Yahoo! da $11 a $20, eBay da $12 a $37 (per Yahoo! e eBay il dato si riferisce ad utenti attivi registrati)
  • Risulta sproporzionato il rapporto tra il numero di utenti online ed il valore della pubblicità online. I dati sono riferiti agli Stati Uniti ma sappiamo che è lo stesso anche da noi
  • L’analista sottolinea anche il valore dei risultati naturali dei motori di ricerca rispetto a quelli a pagamento, l’importanza del search per sviluppare brand awareness oltre che per vendere prodotti online (dati presi da SEMPO), l’impatto sulle vendite off-line generate dai motori di ricerca

L’intero power point è disponibile sul sito di Morgan Stanley. Mi sembra opportuno ricordare che Mary Meeker è stata una delle analiste più attive negli anni del boom speculativo su internet e venne anche denunciata per dei report considerati troppi ottimisti (lo ricorda cnet).


Interessante relazione di May Meeker, un’analista di Morgan Stanley, presentata lunedì nell’ambito di Ad:Tech a San Francisco. Punto centrale della presentazione "The Age of Engagement", la considerazione che l’impatto di internet sia appena iniziato.

Tra cose più o meno discusse ed emerse da tempo, segnalo alcuni spunti che mi sembrano rilevanti:

  • La capitalizzazione al 22 aprile 2005 delle 5 aziende leader del settore, ha superato il picco del Nasdaq del 2000. Da notare che nel conto, la furbetta analista ha messo anche Google che nel 2000 non capitalizzava nulla.
  • Una chart riguarda anche l’Italia, ove si evidenzia il rapporto 2.1:1 tra cellulari e utenti internet (negli USA sono a 0.9:1)
  • I leader del settore continuano a migliorare la loro redditività per utente. Google passa da $2 per user del 2002 a $9 nel 2005, Yahoo! da $11 a $20, eBay da $12 a $37 (per Yahoo! e eBay il dato si riferisce ad utenti attivi registrati)
  • Risulta sproporzionato il rapporto tra il numero di utenti online ed il valore della pubblicità online. I dati sono riferiti agli Stati Uniti ma sappiamo che è lo stesso anche da noi
  • L’analista sottolinea anche il valore dei risultati naturali dei motori di ricerca rispetto a quelli a pagamento, l’importanza del search per sviluppare brand awareness oltre che per vendere prodotti online (dati presi da SEMPO), l’impatto sulle vendite off-line generate dai motori di ricerca

L’intero power point è disponibile sul sito di Morgan Stanley. Mi sembra opportuno ricordare che Mary Meeker è stata una delle analiste più attive negli anni del boom speculativo su internet e venne anche denunciata per dei report considerati troppi ottimisti (lo ricorda cnet).


Sollecitato dal post di Massimo, vado ad estendere qualche riflessione sull’importante annuncio di Google il quale presenta una nuova funzione che permette ai suoi inserzionisti di esporre banner sui siti affilati con un modello di prezzo CPM.

Da chiarire che questa funzione è attualmente disponibile solo ad un limitato gruppo di inserzionisti e che non è ancora indicata una data di rilascio. Anche questa è una specia di novità: non più l’ennesima versione beta; ora siamo alla “limited beta”. Probabilmente è solo un modo di rispondere velocemente a Microsoft che ha annunciato AdCenter il cui rilascio è previsto nella seconda parte dell’anno.

Tornando a Google, sono questi secondo me i principali motivi alla base della scelta di offrire un servizio “banner/CPM”:

  • Il mercato della pubblicità online cresce a due cifre in tutto il mondo. Non è più solamente il paid search a generare l’interesse degli inserzionisti, ma anche i display ad (banner, rich media, ecc.) raccolgono budget crescenti. Implicitamente, la direzione di Google conferma le numerose ricerche che testimoniano l’efficacia della pubblicità grafica online come strumento per lo sviluppo della brand awareness, specie se abbinate agli altri media.
  • Il nuovo strumento, permetterà a Google di poter interfacciarsi a 360


In giro per Heathrow ho notato la pubblicità della candidatura di Londra per le Olimpiadi del 2012. Mi è sembrata una presenza molto limitata. Non so se accade lo stesso in giro per la città perché sono a Londra solo in transito dagli Stati Uniti. A febbraio sono stato a New York ed anche qui la canditatura della metropoli americana è appena accennata. Di Mosca non vi so dire.

A Pasqua sono invece stato a Parigi con moglie e figli (qui il photoblog) ed il marketing per la candidatura francese è scatenato: cartelloni nelle strade, poster nella metropolitana, brochure in aeroporto, ecc. Lungo i Campi Elisi c’è addirittura una specie di padiglione fieristico. Addirittra la Torre Eiffel ospita un enorme cartellone con i cinque cerchi. Sembra che già abbiamo vinto loro ;-)


Internetproapr05_1 Sta per uscire il numero di aprile di Internet.pro, il mensile disponibile solo in abbonamento che ha preso il posto della popolare rivista Internet News. Intanto ci sono alcuni assaggi online sul sito, tra i quali un interessante pezzo di Joi Ito (pdf 99kb) ed un mio articolo dal titolo “Il marketing online come ricerca di informazioni” (pdf 230kb).

 


Msstore Dopo due giorni mooolto intensi, il finale è al Microsoft Shop potendo contare anche su un buono di 120$. Per fortuna ho trovato qualcosa per i miei bimbi perché non ho avuto un secondo libero per fare shopping. Seattle è un bel posto. Contrariamente alle previsoni che garantivano pioggia a dirotto, c’è un sole fantastico. Peccato non avere il tempo per girarla come si deve. MSN Search Champs è stata una grande esperienza. Ben organizzato, stimolante e mi ha permesso di passare un ventina di ore in totale con trenta persone tra le più interessanti, influenti e innovative che ci siano "in giro". È un gruppo che ritengo abbia dato a MSN un grande apporto di idee, suggerimenti e "visions". Da queste parti i fronti aperti sono molti e le innovazioni saranno numerose ed eccitanti. In rispetto di un NDA non posso raccontare molto, ma qualcosa in Rete i mei "Champs fellow" la metteranno sicuramente. Ok, vado a cercare di stipare in valigia le cose prese al MS Shop e poi si va all’aeroporto.


Msseattle Ok, appena arrivati alla sede di Microsoft a Seattle e mi attendono due giorni belli pieni!

 

 


Adoro le persone schiette, quelle che non hanno peli sulla lingua e che “non la mandano a dire”. Non sempre è possibile “dirla tutta”, specie nel mondo degli affari. Proprio oggi Mantellini sottolinea come “non siamo abituati a sentirci dire chiaramente come stanno le cose”. Così quando qualcuno “vuota il barile” ho sempre la convinzione che equivalga ad una ventata d’aria fresca. Qualche volta, ed è il caso in questione, l’effetto sarà più simile ad un piccolo tornado che ad una semplice ventata.

Mi rifersco a Joe Holcomb che ha pubblicato un lungo post dal titolo emblematico: Pay Per Click Advertising Fraud – The Inside Story.

Joe, che è il marketing manager di BlowSearch (prima era in Kanoodle), fa il punto su uno dei temi più scottanti nel settore del paid search; un pesante j’accuse nei confronti dei search engine che, a sui dire, tendono a sminuire l’effettivo impatto del fenomeno click fraud non riuscendo (per ora) a combatterlo adeguatamente. L’argomento è peraltro emerso in questo giorni nei commenti di un precedente post e discusso anche su Mlist.

È complesso commentare un articolo così lungo che va a coprire molti aspetti del problema. Il punto è che il problema esiste: una parte dei click che arrivano dal paid search (sia esso sponsored links che contextual) potrebbero essere artificiali. E allora?

Dal punto di vista delle aziende che usano i motori di ricerca per generare visite al proprio sito, ritengo che:

  • si debba sempre analizzare con cura l’andamento delle campagne “paid”, non solo utilizzando gli strumenti base offerti dai search engine, ma individuando costantemente il ROI. Pragmaticamente, ammesso di dover accettare che una parte dei click non siano legittimi (pagandoli comunque), va verificata in ogni caso qual’è la soglia di convenienza. È come per le campagne di e-mail advertising ove, in genere, si paga un costo per ogni e-mail trasmessa, comprese quelle che non vengono recapitate o lette.
  • ricordando che la stragrande maggioranza dei click su una pagina dei motori di ricerca viene effettuata sui risultati standard (l’ultima ricerca che lo dimostra è quella del triangolo d’oro fatta da Enquiro), risultra altresì evidente che gli investimenti rivolti all’ottimizzazione ed alla loro visibilità nei risutati standard, non sono intaccati dal click fraud.
  • un modello alternativo potrebbe essere il “paid for action”, ossia un sistema per cui l’inserzionista paga per un risultato concreto come, ad esempio, la compilazione di un form o direttamente l’acquisto. A tale proposito, va segnalato l’attegiamento di Snap (il progetto di Bill Gross, ideatore di GoTo e quindi Overture) che promuove il modello pay-per-action ai suoi clienti. Pur avendo iniziato a parlare di paid per performance svariati anni or sono (attirandomi anche gli strali di alcuni operatori pubblicitari tradizionali), ho comunque molte perplessità sul fatto che un modello legato alle vendite possa funzionare su larga scala.


NetforumNetForum di aprile. All’interno 4 pagine sulla Ricerca appena pubblicata.

 

 

 

 


È con un pizzico di orgoglio che presentiamo oggi la prima Ricerca sulla visibilità su internet dei 100 top spender pubblicitari italiani.

Lo studio ha verificato l’ottimizzazione, la visibilità e la popolarità dei siti web, combinando tali parametri secondo una inedita metodologia che identifica un valore univoco dello “stato online” dei siti. Il risultato è rappresentato su una mappa dei livelli di presenza online delle aziende, raggruppate anche per settore economico.

I risultati della ricerca fanno emergere la scarsa attenzione che i grandi brand riservano al rapporto dei loro siti con i motori di ricerca. Solo un quarto dei siti esaminati ha un livello di ottimizzazione adeguato e, non a caso, riguarda aziende che risultano anche ben visibili e popolari online.

Comunicati e report completi sono disponibili ai link seguenti:

Sono benvenuti commenti e opinioni
Buona lettura!


È con un pizzico di orgoglio che presentiamo oggi la prima Ricerca sulla visibilità su internet dei 100 top spender pubblicitari italiani.

Lo studio ha verificato l’ottimizzazione, la visibilità e la popolarità dei siti web, combinando tali parametri secondo una inedita metodologia che identifica un valore univoco dello “stato online” dei siti. Il risultato è rappresentato su una mappa dei livelli di presenza online delle aziende, raggruppate anche per settore economico.

I risultati della ricerca fanno emergere la scarsa attenzione che i grandi brand riservano al rapporto dei loro siti con i motori di ricerca. Solo un quarto dei siti esaminati ha un livello di ottimizzazione adeguato e, non a caso, riguarda aziende che risultano anche ben visibili e popolari online.

Comunicati e report completi sono disponibili ai link seguenti:

Sono benvenuti commenti e opinioni
Buona lettura!


Ora che l’ha scritto pure Danny Sullivan su SearchEngineWatch mi sembra giusto comunicare che farò parte del programma MSN Search Champs. Si tratta di un’iniziativa di MSN che coinvolge una trentina di persone in tutto il mondo per ricevere feedback su MSN e per condividere idee, funzioni non ancora pubbliche, ecc.


Il progetto MSN Search Champs ha visto una prima edizione nell’ottobre 2004 ed ora siamo alla seconda edizione. Robin Good, che ha fatto parte anche della prima sessione, ha pubblicato una lista dei partecipanti. Conosco personalmente solo tre persone del gruppo ma molte delle altre sono comunque pittosto note; sarà sicuramente molto interessante.


Il meeting è previsto tra una decina di giorni a Seattle ma sarò sotto un accordo di riservatezza, quindi non aspettatevi scoop! :)


Ieri Davide commentava un post su questo blog domandando:

(…) Mi permetto di chiederti un parere: Perchè l’Italia seppur stia facendo passi avanti (sopratutto con la diffusione della broad band) continua a essere (nelle grandi pianificazioni internazionali) sempre tra le ultime a conoscere le novità? (…)

A questo avevo risposto:

(…) Dobbiamo essere realisti sui numeri: è vero che il broadband ha una penetrazione crescente, ma questo non si trasforma (ancora) in un aumento rilevante del tempo speso online e del numero degli utenti. (…)

Timespentonline Oggi arrivano i dati Nielsen/NetRatings (via eMarketer) sul tempo mensile speso online nelle varie nazioni del mondo e purtroppo risultiamo il fanalino di coda delle 12 nazioni elencate. Siamo tra quelle che percentualmente cresce maggiormente (+15% rispetto all’anno scorso) ma in Italia si usa la rete poco meno di 8 ore al mese, quasi la metà di quanto si fa in Francia. Consolatorio solo in parte il dato sul broadband che, sempre via eMarketer, ci vede messi meglio, sperando che serva a motivare un uso sempre più assiduo di internet.


Facendo seguito ad un paio di richieste, ho aggiunto l’RSS dei commenti. Buona lettura!