Forrester Research ha pubblicato ieri i dati di una sua ricerca sul valore del search engine marketing in Europa. La ricerca è stata riproposta rapidamente in giro per la rete ed ha trovato anche considerevole spazio su Italia Oggi con un puntuale articolo di Andrea Secchi.

Secondo Forrester il paid search ha generato in Europa 1,4 miliardi di Euro che diverranno 3 miliardi nel 2010. Guardando lo spaccato delle singole nazioni, Forrester attribuisci all’Italia 5,1 milioni di Euro nel 2004, 7,2 nel 2005 per arrivare a 15,2 nel 2010.

Proprio in questi giorni mi son trovato a dover analizzare a fondo i dati del mercato europeo, discussi peraltro anche con un analista finanziario americano. Ebbene, io sui dati Forrester proprio non mi ci ritrovo!

Il dato che mi sento di contestare decisamente, perché ritengo di conoscerlo piuttosto bene, è quello riguardante l’Italia, terribilmente sottostimato da Forrester. A brevissimo dovrebbe uscire il dato ufficiale sul 2004 di IAB Italia che, insieme a ACP e PWC, analizza lo spending pubblicitario in Italia, ed i cui dati sul search sono praticamente doppi! Peraltro, l’indagine di IAB Italia è parziale perché alcune aziende del settore (tra cui Google) non intervengono (al momento) nella rilevazione. Una stima anche prudenziale, condivisa con diversi attori del mercato, mi porta a valutare il paid search in Italia attorno ai 20 milioni di Euro per quanto riguarda il 2004. Ossia cinque volte quanto risulta a Forrester.

Forrestereuadvspend Da un dato sottostimato ad uno che trovo esagerato; mi riferisco agli 884 milioni di Euro di advertising online attribuiti alla Francia. Se fosse vero, significherebbe otto volte quanto fatturato in Italia. Non soffro di complesso di inferiorità nei confronti dei francesi, ma sono dati che non trovano confronto con nulla. La Francia ha avuto un ottimo 2003 ed un grande 2004, ma i numeri non possono essere questi. Da notare che un anno fa la Forrester stessa prevedeva un valore del disply online advertising francese pari a 191 milioni per il 2004. Come fanno a diventare 884?

Jupitereuadspend Insomma, la ricerca Forrester ha delle macro incongruenze che ne inficiano, a mio modo di vedere, la credibilità. Da notare altresì che esattamente un anno fa JupiterResearch pubblicò delle ipotesi molto diverse, stimando un dato complessivo dell’online spending europeo per il 2004 di 1,8 miliardi di Euro, contro i 1,4 pubblicati ieri (ossia il 28% in meno), e prevedeva di arrivare a 4 miliardi nel 2008 mentre Forrester parla di arrivare a 3 miliardi solo nel 2010. Praticamente una delle due ricerche è decisamente sballata.

Ora dico: ma ci vuole tanto a confrontarsi con le associazioni del settore? IAB, ad esempio, è l’unica organizzazione che rileva i fatturati della pubblicità online nella maggior parte del mondo. E poi, trattandosi di search engine marketing, non potevano verificare qualche numero con SEMPO, l’organizzazione che per prima ha fatto una ricerca proprio sul fatturato complessivo del settore? Se non altro per non continuare a creare confusione in un mercato dove la confusione sui numeri e sulle previsioni è l’ultima cosa che ci serve. Nessuno vuole togliere il lavoro a Forrester o alle società di ricerca, ma vista la rapidità con cui si muovono i mercati digitali ed i differenti punti co nui si possono osservare i valori economici, un minimo di condivisione delle informazioni e di rigore metodologico mi sembra indispensabile.

Stefano, se ci sei, please manda una mail a Forrester spiegandogli che i 7 milioni di euro che loro attribuiscono quest’anno al search in Italia in totale, li farai da solo entro il primo quarter ;-)

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6 commenti per “I numeri (poco credibili) di Forrester sul search in Europa”

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  1. Stefano Hesse scrive:

    sei conservativo :-) . Scherzi a pare, si, vanno contattati.

  2. Marco scrive:

    Nella metodologia, Forrester riporta “Companies interviewed for this document: Espotting, Google, IAB affiliates in Europe, Overture”. A giudicare dai dati e dai vostri commenti, mi viene da pensare che in Italia non abbiano sentito nè lo IAB, nè Google:-)

  3. Enrico scrive:

    Mauro, mi piacerebbe un tuo commento sui risultati del settimo rapporto IBI (Internet Benchmarking Italia) che ho visto sul sito della Web Marketing Society. Devo dire che la sezione dedicata alla presenza delle aziende sul web è veramente sconsolante.
    Da una tabella relativa ad un campione di 1.800 aziende che hanno un sito, si evince che la soddisfazione che le imprese traggono dalla propria presenza online è decisamente bassina: più dell’80 % degli intervistati si ritiene poco o per nulla soddisfatto dei risultati. Alla domanda “Ripetereste ancora l’investimento ?” solo il 27 % risponde con un deciso sì. Decisamente, ancora una volta, non si può che puntare il dito verso una diffusa mancanza di cultura sul web, sulla sua natura e sui suoi meccanismi, che porta a progetti approssimativi e poco curati, non tanto sul piano tecnico o grafico, ma soprattutto sul piano dei collegamenti tra il sito e i processi di business dell’azienda, sui contenuti, sulla reale attenzione al cliente e ai suoi specifici modi di interazione, e così via. E forse la cosa peggiore è che questo cattivo approccio, con i conseguenti scarsi risultati, genera diffidenza, incertezza, soprattutto tra le PMI, che non hanno in dotazione sistemi informativi evoluti, quelli che hanno sono molto poco “web oriented”, e in generale non considerano prioritari gli investimenti in ICT. E se in Italia non si muovono le PMI….

  4. Mauro Lupi scrive:

    Enrico, non conosco la metodologia con la quale vengono realizzati gli ultimi IBI. Io partecipai alla presentazione di uno dei primi rapporti (ricordo che prima di me parlò Casini) e poi non ho più seguito il caro Tamburella e sua Markonet.
    In linea generale, credo che prima di fare la domanda sulla soddisfazione, fosse necessario capire quali fossero le aspettative. Noi abbiamo centinaia di clienti, quasi tutti continuano ad investire cifre crescenti anno dopo anno: per me questo è il miglior segnale per capire se i loro progetti web sono soddisfacenti o meno.
    Il problema è, come al solito, individuare obettivi concreti, le tattica professionali e le aspettative realistiche. Lo sbaglio frequente è quello di considerare le rete come un discorso a parte, un qualcoa di tecnologico che sviluppa risultati a prescindere dal resto dell’azienda. Ritengo invece che solo le aziende capaci di integrare l’online nell’ambito del marketing mix, potranno rendere produttivo il loro progetto internet.
    A giorni, anche noi pubblicheremo una ricerca che riguarda i siti dei top spender pubblicitari. Anche nel nostro caso i risultati che emergono non sono particolarmente brillanti ma, l’importante è stimolare le aziende a migliorare senza stravolgere, a cogliere le opportunità concrete investendo il giusto.

  5. Enrico scrive:

    Sottoscrivo e sottolineo in particolare la tua osservazione sul vizio di considerare la rete “a prescindere” dall’ azienda e dal suo modello di business. Tra l’altro ho sempre pensato che “mettere l’azienda online” è una splendida occasione per ripensare e ridisegnare processi, flussi informativi e rapporti interni ed esterni: occasione troppo spesso mancata… In ogni caso attendo la pubblicazione della vostra ricerca. A proposito: dove viene pubblicata ?

  6. Mauro Lupi scrive:

    L’abstract (dettagliato) sarà pubblico, quindi lo troverai sul nostro sito presumibilmente la prossima settimana

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