Ho fatto un sogno

  Mi ricordo tutto. Come quando guardo un film già visto e, anche se la definizione delle immagini è indebolita dal tempo, collego con esattezza la storia e le scene più importanti.
  Ero in ufficio mentre selezionavo i mezzi di comunicazione su cui distribuire il budget per la Deluxe & Co., una grande azienda di beni di largo consumo, nonché il mio miglior cliente.
  Io li ho sempre consigliati ad investire molto in spot televisivi. In questo modo sono sicuro di raggiungere molti utenti e qualche risultato, in un modo o nell’altro, arriva sempre. Certo, costa sempre di più. Oltre a tutto, la mia collega che si occupa delle ricerche di mercato mi spiegava che la tendenza dei telespettatori sia di crescente fastidio o indifferenza verso gli spot; ma che colpa ne ho io? Mica posso contraddire tutto quello che ho perorato fino ad oggi! E poi i ragazzi delle (due) concessionarie sono così simpatici e mi portano sempre a Cannes, eh, eh… Però, siccome sono uno di larghe vedute, nei piani media ci metto sempre i quotidiani, specie quelli che di sicuro leggono le persone del marketing del mio cliente: è sempre bello vedere la pubblicità della propria azienda, no? Inoltre, non faccio mai mancare una pianificazione sull’esterna, anche perché ci prendo delle over niente male.
  Mentre mi accingevo ad elaborare il mio bel media-plan, mi telefona Pierluigi, l’amministratore delegato della Deluxe & Co. Era agitato, anzi direi eccitato. Non ho capito esattamente di cosa stesse parlando, ma doveva avere a che fare con delle nuove tecnologie o con qualche diavoleria informatica. Secondo lui, era stato appena inventato un marchingegno con il quale è possibile intuire cosa stanno pensando i telespettatori mentre guardano la pubblicità, e ciò permetterebbe di poter mandare in onda uno spot televisivo personalizzato per ogni persona davanti alla TV, in funzione di quello che gli passa per la mente.
  «Ok, ok, probabilmente è qualcosa che in America stanno sperimentando», gli dico io.
  E lui, sempre più eccitato.
  «No, no, guarda che è già disponibile e funziona pure sulla stampa. Praticamente è possibile modificare anche gli spazi pubblicitari sulle pagine dei quotidiani a seconda degli interessi del singolo lettore!»
  «Ma dai…», tento di replicare, «probabilmente hai letto qualche newsletter di quelle che presentano scenari futuri impossibili. Comunque verificherò la cosa e poi ti farò sapere».
  Prima di liquidare Pierluigi, mi è sembrato giusto ricordargli che il regista del nuovo spot televisivo ha accettato di girare il film a Cinecittà anziché in Micronesia come inizialmente aveva richiesto e che questo ci farà risparmiare quasi un milione di euro. Wow!
  Secondo me, i clienti dovrebbero starsene al loro posto. Ma ti pare giusto che perdano tempo ad informarsi sulle novità del settore? E le agenzie che ci stanno a fare? E i centri media? E i consulenti? I clienti continuano a non rendersi conto dell’immane sforzo che fanno ogni giorno professionisti come me nel seguire l’evoluzione del mondo pubblicitario. È vero: i soldi sono i loro, però vuoi mettere l’esperienza di chi fa certe cose per mestiere? Che ci lascino lavorare, insomma!
  In quel momento, e non credo sia stato un caso, il vetro della finestra dell’ufficio ha riflettuto la mia immagine: dio come sono bello! Anzi, più che bello direi cool: esatto, sono proprio cool. Così mi sono alzato per guardarmi meglio, ma la differente posizione ha fatto perdere il riflesso e la finestra ha semplicemente mostrato lo scenario della strada sottostante l’ufficio. Rumori, sirene, smog: insomma la solita scena. Adesso ci si mette pure un enorme TIR fermo proprio qui sotto con una squallida pubblicità colorata lungo tutta a fiancata. Ah, come vorrei farmi un po’ di vacanze. Di quelle sconvolgenti, fuori dal mondo, esoticissime! Cose come la Micronesia (alla faccia del regista) oppure come le Hawaii.
  Proprio mentre pensavo alla mia isoletta e alla sabbia bianca, il TIR in strada emette una musichetta intrigante che canticchia il mio nome.
  “Alberto la-la-la, Alberto la-la-la, …”
  Ed il mega-poster lungo la fiancata cambia di colpo: al suo posto compare un cartellone proprio sulle Hawaii. Oddio! Che diavolo è successo? Mi torna in mente il mio cliente e la sua agitazione. Ora sono io quello agitato. Ma come è possibile? Dai, sarà stato un caso, una coincidenza…
  Squilla di nuovo il telefono: è sempre Pierluigi: il cliente-che-si-informa. È sempre eccitato e dice di aver dimenticato di dirmi che quella roba della pubblicità personalizzata funziona anche sull’esterna, come ad esempio sui pannelli dei TIR…
  Parte un clacson assordante, sempre più forte, mi sta scoppiando la testa…

  Mi sveglio. Ho una strana sensazione e un po’ di sudore freddo sulla fronte. Ma guarda che sogni vado a fare. Mi sa che sono davvero stressato. Si, è vero, ogni tanto soffro nell’inseguire questo mondo della comunicazione che si evolve troppo velocemente. Qualche volta vedo che nella corsa al cambiamento, gli eventi mi sorpassano ed io dietro arranco con fatica. Però adesso mi metto pure a sognarlo questo disagio. È troppo! Oggi andrò in ufficio a piedi: un po’ di movimento e di aria fresca non possono che farmi bene.

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