Archivio: “Interviste”

Solo per ricordare ancora l’imperdibile appuntamento del Social Business Forum che si terrà la prossima settimana (1 e 2 Luglio) a Milano. Ingresso gratuito per tutte le sessioni nei due giorni della plenaria; a pagamento per i track del pomeriggio. L’agenda è sicuramente interessante.

Per quanto mi riguarda ho preparato un intervento in cui proporrò il concetto “Marketing Multi-personalità”, come modello per guidare e gestire i processi di digital transformation. L’intervento è schedulato Mercoledì 2 Luglio alle 15.00 nella sessione plenaria.

Martedì 1 modererò invece il track nella sessione Premium dedicata alla Social Customer Experience dalle 14.30 alle 17.

Con l’occasione, segnalo una mia intervista appena uscita su Ninja Marketing (thanks to Alberto) dedicata ai temi del Social Business. Enjoy!


Segnalazione veloce di una chiacchierata digitale fatta con Stefano Vitta di Amplr sui temi del content marketing.

Amplr parla con Mauro Lupi 

Buona lettura Occhiolino


imageL’ultimo numero della newsletter MIA realizzata periodicamente da Ammiro, è dedicata al CRM. Come al solito ci sono diversi interventi di rilievo: da Fàbio Cipriani, Senior  Manager di Deloitte Brazil, al noto designer  Donald Norman, passando per un’intervista a Paul Greenberg, presidente di The 56 Group.

Buona lettura!


C’è un’applicazione che adoro ed è Salesforce (anche se forse ho trovato qualcosa di alternativo ad una frazione di costo). Mi piace il concetto che non è solo uno strumento che gestisce dei dati, ma effettivamente sembra pensato per migliorare l’efficienza nella gestione delle informazioni nelle aziende.

Marc Benioff, il CEO di Salesforce, in una intervista rilasciata a Bloomberg pensa che i social media gli permetteranno a breve di quintuplicare (yes, +500%) il fatturato, passando social media dagli attuali 2,2 a 10 miliardi di dollari. Interessante.


C’è un’applicazione che adoro ed è Salesforce (anche se forse ho trovato qualcosa di alternativo ad una frazione di costo). Mi piace il concetto che non è solo uno strumento che gestisce dei dati, ma effettivamente sembra pensato per migliorare l’efficienza nella gestione delle informazioni nelle aziende.

Marc Benioff, il CEO di Salesforce, in una intervista rilasciata a Bloomberg pensa che i social media gli permetteranno a breve di quintuplicare (yes, +500%) il fatturato, passando social media dagli attuali 2,2 a 10 miliardi di dollari. Interessante.


Si parla di abbandono di carrelli dell’e-commerce, di come affrontare una crisi di comunicazione e di tante altre cosette che vi lascio scoprire. Lo so, lo so, sono imbattibile in quanto a gesticolare, è che mi concentro sui contenuti Occhiolino

Buona visione!

web in Tourism 2011 Milano, quarta sessione, communication mix from Job in Tourism on Vimeo.


Un’estate 2009 calda per il mondo delle tecnologie digitali, fatta di accordi, fusioni e acquisizioni che lasceranno il segno. Tra i più rilevanti, senz’altro l’intesa tra Microsoft e Yahoo! per le ricerche online, l’acquisizione di FriendFeed da parte di Facebook e la più recente intesa tra Microsoft e Nokia sugli applicativi mobili. Come giustamente scrive oggi Luca Tremolada su IlSole24Ore, “si stringe l’assedio attorno a Google”.

Nell’area dei social network stanno avvenendo alcuni dei movimenti più significativi: da una parte il cosiddetto real-time, dall’altra la centralità che iniziano ad assumere le funzioni di ricerca sulle piattaforme emergenti, Twitter e Facebook su tutte. Come scrive Steve Rubel, questo potrebbe significare un cambiamento radicale nel modo in cui usiamo le informazioni, facendoci diventare “source agnostic”.

Sul tema del social search, si conclude anche l’articolo di Federico Ferrazza su L’Espresso in edicola oggi (per qualche giorno si può leggere qui), che approfondisce la varietà dei social network in relazione ad argomenti diversi, professionali e non. L’articolo, che raccoglie anche un paio di mie battute riguardo a Linkedin e al social search, segnala anche una ventina di social network verticali.


Questa sera alle 23.15 sul canale di SkyTG24 interverrò per parlare dello storico accordo siglato tra Yahoo! e Microsoft riguardo ai motori di ricerca.

A più tardi :)


Ieri, dopo la conferenza stampa in cui è stato presentato Omnicom Expo, uno studente di Scienze della Comunicazione mi ha posto alcune domande. Ha chiesto dei temi del convegno IAB, e quindi sull’integrazione tra media tradizionali e internet, e poi ha virato sui temi che, mi è parso, gli interessassero (giustamente) di più: quali opportunità offre la Rete ai giovani dal punto di vista professionale?

Ho provato a difendere in qualche modo la necessità di una formazione accademica (anche IAB messo in piedi un Master assieme all’Università Cattolica di Milano), ma è evidente lo “stacco” che questi ragazzi si trovano a dover affrontare quando poi entrano in contatto con le aziende. E mi rendo conto non è del tutto confortante sapere che ormai “l’autoformazione” è una componente essenziale dalle parti della Rete

Professioni e internet è peraltro l’argomento di un’intervista che va in onda oggi su Radio24 (alle 13.50 e poi alle 22.05) in cui ho accennato ad alcune delle figure professionali che mi sembra godano di buone prospettive.

E sempre a proposito di formazione e giovani (molto giovani, in questo caso), ripropongo qua un video già segnalato da Stefano, in cui si esalta il punto di vista di alcuni studenti di dodici anni. I miei figli ormai sono quasi quindicenni, ma ritrovo nel video alcune delle loro tipiche istanze.


Leggevo la bella intervista ad Alberto Alessi rilasciata al The McKinsey Quarterly a proposito di come l’omonima azienda “coltiva” l’innovazione. Qui solo un passaggio:

“The destiny of a company like Alessi is to live as close as possible to the borderline, where you are able to really explore a completely unknown area of products. The problem is that the borderline is not clearly drawn. You cannot see with your eyes where it is. You can only sense these qualities.”

Mi sono tornati in mente i recenti appunti di Luca De Biase sullo storytelling a margine dell’evento Venice Sessions. Luca scrive a proposito delle storie delle aziende:

“Non sono i giornalisti che devono raccontare le storie. Il loro imprinting professionale è quello della spersonalizzazione. Forse questo è in via di correzione. I blog lo insegnano. Ma intanto i giornalisti possono mettersi al servizio di coloro che sono protagonisti di storie importanti per aiutarli a raccontarle se occorre. Sono i protagonisti che devono volerle raccontare. Sperando che credano fino in fondo che sono importanti [...]. In realtà, il racconto di ciascuno costruisce networking e abilita l'emergere di un discorso comune nell'epoca della complessità.”

È un argomento che ritengo fondamentale nell’evidente necessità di rinnovare il modo di comunicare da parte delle aziende e delle organizzazioni. Giustamente Maurizio scrive:

“Se i Social Media e i Social Network, stanno entrando lentamente nelle priorità delle aziende, altrettanto non accade per le strategie per i contenuti per il web. Si sono mai chieste le imprese se i contenuti che immettono in rete sono realmente utili, divertenti o comunque graditi ai loro diversi interlocutori?”

Io continuo a ritenere che lavorare su un blog aziendale sia uno dei modi più razionali per avviare il processo di cambiamento, senza particolari rischi e con la possibilità  di allenarsi con gradualità al confronto e al dialogo.

Buone storie a tutti.


Il Mondo Beh, non mi avevano mai dato del “maghetto”. C’è sempre una prima volta, no? Per fortuna sono in compagnia di illustri colleghi in un articolo su Il Mondo in edicola questa settimana che si chiama “Tornano i maghetti del web”.

Seppur contento della segnalazione su uno più letti periodici business, ammetto che il titolo dell’articolo non mi piace proprio (anche Nereo è d’accordo), nel senso che pare confermare quell’immagine delle persone che lavorano sul web come degli stregoni che “fanno cose” attraverso diavolerie tecnologiche fate di trucchetti ed espedienti. In realtà, come spesso accade, questa impostazione svanisce totalmente leggendo l’articolo, dove aziende come la mia Ad Maiora e le altre citate, sono segnate come fornitori di alcune tra le principali aziende italiane. Le quali, per fortuna, tendono a non avvalersi di semplici smanettoni.


Oggi faccio il paio con Massimo Mantellini su Nòva/IlSole24Ore e con Marco Montemagno in un intervista su DailyNet. In qualche modo le due cose sembrano collegate: da una parte si prova ad analizzare i fenomeni, proprio mentre c’è chi tenta di legiferare in un modo che appare inconcepibile.

Su Nòva, Massimo torna sull’articolo di Wired che sostiene che i blog sono morti, esprimendo invece parere esattamente opposto. E io concordo decisamente. Nel mio pezzo cerco di individuare delle logiche con cui valutare non solo i blog, ma le applicazioni digitali in genere; scrivo di come affrontare il mare in piena degli ambienti online con cui è opportuno avere a che fare.

Nòva di oggi è peraltro ricco di tanti articoli interessanti: si tratta di cloud computing, di lavoratori dell’immateriale e poi Giampaolo Colletti accenna ad una ricerca dell’Università Bocconi sul rapporto tra aziende e social media. Con l’occasione: simpatica discussione avviata da Maurizio su FriendFeed in cui si enfatizza la qualità di Nòva.

Su DailyNet, l’articolo di Fabbricini riguarda il noto decreto che prevedrebbe l’obbligo di iscrizione al registro degli organi di comunicazione (Roc) per i blog collegati ad un’attività economica. Marco come me è ovviamente contrario. Io magari esagero ma dico, tra l’altro, che se una legge bisogna fare, allora facciamone una che obbliga i legislatori a fare dei corsi per capire internet prima di legiferare. È un tema caldissimo e delicato, ben ripreso anche da Mario Adinolfi su Europa di oggi.

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Misurabilità e numeri del webHo trovato un altro elemento da aggiungere alla lista dei motivi per cui un manager dovrebbe tenere un blog e cioè per inserire le interviste integrali quando le versioni pubblicate sono solo una piccola parte di quella effettivamente rilasciata.

L’ultimo caso personale riguarda l’argomento “Web e misurabilità” per il quale ho lavorato su alcune domande che poi sono state pubblicate da Pubblicità Italia solo in piccola parte in uno speciale di Piero Babudro titolato “Quanto pesano i legami online”. E allora, ho messo in una pagina il testo integrale che tratta di misurabilità e numeri del web. Buona lettura!

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Misurabilità e numeri del webHo trovato un altro elemento da aggiungere alla lista dei motivi per cui un manager dovrebbe tenere un blog e cioè per inserire le interviste integrali quando le versioni pubblicate sono solo una piccola parte di quella effettivamente rilasciata.

L’ultimo caso personale riguarda l’argomento “Web e misurabilità” per il quale ho lavorato su alcune domande che poi sono state pubblicate da Pubblicità Italia solo in piccola parte in uno speciale di Piero Babudro titolato “Quanto pesano i legami online”. E allora, ho messo in una pagina il testo integrale che tratta di misurabilità e numeri del web. Buona lettura!

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Santi giornalisti! Io capisco l’efficacia di fare un po’ di sconquasso però l’intervista che ho rilasciato a Pubblicità Italia va precisata meglio. Il tema è la misurabilità di internet e, tra i discorsi sul campo, c’è quello su Audiweb

Rispondendo alla domanda “Ma Audiweb farà aumentare gli investimenti online?” mi sono sentito di rispondere provocatoriamente che in teoria non dovrebbe essere Audiweb a rilanciare gli investimenti e se succede è solo per miopia degli investitori o di chi li assiste perché hanno bisogno di rassicurazioni formali mentre già oggi la Rete è stra-misurabile per lungo e largo.

Quindi ben venga Audiweb (e come fatto a più riprese, confermo la validità e anche l’innovazione con cui stanno procedendo Gasperini, Iannicelli & Co.), ma sono stanco di vedere attribuita a questa ricerca la veste di spartiacque decisivo nello shift verso il digitale. O meglio, come l’ho definito nell’intervista, sarebbe una bestemmia professionale il fatto che si stia aspettato Audiweb per prendere decisioni strategiche, senza badare invece alle tonnellate di dati quotidiani che indicano la strada già da anni. Insomma, basta alimentare l’alibi Audiweb anche perché, siccome la perfezione non è cosa umana, sono sicuro che anche su questa ricerca ci troveranno da ridire.

Per come la vedo io, non mi sento più di dimostrare quanto internet sia misurabile, ma semplicemente evidenzio quanto lo sia decisamente meno l’altro 94% dei soldi spesi in pubblicità. Intanto mercoledì prossimo ci sarà un’intero seminario dedicato alla misurabilità dei mezzi interattivi organizzato da IAB. Ci vediamo lì.

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Sapevate che Yahoo! fu uno dei primi finanziatori di Google? Poi rivendettero (e bene) le quote che detenevano, restando comunque decisivi per il lancio di Google che implementarono come funzione di ricerca in quella che allora era solo una directory. Cose di 6 anni fa circa. L’ultimo accordo (Google esporrà i suo inserzionisti nei risultati di ricerca di Yahoo!) è l’ennesimo favore, seppur ben pagato.

image Google nel frattempo ha dimostrato di saper monetizzare le ricerche meglio di chiunque altro, ed ora Yahoo! cerca di valorizzare il search con questo accordo perché da soli hanno inanellato solo una lista di errori: ricordate l’inclusion? ricordate Panama? ricordate 360? E pensare che avevano in casa chi ha inventato il keyword advertising (Overture). Vabbè è andata. In un intervista ad Affari Italiani parlo di resa di Yahoo!: ovviamente mi riferisco al search, perché spero davvero che l’azienda possa rilanciarsi su tutto il resto: e lo dico per i dipendenti di Yahoo!, per il business legato ad internet e per gli utenti della Rete.

Su cosa significa per la Rete in generale questo accordo, ci pensa Vittorio Zambardino a fare una perfetta e giustamente allarmata disamina.

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Riunisco qui un paio di segnalazioni decisamente autoreferenziali (abbiate pazienza, ma da quando mi hanno paragonato a Padre Pio mi sono montato la testa… ):

  • La registrazione di una puntata di Job 24 su Radio24 (occorre RealMedia per ascoltarla o scaricarla) di qualche giorno fa, in cui sono intervenuto a proposito di blog aziendali. Nota personale: è stato bello ricevere una telefonata di un caro amico d’infanzia che mi ha chiamato dopo avermi sentito in radio (mi pare facemmo pure dei programmi insieme qualche secolo fa…).
  • Una breve video-intervista per Digithink, un progetto di William Spinetti dell’Università degli Studi di Cassino, registrata durante il recente IAB Forum di Roma. Qui l’argomento sono i contenuti generati dalle aziende; ecco il video:

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In occasione di Interact 2008, il congresso europeo di IAB sulla pubblicità online, riparte anche il relativo blog con una breve ma significativa intervista che ho fatto a Esther Dyson, una delle relatrici di spicco della passata edizione ed un personaggio che seguo dalla fine degli anni 80.

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Ieri avevo parlato da poco con un cliente che mi chiedeva se potevamo infiltrarci nei blog per fare commenti positivi sulla sua azienda, che mi ha chiamato Andrea Secchi di Italia Oggi per un articolo (oggi in edicola) a proposito della reputazione on-line. È evidente che l’argomento è caldo ma c’è tanto da fare in termini di divulgazione delle informazioni corrette.

A proposito dei commenti fittizzi, nell’intervista li ho semplicemente definiti “bombe ad orologeria”. Eppure brand anche molto noti, hanno deciso di utilizzare tattiche del genere: non si rendo conto di essere seduti su delle polveriere…


Segnalazione cumulativa di post e discussioni in cui sono infilato, in un modo o in un altro:

  • Primi commenti sul corso sui business blog che ho tenuto venerdì per IlSole24Ore. Francesco mi da dell’appassionato (grazie!) e poi Roberto Andrea che cura il blog del Gruppo Toscano, che ci senz’altro arricchito la giornata portando la sua testimonianza che si è aggiunta a quella di Andrea Andreutti di Samsung.
  • Vanz fornisce qualche suggerimento su come pubblicare gli atti di IAB Forum e offre lo spunto per molti commenti. Gli input sono giusti, è la risorsa che dovrebbe eseguirli quello che attualmente manca a IAB. Ci stiamo lavorando ma mi son permesso di ricordare che quello che attualmente svolge IAB è praticamente frutto del lavoro volontario delle persone del Consiglio Direttivo. La discussione è passata anche da Massimo col contributo di Maurizio, che ringrazio entrambi per il supporto ;-)
  • Segnalo lo speciale di Chips&Salsa di Nicola Bruno sul rapporto tra giornali e Google uscito sul Manifesto del 15 novembre scorso e disponibile online anche un mio breve intervento.
  • Durante IAB Forum mi hanno infilato in un paio di video-interviste, in particolare su DailyOnline e AppuntiDigitali. Ma dove mi sono piaciuto di più è un’intervista tradizionale che Mrs. Purple di Ebola Industries ha appena trascritto: è riuscita anche a farmi prevedere come sarà la comunicazione tra cinque anni…

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Ho risposto volentieri a qualche domanda a casa di Vincos. Si parte da “il blog è morto?”


Via Giuseppe, mi sono gustato il bel confronto tra Andrew Keen e David Weinberger sul Wall Street Journal. Lettura consigliata per il weekend!

Imutile dire che mi ritrovo particamente al 100% con le parole di Weinberger che conferma essere una delle menti più lucide nel leggere l’evoluzione del mondo che viviamo in termini di comunicazione e influenza dei media digitali.

Di Keen avevo scritto di recente, mentre di Weinberger ho appena finito il suo ultimo libro Everything is miscellaneous. Conobbi Weinberger l’anno scorso quando fui co-relatore ad un incontro organizzato da Edelman e posso comunicare in anteprima che sarà di nuovo in Italia a Novembre, questa volta per un evento pubblico. Dove? Hey, mica posso dire tutto! Comunque tra pochi giorni sarà ufficiale.

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Franco Folini ha raccolto una bella intervista su blog di Novedge a Andrew Keen, l’autore di “The Cult of the Amateur”. Con il suo libro, Keen ha messo in discussione la qualità e l’autorevolezza complessiva dei blog, attirandosi parecchi strali polemici.

In effetti il suo libro è in lista tra quelli che contavo di leggere, soprattutto perché volevo capire un punto di vista piuttosto diverso dal mio. La conversazione di Keen con Franco è interessante e ci sono delle riflessioni che condivido, ma in linea generale trovo che il suo approccio sia sbagliato perché, rispetto ai blog, si pone i soliti due problemi di chi guarda solo la superfice del fenomeno:

  1. la qualità media dei blog è penosa
  2. la quasi totalità dei blog non ha un modello economico sostenibile

Risposta sintetica con un doppio: “e allora?”.

Chi si preoccupa della qualità dei blog, semplicemente non apprezza il fatto che ne esistono migliaia decisamente validi ed interessanti (a me bastano questi, il problema semmai è per gli altri blog), non conosce la capacità delle persone di fungere da filtri in grado di evidenziare solo quello che funziona, non capisce la necessità di sviluppare un approccio più disincantato verso i contenuti: ce ne sono tantissimi e questa è un’ottima cosa (almeno rispetto alla situazione contraria), per cui la preoccupazione deve essere quella di saper scovare le informazioni utili e ignorare velocemente tutto il resto.

Sulla sostenibilità economica dei blog, ci sono ormai fior di considerazioni sull’economia del dono per cui non mi dilungo. Spero solo che possano esserci sempre più individui che abbiano voglia di tenere un blog e che lo facciano senza preoccuoparsi (solo) di farci soldi. Ne voglio tanti, di qualsiasi tipo, scritti da teenager e da novantenni, scrittori professionisti e aculturati illitterato. Sento semplicemente il bisogno di ascoltare le persone e non più semplicemente i media.


Franco Folini ha raccolto una bella intervista su blog di Novedge a Andrew Keen, l’autore di “The Cult of the Amateur”. Con il suo libro, Keen ha messo in discussione la qualità e l’autorevolezza complessiva dei blog, attirandosi parecchi strali polemici.

In effetti il suo libro è in lista tra quelli che contavo di leggere, soprattutto perché volevo capire un punto di vista piuttosto diverso dal mio. La conversazione di Keen con Franco è interessante e ci sono delle riflessioni che condivido, ma in linea generale trovo che il suo approccio sia sbagliato perché, rispetto ai blog, si pone i soliti due problemi di chi guarda solo la superfice del fenomeno:

  1. la qualità media dei blog è penosa
  2. la quasi totalità dei blog non ha un modello economico sostenibile

Risposta sintetica con un doppio: “e allora?”.

Chi si preoccupa della qualità dei blog, semplicemente non apprezza il fatto che ne esistono migliaia decisamente validi ed interessanti (a me bastano questi, il problema semmai è per gli altri blog), non conosce la capacità delle persone di fungere da filtri in grado di evidenziare solo quello che funziona, non capisce la necessità di sviluppare un approccio più disincantato verso i contenuti: ce ne sono tantissimi e questa è un’ottima cosa (almeno rispetto alla situazione contraria), per cui la preoccupazione deve essere quella di saper scovare le informazioni utili e ignorare velocemente tutto il resto.

Sulla sostenibilità economica dei blog, ci sono ormai fior di considerazioni sull’economia del dono per cui non mi dilungo. Spero solo che possano esserci sempre più individui che abbiano voglia di tenere un blog e che lo facciano senza preoccuoparsi (solo) di farci soldi. Ne voglio tanti, di qualsiasi tipo, scritti da teenager e da novantenni, scrittori professionisti e aculturati illitterato. Sento semplicemente il bisogno di ascoltare le persone e non più semplicemente i media.


Dall’intervista a Regis McKenna sull’ultimo numero di 7thFloor:

“Ma per attirare clientela bisogna avere capacità programmatiche e un software flessibile come anche saper leggere i vari blogs dove i vostri clienti stando parlando di voi!”

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