Io continuo a credere al valore strategico dei blog aziendali, anche se indubbiamente fanno riflettere le recenti chiusure di quelli di Mandarina Duck e Samsung Italia e il blackout per due mesi di popolare Desmblog della Ducati. Così come c’è da valutare l’ulteriore proliferazione di luoghi online (Twitter e Facebook in primis) che tentano l’esplorazione di altre piattaforme. In questo articolo cercherò di spiegare perché penso che i blog siano comunque una delle basi da cui partire per rinnovare la comunicazione da parte delle aziende.


Oltre alle evidenze numeriche (sono oltre 9 milioni gli italiani che leggono i blog ogni mese secondo Nielsen), il blog è l’estensione più naturale della presenza online delle aziende. Spesso viene utilizzato efficacemente come area news, dato che si presta perfettamente a raccogliere contenuti periodici. Nel contempo è lo strumento più facilmente gestibile per avviare un canale di comunicazione bidirezionale, attività questa che risulta ancora complicata per molte organizzazioni e che un blog permette di affrontare in modo graduale e consapevole.


Considerando che in definitiva il blog è un sito web, il suo impiego è in grado di soddisfare obiettivi differenti: il lancio di un prodotto (www.quellichebravo.it di Fiat), la gestione dell’area recruiting (joinus.maxmarafashiongroup.it di Max Mara), il confronto sull’innovazione (lab.vodafone.it di Vodafone), uno spazio informale di comunicazione (village.cepu.it di CEPU), l’area per raccontare l’azienda e le sue storie attraverso la voce del titolare o di un manager (www.wineislove.it di Zonin).


E se è evidente che l’evoluzione del rapporto tra aziende e consumatori, cruciale ma altresì abbastanza complicata, passa per una comunicazione orientata ad un rapporto tra persone, e quindi più informale e trasparente, il blog è un ottima palestra ove esercitare questa attività. Un luogo che da una parte costringe ad aprirsi all’informalità e a risultare credibili, dall’altra che tende a premiare le passioni e ad esaltare quei contenuti di valore che le aziende spesso celano o trasformano in messaggi pubblicitari. Altro effetto è quello di stimolare più o meno naturalmente l’interesse a guardarsi attorno e individuare altre community, altre persone da ascoltare e con cui sviluppare relazioni.


Naturalmente un progetto di blog aziendale richiede una pianificazione attenta e degli obiettivi nel medio termine. Insomma, si tratta di un elemento che deve divenire parte della strategia di comunicazione e non un’operazione tattica di tipo prettamente promozionale. Prendiamo il caso di successo del blog italiano di Playstation (blog.playstationplanet.it): il progetto, nato nel 2006, ha richiesto almeno un anno per maturare, per esprimere tutta la sua potenzialità, per sincronizzarsi con la blogosfera, ma oggi è uno dei capisaldi della comunicazione dell’azienda. Tra l’altro, il blog di Playstation è stato il primo blog al mondo avviato dalla multinazionale, un primato che ha visto distinguersi il nostro paese anche in altre occasioni, ad esempio col blog collettivo di Microsoft Italia (www.mclips.it) oppure con il blog di Google Italia (googleitalia.blogspot.com) che è stato il primo in assoluto tra quelli del gruppo ad abilitare i commenti.


Ad aprire un blog ci si impiega un attimo, sostenendo costi limitatissimi. Ma quello su cui occorre investire è il rinnovamento dell’approccio dell’azienda al mondo esterno. E questo è complesso e non accade automaticamente implementando un tool web 2.0 o aprendo una pagina su Facebook. Serve una strategia e un percorso graduale. Ecco, un blog permette di partire in modo scalabile, senza particolari rischi, come un olio salutare che pian piano pervade orizzontalmente l’organizzazione. Quando aprite il vostro?


Mauro Lupi


Pubblicato su Nòva/IlSole24Ore il 7 Maggio 2009

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7 commenti per “Se bastasse un blog”

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  1. Beppe Bravi aka Beppone scrive:

    La domanda che mi faccio continuamente è:
    Ma perchè è così difficile far comprendere al management quanto e quali ritorni qualitativi possa dare un blog o quantomeno un’apertura ai social media?
    Perchè la paura di rendersi trasparenti è ancora così forte?
    Perchè non si capisce che crescere e, a volte, sbagliare insieme agli altri alla fine paga sempre?
    Forse è incomprensibile per me giustificare questo terrore del web, perchè non devo preoccuparmi di pagare tutti i mesi centinaia di persone… me ne rendo conto… ma forse anche perchè io nei social media o comunque su questa barca strana che il web ci vado… e non ne ho paura.
    E’ solo una questione di ignoranza?
    Ciao Mauro e grazie dell’articolo.

  2. Davide scrive:

    Ottimo articolo Mauro, complimenti. Caro beppe anch’io mi faccio sempre questa domanda ormai diecimila volte la settimana. Credo che alla fine la risposta sia la più barbara e realistica di tutte. Le aziende del nordest con cui collaboro e lavoro da sempre investono solo se serve, se c’è vera richiesta e soprattutto se stanno bene e se sanno che conviene. Siccome da queste parti chi sta bene non si lancia in queste cose (sto già bene così, perchè fare altro?) e chi sta male per crisi non ne vuole neppure sentir parlare, l’interesse business va scemando.
    Ok sono un pelo cinico ma credo che la chiave di volta sia l’arrivo della generazione dei nativi digitali nei posti che contano e la consapevolezza che i mezzi tradizionali costano di più e rendono di meno (non in tutti i casi ovviamente)

  3. openid.claimid.com/roberto_f scrive:

    In aggiunta a quanto detto, su cui concordo pienamente, dico che uno degli errori più frequenti che noto è l’assenza di bidirezionalità delle conversazioni (es. chiusura del blog ai commenti).
    Viene da sè che, usato in questo modo, i contenuti del blog aziendale diventerebbero dei comunicati stampa, se blog rivolto all’esterno, oppure una rassegna stampa/bacheca aziendale se rivolto ai dipendenti (praticamente una intranet aziendale con interfaccia web).
    Ho anche la sensazione che non sia così raro il caso in cui addirittura le informazioni circolino ma nel senso sbagliato.
    Mi spiego meglio:
    1) le informazioni presenti in azienda che sarebbero utilissime per i lettori all’esterno rimangono ben chiuse nei cassetti, nei database, nei singoli client o in nessuno di questi luoghi (l’ultimo riferimento è verso le passioni e verso il patrimonio di conoscenze di ogni dipendente, intangibili ma preziosi)
    2) viceversa, le informazioni che vengono pubblicate per i dipendenti (senza possibilità di commentare, ovviamente) sono le stesse che dovrebbero essere pubblicate all’esterno, per giunta in chiave autopromozionale, come se i dipendenti fossero i clienti dell’azienda
    Anche la presenza sui social network non va meglio: tanto per fare un esempio, le pagine su Facebook aperte esclusivamente come vetrine (abbandonate) si sprecano
    Ciao Mauro
    Roberto

  4. Thomas Frenez scrive:

    Grazie Muro delle ottime considerazioni…per me, fondatore di Rockfall DEfence Srl (www.rockfalldefence.com) è stato da subito un impreativo l’apertura a questo modo nuovo di comunicare.
    Cominciai con un blog (www.rockfalldefence.typepad.com)nel 2006….vidi che destava interesse in un settore il nostro (settore delle costruzioni..nella nicchia della geotecnica…nella nicchia dei sistemi di protezione contro la caduta massi) da sempre poco attento agli stavolgimenti…
    …ma le nuove generazioni di ingegneri (per noi gli influenzatori) e impresari (i ns. clienti) …anche se poco alla volta aprezzarono…..così decisi di costitiure una nuova società che vende questi sistemi contro le frane in roccia…che ha al centro la gestione delle informazioni e il contatto con i nostri principali interlocutori via web (usiamo principalmente il blog, facebook, youtube, flikr e twitter)…ognuno con una sua precisa strategia per raggiunngere i nostri influenzatori di mercato e clienti….è dura….e faticosa…perchè bisogna anche vivere e vendere alla vecchia ma noi siamo convinti che getteremo le basi per il nostro….futuro on-line e commerciale……
    …scusami se ho parlato solo di me/noi….ma mi sembrava una testimonianza importante da condividere con te.
    ciao Thomas Frenez

  5. Mauro Lupi scrive:

    Ciao Thomas e grazie per la segnalazione che conferma il fatto che anche nel B2B e nei settori economici verticali, il social marketing può supportare adeguatamente le attività di comuncazione.
    Certo, “è dura” come dici te ma questa è inevitabilmente la caratteristica di tutte le innovazioni nel business che all’inizio faticano per imporsi, specie in un ambiente economico come qullo nostrano così ancorato agli status quo.

  6. Thomas Frenez scrive:

    A livello nostrano è sicuramente molto + dura che all’estero dove invece per la nostra apertura, trasparenza e voglia di comunicare quello che facciamo abbiamo avuto diverse opportunità anche di business (che ora andremo a seguire) solo per il fatto di non essere conciserdati dei carrozzoni blindati dove per poter parlare con l’azienda devi firmare liberatorie….passare per 1000 centralini…etc…questo è anche il nostro vantaggio possiamo/vogliamo permettercelo dato che siamo piccoli…anzi minuscoli….certo che il cliente aprezza molto il rapporto diretto…senza intermediari…
    a presto

  7. Blog aziendali at Mauro Lupi's blog scrive:

    [...] continuo a credere al valore strategico dei blog aziendali. Inizio così un articolo che, come usa scrivere Massimo, era novo ieri, ossia è uscito ieri su Nòva, [...]

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