Sarà che ho appena finito di cercare di dissuadere l’ennesimo cliente che ci ha chiesto di fare seeding (lo spiego dopo) e di pianificare una serie di interventi nei “blog dove c’è il nostro target”, che mi prendo due minuti per scrivere.

Banalizzando il concetto: se ci riferiamo ai social network, allora anche comunicazione deve essere sociale. Quindi accantoniamo i target, la pubblicità, la campagna. Occorre partire dall’ascolto, e poi capire cosa possiamo dare/dire ai nostri interlocutori di veramente utile e/o interessante e/o divertente. Accendendo nel frattempo un canale di ritorno votato davvero al dialogo. Tutto qui.

Sembra facile, ma è semplicemente un modo totalmente nuovo di fare comunicazione d’impresa. Ecco perché le [mini]tesi di Gianluca sono piacevoli da leggere, ma (ancora) impraticabili di fatto nella maggiore parte delle aziende. D’altronde iniziamo a vedere sprazzi di realismo del popolare Cluetrain Manifesto dopo dieci anni dalla sua pubblicazione (Davide fa una bella comparazione tra Cluetrain e le [mini]tesi usando wordle)

È evidente che per molte realtà, la strada da perseguire è quella della conversazione, ma passando necessariamente per step intermedi. Altrimenti il rischio è quello di mantenere lo status quo sbilanciandosi però in iniziative estemporanee (che tentano anche le agenzie più quotate come segnala Andrea), che non funzioneranno mai (da Alessio: perché falliscono i blog aziendali), oppure che rischiano di fare danni irrecuperabili.

In quest’ultima categoria ci metto la cosiddetta infiltration (chiamata anche seeding che sembra più nobile), ossia l’inserimento arbitrario (leggi “falso”) di interventi positivi su blog e forum. La mia indicazione è netta: l’unica certezza di queste attività è di mettere a rischio la reputazione e quindi il business dell’azienda, oltre che il proprio posto di lavoro: ne vale la pena?

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4 commenti per “La via della conversazione a rischio seeding”

Pui seguire questa conversazione mediante lo specifico feed rss.

  1. Stefano scrive:

    Un problema da non sottovalutare è dato dal “chi scrive” questi “articoli” nei blog!
    Troppo spesso è davvero facile riconoscere lo scopo “pubblicitario” dell’inserzione! E a quel punto (IMHO) è assolutamente controproducente…

  2. gluca scrive:

    “Ecco perché le [mini]tesi di Gianluca sono piacevoli da leggere, ma (ancora) impraticabili di fatto nella maggiore parte delle aziende.”
    Eh, a me lo dici :) La semplicità (o la semplificazione, o il semplicismo, a volte) e la scorrevolezza erano tese a far passare il messaggio, fuori dagli addetti ai lavori, che “non stiamo parlando di cose impossibili o astruse, ma anzi, spesso, di idee molto semplici da capire, se non da realizzare. E serve anche ad evitare, spesso, pericolosi e inutili salti in avanti.
    ciao
    gluca

  3. Govanni scrive:

    Mauro,
    questo è un tema che mi preme particolarmente, perchè ricevo quotidianamente richieste in quella direzione e mi rendo conto che ci sono molti “competitor” che si prestano a fornire questi servizi.
    Io penso che l’infiltration (il seeding per me ha un altro significato… ma sulla terminologia dovremmo prima o poi metterci tutti d’accordo) non solo sia sbagliata ma sopratutto inefficace.
    I due fattori chiave per l’efficacia di un parere sono l’autorevolezza e la spontaneità.
    La vera sfida per le aziende è lavorare sulla propria autorevolezza quando parlano in prima persona (nel proprio Blog, gruppo su facebook, etc) e invece sulla spontaneità quando si relazionano con gli opinion leader della rete (blogger, forumisti, etc), per ottenere il loro endorcement.
    Un parere inserito in una conversazione attraverso l’infiltration potrà forse sembrare spontaneo (certo finché il Garante non ti pizzica e ti commina una sostanziosa multa) ma di certo, nella mia esperienza, risuta meno autorevole del parere espresso direttamente da un’azienda o da un opinion leader.
    L’autorevolezza, a differenza dello share of voice, non si compra a “tanto al chilo”, ma va guadagnata giorno per giorno nel medio-lungo periodo: saper ascoltare, eliminare ogni alibi, affrontare i propri errori, dichiarare i propri valori, attenersi (ahimè cosa più difficile) ai propri valori, dichiarare e sostenere una visione, ecc ecc
    Ottenere autorevolezza non è un problema solo della Comunicazione o del Marketing di un’azienda, ma la coivolge tutta nei suoi processi e negli aspetti organizzativi.
    Questa è una delle principali sfide delle aziende occidentali e, forse, la vera “medicina” per superare la crisi. Back to the basics: ascoltare i bisogni veri delle persone e rispondere loro in modo autorevole.
    I social media rappresentano la vera opportunità di andare in questa direzione.

  4. Leonardo Bellini scrive:

    concordo in pieno con l’intervento di Giovanni. E’ una sfida molto
    difficile ma affascinante e bellissima. Io sono ottimista.

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