Ho messo online l’articolo uscito ieri su Nòva e dedicato a come decifrare il web. Il titolo di questo post, riprende uno dei quattro punti che ho indicato:

La quantità di contenuti digitali è un mare in piena: meglio analizzarlo dall’alto perché a concentrarsi troppo sui particolare o con eccessiva minuzia, fa rischiare solamente di essere travolti dall’onda. Inutile è anche cercare di mettere argini e costruire dighe: meglio imparare a fare surf.

L’espressione “sta arrivando un’onda travolgente: anziché nasconderti, impara a fare surf” la sentii un po’ di anni fa ad un convegno (non ricordo proprio quale) e poi la utilizzai in un meeting aziendale per suggerire il modo per gestire il continuo cambiamento che caratterizza la comunicazione online.

Fare surf per me significa riservarsi dei momenti per guardare ciò che succede in modo distaccato e il più possibile “out of the box”. Significa anche prendere atto di tutto quello che avviene (positivo o meno che sia) e regolarsi di conseguenza provando a fare la nostra parte, rassegnandosi peraltro che non esistono più posizioni di rendita. E questo vale sia che ci si riferisca alle quote di mercato oppure al posizionamento nei motori di ricerca.

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4 commenti per “Imparare a fare surf”

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  1. Giacomo Dotta scrive:

    Concorde su tutto, tranne che su un particolare: “non esistono più posizioni di rendita”. A mio avviso ci sono paradossalmente ancora. Si nascondono negli algoritmi, ed agli algoritmi arrivano a partire da un certo tipo di cultura.
    Se i giornali online fanno milioni di pageview mostrando in prima pagina una sfilata per il miglior “lato B” del mondo, significa che ciò che li porta avanti è una rendita di posizione. La stessa che li impone ad esempio su Google News o su altri aggregatori, fermi su pochi nomi e molti errori.
    Su tutto il resto, totale accordo: far surf, soprattutto in questo periodo di acque agitate, è pratica buona e sana

  2. Maurizio Goetz scrive:

    Molto giusto, molto condivisibile. Quante persone leggeranno l’articolo e lo ignoreranno, salvo poi lamentarsi fra qualche mese che le cose vanno male.
    Ad un certo punto, chi è causa del suo male pianga se stesso. Ho sempre sostenuto che l’industria della comunicazione digitale debba aiutare le imprese ad accostarsi ad Internet, ma non può certo sostituirsi alle loro decisioni.

  3. Nicola scrive:

    Giusto per segnalare il libro di Baricco,I Barbari,
    lui sostiene una teoria analoga sul “surfare”
    ci dedica anche la copertina.
    Si vede, Baricco non è un operatore del settore , ma, come sempre, fa una analisi dettagliata sulla “leggadria” usata dal navigatore e la lega più in generale alla società.
    la potenza dell’autore è proprio quella di non essere un operatore, l’analisi si stacca da internet e e diventa sociologica.
    Come se il surfare non fosse legato al mezzo ( alla voglia di controllarlo o al modo di utilizzarlo ) ma sia piuttosto legato a come noi, uomini barbari siamo diventati
    Se vi capita di leggerlo…”I barbari Baricco”

  4. Mauro Lupi's blog scrive:

    Londa anomala Charlen Li, Josh Bernoff

    La rivoluzione in atto nel mondo della comunicazione e nel rapporto tra persone e aziende, può essere ben sintetizzata con la denominazione “Onda anomala” che titola questo libro (“Groundswell” nella versione originale, già tradotta in una dozzina di l…

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