Archivio: agosto, 2008

Questa terza parte è dedicata ad alcuni commenti al libro di Giampaolo Fabris e raccoglie delle note su un intervento di Andrea Illy. Qui la prima e la seconda parte.

Societing è un testo godibilissimo, scritto con la consueta ricchezza semantica a cui Fabris ci ha abituato, senza mai scadere nel dotto fine a se stesso.

I contenuti vanno a coprire a tutto tondo l’argomento del cambiamento del marketing, secondo un inquadramento che, una volta tanto, non è America-centrico ma, anzi, trova sue concrete applicazioni in Italia (anche nei casi e nelle tabelle a corredo del testo).

Sul fronte dell’analisi della comunicazione digitale e della Rete, trovo Societing un’opera incompiuta. Praticamente si ferma sul più bello, ossia nel punto in cui, dopo aver ben fotografato la spallata che le nuove tecnologie stanno dando al modo di fare business – in particolare alla comunicazione d’impresa -, non spinge l’accelleratore nel suggerire un ruolo più rilevante per la Rete nel marketing così ripensato. Atteggiamento comunque comprensibile considerando la prudenza che ha sempre contraddistinto Fabris a proposito di internet, ma ancor più per la limitata reappresentanza nel nostro Paese di quella che Fabris definisce l’enclave del postmoderno e che circoscrive in non più di un terzo della popolazione (ci sarebbe però da riflettere su quanto pesa economicamente questa quota e che trend di crescita sta esprimendo).

Di rilevante è che Societing continua ed estende la sua vita in Rete, in particolare su un apposito blog.

Chiudo con alcuni appunti relativi all’intervento di Andrea Illy, Presidente di Illycaffè, durante la presentazione del libro di Fabris da Ruling Companies l’11 giugno scorso:

  • Oggi gli individui hanno potere di scelta, accesso, connessione. Chiedono relazione alle aziende, ma sono queste a non volerla.
  • Sul tema delle knowledge company: “Chi più insegna più vince”
  • Le nuove forme sociali sono basate su nuove relazioni , più calde, basate sulle passioni. Vanno perdendo slancio molte di quelle tradizionali, ad esempio i sindacati (e qui penso anche a quella che De Rita ha chiamato l’incapacità a connettersi).
  • L’azienda va intesa come un movimento, basata su valori etici, sulle emozioni, sull’unicità, sulle passioni, sull’amore.

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(Societing – prima parte)

Importante la sottolineatura sulla crescente richiesta di autenticià:

Siamo in presenza di un passaggio epocale: da una società di status symbol a scelte di prodotto che siano veritieri segnali sulla propria identità. Ma anche transazione dalla società della massificazione, dell’omologazione, dell’accettazione degli standard medi – la testa, nella metafora di Anderson nella Lunga Cosa – a una dove si può, forse si deve, essere sé stessi.

Naturalmente viene affrontato e contestualizzato il marketing dell’esperienza, conseguente alle stagioni dei bisogni e dei desideri:

Il passaggio ulteriore (…) è verso il nuovo protagonismo dell’esperienza nell’agire di consumo. (…) La nuova cultura del consumatore si nutre di tutto questo non domandandosi più “Cosa posso acquistare che ancora non posseggo?” quanto piuttosto “Cosa posso provare che ancora non ho sperimentato?”.

Dopo la citazione del detto greco “Si impara con l’esperienza” - con cui si sottolinea che ad imparare deve essere sia il consumatore sia l’impresa stessa, Fabris si sofferma su quattro aree cruciali nella creazione di esperienze:

  • La pubblicità, estesa all’area della comunicazione in generale includendo, ad esempio, le tante fonti di eventi che l’impresa e la marca promuovono.
  • Un’intelligente presa in carico della situazione di consumo, auspicando un ruolo attivo dell’utente, un suo coivolgimento.
  • Il punto vendita, simbolo nel rappresentare l’intera situazione di consumo.
  • Gli edifici, siano essi la sede dell’azienda ma anche quelli che Fabris chiama i musei aziendali, declinati come vero e proprio palcoscenico narrativo.

Molto interessante l’approfondimento del marketing tribale e, più in generale, dell’evoluzione delle comunità per forma, dimensione e tipi di aggregazione:

(Le tribù postmoderne) sono aggregazioni sociali aperte che prevedono multiappartenenza, il più delle volte senza un insediamento territoriale, con un elevato tournover ma sovente cementate da sentimenti forti, dalla condivisione di brani importanti di esperienze, da un’elevata frequentazione. (…) Il consumo sostituisce il mondo della produzione anche come matrice di identità e come fattore di aggregazione sociale. Non è certo un caso, quindi, che nuove forme di socialità si formino sovente intorno a oggetti o pratiche di consumo.

E per ragionare sull’approccio del marketing verso queste tribù, Fabris cita Bernard Cova il quale suggerisce di “considerare ogni offerta destinata ai membri della tribù dal punto i vista del valore del legame.

Le nuove tecnologie, e la Rete in particolare, sono affrontate in profondità solo nel penultimo capitolo (Connected marketing), anche se le premesse sanciscono con decisione  l’entità dei cambiamenti portati da internet e dal digitale in genere:

Il digitale diviene il fattore abilitante per la gestione, comunicazione e trasmissione dei contenuti. (…) Le tecnologie elettroniche di massa – dal cellulare, al PC, all’iPod – creano nuovi modi di pensare, di agire, di inter-agire con gli altri.

Ultimo capitolo sull’etica nel marketing, o meglio, sul marketing etico, in cui l’invito è quello di considerare determinati comportamenti virtuosi non solo come accessori cosmetici o tattici rispetto all’attività aziendale, ma elementi fondanti dell’impresa tutta, ove l’attenzione alla responsabilità sociale sia un pilastro strategico. Finale senz’altro condivisibile anche se dichiaratamente utopistico in relazione alla speranza di una sua completa realizzazione.

(Societing – terza parte)

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Societing - Giampaolo Fabris Il marketing va rifondato: parola di Giampaolo Fabris, uno dei maggiori esperti di consumi in Italia da qualche decina di anni, che sviluppa il tema su “Societing”, un libro destinato a diventare un punto di riferimento cruciale nella comprensione dell’evoluzione del marketing.

Fabris è netto nel ritenere che il marketing attuale “batte in testa” (l’espressione motoristica è proprio la sua, manifestata in un recente convegno di Ruling Companies), e ciò diventa molto rilevante non solo per la capacità professionale con cui avvalora il suo auspicio di rinnovamento radicale, quanto per l’influenza che esercita sui marketer italiani da molti anni.

Il libro parte dalla disamina del consumatore postmoderno il quale decreta la crisi di fiducia del progresso costante della società, della crescita infinita. Consumatore che diventa oggi ConsumAutore (produce contenuti), ConsumAttore (è competente e selettivo), ConsumatoRE (è lui che guida il rapporto con le aziende). Il marketing tradizionale si trova difronte ad una crisi di identità e ad una perdita di legittimazione sociale, sempre più assimilato nell’immaginario collettivo a mero sinonimo di pubblicità. E ciò avviene perché le aziende per prime hanno continuato a considerare il marketing come un’area tattica e non strategica e a comunicare solo attraverso al pubblicità:

L’impresa può comunicare con una molteplicità di altri canali che divengono, appunto, medium. (…) L’impresa ha comunicato tramite una quantità di canali senza avere la consapevolezza di stare comunicando. Nella convinzione appunto che la sola forma di comunicazione autentica e legittimata fosse la pubblicità.

Studiare il consumatore odierno richiede nuovi schemi, ben rappresentati da Fabris con l’esempio del pescatore e del biologo, ove il pescatore sa tutto di ami, esche e pesci, ma ignora il mondo marino:

Per comprendere il consumatore postmoderno – nomade, eclettico, esigente, curioso, creativo, prosumer, consapevole del proprio potere – è necessario un approccio diverso, più simile al biologo marino. Che indaga su tutto il mondo ittico, studia specie edibili e no, le relazioni che mettono in atto, le correnti che lo traversano.

Non poteva mancare un riferimento sulla crescente inefficacia della comunicazione basata sul concetto di push e interruzione, così come l’auspicio di un approccio che racconti le marche (il grassetto è mio):

Il consumatore si è sbarazzato di antichi pregiudizi e di anatemi ideologici e considera la comunicazione d’impresa come una necessaria, e sovente affascinante, enciclopedia di pronto accesso e facile consultazione sul significato delle merci. Mostra una nuova disponibilità che non trova il mondo della pubblicità pronto, come dovrebbe, a recepirla.

(Societing – seconda parte)

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Dopo qualche giorno di vacanza, riprendo lentamente le redini del blog. Inizio con un post “speculativo”, nel senso che mentre stavo per scrivere un commento all’analisi sull’utilizzo dei social network nel mondo fatta da Royal Pingdom, mi accorgo che ci ha già pensato Luca De Biase a descriverla, aggiungendo peraltro un’acuta riflessione:

E’ infatti logico che un sistema di comunicazione si integri nelle reti sociali esistenti che, prevalentemente, sono ancora molto definite dalla geografia e dalla vicinanza fisica. In questo senso, la rete non è dunque necessariamente la tanto paventata riduzione delle relazioni fisiche. Anzi, in un certo senso, le facilita.

L’analisi è stata realizzata utilizzando Google Insights for Search. Di seguito riporto il grafico che riguarda Linkedin.

Royal Pingdom - Linkedin popularity

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