Ad un convegno di giovedì scorso, ho stuzzicato con una domanda Pierluigi Bernasconi, Amministratore Delegato di Mediamarket (Mediaworld, Saturn), a proposito del rapporto tra spender pubblicitari e web agency e sul fatto che spesso i clienti si rivolgono direttamente ai publisher e ai motori di ricerca. Bernasconi ha detto di preferire spesso la “via diretta”, essenzialmente per due motivi:

  1. Le agenzie non sempre sono preprarate e aggiornate; ha fatto l’esempio di proposte legate al “web 2.0″ che altro non sono che pianificazioni su network di blog.
  2. Le web agency non hanno la capacità di interfacciarsi col management dei publisher, fatto che ritiene fondamentale per ottenere i risultati migliori.

Non sono molto d’accordo sul punto 2), o meglio, può anche esser vero che non tutte le agenzie hanno relazione con i piani alti, ma se diamo per buono che questa è una condizione necessaria per ottenere risultati, stiamo dicendo che il mercato è ancora immaturo, ed è fatto di relazioni e favoritismi e non di professioni. A me non pare che sia (più) così.

Pienamente in sintonia col punto 1) anche se non è tutta colpa delle agenzie. Le specializzazioni e le competenze d’avanguardia ci sono, basta saperle cercare. Se invece si cerca il nuovo utilizzando partner e procedure consolidate, probabilmente non lo si troverà (almeno per alcuni anni ancora). È di questi giorni una ricerca di TNS Media Agencies che rileva l’impreparazione delle tradizionali agenzie in USA, UK e Francia rispetto ai social media. Cito due commenti relativi a questo studio:

“I think traditional ad agencies have very little contribution to make,” Bryan Simkins, a marketing specialist at FedEx, told TNS. “They are mostly driven by their compensation models which are made for closed media. Those models don’t apply in open media.”

“They put up a good presentation about what social media is, but when you get to implementing campaigns, the day-to-day management skills are not meeting the marketers’ expectations.”

Dice la sua anche Forrester nel report The Connected Agency che Adweek sintetizza scrivendo: Agencies Need to Reboot. Ma cosa significa agenzie connesse? Ecco una sintesi:

What it is calling “the connected agency” would not only know certain communities but also be active members of these groups. Pushing messages would give way to encouraging voluntary engagement, and ongoing conversations would replace time-based campaigns.

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7 commenti per “Ci sono agenzie e agenzie connesse”

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  1. Marco Massarotto scrive:

    Mah, messa così più che agenzie “connesse” mi sembrano agenzie “spammer”. Non so se la chiave sia fare leverage su liste di contatti nei social network o guidare il cliente in un lavoro in profondità sui contenuti e sulle relazioni coi propri consumatori…
    Ma forse l’estratto della citazione trae in inganno, Forrester esprime concetti ben più profondi e interessanti di solito che essere active member di una community per far avere successo al tuo cliente.

  2. Maurizio Goetz scrive:

    Ho avuto modo di conoscere Bernasconi per lavoro, una persona di straordinaria intelligenza e abilità e non gli posso dar torto. Perché dovrebbe utilizzare un’agenzia, quando la sua azienda è molto più avanti della maggior parte delle agenzie?
    Io sto lavorando oggi con molte imprese che sul web si muovono da soli davvero molto bene.

  3. fradefra scrive:

    Stavo leggendo e riflettevo sul fatto che in Italia, in realtà, molti si chiamano Agency e poi non sono per nulla “agenzia”. Specie sul Web, pare che Web Agency sia piuttosto ambita, poi si scopre che l’azienda fa cose ben diverse.
    Concordo con Maurizio. Molte Agenzie sono semplici rivenditori di un servizio, che non aggiungono nulla e spesso fanno solo danni. Ci sono aziende ben più avanti nella gestione delle proprie attività web, sia in termini di comunicazione, sia di pubblicità.

  4. Luca Colombo scrive:

    Mauro,
    sono d’accordo con le considerazioni relative al punto 2. Peraltro non vedo questo punto in stretta correlazione con la capacità di un’agenzia nella sua capacità di costruire attività vincenti e in linea con la strategia del cliente.
    Detto ciò, non sono d’accordo con il punto 1 perché: (a) certamente non è mai corretto generalizzare, (b) per esperienza mi è capitato di incontrare agenzie non preparate come pure agenzie estremamente specializzate e competenti nel loro ambito. Vero che non è sempre così ma altrettanto non trovo corretto arrivare subito alle conclusioni.
    Concordo infine con Maurizio (quando parla dell’AD di Mediaworld e del livello di competenza dell’azienda sul mondo online) altrettanto però trovo sempre utile un confronto con agenzie locali e internazionali che possano dare stimoli e contributi rispetto a piani e strategie sviluppate internamente. Rimanere troppo chiusi su se stessi e pensare che le sole risorse interne possano stare al passo con le evoluzioni del mercato è piuttosto ambizioso. Questa quantomeno la mia piccola esperienza soprattutto quando operando in aree marketing il numero di risorse disponibili è tutt’altro che infinito ;-)
    Luca

  5. Giovanni Pola scrive:

    Vi sottopongo un altro punto di vista sul convegno: l’articolo di apertura di Spot&Web.
    http://www.spotandweb.it/archivio/2008/03/043_08.pdf
    Per il resto sottoscrivo al 100% Luca,
    grazie,
    Giovanni

  6. Mauro Lupi scrive:

    Ciao Giovanni, faccio un cross-comment di parte di un commento che ho scritto sul tuo blog (stranamente non è stato inserito subito, forse devi approvarlo) a proposito dei “cattivi esempi”.
    Comunque, saranno i capelli bianchi, ma nei circa 30 anni di lavoro che ho sulle spalle, ho sempre avuto colleghi che “sporcavano” la reputaizone del settore in cui lavoravo.
    Sai che ti dico, io l’ho vista e continuo a vederla come un opportunità; in pratica c’è un competitor in meno ;-)

  7. Pleiadiguy scrive:

    Ciao Mauro,
    dando per scontato che parliamo di agenzie con un know how e una struttura ben consolidati, per me il vero valore aggiunto è dato dall’intelligenza e dalla professionalità di chi fa da tramite con il cliente.
    Il legame tra spender e agenzia sarà segnato dal successo, se questa figura è in grado di comprendere appieno quello che gli viene chiesto, di trasmetterlo correttamente e, soprattutto, di dire no quando serve (perchè i tuttologi sono figure mitologiche o perchè le cose chieste non hanno senso e non funzioneranno mai on line).
    Come sempre il dilemma è: sono le aziende che fanno le persone o viceversa?
    La seconda che hai detto! Ma però anche mezz’ e mezz’!

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