Oggi ho dato una risposta ad un cliente che, mi rendo conto, può apparire piuttosto disarmante. La richiesta riguardava di illustrare alcuni casi di successo nel settore del viral marketing.

Mi è venuto da dire che i casi di successo servono solo per capire quali iniziative sicuramente NON funzioneranno (nel senso che i cloni di un’idea originale quasi sempre falliscono) e, nel contempo, non ci sono procedure standard che permettano di prevedere il successo nei social network.

Insomma: se si guardano solamente le iniziative sulla bocca di tutti, sembra tutto così facile da realizzare. Uno spot dell’epoca Carosello recitava: “semmmbra facile…”

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6 commenti per “Non seguire quel caso”

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  1. Ale scrive:

    Spesso è proprio il contrario… chi fa la prima mossa fallisce miseramente e la storia è piena di aziende che si sono mangiate il 1st mover advantage. Non si può generalizzare…

  2. Massimiliano scrive:

    Tempo fa mi sono imbattuto anche io nella medesima situazione, e la mia risposta è stata la stessa. Il problema è che ogni tanto le risposte bisogna darle quasi per forza, dire che non esiste una codifica standard per definire iniziative che nascono proprio “non standard” sembra a taluni sintomo di ignoranza (nel senso di non conoscenza della tematica), ahimè.

  3. F@bri scrive:

    Vero sono d’accordo con quanto dici Mauro, copiare un modello vincente non da alcuna garanzia di successo, anzi è probabile invece che non porti proprio nulla se non alla frustrazione. :-)
    Qualche anno fa un ragazzo inglese, Alex Tew, inventò un sito in cui vendeva banner pubblicitari ad un dollaro a pixel (milliondollarhomepage.com), realizzò più di un milione di dollari; molti hanno provato ad emularlo in Italia e a giudicare dalle pagine avranno guadagnato si e no qualche centinaio di euro.
    Poi ogni caso è una storia a sé.

  4. parolamia06 scrive:

    Un altro spot ben più recente, invece, recita: “basta poco. che cce vo’?!”.
    Fosse davvero così, avremmo risolto non pochi problemi.
    Ma la vita e la pratica quotidiana sono – anzi dovrebbero essere – altro dall’imitazione e dall’emulazione. Occorre ingegnarsi! Stai a vedere che, forse, stavolta ci inventiamo qualcosa? ;)

  5. Alberto scrive:

    Un caso recente che mi è sembrato altrettanto disarmante per efficacia e fantasia (in positivo, intendo) è http://www.willitblend.com , che vende frullatori, ma i filmati che hanno fatto si sono diffusi immediatamente, generando anche consenso sia per il prodotto che per l’iniziativa spiritosa.
    Saluti
    Alberto

  6. Giovanni scrive:

    Mauro, è vero che le aziende che pianificano e realizzano attività viral spesso si sono già mosse contemporaneamente in modo “tradizionale”, per cui l’iniziativa viral è una ridondanza che serve a “non lasciare nulla di intentato”…ma non per questo dev’essere ogni volta un salto nel vuoto, no?
    Lasciamo perdere la creatività, su cui non vale la pena soffermarsi (anche secondo me copiare – oops… “ispirarsi” – non premia un granché, ma bisogna valutare caso per caso…)
    Probabilmente una case history interessante aiuta a definire alcuni parametri di successo:
    - quale contenuto è stato veicolato(advergame, excel-quiz, video, fake-blog, …?)
    - presenza del brand(palese, ghost, teaser viral)
    - Canale/i utilizzato/i per la diffusione (email, youtube, myspace,…?)
    Altro capitolo curioso il ROI: quali sono i parametri per definire il successo di un’iniziativa viral? Spesso nei blog “markettari” vedo riportate e citate ad esempio iniziative virali che magari “fighissime” ma che su youtube hanno raccimolato a malapena un centinaio di visuliazzazioni (probabilemnte tutte dell’agenzia) e nessun commento…
    Insomma, creativi ed originali sì, ma con un criterio… e alla fine incrociamo le dita!

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