Archivio: marzo, 2007

Anticipato da Lele, ho letto il pezzo di oggi su Il Manifesto (via Mantellini vedo che il pezzo è su VisionBlog): “L’illusione della democrazia attraverso il mondo dei blog”. Franco Carlini lo leggo sempre volentieri, qui mi trovo invece in totale disaccordo. L’argomento è stra-dibattuto: i blog che, socondo Carlini, sono “monomaniacali, autoreferenziali e autocitantesi, sovente pronti all’insulto, approssimativi nei giudizi”.

Ciò che è sbagliato sono le basi del criterio i giudizio, perché si sottopongono i blog alle stesse metriche di analisi che si applicano al giornalismo. E si rimprovera, ad esempio, “di sfoderare fastidiosi toni colloquiali in prima persona, tipo ‘ho pensato che’, ‘mi arriva una telefonata da’”.

È questo il punto (parlo da lettore di blog e da blogger): è proprio l’informalità e la spontaneità che, per alcuni (peraltro sempre di più) è ciò che conta e che da senso ai contenuti. I blog, ma vale per qualisiasi user generated content, sono prodotti di persone non di giornalisti! E capitelo una volta per tutte! (Antonio, si, si proprio te, diglielo a Carlini che lo conosci).

È  come ascoltare e partecipare alle conversazioni in un bar, ad un party o nella piazza del paese: la differenza è che questo tipo di relazioni ora ha un versante digitale. Se non piacciono gli interlocutori in un party, è bene cercarsene un altro ma si può pretendere: “dammi le notizia e il loro contesto”.

La Rete è sempre più delle persone (piacevoli o meno che siano) ed è un medium (forse il primo) che non ha i giornalisti come protagonisti. Mi sa che questo è il vero disagio che sentono alcuni. Che ne dite?

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I miei figli le chiamano emotion (pronunciato all’inglese) ma le ho sentite chiamare anche emotiche (giuro). Parliamo delle emoticons (che sta per emotive icons), meglio conosciute come faccine. Ebbene, pare che siano nate 25 anni fa, come riporta un bell’articolo su c|net.

Dallo smile classico :-) alla strizzatina d’occhio ;-) (che io uso molto – troppo- spesso), passando per la linguaccia :-p e quelli meno noti come l’abbraccio con bacio (()):*

Un classico è ricevere una serie di caratteri apparentemente insignificanti che poi il mittente ci spiegherà sono un oscuro smile che… conosce solo lui o che ha preso da una delle tante liste online come questa.

I miei figli ancora se la prendono per il fatto che il programma che uso per l’istant messaging (Trellian) non decodifica le decine di smile diversi che mi inviano con Messenger. Si perché una volta le faccine si scrivevano, oggi sono grafiche: daltronde sono passati 25 anni, no?

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L’affermazione non è mia ma di Ari Rosembers in un articolo su Mediapost, ripresa in un ottimo post da Gord il quale, come è sua consuetudine, guarda sempre i molteplici aspetti di ogni situazione.

L’argomento del dibattito è se Google potrà davvero cambiare le regole della pubblicità e del marketing. Naturalmente dalla parte di Madison Avenue (ossia del mondo tradizionale della pubblicità) si tende a sottolineare come il marketing non sia solo matematica e algoritmi e dove “due più due fa quattro” come scrive Gord. Se Google cercherà davvero di infilarsi nella gestione di stampa, TV, radio e quant’altro, probabilmente dovrà rivedere qualcosa della sua strategia. Memorabile il passaggio:

“Because they [Google, ndr.] didn’t need to use advertising, the philosophy is that really is not necessary for anyone”

D’altro canto, il mercato pubblicitario necessita di maggiore efficienza e strumenti tecnologici che aiutino gli inserzionisti ad ottenere meno dispersione e quindi un migliore ROI. E questo è un fronte sul quale il marketing sta già facendo i conti con Google e con altre aziende che operano nella comunicazione online, col risultato che le regole stanno cambiando davvero, almeno per una parte (tuttora piccola) del mercato complessivo.

Concordo con Gord sul fatto che alla fine sarai te, io e gli altri 6 miliardi di consumatori ad avere l’ultima parola. La domanda rimane: sarà Google ad adattarsi alle consuetudini del mondo dei media pubbliciati, o prima che questo succeda, il peso complessivo della pubblicità su internet (e quindi dei suoi attori) crescerà a tal punto da poter imporre le sue regole?


Così torno ad essere un cliente Apple dopo circa venti anni da quando comprai uno dei Mac della prima partita arrivata in Italia… In realtà questo iPod da 80Gb l’ho preso con le miglia Alitalia, ma ho già speso una cifra superiore in accessori… anche perché sennò che te lo fai a fare un iPod?

 Adello la configurazione di casa Lupi, vede Gianluca che ha ereditato il mio Samsung K5 (e ne è contentissimo), Francesca a cui ho preso un iPod Nano rosa (sempre via miglia Alitalia), io con l’80Gb rigorosoamente black, e mia moglie che… si becca la musica di tutti noi.

Apple iPod Video 80GB BlackCon un aggeggio come l’iPod 80Gb sento finalmente di poter gestire la mia musica. Ho memorizzato circa 2.500 brani (e mi rimangono da passare un’altra trentina di CD essenziali), qualche video, un paio di podcast,  ma il bello viene adesso. Ho una naturale predisposizione a spremere ogni aggeggio tecnologico e quindi ho preso un paio di libri con trucchi, suggerimenti, ecc. e poi sono a caccia di stazioni radio che fanno podcast. Solo una cosa non riesco a spiegarmi ancora: dove troverò il tempo di sentire tutta questa roba? 

Ah, si, gli accessori: il diffusore iVoice che ho attaccato al muro e che collego al PC via USB ( e che posso usare anche come casse esterne per il PC), un aggeggio Belkin che sincronizza l’iPod con la radio in macchina (funziona però meglio il sistema con la cassetta), un microfono per registrare stereo. Ora vorrei trovare una bella custodia e degli auricolari di quelli che si infilano nel padiglione ma che non costino un’occhio della testa. Consigli?

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Sono disponibili le registrazioni dell’incontro “Blog e Marketing” organizzato da BAIA a San Francisco a cui ho partecipato:

Promettete di non prendermi troppo in giro per il mio inglese… Alla fine ho convenuto con Franco Folini (che ha organizzato l’evento e che ha realizzato i video) che mi ha suggerito di non farsi più di tanto dei problemi sulla lingua. E così mi sono buttato…

Update: i video sono anche disponibili su Google Video: parte 1 e parte 2.

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Stamattina, tra riunioni e telefonate al solito ritmo frenetico del lunedì, ho annotato alcune news e segnalazioni:

  • Luca De Biase si chiede (riferendosi alle aziende): E’ possibile informare e comunicare? Io dico: assolutamente si, anzi, credo sia da considerarla come un’attività indispensabile per le aziende moderne. Penso a quello che mi diceva Hirshberg di Technorati di come le aziende si debbano trasformare in media company; oppure quello che ha affermato in un recente convegno Roberto Monti, AD di IKEA: anche se sentono forte la necessità di rinnovare la comunicazione, le richieste che gli arrivano sono nella direzione di incrementare la quantità di contenuti prodotti.
  • Notizia di qualche giorno fa: Dada e Google insieme per il social network (qui anche su MediaPost); a pelle la mia rezione è stata: hey, AdSense diventa multi-level (avete presente Amway?)! E non lo dico in senso dispregiativo: se si guarda la redditività del gruppo fiorentino non ci si può che togliere il cappello. Le mie perplessità, peraltro espresse da tempo, rimangono sul fatto che siamo sempre nella situazione che solo “uno su mille ce la fa”, riferendomi alla generazione di ricavi dal contextual advertising, qui anche stratificati.
  • In qualche modo correlato, c’è il semplice ma efficace diagramma pubblicato su seomoz che essenzialmente scoraggia i blogger che si volessero cimentare in una decina di argomenti ormai saturi (almeno a suo dire), come la politica, i gadgets, la programmazione, ecc. a meno che si ritiene di avere doti di scrittura eccellenti, autorevolezza, esperienza superiore alla media, oppure… che non si ambisca ad avere un blog molto letto. Personalmente non sono d’accordo, specie se penso alla situazione italiana, ma indubbiamente ogni blogger dovrebbe sapere che qui non c’è nessun Eldorado e che guadagnare popolarità e denaro in modo significativo è estremamente difficile da realizzare e mantenere.
  • A supporto della mia teoria sulla competizione sui contenuti di qualità, segnalo volentieri la bella selezione di blog che trattano temi inerenti alla creatività pubblicata su Elmanco nella quale sono finito anch’io (grazie Stefano).

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L’ultima volta che ho visto Bill Hunt, Presidente di Global Strategies International, è stato al SES di Londra, ma del deal me ne parlò and un board di SEMPO a New York già l’anno scorso. Allora non sapevo con chi stava chiudendo l’accordo, ma qualcosa in ballo era evidente che ci fosse.

L’annuncio ufficiale conferma, se ce ne fosse stato ancora bisogno, la fase di consolidamento e maturazione nel mondo del search marketing. I grandi gruppi pubblicitari sentono ormai come indispensabile la necessità di avere un’offerta complessiva sul search, ma scoprono rapidamente che acquisire know-how internamente è difficilissimo. E allora scattano le acquisizioni.

Bill è un amico, così come la sua simpatica moglie Motoko, e sono molto contento di questo accordo, oltreché convinto che produrrà risultati positivi per entrambi. Sono anche felice perché gli ho strappato la promessa di intervenire al prossimo Search Engine Strategies di Milano!

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Stavo rimettendo un po’ di ordine negli appunti presi durante il Search Engine Strategies di Londra ed è spuntato un foglio su cui ho annotato alcuni spunti emersi nelle sessioni dedicate al News Search e da una chiacchierata con Greg Jarboe di SEO-PR col quale ho l’onore di condividere una grande stima reciproca. Vado con gli appunti senza un particolare odine logico:

  • Sono le persone che decidono cosa è una news, perché ormai sono in grado di crearsi il proprio palinsesto informativo
  • Le press release dovrebbero essere scritte pensando alle persone come destinatari e non più solo ai giornalisti
  • Le public relation sono arte e scienza: l’arte è quella con la quale si compone  la forma ed il contenuto, la scienza serve per guidare la diffusione e la fruizione attraverso i media digitali

Greg mi raccontava di un suo cliente per il quale hanno distruibuito un comunicato stampa lo scorso dicembre. Il coverage è stato buono con svariate citazioni su riviste online (con tanto di link al sito del cliente). Un giornalista, oltre a scriverne su una rivista online, ne ha parlato successivamente anche sul suo blog personale. Ebbene, le visite scaturite dal blog sono state SEI volte quelle arrivate dal sito della rivista.

È un periodo che mi trovo spesso a parlare o scrivere di PR (uscirà peraltro un mio controeditoriale abbastanza provocatorio sul prossimo NetForum). Cerco di non parlare più di tanto di cose che non conosco e riguardo le public relation non posso certo definirmi un esperto. Però trovo incredibili le mutazioni in atto in questo comparto, quasi tutte con implicazioni che riguardano la Rete. E allora mi scappa proprio di dire la mia…


A volte mi prendono degli scrupoli o, peggio, dei sensi di colpa. Succede quando mi scappa di raccontare di cose che possiedo e dei tanti piccoli lussi che fanno parte del mio quotidiano.

Capita che scrivo di email inviate col palmare, e qualcuno sottolinea “beato te che ne hai uno”. Racconto dell’ultimo viaggio negli Stati Uniti e c’è chi evidenzia come non si potrà mai permettere di fare un viaggio in aereo. E potrei continuare con tante situazioni, anche apparentemente insignificanti, a cui però mi sembra giusto far caso.

In effetti, dietro alcuni contenuti che si riferiscono al mio quotidiano, c’è il rischio che sembrino frutto dell’ostentazione e sento la responsabilità del fatto che potrebbero offendere la sensibilità e le possibilità di qualcuno tra i lettori. Ne contempo, non voglio pormi gli argini mentali del politically correct. E allora?

Ecco come la vedo io, partendo da una situazione in cui mi sono trovato recentemente. Commentavo con un cliente il fatto che faccio spesso la spola tra Roma e Milano in aereo e che cerco di evitare di viaggiare i lunedì e i venerdì perché superaffollati. Anche il mio interlocutore viaggia tra Roma e Milano ma mi ha segnalato che lui non ha problemi nella scelta dei giorni, nel senso che la sua azienda… ha propri aerei! Ovviamente, quando ci siamo salutati, c’era un autista ad aspettarlo (e stava lì da oltre un’ora).

Stupiti? Disturbati? Io no. Soprattutto perché il discorso non era stato impostato al “guarda quanto sono grande”, ma rappresentava la realtà dei fatti. Preferisco sempre l’orgoglio e anche un pizzico di spavalderia rispetto alla falsa modestia. In fondo, chi rappresenta una realtà afferma delle verità, chi la nega o la nasconde compie una mancanza.

Facciamo così: io continuo a raccontare di cose mie, di quello che ho comprato e di qualche viaggio in business class (tanto all’aereo aziendale con ci arriverò mai). Se però eccedo e mi metto a fare lo sborone, segnalatemelo pure, ok?

[Questo post in realtà serviva ad anticipare un nuovo piccolo-grande gadget appena arrivato a casa Lupi e del quale conto di scrivere a breve. Siete avvertiti ]


Il precedente libro di Jonas Ridderstrale e Kjell Nordstr


Layla in un commento al post precedente chiede come faccio a scrivere spesso sul blog. Appena mi collegherò col PC andrò a rispondere (fatto). Adesso sono col plamare in taxi (in fondo, anche questo è parte della risposta) sfruttando peraltro l’ispirazione di un pezzo dei Red Hot Chili Pepper di qualche anno fa…