La rubrica Scenari, che va in onda ogni sabato nell’ambito del TG3 delle 14,20 a cura di Roberto Reale, ha proposto questa settimana un’interessante puntata dal titolo “Il lato oscuro di Google”.


Nel servizio sono spuntato anch’io qua e la, parlando di search ubiquo, del brand di Google e di modelli di business, però il piatto forte (mi scuso con la terza persona intervistata di cui non ho segnato il nome) sono state le dichiarazioni di Massimo Marchiori, insegnante al Mit di Boston e all’Università di Venezia.


A parte un suo colloquio con Larry Page del 1997 dal quale sembra che l’americano possa aver preso ispirazione per l’idea alla base di Google (anche se io rimango convinto che il pagerank lo onventò IBM con il progetto Clever), molto forti alcune affermazioni che potete sentire nella registrazione integrale dell’intervista e di cui trascrivo il senso di alcuni passaggi:


Google è una scatola nera … che nel catalogare i siti funziona a raccomandazione

Google penalizza i competitor di chi paga per posizionarsi

Le tracce della nostra navigazione vengono vendute

Esistono dei dossier sulle navigazioni online di ognuno di noi che vengono vendute e che sono tra le fonti principali monetarie dei motori di ricerca

Anche se è evidente che non esiste un’assoluta integrità degli algoritmi di ranking, nel senso che sono molti i casi in cui i motori di ricerca ricorrono ad interventi editoriali, penalizzare chi non investe in pubblicità mi sembrerebbe una strategia inutile e troppo rischiosa in termini di immagine e fiducia. Per cui non credo che ci possano essere delle tattiche sistematiche in tal senso.


Sull’uso commerciale dei dati degli utenti sono invece più possibilista. Non conosco casi di “dossier” venduti, ma quello che è certo è l’enorme patrimonio informativo che lasciamo quando utilizziamo internet, specie se usufruiamo della stessa azienda per le ricerche, le mail, l’istant messenger, il destop search, ecc. Sono informazioni ghiotte e la tentazione di venderle prima o poi potrebbe trasformarsi in pratica. Teniamo alta la guardia, questo si.


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13 commenti per “Vengo dopo il tiggi (e trovo i misteri di Google)”

Pui seguire questa conversazione mediante lo specifico feed rss.

  1. Pasquale Salerno scrive:

    A proposito dell’uso commerciale dei dati e dei “privacy concerns” che le attività di Google suscitano, suggerisco di leggere gli interventi -molto interessanti, credo- di Chris Messina, una delle menti di Flock, sul suo blog personale, http://factoryjoe.com/blog/, e su http://feeds.flock.com/. In particolare, segnalo http://factoryjoe.com/blog/2006/02/10/hey-uh-google/.

  2. Chris scrive:

    Anch’io ho visto oggi il dossier su Rai TRE.
    In effetti un pò mi ha lasciato perplesso.
    Google è stato creato da due ragazzini di 17 anni che hanno creato un software che razionalizzava le “parole”. Riusciva a capire le frasi e non la parole singola.
    In questo modo i risultati della ricerca er ala migliore in assoluto. Altavista è praticamente morto…yahoo chi lo usa più?
    Ora questi due ragazzi hanno aperto in pochissimi anni una holding si sono quotati in borsa, sono stramiliardari è ahimè si vendono al migliore offerente. (vedi Cina con il tibet ect ect)
    E’ spiacevole.
    Sto aspettando altri due ragazzini che in una cantina trovino qualcosa di nuovo…non credo che manchi molto….

  3. panza scrive:

    per chirs:
    grillo è bravo e divertente, ma non tutto quello che dice è esatto.
    google è stato creato come progetto di dottorato di ricerca a stanford, università in cui sono nati pure excite e yahoo.
    non è stato creato da due 17enni in un garage.

  4. panza scrive:

    ci sono casi documentati di vendita di informazioni degli utenti ad agenzie publicitarie o di penalizzazioni di competitor di chi paga per posizionarsi (penalizzazioni dovute a spam non valgono ovviamente)?
    il caso del professor michael jordan mi sembra un po’ vago, è possibile che i suoi studenti, o il professore stesso, abbiamo fatto un buon lavoro di ottimizazzione.
    sono affermazioni un po’ pesanti che andrebbero quanto meno documentate in dettaglio.

  5. MR scrive:

    Credo che l’aspetto più losco, che meriterebbe un approfondimento, sia legato ad AdSense:
    ho molto dubbi sulla leicità del sistema di fee rilasciate ai pubblisher(di cui solo google conosce l’entità e la percentuale).
    Si è mai vista una concessionaria di pubblicità che pianifica, su percentuali, senza informare il media dei prezzi ai quale vende???
    Ho una discreta esperienza in merito, e non sempre positiva…

  6. Jacopo Gonzales scrive:

    Ciao Mauro, non è un segreto che Google ceda dati personali a terze parti. Per averne conferma basta addentrarsi in quella sconcertante pagina sulla privacy di cui ti segnalo un estratto che non lascia spazio a dubbi:
    Informazioni acquisite da Google
    Google non raccoglie informazioni che permettano di identificare l’utente (come il nome e l’indirizzo di posta elettronica) a meno che non sia l’utente a fornirle esplicitamente. Google acquisisce e salva informazioni quali l’ora del giorno, il tipo di browser, la lingua utilizzata dal browser e l’indirizzo IP per ciascuna richiesta ricevuta. Tali informazioni vengono confrontate con i record a disposizione di Google e servono a fornire servizi più mirati agli utenti. Ad esempio, Google può utilizzare l’indirizzo IP o la lingua del browser per stabilire quale lingua utilizzare per la visualizzazione dei risultati delle ricerche e degli annunci pubblicitari.
    E ancora:
    Informazioni divulgate da Google
    Google può decidere di divulgare le informazioni personali degli utenti alle società che utilizzano Google a scopo pubblicitario, ai partner commerciali, agli sponsor ed altri. Tuttavia, le informazioni divulgate si limitano generalmente solo ad informazioni generiche sugli utenti, poiché la trasmissione di dati personali è consentita solo su esplicita autorizzazione degli utenti stessi. Ad esempio, Google può fornire indicazioni sulla frequenza con cui un utente specifico visita Google o sulle parole che vengono più frequentemente utilizzate per effettuare ricerche su Linux. È utile ricordare che Google può dover fornire indicazioni personali sugli utenti in caso di ordine, disposizione legale, mandato o sentenza di un tribunale.
    Comunque per chi volesse leggere integralmente il testo sulla privacy di mamma Google può farlo qui: http://www.google.it/intl/it/privacy.html

  7. Alessandro Binello scrive:

    Ciao,
    ho visto il servizio sul TG3 è mi ha fatto piacere perchè finalmente si parla di motori di ricerca in un contesto molto vicino alle masse.
    Per quanto riguarda il fatto che Google salvi l’ora del giorno, il tipo di browser, la lingua utilizzata dal browser e l’indirizzo IP per ciascuna richiesta che riceve non ci vedo nulla di male.
    Non fa nulla di più di un portale di ecommerce che abbia un sistema di crm che gli permette di sapere le preferenze dell’utente che si collega e proporgli offerte mirate sulla base delle precedenti scelte di navigazione o lo storico degli acquisti.
    Google offre un servizio a certe condizioni, spetta a noi accettarle o meno..e a quanto pare dall’ultima statistica pubblicata da emarketer oggi pare che vada bene a molti

  8. Jacopo Gonzales scrive:

    Alessandro, non e’ certo la parte da te messa in evidenza che desta timori. Quelli sono dati che grosso modo qualunque sistema di web stats è in grado di rilevare.
    Questa affermazione ad esempio è gia diversa:
    “Google può decidere di divulgare le informazioni personali degli utenti alle società che utilizzano Google a scopo pubblicitario, ai partner commerciali, agli sponsor ed altri.”
    Il fatto che generalmente venga mossa questa considerazione non costituisce certo un’autorizzazione implicita al trattamento dei tuoi dati: Google offre un servizio a certe condizioni, spetta a noi accettarle o meno.
    Mi spiego meglio:
    1) il fatto che tu sai che google dalla prima volta che lo utilizzi ti traccia, (vedi il filmato in cui si parla di una data ben precisa, il 2038!)non significa che tutti lo sappiano. A mio avviso cio’ non costituisce esimente.
    2) Il fatto che io utilizzi Google per le mie ricerche non puo’ costituire autorizzazione al trattamento dei dati personali. Altrimenti spiegami come mai è stato introdotto il double opt-in ad es. nell’iscrizione ad una newsletter. Non mi risultano casi di double opt-in applicati a google
    3) Non ritengo corretto che questa tracciatura avvenga per cosi dire di default. Prima si chiede, poi al limite si comincia a tenere traccia. O sbaglio? Sarebbe un passo in avanti (almeno in parte e per correttezza), mettere un link alla policy sulla privacy direttamente in home page, come del resto fanno in molti. Non penso sia per problemi di spazio che questo non avviene. Tu che dici?
    Come si dice, pensar male è peccato, ma delle volte ci si azzecca pure :-)

  9. Alessandro Binello scrive:

    Ciao,
    il link alla privacy su google forse dovrebbe essere messo maggiormente in vista, ma tu lo hai trovato comunque o sbaglio?
    Tu dici che a pensar male è peccato, ma delle volte ci si azzecca, ma a me sembra che chi utilizza internet a volte nemmeno pensa…E’ ovvio, dal mio punto di vista, che chiunque offra un servizio voglia qualcosa in cambio.
    Per quanto riguarda il double opt-in non è obbligatorio, ma consigliabile. Inoltre tu a google non fornisci dati personali sensibili, quindi il paragone con le newsletter non è secondo me appropriato.

  10. Jo scrive:

    Credo che l’aspetto più losco, che meriterebbe un approfondimento, sia legato ad AdSense:
    “ho molto dubbi sulla leicità del sistema di fee rilasciate ai pubblisher(di cui solo google conosce l’entità e la percentuale).
    Si è mai vista una concessionaria di pubblicità che pianifica, su percentuali, senza informare il media dei prezzi ai quale vende???
    Ho una discreta esperienza in merito, e non sempre positiva..”
    Io ho dei siti dove ospito le pubblicità di google (adsense), ed il sistema è estremamente sicuro e sotto controllo (se clicchi più di una volta su di un annuncio con lo stesso ip, non viene conteggiato, nemmeno se stazioni solo pochi secondi sull’annuncio), inoltre google non fa discriminazioni a dispensare penalizzazioni, nemmeno sui siti che ospitano i suoi stessi annunci, rinunciando a buoni introiti.
    Il mio stesso sito che mi rendeva abbastanza (e ne conosco molti altri che son stati penalizzati) è stato giù sei mesi solo perchè ho immesso un numero alto di pagine nello spazio di poco tempo.
    Io credo che il successo di google sia proprio stato il fatto di guardare innanzitutto di dare un buon servizio di ricerca agli utenti: priorità assoluta addirittura che viene prima del suo interesse commerciale (altrimenti non si spiegherebbe il perchè molti siti che portano adword sia stati penalizzati e tenuti giù per mesi e mesi, perdendo milioni di dollari).

  11. Mauro Lupi's blog scrive:

    Appunti sul web semantico da Torino

    Alla fine Eugenio Pintore (Biblioteche della Regione Piemonte), il cordiale coordinatore dell’incontro Web Semantico: gli agenti intelligenti al servizio della ricerca, ha chiesto: ma insomma, questo web semantico è una balla, o si tratta di un argomen…

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