Archivio: febbraio, 2006

Giustamente Layla riprende i dati di Eurisko e ne deduce che possiamo ritenere attendibile considerare almeno 350 mila blog in Italia; il doppio rispetto a sei mesi fa.


Avete presente le mitiche Teche RAI? Beh, io sono cresciuto con lo stupore che potesse esistere questo enorme archivio di registrazioni di filmati e programmi televisivi. Ogni tanto veniva annunciato il ritrovamento di trasmissioni che si credevano perse, di inediti, oppure si lamentava la necessità di interventi urgenti per restaurare pellicole erose dal tempo e dall’incuria.

Oggi, al contrario, mi meraviglio del perché non venga memorizzata e indicizzata in tempo reale tutta la produzione di contenuti multimediali prodotti da TV e radio. O meglio, il perché lo si può intuire, ma trovo comunque fuori dal tempo che ci si debba riferire ad un programma televisivo o radiofonico (ma vale anche per la carta stampata) senza poter indicare un link alla relativa registrazione.

Mi sembra come se il contenuto prodotto si disperda, voli via un attimo dopo essere andato in onda.

È evidente che il processo di digitalizzazione è già in corso (ad esempio Radio Rai2 registra tutto con tanto di podcast, ma gli esempi sono mille), così come è palese che i miei figli (attualmente undicenni) tra un paio di anni useranno uno scatolotto tuttofare anche per vedere il loro programma televisivo preferito che hanno perso il giorno prima, registrato in modo automatico in virtù dei loro precedenti usi del sistema e magari col finale personalizzato in base ai loro gusti.

Però oggi mi sembra strano citare una trasmissione o un articolo senza avere un link a corredo che lo renda, di fatto, immortale.

A proposito, lunedì mattina alle 10 su RAI Utile si parlerà in diretta di motori di ricerca, di filtri alle informazioni, di blog, più varie ed eventuali.


Ses È arrivato il momento di approfondire le informazioni sul Search Engine Strategies che si terrà a Milano il 26 e 27 aprile, l’evento internazionale che per la prima volta si svolge in Italia e che mi vede coinvolto in prima persona come coordinatore dei contenuti. In questo post riassumerò le caratteristiche del convegno e dell’edizione italiana in particolare.

Due parole sul SES: è un convegno che dal 1998 rappresenta il momento più importante nel settore dei motori di ricerca. Nato dall’idea di Danny Sullivan di SearchEngineWatch, è prodotto da Jupiter Events recentemente acquistata dal gruppo inglese Incisive Media.

Il SES si tiene ormai in tutto il mondo, con quattro edizioni negli Stati Uniti (di cui una a Miami rivolta al Sud America), cinque in Europa (Regno Unito, Germania, Olanda, Francia e, da quest’anno, Italia), e poi Canada, Giappone e Cina. Questo spiega anche una delle domande più frequenti che mi sento porre: ma chi ha scelto una data data proprio in mezzo a due ponti? Lo so, non è stata proprio una scelta felice, ma le alternative (poche, visto il calendario del SES) sarebbero state peggiori come periodo o per concomitanza con altri eventi italiani. Non a caso il tentativo di farlo già nel 2005 non era andato in porto.

(continua…)


Ho notato una cosa: l’ampiezza del contesto nel quale si inserisce un qualsiasi argomento è direttamente proporzionale all’età della persona che ne parla, o meglio, alla sua esperienza. Mi spiego con un esempio. Sto leggendo un libro che parla di blog di un autore americano credo over 50 o giù di lì; ebbene, nel momento di inserire il “fenomeno blog” nella giusta casella nell’evoluzione della comunicazione, lo scrittore va a recuperare addirittura Gutemberg e l’origine della scrittura. Viceversa, noto che agli autori più giovani viene generalmente meno naturale “allargare il contesto”. E questo a prescindere dall’argomento.


Mi permetto di ritenere la capacità di contestualizzare un vero e proprio indice di maturità. Chiaramente è un discorso fatto in senso generale, sapendo che a volte si tende ad esagerare anche con gli “scenari” e con improbabili ricorsi storici. Però lo sforzo di guardare #147;out of the box” ogni situazione aiuta terribilmente a definire meglio i contorni e ad intuire i possibili sviluppi.


Ad un seminario a cui ho assistito un paio di anni fa, ricordo molto bene l’esemplificazione della qualità di “alzare il livello” verificando lo sguardo di una persona. Se gli occhi sono orientati spesso verso l’alto, state pur sicuri che vi trovate di fronte un individuo in grado di guardare oltre il suo naso e, per tornare al tema iniziale, di inquadrare un argomento in funzione di un contesto allargato.


Ho notato una cosa: l’ampiezza del contesto nel quale si inserisce un qualsiasi argomento è direttamente proporzionale all’età della persona che ne parla, o meglio, alla sua esperienza. Mi spiego con un esempio. Sto leggendo un libro che parla di blog di un autore americano credo over 50 o giù di lì; ebbene, nel momento di inserire il “fenomeno blog” nella giusta casella nell’evoluzione della comunicazione, lo scrittore va a recuperare addirittura Gutemberg e l’origine della scrittura. Viceversa, noto che agli autori più giovani viene generalmente meno naturale “allargare il contesto”. E questo a prescindere dall’argomento.


Mi permetto di ritenere la capacità di contestualizzare un vero e proprio indice di maturità. Chiaramente è un discorso fatto in senso generale, sapendo che a volte si tende ad esagerare anche con gli “scenari” e con improbabili ricorsi storici. Però lo sforzo di guardare #147;out of the box” ogni situazione aiuta terribilmente a definire meglio i contorni e ad intuire i possibili sviluppi.


Ad un seminario a cui ho assistito un paio di anni fa, ricordo molto bene l’esemplificazione della qualità di “alzare il livello” verificando lo sguardo di una persona. Se gli occhi sono orientati spesso verso l’alto, state pur sicuri che vi trovate di fronte un individuo in grado di guardare oltre il suo naso e, per tornare al tema iniziale, di inquadrare un argomento in funzione di un contesto allargato.


Search MeSearch Me è un piccolo libro che tratta di Google dal punto di vista del brand. L’autore è inglese e ha lavorato per Interbrand a Londra prima di avviare una sua agenzia. Il testo non è male: è interessante per analizzare Google dal punto di vista del valore e dell’impatto del brand in senso lato. Quindi l’aspetto emozionale fino al lettering del logo. In qualche modo risponde alla domanda che ci si fa quando si cerca di analizzare l’incredibile successo di Google in così poco tempo, e cioè quanto sia dovuto al fatto di “essere Google” piuttosto che al valore intrinseco dei suoi servizi.

Nel libro si trovano alcune riflessioni abbastanza scontate ancorché veritiere (“Non puoi avere un grande brand senza avere un prodotto che vuole la gente”), ma anche delle conclusioni ben argomentate che potrebbero essere di utilità a molte aziende, ad esempio la testimonianza che il "word of mouth" è meglio della pubblicità, oppure l’importanza di espletare in modo chiaro e comprensibile i valori che si vuole associare ad un brand.

L’autore evidenza anche qualche alert e qualche perplessità su un paio di fattori: l’eccessiva identificazione di Google con il triunvitato che la guida (i due founder più il CEO) e la rischiosa diversificazioni in mille servizi e applicazioni non sempre collegate tra loro e coerenti con la mission iniziale, situazione che potrebbe diluire il valore di Google in termini di percezione del brand e di associazione ad elementi positivi.

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La domenica è il giorno migliore per aprire un blog e anche Layla l’ha fatto!

Layla Pavone, per chi non la conoscesse già, è parte dell’internet italiana da oltre dieci anni, dai tempi di Grauso per capirci. Ora guida Isobar del gruppo Aegis, è presidente di IAB ed è una cara amica e collega. Mi fa piacere di aver contribuito a motivarla ad aprire un blog: benvenuta nella blogosfera!

P.S.: il feed RSS l’ho scovato tramite Bloglines ed è a questo link


Non potevo esimermi: leggo su La Stampa che secondo la società di consulenza BIGresearch (mettere il link no, eh) la pubblicità che funziona meglio è quella fatta su Yahoo. Seguono MSN, AOL e Google.

Quindi dopo chi sostiene che sia Google il best performer, seguito da qualcuno a cui risulta siano AOL e MSN, ora tocca a Yahoo. Il tutto nel giro di pochi giorni. Così sono contenti tutti ;-)


Non potevo esimermi: leggo su La Stampa che secondo la società di consulenza BIGresearch (mettere il link no, eh) la pubblicità che funziona meglio è quella fatta su Yahoo. Seguono MSN, AOL e Google.

Quindi dopo chi sostiene che sia Google il best performer, seguito da qualcuno a cui risulta siano AOL e MSN, ora tocca a Yahoo. Il tutto nel giro di pochi giorni. Così sono contenti tutti ;-)


IAB Italia ha divulgato il consuntivo 2005 del fatturato pubblicitario online, ufficialmente valutato 137 milioni (tramite l’analisi di Nielsen Media Research), ma stimato in circa 200 milioni considerando anche il "search" (o "keyword advertising"). La stima ha trovato proprio oggi il consenso anche da Massimiliano Magrini che è il country manager di Google Italia e questo mi fa molto piacere, anche perché sono almeno un paio di anni che mi sto impegnando a cercare di rilevare il mercato pubblicitario italiano in modo adeguato. Proprio nei giorni scorsi, nell’ambito della task force sul search di IAB Europe, si è deciso di cercare una strada comune per rilevare il fatturatodel search che normalmente sfugge dalle rilevazioni standard e che invece ha ormai un peso fondamentale in ogni nazione.

Peso che in Italia è arrivato al 40% del totale investito online, al pari delle altre principali nazioni europee, con un incremendo rispetto al 2004 di oltre il 100% e che nel 2006, si prevede, dovrebbe crescere di un altro 50%.

Update: qui altre info dall’intervista con Layla Pavone di IAB Italia.

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IAB Italia ha divulgato il consuntivo 2005 del fatturato pubblicitario online, ufficialmente valutato 137 milioni (tramite l’analisi di Nielsen Media Research), ma stimato in circa 200 milioni considerando anche il "search" (o "keyword advertising"). La stima ha trovato proprio oggi il consenso anche da Massimiliano Magrini che è il country manager di Google Italia e questo mi fa molto piacere, anche perché sono almeno un paio di anni che mi sto impegnando a cercare di rilevare il mercato pubblicitario italiano in modo adeguato. Proprio nei giorni scorsi, nell’ambito della task force sul search di IAB Europe, si è deciso di cercare una strada comune per rilevare il fatturatodel search che normalmente sfugge dalle rilevazioni standard e che invece ha ormai un peso fondamentale in ogni nazione.

Peso che in Italia è arrivato al 40% del totale investito online, al pari delle altre principali nazioni europee, con un incremendo rispetto al 2004 di oltre il 100% e che nel 2006, si prevede, dovrebbe crescere di un altro 50%.

Update: qui altre info dall’intervista con Layla Pavone di IAB Italia.

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Come volevasi dimostrare: due settimane fa esce una ricerca che indica Google come migliore in termini di risultati prodotti agli inserzionisti, ed ecco che arriva un nuovo studio (via wblogsinc) che secondo il quale sono invece AOL e MSN i migliori performer.

Questa volta la ricerca non è stata effettuata mediante interviste, ma attraverso l’analisi delle conversion di una serie di siti di e-commerce di tipo B2C (i quali fatturano complessivamente 3 miliardi di dollari l’anno). Il risultato dello studio, condotto da WebSideStory mediante la sua piattafrma di analytics HBX, riporta queste percentuali di conversion media:

  • AOL Search: 6,17%
  • MSN: 6,03%
  • Yahoo: 4,07%
  • Google: 3,83%

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Come promesso, riporto di seguito il mio contributo all’edizione 2006 dell’Atlante della Comunicazione, dal titolo “Il valore della pubblicità online”.

Non ho potuto ancora leggere l’Atlante, ma online c’è l’introduzione del Prof. De Rita del Censis che inquadra l’espansione del mondo della comunicazione nell’ambito del tessuto sociale italiano e che, giustamente, invita a considerare la veloce crescita del comparto sempre in funzione della domanda reale di comunicazione.

È proprio in relazione all’entità di questa "domanda" che ragiono sul valore della pubblicità online; nel mio pezzo riprendo anche il tema degli utenti multi-target molto caro a De Biase (penso al suo “tempo mediatico”) e che mi sono sempre promesso (finora senza successo) di approfondire.

—-

Il valore della pubblicità online

È opinione diffusa che il significato della pubblicità online sia superiore all’1,5% che gli viene accreditato dalle indagini ufficiali rispetto al totale dello spending. Questa riconsiderazione è d’obbligo almeno per tre buoni motivi: uno tecnico, uno relativo al mercato pubblicitario, uno connesso all’evoluzione delle comunicazione.

(continua…)


Come promesso, riporto di seguito il mio contributo all’edizione 2006 dell’Atlante della Comunicazione, dal titolo “Il valore della pubblicità online”.

Non ho potuto ancora leggere l’Atlante, ma online c’è l’introduzione del Prof. De Rita del Censis che inquadra l’espansione del mondo della comunicazione nell’ambito del tessuto sociale italiano e che, giustamente, invita a considerare la veloce crescita del comparto sempre in funzione della domanda reale di comunicazione.

È proprio in relazione all’entità di questa "domanda" che ragiono sul valore della pubblicità online; nel mio pezzo riprendo anche il tema degli utenti multi-target molto caro a De Biase (penso al suo “tempo mediatico”) e che mi sono sempre promesso (finora senza successo) di approfondire.

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Il valore della pubblicità online

È opinione diffusa che il significato della pubblicità online sia superiore all’1,5% che gli viene accreditato dalle indagini ufficiali rispetto al totale dello spending. Questa riconsiderazione è d’obbligo almeno per tre buoni motivi: uno tecnico, uno relativo al mercato pubblicitario, uno connesso all’evoluzione delle comunicazione.

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La rubrica Scenari, che va in onda ogni sabato nell’ambito del TG3 delle 14,20 a cura di Roberto Reale, ha proposto questa settimana un’interessante puntata dal titolo “Il lato oscuro di Google”.


Nel servizio sono spuntato anch’io qua e la, parlando di search ubiquo, del brand di Google e di modelli di business, però il piatto forte (mi scuso con la terza persona intervistata di cui non ho segnato il nome) sono state le dichiarazioni di Massimo Marchiori, insegnante al Mit di Boston e all’Università di Venezia.


A parte un suo colloquio con Larry Page del 1997 dal quale sembra che l’americano possa aver preso ispirazione per l’idea alla base di Google (anche se io rimango convinto che il pagerank lo onventò IBM con il progetto Clever), molto forti alcune affermazioni che potete sentire nella registrazione integrale dell’intervista e di cui trascrivo il senso di alcuni passaggi:


Google è una scatola nera … che nel catalogare i siti funziona a raccomandazione

Google penalizza i competitor di chi paga per posizionarsi

Le tracce della nostra navigazione vengono vendute

Esistono dei dossier sulle navigazioni online di ognuno di noi che vengono vendute e che sono tra le fonti principali monetarie dei motori di ricerca

Anche se è evidente che non esiste un’assoluta integrità degli algoritmi di ranking, nel senso che sono molti i casi in cui i motori di ricerca ricorrono ad interventi editoriali, penalizzare chi non investe in pubblicità mi sembrerebbe una strategia inutile e troppo rischiosa in termini di immagine e fiducia. Per cui non credo che ci possano essere delle tattiche sistematiche in tal senso.


Sull’uso commerciale dei dati degli utenti sono invece più possibilista. Non conosco casi di “dossier” venduti, ma quello che è certo è l’enorme patrimonio informativo che lasciamo quando utilizziamo internet, specie se usufruiamo della stessa azienda per le ricerche, le mail, l’istant messenger, il destop search, ecc. Sono informazioni ghiotte e la tentazione di venderle prima o poi potrebbe trasformarsi in pratica. Teniamo alta la guardia, questo si.


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Giovedì scorso è uscito un mio articolo su Nòva, l’inserto de IlSole24Ore, riguardante il rapporto tra blog e pubblicità, argomento al centro di un interessante recente dibattito online. Per quelli che non hanno comprato il giornale – che sia l’ultima volta, mi raccomando :) – riporto il pezzo di seguito; è nella versione originale perché le esigenze di impaginazione mi hanno fatto tagliare qua e la l’articolo che poi è uscito su carta. Spero di non violare qualche copyright, però se già l’ha fatto lui;-) In ogni caso mi accodo a Giuseppe, Cesare e Italo nell’auspicare presto una versione online di Nòva (so che Luca ci si sta lavorando).

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BLOG E PUBBLICITA’

L’incremento esponenziale dei blog per quantità e audience raggiunta, ha inevitabilmente sviluppato la discussione sul rapporto tra la pubblicità e questi nuovi strumenti di comunicazione. È evidente che ove c’è un “spazio” (fisico o multimediale che sia) in grado di guadagnarsi un pubblico, la pubblicità è pronta a sfruttarlo. Tuttavia, il fatto che i blog sono per lo più espressione di un unico editore-autore, ha creato l’inedita figura del singolo individuo come veicolo pubblicitario che mette il suo spazio online a disposizione degli inserzionisti. Inserzionisti procacciati e gestiti però non dal singolo blogger, ma da aziende come Google e Yahoo! i quali si aggiungono in qualità di concessionaria pubblicitaria (attraverso i loro servizi di contextual advertising) alle tre figure usuali dello scenario mediatico: editore, lettore, inserzionista.

(continua…)


Giovedì scorso è uscito un mio articolo su Nòva, l’inserto de IlSole24Ore, riguardante il rapporto tra blog e pubblicità, argomento al centro di un interessante recente dibattito online. Per quelli che non hanno comprato il giornale – che sia l’ultima volta, mi raccomando :) – riporto il pezzo di seguito; è nella versione originale perché le esigenze di impaginazione mi hanno fatto tagliare qua e la l’articolo che poi è uscito su carta. Spero di non violare qualche copyright, però se già l’ha fatto lui;-) In ogni caso mi accodo a Giuseppe, Cesare e Italo nell’auspicare presto una versione online di Nòva (so che Luca ci si sta lavorando).

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BLOG E PUBBLICITA’

L’incremento esponenziale dei blog per quantità e audience raggiunta, ha inevitabilmente sviluppato la discussione sul rapporto tra la pubblicità e questi nuovi strumenti di comunicazione. È evidente che ove c’è un “spazio” (fisico o multimediale che sia) in grado di guadagnarsi un pubblico, la pubblicità è pronta a sfruttarlo. Tuttavia, il fatto che i blog sono per lo più espressione di un unico editore-autore, ha creato l’inedita figura del singolo individuo come veicolo pubblicitario che mette il suo spazio online a disposizione degli inserzionisti. Inserzionisti procacciati e gestiti però non dal singolo blogger, ma da aziende come Google e Yahoo! i quali si aggiungono in qualità di concessionaria pubblicitaria (attraverso i loro servizi di contextual advertising) alle tre figure usuali dello scenario mediatico: editore, lettore, inserzionista.

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L’orgoglio con il quale ogni azienda presenta i suoi clienti è quasi sempre dettato dalla notorietà o dal volume del business generato. Ci sono però anche clienti "buoni" nel senso letterale del termine. È il caso di Foodrinks, un’azienda di Forlì e cliente di Ad Maiora da qualche mese, la quale distribuisce alcuni prodotti molto originali (un caffè al ginseng, per esempio).

Eatacup La cosa straordinaria è una tazzina per il caffè fatta con una cialda di cioccolato. Si chiama Eatacup. Insomma: sorseggio il mio espresso e poi mangio la tazzina. Bello no?

L’azienda ha una storia interessante che gradualmente verrà raccontata su un blog, insieme alle testimonianze dei suoi clienti.

Il vostro bar ce l’ha Eatacup?


L’orgoglio con il quale ogni azienda presenta i suoi clienti è quasi sempre dettato dalla notorietà o dal volume del business generato. Ci sono però anche clienti "buoni" nel senso letterale del termine. È il caso di Foodrinks, un’azienda di Forlì e cliente di Ad Maiora da qualche mese, la quale distribuisce alcuni prodotti molto originali (un caffè al ginseng, per esempio).

Eatacup La cosa straordinaria è una tazzina per il caffè fatta con una cialda di cioccolato. Si chiama Eatacup. Insomma: sorseggio il mio espresso e poi mangio la tazzina. Bello no?

L’azienda ha una storia interessante che gradualmente verrà raccontata su un blog, insieme alle testimonianze dei suoi clienti.

Il vostro bar ce l’ha Eatacup?


(disclaimer: si parla di Ad Maiora; avvertiti eh!)

COSA Cars Online Search AnalysisSono davvero entusiasta di parlare di COSA (Cars Online Search Analysis], il primo studio al mondo (che io sappia) che analizza come vengono cercati i brand automobilistici su internet. La notizia è di ieri e già vola online (in Italia e all’estero) ma visto che riguarda Ad Maiora non volevo bruciare la notizia proprio col mio blog ;-) sul quale peraltro avevo già preannunciato qualcosa.

Non mi dilungo nel presentare la ricerca qui; il comunicato stampa è dettagliato e chi fosse interessato a saperne di più può scrivermi o inviare un form dal nostro sito. Trovo solo importante segnalare che COSA mostra come la maggior parte delle ricerche riguarda le fasi di "decisione" o "acquisto" e che ogni costruttore ha un preciso posizionamento sul mercato agli occhi degli utenti online.

È una ricerca innovativa, stimolante e che ci ha incuriosito moltissimo. Ed è solo la prima di una serie che, spero, sarà lunga. Ringrazio molto i colleghi che hanno contribuito al progetto COSA, in particolare Chiara, Emiliano ed Enzo, oltre al team di Virgilio con il quale abbiamo avviato una collaborazione specifica proprio per questi studi. Un ringraziamento ovviamente anche ai primi committenti: FIAT, Alfa Romeo e Lancia.

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Mi sembra una ricerca di mercato ben fatta (per panel e risultati) quella fatta da Outsell che ha chiesto a 1200 inserzionisti di valutare i risultati delle inserzioni pubblicitarie sui motori di ricerca.


Il dato più evidente è che Google risulta performare (ma non c’è un termine italiano che suoni meglio?) nel 71% dei casi, mentre Yahoo si ferma al 62% e MSN insegue con il 49%. Altri dati interessanti sono riportati su MediaPost.


Parlando con i motori di ricerca e con gli inserzionisti, e guardando anche i risultati dei nostri clienti, non mi sembra ci sia un parere comune su chi funzioni di più. Se vengo a conoscenza di altre ricerche, sarò qui a riportarle.

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C’è un altro progetto di motore ricerca europeo in vista denominato, per ora, iAd che sta per “Information Access Disruptions”. Capofila tecnologico è Fast Search & Transfer (società nota nel settore dei search engine, acquisita da Altavista e quindi Yahoo! un paio di anni fa), coadiuvata da Accenture e da alcune università europee. Altri dettagli su Abondance (in francese) e su Pandia (in inglese).


Speriamo che almeno loro non commettano l’errore di Quaero di annunaciare in gran pompa qualcosa che ancora non esiste, che viene descritto online e poi oscurato, ecc. Come ha scitto la settimana scorsa Marco Magrini su Nòva:

se hai una tecnologia migliore di altri, falla funzionare prima di raccontarla; se non ce l’hai, il silenzio è d’oro

In effetti, mentre Quaero sembra più un progetto che mette al centro la politica piuttosto che il valore per i potenziali utilizzatori, la presenza di Fast come base di iAd mi fa ben sperare: non solo la loro tecnologia è notoriamente molto potente e affidabile, ma il CEO John Lervik è una persona che stimo molto. Tra l’altro proprio in questi giorni c’è il loro evento annuale a Miami a cui parteciperà anche John Battelle.

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