Archivio: novembre, 2003

Con i capelli bianchi ho imparato ad attenuare l’entusiasmo, o meglio, a dormirci su un paio di nottate. Così quando scopro qualcosa di esaltante, cerco di emettere giudizi positivi solo dopo aver approfondito un’esperienza diretta.

Oggi mi va di parlare di tre applicazioni legate ad internet che non esito a definire eccellenti. Le utilizzo io e la mia azienda da un po’ per cui sono state spremute come si deve. Va premesso che un paio di queste sono in qualche modo correlate ai servizi erogati da Ad Maiora, ma ritengo giusto evidenziarne le qualità oggettive.

Urchin
È un’applicazione per l’analisi del traffico dei siti web. Legge i dati dei log files, e poi li scrive su un database. È consistente, stabile, veloce, e completa. I report sono chiari, con tutte le informazioni necessarie, senza fronzoli o amenità, ma con tutto quello che serve.

ContactLab
Splendida soluzione per l’email marketing. L’applicazione web based gestisce tutto il processo: dalla gestione delle liste dei destinatari, all’impostazione e all’inoltro delle e-mail, compreso l’eccellente controllo sui risultati.

TypePad
Il risultato generato da TypePad ce l’hai davanti adesso: si tratta del sistema che utilizzo per la gestione di questo weblog. Economica ma professionale, è un’applicazione con la quale mi sono sentito subito a casa (ne ho parlato anche qui). Mi piace sottolineare anche il loro customer support: perfetto, disponibile e pure simpatico.

C’è una cosa che accomuna Urchin, ContactLab e TypePad: l’utilizzo della tecnologia come strumento e non come fine. Lo so, sono un po’ fissato con questo argomento, ma tali applicazioni dimostrano l’assoluta attenzione all’utilizzatore piuttosto che esprimere i vezzi del programmatore. E non è cosa comune.


Ho fatto un sogno

  Mi ricordo tutto. Come quando guardo un film già visto e, anche se la definizione delle immagini è indebolita dal tempo, collego con esattezza la storia e le scene più importanti.
  Ero in ufficio mentre selezionavo i mezzi di comunicazione su cui distribuire il budget per la Deluxe & Co., una grande azienda di beni di largo consumo, nonché il mio miglior cliente.
  Io li ho sempre consigliati ad investire molto in spot televisivi. In questo modo sono sicuro di raggiungere molti utenti e qualche risultato, in un modo o nell’altro, arriva sempre. Certo, costa sempre di più. Oltre a tutto, la mia collega che si occupa delle ricerche di mercato mi spiegava che la tendenza dei telespettatori sia di crescente fastidio o indifferenza verso gli spot; ma che colpa ne ho io? Mica posso contraddire tutto quello che ho perorato fino ad oggi! E poi i ragazzi delle (due) concessionarie sono così simpatici e mi portano sempre a Cannes, eh, eh… Però, siccome sono uno di larghe vedute, nei piani media ci metto sempre i quotidiani, specie quelli che di sicuro leggono le persone del marketing del mio cliente: è sempre bello vedere la pubblicità della propria azienda, no? Inoltre, non faccio mai mancare una pianificazione sull’esterna, anche perché ci prendo delle over niente male.
  Mentre mi accingevo ad elaborare il mio bel media-plan, mi telefona Pierluigi, l’amministratore delegato della Deluxe & Co. Era agitato, anzi direi eccitato. Non ho capito esattamente di cosa stesse parlando, ma doveva avere a che fare con delle nuove tecnologie o con qualche diavoleria informatica. Secondo lui, era stato appena inventato un marchingegno con il quale è possibile intuire cosa stanno pensando i telespettatori mentre guardano la pubblicità, e ciò permetterebbe di poter mandare in onda uno spot televisivo personalizzato per ogni persona davanti alla TV, in funzione di quello che gli passa per la mente.
  «Ok, ok, probabilmente è qualcosa che in America stanno sperimentando», gli dico io.
  E lui, sempre più eccitato.
  «No, no, guarda che è già disponibile e funziona pure sulla stampa. Praticamente è possibile modificare anche gli spazi pubblicitari sulle pagine dei quotidiani a seconda degli interessi del singolo lettore!»
  «Ma dai…», tento di replicare, «probabilmente hai letto qualche newsletter di quelle che presentano scenari futuri impossibili. Comunque verificherò la cosa e poi ti farò sapere».
  Prima di liquidare Pierluigi, mi è sembrato giusto ricordargli che il regista del nuovo spot televisivo ha accettato di girare il film a Cinecittà anziché in Micronesia come inizialmente aveva richiesto e che questo ci farà risparmiare quasi un milione di euro. Wow!
  Secondo me, i clienti dovrebbero starsene al loro posto. Ma ti pare giusto che perdano tempo ad informarsi sulle novità del settore? E le agenzie che ci stanno a fare? E i centri media? E i consulenti? I clienti continuano a non rendersi conto dell’immane sforzo che fanno ogni giorno professionisti come me nel seguire l’evoluzione del mondo pubblicitario. È vero: i soldi sono i loro, però vuoi mettere l’esperienza di chi fa certe cose per mestiere? Che ci lascino lavorare, insomma!
  In quel momento, e non credo sia stato un caso, il vetro della finestra dell’ufficio ha riflettuto la mia immagine: dio come sono bello! Anzi, più che bello direi cool: esatto, sono proprio cool. Così mi sono alzato per guardarmi meglio, ma la differente posizione ha fatto perdere il riflesso e la finestra ha semplicemente mostrato lo scenario della strada sottostante l’ufficio. Rumori, sirene, smog: insomma la solita scena. Adesso ci si mette pure un enorme TIR fermo proprio qui sotto con una squallida pubblicità colorata lungo tutta a fiancata. Ah, come vorrei farmi un po’ di vacanze. Di quelle sconvolgenti, fuori dal mondo, esoticissime! Cose come la Micronesia (alla faccia del regista) oppure come le Hawaii.
  Proprio mentre pensavo alla mia isoletta e alla sabbia bianca, il TIR in strada emette una musichetta intrigante che canticchia il mio nome.
  “Alberto la-la-la, Alberto la-la-la, …”
  Ed il mega-poster lungo la fiancata cambia di colpo: al suo posto compare un cartellone proprio sulle Hawaii. Oddio! Che diavolo è successo? Mi torna in mente il mio cliente e la sua agitazione. Ora sono io quello agitato. Ma come è possibile? Dai, sarà stato un caso, una coincidenza…
  Squilla di nuovo il telefono: è sempre Pierluigi: il cliente-che-si-informa. È sempre eccitato e dice di aver dimenticato di dirmi che quella roba della pubblicità personalizzata funziona anche sull’esterna, come ad esempio sui pannelli dei TIR…
  Parte un clacson assordante, sempre più forte, mi sta scoppiando la testa…

  Mi sveglio. Ho una strana sensazione e un po’ di sudore freddo sulla fronte. Ma guarda che sogni vado a fare. Mi sa che sono davvero stressato. Si, è vero, ogni tanto soffro nell’inseguire questo mondo della comunicazione che si evolve troppo velocemente. Qualche volta vedo che nella corsa al cambiamento, gli eventi mi sorpassano ed io dietro arranco con fatica. Però adesso mi metto pure a sognarlo questo disagio. È troppo! Oggi andrò in ufficio a piedi: un po’ di movimento e di aria fresca non possono che farmi bene.

Annuncio | Introduzione | Cap.1  |  Cap.2  |  Cap.3/a  |  Cap.3/b  |  Cap.3/c  |  Il libro


Ho fatto un sogno

  Mi ricordo tutto. Come quando guardo un film già visto e, anche se la definizione delle immagini è indebolita dal tempo, collego con esattezza la storia e le scene più importanti.
  Ero in ufficio mentre selezionavo i mezzi di comunicazione su cui distribuire il budget per la Deluxe & Co., una grande azienda di beni di largo consumo, nonché il mio miglior cliente.
  Io li ho sempre consigliati ad investire molto in spot televisivi. In questo modo sono sicuro di raggiungere molti utenti e qualche risultato, in un modo o nell’altro, arriva sempre. Certo, costa sempre di più. Oltre a tutto, la mia collega che si occupa delle ricerche di mercato mi spiegava che la tendenza dei telespettatori sia di crescente fastidio o indifferenza verso gli spot; ma che colpa ne ho io? Mica posso contraddire tutto quello che ho perorato fino ad oggi! E poi i ragazzi delle (due) concessionarie sono così simpatici e mi portano sempre a Cannes, eh, eh… Però, siccome sono uno di larghe vedute, nei piani media ci metto sempre i quotidiani, specie quelli che di sicuro leggono le persone del marketing del mio cliente: è sempre bello vedere la pubblicità della propria azienda, no? Inoltre, non faccio mai mancare una pianificazione sull’esterna, anche perché ci prendo delle over niente male.
  Mentre mi accingevo ad elaborare il mio bel media-plan, mi telefona Pierluigi, l’amministratore delegato della Deluxe & Co. Era agitato, anzi direi eccitato. Non ho capito esattamente di cosa stesse parlando, ma doveva avere a che fare con delle nuove tecnologie o con qualche diavoleria informatica. Secondo lui, era stato appena inventato un marchingegno con il quale è possibile intuire cosa stanno pensando i telespettatori mentre guardano la pubblicità, e ciò permetterebbe di poter mandare in onda uno spot televisivo personalizzato per ogni persona davanti alla TV, in funzione di quello che gli passa per la mente.
  «Ok, ok, probabilmente è qualcosa che in America stanno sperimentando», gli dico io.
  E lui, sempre più eccitato.
  «No, no, guarda che è già disponibile e funziona pure sulla stampa. Praticamente è possibile modificare anche gli spazi pubblicitari sulle pagine dei quotidiani a seconda degli interessi del singolo lettore!»
  «Ma dai…», tento di replicare, «probabilmente hai letto qualche newsletter di quelle che presentano scenari futuri impossibili. Comunque verificherò la cosa e poi ti farò sapere».
  Prima di liquidare Pierluigi, mi è sembrato giusto ricordargli che il regista del nuovo spot televisivo ha accettato di girare il film a Cinecittà anziché in Micronesia come inizialmente aveva richiesto e che questo ci farà risparmiare quasi un milione di euro. Wow!
  Secondo me, i clienti dovrebbero starsene al loro posto. Ma ti pare giusto che perdano tempo ad informarsi sulle novità del settore? E le agenzie che ci stanno a fare? E i centri media? E i consulenti? I clienti continuano a non rendersi conto dell’immane sforzo che fanno ogni giorno professionisti come me nel seguire l’evoluzione del mondo pubblicitario. È vero: i soldi sono i loro, però vuoi mettere l’esperienza di chi fa certe cose per mestiere? Che ci lascino lavorare, insomma!
  In quel momento, e non credo sia stato un caso, il vetro della finestra dell’ufficio ha riflettuto la mia immagine: dio come sono bello! Anzi, più che bello direi cool: esatto, sono proprio cool. Così mi sono alzato per guardarmi meglio, ma la differente posizione ha fatto perdere il riflesso e la finestra ha semplicemente mostrato lo scenario della strada sottostante l’ufficio. Rumori, sirene, smog: insomma la solita scena. Adesso ci si mette pure un enorme TIR fermo proprio qui sotto con una squallida pubblicità colorata lungo tutta a fiancata. Ah, come vorrei farmi un po’ di vacanze. Di quelle sconvolgenti, fuori dal mondo, esoticissime! Cose come la Micronesia (alla faccia del regista) oppure come le Hawaii.
  Proprio mentre pensavo alla mia isoletta e alla sabbia bianca, il TIR in strada emette una musichetta intrigante che canticchia il mio nome.
  “Alberto la-la-la, Alberto la-la-la, …”
  Ed il mega-poster lungo la fiancata cambia di colpo: al suo posto compare un cartellone proprio sulle Hawaii. Oddio! Che diavolo è successo? Mi torna in mente il mio cliente e la sua agitazione. Ora sono io quello agitato. Ma come è possibile? Dai, sarà stato un caso, una coincidenza…
  Squilla di nuovo il telefono: è sempre Pierluigi: il cliente-che-si-informa. È sempre eccitato e dice di aver dimenticato di dirmi che quella roba della pubblicità personalizzata funziona anche sull’esterna, come ad esempio sui pannelli dei TIR…
  Parte un clacson assordante, sempre più forte, mi sta scoppiando la testa…

  Mi sveglio. Ho una strana sensazione e un po’ di sudore freddo sulla fronte. Ma guarda che sogni vado a fare. Mi sa che sono davvero stressato. Si, è vero, ogni tanto soffro nell’inseguire questo mondo della comunicazione che si evolve troppo velocemente. Qualche volta vedo che nella corsa al cambiamento, gli eventi mi sorpassano ed io dietro arranco con fatica. Però adesso mi metto pure a sognarlo questo disagio. È troppo! Oggi andrò in ufficio a piedi: un po’ di movimento e di aria fresca non possono che farmi bene.

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Oggi sono andato dal mio solito spacciatore musicale (nulla di acido, solo uno che mi trova le registrazioni dei concerti di Springsteen), ma non gli sono arrivate le cose che cercavo. Allora, in preda ad un’astinenza musicale, sono entrato in un normale negozio di dischi.

Avevo già un paio di idee, cose che avrei comprato comunque. Poi ho intravisto i nuovi CD di gruppi che conosco e, per un attimo, ho pensato di acquistarli. Solo che, a differenza di quanto avrei fatto fino a uno o due anni fa, ho pensato: “prima sento il cd su internet e guardo i giudizi della gente e poi eventualmente lo compro, magari on-line”.

Lo so, la Rete è entrata nella pelle delle persone (compreso il sottoscritto, of course), per cui non dovrei sorprendermi. Però è incredibile quanto internet ci stia viziando nel compiere decisioni di acquisto su determinati prodotti molto più consapevoli rispetto al passato.

Per la cronaca, ho comprato The Wind del compianto Warren Zevon e un live di Richie Lee Jones. E per gli appassionati di quest’ultima segnalo il bel sito Great Big island.


Ebbene si, è successo: anche questo weblog è aggregato al progetto Blog Aggregator di Giuseppe Granieri già molto noto nella comunità dei blogger. In pratica si tratta di una pubblicazione multi-editore alla quale contribuiscono alcuni weblog italiani. Da tenere fisso nei bookmark, oppure da catturare tramite Rss.


Ci sono stati diversi tentativi in passato di arginare i motori di ricerca nel loro continuo censimento arbitrario delle pagine web ma, di fatto, si registrano solo sporadici casi in cui è stata limitata questa loro attività.

Il problema è duplice: da un lato i motori di rierca catturano ogni informazione on-line che riescono ad individuare senza richiedere autorizzazione alcuna (e facendone peraltro ragione del loro business); nel contempo, catalogando file di ogni tipo, espongono gli utenti al rischio di virus o di altri documenti potenzialmente pericolosi.

Sul primo aspetto, i search engines applicano una specie di “silenzio – assenso”: se i gestori dei siti web non fanno nulla, le pagine web dei loro siti diventano censibili, altrimenti devono impostare un apposito file (robots.txt) che ne inibisce o ne limita la cattura. Il problema è che l’azione di scandaglio dei motori di ricerca è alquanto invasiva e tende ad acquisire qualsiasi documento presente on-line (file Wod, Excel, PDF, audio video, ecc.), situazione non necessariamente voluta dai rispettivi proprietari dei file.

L’aspetto sicurezza è ancora più rilevante. Abacus SEO, un weblog che tratta di search engines, ha giustamente evidenziato come l’archivio di Google contenga anche molti documenti (in particolare di tipo VBS e REG) che potenzialmente possono contenere applicazioni dannose, senza che l’ultente sia salvagardato in alcun modo. Ancora più evidente la presenza di documenti Word, i quali spesso sono proprio utilizzati per diffondere virus.

Secondo me gli hacker non ci hanno ancora pensato… ma non tarderanno a farlo, magari inondando Google & Co. di documenti “radioattivi”. Quindi: occhio alle ricerche!


Palm-Handpring Treo 270Ho utilizzato un Treo 270 per diversi mesi. In sintesi: un buon palmare con la tastiera che fa anche telefonate. Però risultava evidente che le due funzioni, palmare e telefono, si erano conosciute da poco. Sicuramente l’una aveva sentito parlare dell’altra, ma quando qualcuno decise di farle sposare, non è che fossero proprio convinte della cosa… Così il loro matrimonio si trascinava avanti, rispettando sicuramente i doveri coniugali, ma senza la complicità e la passione delle migliori storie d’amore.

Palm-Handspring Treo 600Da un paio di giorni ho acquistato il Treo 600, e qui il sentimento tra palmare e telefono si fa intenso e profondo. Si vede che sono fatti l’uno per l’altro. Adesso poi la famiglia è più ricca: c’è la telecamera, l’espansione di memoria, le suonerie polifoniche ed il sistema operativo Palm versione 5.

In questo quadretto familiare, il vero elemento che caratterizza la famiglia di prodotti Treo è la presenza della tastiera. E per uno come me, che ha iniziato ad utilizzare aggeggi informatici quando per vedere il contenuto di un computer bisognava digitare DIR, la tastiera è un componente indispensabile.

E di arnesi digitali con i tasti, che fanno pure le telefonate, che gestiscono bene agenda e rubrica, e che stanno nel taschino, non ne conosco altri. Le altre cosuccie (telecamera, mp3, ecc.) sono la ciliegina sulla torta di questo affascinante Treo 600.

UPDATE (10 nov 2003):
Nel weekend ho giocato un po’ con il programma pTunes (la versione light è gratuita per chi acquista il Treo 600) attraverso la quale si possono ascoltare i file MP3 memorizzati sulla scheda di memoria (ho preso una SD da 128 Mb). Ho utilizzato lo spinotto che permette di collegare una cuffia nella presa dell’auricolare ed il risultato è un ottimo audio stereo. Non so quando utilizzzerò il Treo 600 per ascolatare musica, però adesso ho il mio kit di sopravvivenza musicale sempre con me.

POST COLLEGATI:

Auricolare wireless per il Treo 600

Il Treo 600 diventa un registratore vocale

Nuovo Treo 650: oggi l’annuncio